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    MTV: Violante Gardini Cinelli Colombini analizza l’Enoturismo in Italia

    L’inasprimento delle sanzioni a seguito di un alcol test positivo ha allarmato i presidenti regionali del Movimento Turismo del Vino. Nel corso dell’ultima riunione hanno chiesto alla presidente nazionale Violante Gardini Cinelli Colombini di studiare le azioni da suggerire alle cantine che, proprio in questo periodo, stanno progettando le esperienze da proporre ai visitatori durante la stagione 2025.“In realtà, per affrontare efficacemente il problema serve la collaborazione di tutti: delle istituzioni locali perché potenzino le infrastrutture di trasporto molto carenti in campagna e, nell’immediato, il numero di Taxi e NCC cioè le auto con conducente. Da parte delle cantine con proposte più ricche e diversificate puntando a un turismo più lento e attento. Infine serve un piccolo sforzo da parte degli enoturisti per programmare la visita di una cantina al mattino e una al pomeriggio e non due consecutivamente.” Spiega la Presidente Gardini Cinelli Colombini sottolineando che la soluzione è: bere meno ma meglio e magari vivendo un’esperienza memorabile.
    I primi dati emersi da un campione di 250 cantine turistiche socie del MTV, esaminate dal Professor Antonello Maruotti, statistico del costituendo “Centro studi enoturistici” presso l’Università Lumsa di Roma, mostrano come le aziende del Movimento Turismo del Vino siano già attrezzate per offrire esperienze più ricche e appaganti che vadano ben oltre la semplice visita della cantina con degustazione finale.
    “9 cantine su 10 offrono cibi tipici insieme all’assaggio – continua Violante Gardini Cinelli Colombini – un terzo ha la ristorazione e altrettante propongono pic-nic nelle vigne, quasi la metà serve pasti a base di salumi, formaggi e altri alimenti freddi. Un terzo ha una struttura ricettiva in cui passare la notte e il 20% ha un’area sosta per camper e, sempre un terzo delle cantine, propone attività sportive-rigeneranti del corpo e della mente, ad esempio trekking e passeggiate a cavallo, che potrebbero impegnare le due ore successive all’assaggio.“
    “Di solito basta aspettare 2-3 ore per portare a zero l’alcolemia di un bicchiere di bevanda alcolica consumata; se non si è digiuni il tempo può anche ridursi a 1-2 ore” – spiega il Ministero della Salute. E’ proprio da questa premessa che emerge la necessità di dirigersi verso questo nuovo modello di accoglienza proposto dalle cantine del Movimento Turismo del Vino, che vede la diversificazione delle attività in cantina e l’attenzione all’abbinamento cibo-vino.
    Le cantine MTV dimostrano di essere già pronte a offrire esperienze più complete e diversificate che compensino un eventuale calo dei visitatori con la prenotazione di attività più articolate e fidelizzanti per un numero maggiore di ore, perché dormendo accanto alla cantina il rischio alcol test sparisce. Le nuove proposte delle aziende MTV saranno presentate a maggio in occasione di Cantine Aperte, la kermesse della wine hospitality che diventerà la grande vetrina delle novità italiane in materia enoturistica. Quello che MTV consiglia alle cantine turistiche è l’applicazione di sconti, il dono di un gadget o di una bottiglia ai guidatori che devono limitare gli assaggi e alle donne in gravidanza che devono rinunciarci del tutto.
    E’ probabile che il calo di visite in cantina, riconducibile ai limiti previsti dal codice della strada, sarà più forte nei distretti viticoli meno noti e meno presenti nei cataloghi delle agenzie di winery tour o dei normali Tour Operator. Le escursioni in cantina in auto con conducente sono quelle preferite da americani alto spendenti ma, allo stato attuale, riguardano per la maggior parte le wine destination più celebri.
    Per finire un ultimo piccolo consiglio: i normali turisti non sputano il vino come gli assaggiatori professionisti e anzi, spesso, si dispiacciono nel buttare quello avanzato nel bicchiere. Rinunciare a questi due comportamenti permetterebbe loro più facilmente di rimanere nei limiti previsti dal codice della strada pur apprezzando il vino. LEGGI TUTTO

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    L’Orso gentile inaugura la nuova linea di vini della cantina Davide Vignato

    Esplorare nuovi territori e possibilità, andando oltre al binomio Garganega-Gambellara che costituisce il cuore della propria produzione e restando fedeli al legame identità-natura-artigianalità che da sempre ne esprime la bussola stilistica. E’ questa la filosofia con cui la cantina biologica Davide Vignato di Gambellara (Vicenza) lancia L’Orso gentile, un nuovo vino che inaugura una altrettanto inedita linea aziendale destinata ad affiancare quella classica fortemente legata al terroir vulcanico di Gambellara.
    Conoscenze sedimentate in più di vent’anni di esperienza tra vigna e cantina e una sensibilità personale frutto di un approccio sempre più naturale e territoriale sono alla base di nuovi vini dove il vitigno prediletto, la Garganega, si confronta con premesse e tradizioni diverse oppure il territorio di partenza si allarga per abbracciare altre zone del Veneto dalla lunga tradizione vitivinicola in cui dar voce ai vitigni più rappresentativi secondo la loro autentica vocazione.
    Filo conduttore grafico e biografico della nuova linea aziendale è l’Orso, soprannome con cui fin da ragazzo viene chiamato il titolare Davide Vignato, a causa di una stazza fisica che si è sempre accompagnata a una buona agilità. In ogni etichetta, dove compare stilizzato il graffio dell’orso come firma produttiva, emergono in primo piano le colline venete affiancate dall’area topografica e dai suoli in cui si trovano i vigneti dai quali nasce ciascun vino, interpretati artisticamente.
    “L’orso è un animale abituato ad arrampicarsi sugli alberi per rivolgere gli occhi lontano in cerca di nuove esplorazioni – spiega Davide Vignato – E’ proprio quello che abbiamo deciso di fare con questa nuova linea: alzare lo sguardo dalla nostra bellissima terra vulcanica per spingerci al di là delle consuetudini e sperimentare altre possibilità, forti del cammino compiuto finora. Ora siamo pronti a uscire con un primo vino, ma in cantina sta completando il proprio affinamento anche un secondo: sono entrambi progetti a cui abbiamo lavorato molto, dedicando tempo allo studio dei terreni, dei vitigni e delle condizioni migliori per far esprimere la natura al massimo delle sue possibilità”.
    Protagonista de L’Orso gentile è la Garganega, che per la prima volta esce dai suoli vulcanici di Gambellara e affonda le proprie radici sulle colline del Soave, in particolare Costeggiola, dove i terreni contengono un magnifico calcare rosa che dona un’impronta speciale ben riconoscibile al calice. Nasce così un vino fermentato e affinato in acciaio, dal sorso gentile e l’anima armoniosa, che mantenendo la grande eleganza e la spiccata bevibilità caratteristiche dell’intera produzione aziendale, propone un racconto diverso di uno dei vitigni più importanti del Veneto, fortemente legato al suo terroir di appartenenza. LEGGI TUTTO

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    Nuovo Codice della Strada. Dalle cantine toscane di Donatella e Violante Cinelli Colombini arriva la prima proposta concreta

    “I turisti del vino che dopo la visita in cantina vogliono guidare devono limitarsi a un solo assaggio di vino e per ricompensare il loro sacrificio è giusto far loro uno sconto significativo” spiega Donatella Cinelli Colombini ideatrice nel 1993 della giornata “Cantine aperte” che ha dato il via all’enoturismo italiano. La figlia Violante Gardini Cinelli Colombini, che ora è presidente nazionale del Movimento Turismo del Vino, spiega come più che le parole contano i fatti ha detto.
    La loro è una risposta che anticipa l’inizio dei flussi enoturistici – da Pasqua a Ognissanti – ma coincide con il momento in cui le aziende preparano le nuove proposte per presentarle a chi commercializza wine tours e alle grandi fiere di fine inverno.I visitatori delle 20.000 cantine italiane aperte al pubblico sono circa 15 milioni all’anno. I canadesi e gli statunitensi arrivano soprattutto in auto o minivan con autista di agenzie turistiche prenotate in anticipo. Gli europei invece viaggiano prevalentemente con la auto propria. Sono questi gli enoturisti a cui offrire il “driver discount”. I controlli delle forze dell’ordine sono capillari lungo le strade  e non ci sono alternative costituite da servizi di trasporto pubblico. La carenza infrastrutturale è uno dei problemi, dei distretti del vino, rilevati  anche da WineMeridian dialogando con i managers della wine hospitality italiana.
    Il “driver discount” ideato da Donatella e Violate Cinelli Colombini prevede uno sconto di 10€ sul prezzo dell’esperienza enoturistica per chi, uscito dalla cantina, guiderà l’auto. Il guidatore dovrà limitarsi a un solo assaggio “che probabilmente sarà il vino top previsto dal programma, nel nostro caso il Brunello Riserva” spiega Violante “ma è bene incentivare questa rinuncia in una logica di sicurezza stradale”.
    Anche lo sconto è studiato con attenzione. “Le 5 animazioni proposte in ognuna delle nostre due cantine – Casato Prime Donne a Montalcino e Fattoria del Colle a  Trequanda – costano da 29 a 60 € escluso i programmi premium per chi cerca l’esclusività che superano i 150€ . Si tratta di prezzi in linea con quelli indicati da WIneSuite-Divinea rispetto all’intera offerta italiana 2024 in cui il 24% delle esperienze risultano nella fascia di prezzo fra 15-24€, il 32% nel range 26-35€ segue un 24% che costa 26-50€ e un altro 20% oltre i 50€”.
    “Altri due aspetti su cui le nostre cantine vogliono dare il buon esempio – spiega Donatella Cinelli Colombini – è l’abbinamento di tutti gli assaggi di vino con alimenti tipici del territorio come l’olio evo con pane “sciapo” toscano, i salumi e il cacio pecorino. Una proposta molto gradita dagli enoturisti che rafforza la sicurezza stradale perché non propone assaggi a stomaco vuoto. Inoltre le esperienze sono diverse e progettate su misura rispetto a specifici target: turisti, turisti del vino, grandi enoappassionati, famiglie…”. E in effetti, pur rimanendo sempre legati al grande vino e al territorio, le cantine Casato Prime Donne di Montalcino e Fattoria del Colle di Trequanda offrono esperienze diversificate, istruttive e divertenti. Vanno dal diventare “enologo per un giorno” e produrre il proprio Supertuscan, all’assaggio itinerante accompagnato da musiche scelte da un sommelier musicista. LEGGI TUTTO

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    Wine&Siena celebra le eccellenze di The WineHunter Award

    Il primo grande evento enogastronomico dell’anno in Italia torna a Siena dal 25 al 27 gennaio: è Wine&Siena, la rassegna voluta dal patron di Merano WineFestival, Helmuth Köcher, e dal presidente di Confcommercio Siena, Stefano Bernardini. Un appuntamento che da dieci anni segna il connubio tra arte e cultura enogastronomica nelle storiche sale del complesso di Santa Maria della Scala. Oltre 150 aziende enogastronomiche italiane tra vino, cibo, spirits e birra, accuratamente selezionate dalla Guida The WineHunter, saranno protagoniste di questa decima edizione, che si completa con masterclass, seminari, eventi, tra cui i WineHunter Talks, approfondimenti tematici legati al mondo enogastronomico e alla sfida della sostenibilità, e il calendario di iniziative del Fuori Wine&Siena.Il programma di Wine&Siena 2025
    L’edizione 2025 di Wine&Siena inizia venerdì 24 gennaio con l’inaugurazione e il taglio del nastro alle ore 18.00 in Sala delle Lupe, presso il Palazzo del Comune in Piazza del Campo, seguita alle 20.00 dalla Small Plates Dinner al Santa Maria della Scala. Sabato 25 e domenica 26 gennaio dalle 11.00 alle 18.00 Wine&Siena apre le porte ad appassionati ed esperti che possono scoprire e degustare i prodotti enogastronomici degli oltre 150 espositori wine, food, spirits, beer, ai quali si aggiungono gli stand Extrawine e dei Consorzi. La sera di domenica 26 gennaio va in scena la cena di gala in ricordo di Andrea Vanni, nella storica sede Imperiale Contrada della Giraffa. Infine, lunedì 27 gennaio è dedicato agli operatori del settore e della stampa, occasione unica per conoscere da vicino le eccellenze selezionate da The WineHunter.
    Masterclass e seminari a Palazzo Squarcialupi
    Nelle giornate di sabato 25 e domenica 26 gennaio, la “Sala del gusto” al 7° piano del complesso di Santa Maria della Scala ospita un programma di masterclass e seminari dedicati al mondo enogastronomico. Le masterclass in programma per sabato 25 gennaio spaziano tra l’eleganza delle migliori bollicine d’Italia, la dolce alchimia dei vini passiti e da vendemmia tardiva e 7 eccellenze enologiche della grande tradizione toscana dei vini rossi. Domenica 26 gennaio, le masterclass si concentreranno invece su 7 grandi vini bianchi d’autore, la riscoperta dell’affinamento in anfora e un’esperienza dedicata al Pinot Nero. Appuntamento con i seminari alle ore 14.00: nella giornata di sabato 25 sarà protagonista l’olio extravergine d’oliva, domenica 26 spazio al fascino del brandy.
    Fuori Wine&Siena 2025
    Come negli scorsi anni, Wine&Siena esce dalle sale del complesso di Santa Maria della Scala per aprirsi alla città con una serie di iniziative raccolte nel calendario “Fuori Wine&Siena”. Tra queste, i 4 appuntamenti “AsSaggi di vino”, degustazioni con interventi e curiosità legate al vino, tra arte, geologia e astronomia, in attesa di Wine&Siena 2025, a cura di Confcommercio Siena, in collaborazione con la Camera di Commercio Arezzo Siena e con la partecipazione dell’Università degli Studi di Siena. Tra le attività di “Fuori Wine&Siena” anche le visite guidate a Palazzo Sansedoni, sede della Fondazione Monte dei Paschi di Siena: nella giornata di sabato 25 gennaio, infatti, i visitatori potranno scoprire la storia del palazzo e dei personaggi che lo hanno abitato, nonché ammirare la collezione di opere d’arte della Fondazione.
    Partner
    Radio Monte Carlo è la radio ufficiale dell’evento. Sono media partner Firenze Spettacolo, I Grandi Vini, Toscana Tascabile, Simona Geri, Andrea Radic, Emanuele Trono, Stefano Quaglierini, Olga Schiaffino – Wine Lovers Italy. Partner tecnici: Accessoridavino.com, Arco Spedizioni, I Bibanesi. Si ringraziano i partner istituzionali Regione Toscana, Comune di Siena, Fondazione Santa Maria della Scala, Università degli Studi di Siena, Banca Monte dei Paschi di Siena, Fondazione Monte dei Paschi di Siena, Camera di Commercio Arezzo Siena, Federalberghi Siena e provincia, I.I.S “B. Ricasoli” di Siena e I.I.S. “P. Artusi” di Chianciano Terme (SI).
    Accredito stampa: https://wineandsiena.com/accredito-stampa/Accredito operatori: https://wineandsiena.com/accredito-operatori/ LEGGI TUTTO

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    Consorzio Asti DOCG: imbottigliato 2024 supera i 90 milioni

    È positivo il bilancio della produzione di Asti Spumante e Moscato d’Asti, che a fine 2024 supera il tetto di 90 milioni di bottiglie in linea con la performance dell’anno precedente. Lo rileva il Consorzio di tutela che ha elaborato i dati di produzione e vendita della Docg più importante al mondo nel segmento dei vini aromatici. A trainare il risultato il Moscato d’Asti che chiude l’anno con un imbottigliato di oltre 33 milioni di pezzi, in crescita in doppia cifra grazie in particolare alla domanda statunitense, a quella italiana e all’aumento dei consumi nel Far East (Corea e Cina).
    In leggera flessione l’imbottigliato di Asti Spumante che però tiene sul fronte delle esportazioni (-0,8% i volumi nei primi 9 mesi del 2024). In grande ascesa le spedizioni verso l’Est Europa, dove Lettonia (tendenziale a +5%) e Russia (+49%) rappresentano oltre un terzo del totale export nel periodo; in lieve calo gli Usa (-2%) mentre il Regno Unito cresce del 10%.
    “Possiamo ritenerci soddisfatti – ha detto il presidente del Consorzio Asti Docg, Stefano Ricagno – perché nonostante le incertezze dei mercati, questi risultati dimostrano che il trend di consumo è sempre più orientato verso prodotti alcolici a bassa gradazione sia in Italia che all’estero. Moscato d’Asti e Asti Spumante sono naturalmente low alcohol, e quindi tradizionali ma moderni allo stesso tempo, in grado di intercettare nuove tendenze come quella dei cocktail che riscontriamo ormai in ogni angolo del mondo”.
    “La grande forza di questa denominazione è nella potenzialità della filiera – commenta Lorenzo Barbero, vice presidente senior – che permette di produrre e commercializzare i nostri vini conquistando in maniera capillare sempre più mercati a livello internazionale, a conferma che la nostra denominazione è apprezzata in tutto il mondo”.
    Il vitigno Moscato Bianco che dà vita alla Docg piemontese è coltivato in 51 comuni delle Province di Alessandria, Asti e Cuneo per un’estensione di circa 10mila ettari rientranti nel paesaggio vitivinicolo Patrimonio Mondiale dell’Umanità riconosciuto dall’Unesco. Ad oggi le aziende consorziate sono 1013, divise tra 50 case spumantistiche, 778 aziende viticole, 153 aziende vitivinicole, 17 aziende vinificatrici e 15 cantine cooperative. Il 90% della produzione viene esportata. LEGGI TUTTO

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    Un gioiello tra le Dolomiti: Maso Besleri di Pojer e Sandri

    Adagiato tra le colline trentine, Maso Besleri è molto più di un wine resort: è un luogo dove la passione per il vino, l’amore per il territorio e l’ospitalità autentica si incontrano. Parte dell’eccellenza dell’azienda agricola Pojer e Sandri, Maso Besleri offre un’esperienza intima e raffinata, perfetta per chi cerca di immergersi nella cultura enologica e nella bellezza naturale del Trentino.Un angolo di pace immerso nella natura
    Situato a Faedo, in una posizione panoramica che domina la Val d’Adige, Maso Besleri è un’oasi di tranquillità. L’antico maso è stato restaurato con grande cura, rispettando l’architettura locale e valorizzando ogni dettaglio con un tocco moderno. Gli ospiti sono accolti da un ambiente caldo e familiare, dove il legno e la pietra si fondono con la luce naturale e i colori del paesaggio circostante.
    Camere e ambienti dal fascino unico
    Le stanze, poche e selezionate per garantire un’esperienza esclusiva, sono arredate con stile e comfort, offrendo una vista mozzafiato sui vigneti e sulle montagne circostanti. Ogni dettaglio parla di autenticità e qualità, dai tessuti naturali alle finiture artigianali. L’atmosfera intima del resort invita a rilassarsi, magari con un buon libro o un calice di vino della cantina Pojer e Sandri in mano.
    Un viaggio tra sapori e profumi
    La cucina è una celebrazione delle eccellenze trentine, con piatti che esaltano i prodotti del territorio e seguono il ritmo delle stagioni. La colazione, ricca e genuina, è un trionfo di sapori locali, mentre la possibilità di degustare i vini Pojer e Sandri direttamente al maso è un’esperienza indimenticabile. Dai profumati vini bianchi come il Müller Thurgau e il Sauvignon, ai rossi eleganti come il Pinot Nero, ogni bottiglia racconta la storia di una terra unica e di una passione tramandata da generazioni.
    Photo Credits: Maso Besleri di Pojer e Sandri
    Esperienze autentiche per gli ospiti
    Maso Besleri è il punto di partenza ideale per esplorare il territorio circostante. Gli ospiti possono visitare la cantina Pojer e Sandri, immergendosi nella filosofia produttiva dell’azienda, famosa per il rispetto dell’ambiente e l’innovazione enologica. Per chi ama la natura, i sentieri che attraversano i vigneti e i boschi della zona offrono panorami mozzafiato e momenti di pura connessione con il paesaggio.
    Un rifugio per anima e palato
    Maso Besleri è il luogo dove il tempo sembra rallentare, permettendo agli ospiti di godere appieno della bellezza del momento. È un’esperienza che va oltre il semplice soggiorno: è un invito a scoprire un modo di vivere autentico, fatto di sapori, tradizioni e meraviglia.
    Conclusione
    Chi visita Maso Besleri non dimenticherà la qualità del vino, la calorosa accoglienza e la bellezza incontaminata del Trentino. È il rifugio perfetto per chi desidera una pausa di qualità, dove ogni dettaglio parla di passione e rispetto per la natura.
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    Heraco, la nuova “creazione” enologica della famiglia Grosjean

    Heraco è il nuovo vino di Grosjean che parla di “famiglia”: un rosso che racconta una forte identità territoriale e profondi legami familiari. Il segreto è, infatti, nel suo nome che svela l’ultima creazione di questi vignerons valdostani: Heraco, infatti, è l’acronimo dalle iniziali di Hervé, Eraldo, Er di Didier e Co di Marco, quattro personalità distinte ma unite dalla passione nel produrre vini di montagna.
    Nell’estate del 2023 prende vita Heraco grazie all’idea di utilizzare i due principali cru della cantina, le vigne Tzeriat e Rovettaz: la prima – piantata negli anni ’60 dal nonno Dauphin – da cui arriva il Pinot Noir che conferisce eleganza ed equilibrio, e la seconda – dalla quale si ottengono il Fumin che dona una buona struttura, il Torrette Superieur che regala un bell’equilibrio e il Clairetz che completa con un bel tannino derivante dal nebbiolo. Oggi Rovettaz, il più grande vigneto dell’azienda con 6,5 ettari, rappresenta l’appezzamento più importante in Valle d’Aosta coltivato da un singolo vigneron oltre a essere storicamente riconosciuto per la sua vocazione alla produzione di ottimi vini da più di 300 anni.
    Queste quattro varietà sono state lasciate “sposare” da agosto dell’anno scorso fino a gennaio: hanno riposato in tonneau da 600 lt e successivamente passate in bottiglia per la parte di affinamento finale. Intrigante al naso e fresco in bocca, questo rosso rubino esprime grande complessità che si traduce in rara finezza. Verticale e austero, le note di spezie si fondono a sentori di frutta rossa e sottobosco. quasi croccante al palato. Un vino che certamente può attendere anche diversi anni prima di essere stappato!
    Un racconto di famiglia, quella dell’azienda Grosjean: oggi con Heraco si parla di un altro pezzo di storia ricca di tradizione, unicità e collaborazione di questi vignaioli valdostani. Questa è la forza della viticoltura di questa regione che – attraverso un’autentica espressione di valorizzazione e preservazione di territorio – esprime il suo carattere fortemente identitario fatto di persone, montagna e vini.
    GROSJEAN
    La cantina valdostana è una storica realtà enoica che da sempre coniuga storia e tradizione, creatività e innovazione.  Prende vita agli inizi degli anni ’60 sotto la guida di nonno Dauphin che decide di investire nell’attività vinicola e imbottiglia il proprio Ciliegiolo presentato con successo all’”Exposition des Vins du Val d’Aoste” nel 1968. Negli anni ’80 ha inizio un processo di valorizzazione dei vari vigneti di proprietà. Nel 2000 viene inaugurata la nuova cantina e nel 2011 inizia la conversione al biologico. Grosjean Vins è la prima cantina in Valle d’Aosta a compiere questo passo, quasi dieci anni in anticipo sulle altre realtà locali. Il “fattore umano”, l’amore per il proprio lavoro e per la propria terra rappresentano gli elementi fondamentali sui cui negli anni si è consolidata l’identità della cantina valdostana. Oggi a guidarla è la terza generazione, i giovani Hervé, Didier, Simon e Marco, assieme a Eraldo. LEGGI TUTTO

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    Ronchi di Castelluccio e Poggio della Dogana: il sogno dei fratelli Rametta in Romagna

    La storia di alcuni vini italiani è davvero affascinante. Per un periodo della loro esistenza, questi vini sono diventati così iconici da essere elevati al rango di simboli: uno, al punto da diventare il feticcio di un premier francese; un altro, l’unico vino bianco servito durante un pranzo ufficiale al Quirinale, in occasione della visita di uno dei più importanti segretari generali del Partito Comunista dell’Unione Sovietica.

    Questi vini, avvolti da un’aura leggendaria, non hanno tuttavia mantenuto nel tempo il blasone riconosciuto a un Brunello di Montalcino di Biondi Santi o al Barolo Sperss di Gaja. Tra loro spiccano due nomi: il Capo di Stato, un taglio bordolese prodotto in Veneto, e il Sauvignon Blanc Ronco del Re, della cantina romagnola Ronchi di Castelluccio.

    Aldo Rametta

    Il Capo di Stato nasce a Venegazzù del Montello, in Veneto, grazie al Conte Loredan Gasparini, già negli anni ’60. Inizialmente noto come Venegazzù Rosso della Casa Riserva, era presente nelle carte dei vini degli hotel di lusso veneziani. Fu proprio in uno di questi contesti che il vino venne servito al presidente francese Charles de Gaulle, il quale, innamoratosene perdutamente, era convinto che fosse un vino francese sconosciuto. Con enorme stupore, scoprì invece che si trattava di un prodotto italiano. Questo episodio spinse il Conte Loredan a ribattezzare il vino con il nome di Capo di Stato.

    Oggi questo straordinario vino è ancora prodotto dalla famiglia Palla, attuale proprietaria della cantina Loredan Gasparini. Nonostante il suo valore, il Capo di Stato non gode però della notorietà che meriterebbe.

    Destini differenti ha vissuto il Sauvignon Blanc Ronco del Re, che negli anni ’80 era uno dei vini bianchi italiani più prestigiosi e costosi. Nel 1989, durante un pranzo ufficiale al Quirinale, fu scelto come unico vino bianco servito a Michail Gorbaciov, simbolo della qualità italiana.

    Vigneti a Poggio della Dogana

    Con il passare del tempo, però, il Ronco del Re finì nell’oblio, complice un cambio di proprietà e di visione aziendale. La sua storia ha conosciuto una svolta nel 2020, quando i fratelli Aldo e Paolo Rametta hanno acquisito la cantina Ronchi di Castelluccio, con l’intento di riprendere il progetto originario per ridare ai vini la collocazione meritano: tra i grandi vini d’Italia.

    Aldo e Paolo Rametta

    Il Progetto dei fratelli Rametta

    Aldo e Paolo Rametta, fratelli con origini tra New Orleans e la Svizzera, decidono nel 2016 di investire nella loro passione per la terra e il vino, legata alla Romagna, terra d’origine familiare. Nasce così Poggio della Dogana, una tenuta situata a Terra del Sole, tra le colline di Castrocaro Terme e Brisighella. Il progetto, dal 2023 certificato biologico, si dedica alle varietà autoctone come Sangiovese e Albana, con una forte vocazione internazionale.

    Nel 2020 i fratelli intraprendono un secondo ambizioso progetto acquisendo Ronchi di Castelluccio, storica azienda fondata nel 1974 dall’intellettuale e regista Gian Vittorio Baldi. Baldi, ispirato dall’eccellenza di Château Lafite-Rothschild, introdusse in Romagna un approccio pionieristico alla viticoltura di qualità, fino ad allora quasi sconosciuta in Italia. Con il supporto del critico Luigi Veronelli e la collaborazione dell’enologo Vittorio Fiore e dell’agronomo Remigio Bordini, avviò un progetto visionario basato su zonazione, selezione clonale e vinificazione per singole vigne. Grazie a queste innovazioni, Ronchi di Castelluccio produsse i primi cru di Romagna, vini longevi e di qualità straordinaria.

    Dopo essere stata guidata dalla famiglia di Vittorio Fiore, la tenuta è oggi gestita da Francesco Bordini, figlio di Remigio, che insieme ai fratelli Rametta punta a rilanciare l’azienda nel rispetto del progetto originario. I vigneti storici sono stati restaurati senza abbattere piante e ripristinando metodi tradizionali come il guyot e l’alberello. Ogni vigneto, o “Ronco”, è vinificato singolarmente per valorizzare le caratteristiche uniche del terroir.

    Il territorio delle colline di Modigliana, ricco di fossili e originato da sedimenti marini, è un luogo unico per la viticoltura. Qui si trovano i Ronchi, appezzamenti “strappati” al bosco con la roncola e circondati da una biodiversità preziosa, che dialoga con la vegetazione e il microclima.

    allevamento_Ronchi di Castelluccio

    Nel 2023, i Rametta ampliano la loro visione acquistando l’azienda agricola Fontana, una proprietà di 390 ettari con allevamenti biologici di vacche Limousine, uliveti e laghi. Questo sistema integrato consente di produrre fertilizzanti a km 0 e rafforza la sostenibilità ambientale dell’azienda, che mira anche a sviluppare un progetto di agrivoltaico per l’autosufficienza energetica.

    Poggio della Dogana si distingue non solo per i vini biologici di grande espressione territoriale, ma anche per la produzione di miele e per la scelta di celebrare la storia familiare con etichette ispirate ai disegni di Silvio Gordini, trisavolo di Aldo e Paolo.

    In entrambe le aziende, i fratelli Rametta perseguono un equilibrio tra eredità e avanguardia, guidati dalla volontà di riportare la Romagna al centro della scena vitivinicola internazionale, con un approccio etico, sostenibile e di alta qualità.

    I Vini degustati – Ronchi di Castelluccio

    Dalla vendemmia 2020 l’azienda è tornata a vinificare separatamente i quattro Ronchi originari: Ronco Casone, Ronco della Simia, la cui produzione mancava da oltre 25 anni, Ronco dei Ciliegi e il ritorno del Ronco del Re, prodotto solo nelle annate più convincenti. Tutti i cru sono 100% uve sangiovese, a eccezione del Sauvignon Blanc Ronco del Re, raccolte a mano tramite la cosiddetta “vendemmia eroica”, date le pendenze ardite. I grappoli sono trasportati nella cantina di proprietà e vinificati tramite fermentazione con lieviti indigeni e a temperatura controllata. Ciascun vino è affinato secondo diverse scelte relative all’impiego e alle tempistiche di acciaio e legno, nuovo e usato.

    A marzo 2022 sono inoltre uscite sul mercato le prime due novità firmate fratelli Rametta: il Sangiovese Buco del Prete e il Sauvignon Blanc Sottovento, con l’obiettivo di valorizzare gli omonimi vigneti piantati nel 1989. La vendemmia ricalca le modalità eroiche adottate per i prestigiosi “fratelli maggiori” Ronchi e la vinificazione avviene per single vineyards. I due vini si inseriscono commercialmente tra la linea d’ingresso e la gamma dei cru.

    La produzione media annua di Ronchi di Castelluccio è di 65.000 bottiglie, per il 90% destinate al mercato italiano, con una distribuzione per l’85% Ho.re.ca., mentre il 10% è esportato negli Stati Uniti.

    Sauvignon Blanc Rubicone IGT Bianco “Sottovento” 2021

    Monovarietale da uve sauvignon blanc raccolte da alberelli piantati nel 1989, creato dalle esperte mani dell’enologo Francesco Bordini. L’etichetta è un omaggio all’appezzamento di terreno in cui entrambi i vitigni sono stati piantumati nel 1989 e rappresenta, in visione onirica, la forte brezza che dal Mediterraneo abbraccia la vigna. Sauvignon di notevole finezza, lontano (per fortuna) dagli stereotipati sentori tipici del vitigno e con una importante prospettiva di longevità.

    Romagna DOC Sangiovese Modigliana “Buco del Prete di Castelluccio” 2021

    è un cru da viti del 1989 radicate nella parcella di Modigliana più impervia, circondata da una fitta macchia boschiva, e abbandonata per decenni proprio per la difficoltà di raggiungerla. L’etichetta riporta a quelle storiche dei Ronchi, con un disegno che riprende il bosco tutt’intorno al vigneto del Buco del Prete, raffigurato con la vista dal basso verso l’alto per stimolare la sensazione di trovarsi all’interno di un incavo. I colori sono volutamente astratti per riportare a un’atmosfera immaginifica, evocando un incredibile viaggio sensoriale. Vino dinamico, scorrevole e di bella beva.

    Sauvignon Bianco Colli di Faenza DOC “Ronco del Re” 2021

    L’unico cru da uve sauvignon blanc nasce da piante di circa 50 anni affacciate sulla Val Lamone, verso la Pieve del Thò del 1800. Il nome “Re” deriva da “rio”, fiume in dialetto romagnolo. La vigna, infatti, è formata da un sottile lembo di terra che affianca via Tramonto, in bilico tra la strada e il grande dirupo che la separa dal rio. In questa posizione incassata il Ronco raccoglie il calore del sole durante il giorno e della terra la notte, arricchendosi di profumi, assorbendo ogni anno i diversi modi con cui la natura si trasforma e rivela. Il Colli di Faenza Doc nasce in un appezzamento a 370m s.l.m. anch’esso restaurato nel 2019, allevato a cordone speronato e disposto a giropoggio. La produzione è limitata a meno di mille bottiglie. Un sentito ringraziamento ai fratelli Rametta per aver fatto rinascere questo grandissimo vino bianco unico, intrigante e di grande espressività.

    Fabio Castellucci_Paola Antonello

    Romagna DOC Sangiovese Modigliana “Ronco della Simia” 2020

    è un Sangiovese carnoso, da un clone con buccia spessa e ricchissima in struttura che si trasforma in una trama intensa e impenetrabile. Le naturali doti di finezza si intrecciano con una potenza insolita da domare grazie a una lunga maturazione in bottiglia. Il cru è esposto a Est e si trova a 440m s.l.m. Il Ronco della Simia ha una singolare etichetta che deriva direttamente dal Corpus Aldrovandino conservato nella Biblioteca dell’Archiginnasio di Bologna. Il curioso nome del vino si rifà a una leggenda con protagonista un militare americano di istanza a Modigliana durante la Seconda Guerra Mondiale. Si racconta che, al termine del conflitto, il soldato decise di stabilirsi in queste terre insieme alla fidata compagna di avventure, una scimmietta. Quando l’animale morì, il militare volle renderle omaggio seppellendola vicino al pozzo presente nel ronco, considerato un luogo mistico. Da qui il nome Ronco della Simia. In questo momento il capolavoro dei fratelli Rametta, complesso e profondo. Ho riassaggiato la bottiglia a quattro giorni dall’apertura e conservata a temperatura ambiente, aveva mantenuta intatta tutta la sua eleganza, caratteristica che si addice solo ai grandi vini.

    Poggio della Dogana

    I Vini degustati – Poggio della Dogana

    La produzione vinicola di Poggio della Dogana è in regime biologico,certificato a livello europeo da Suolo e Salute,e pone al centro le varietà più rappresentative del territorio romagnolo, ovvero il sangiovese, la cui presenza è attestata da un atto notarile datato 1672, custodito nell’Archivio di Stato di Faenza e l’Albana, uva vinificata in purezza dall’azienda versione secca o nell’originale da uve stramature.

    La scelta delle etichette dei vini di Poggio della Dogana è un tributo alla storia familiare dei Rametta, le grafiche riprendono, infatti, i bozzetti e gli studi di Silvio Gordini, uno degli artisti più noti dell’Emilia-Romagna, trisavolo di Aldo e Paolo da parte di mamma.

    La produzione totale di Poggio della Dogana è di 40.000 bottiglie, il 90% distribuite sul mercato italiano, quasi totalmente in Ho.re.ca., mentre l’export si concentra sugli Stati Uniti e destina una piccola quantità alla Germania.

    Romagna DOCG Albana Secco “Belladama” 2023 ​

    Versione secca della varietà allevata a Brisighella, in località “Pideura”, da vigneti di 20 anni allevati a guyot tra i 200m e i 300m s.l.m. La vinificazione in assenza di bucce segue la procedura tradizionale con la pressatura verticale lenta. La fermentazione avviene in tini di acciaio a temperatura controllata con lieviti indigeni. L’affinamento è di dieci mesi in cemento non vetrificato, con periodici bâtonage sulle fecce fini, e di almeno quattro mesi in bottiglia. Il nome è un omaggio a Rosanna, madre di Aldo e Paolo: Belladama era, infatti, l’esemplare della scuderia di cavalli da trotto del nonno materno che lei amava di più da bambina. L’etichetta rappresenta un fiore simile alla bocca di leone. Vino incisivo e gastronomico, un ottima bevuta.

    Romagna DOCG Albana Secco “Farfarello Brix” 2022 ​

    Questa è la prima annata di produzione per un vino le cui uve provengono da un vigneto di 20 anni, situato a un’altitudine tra i 200 e i 300 metri nel comune di Brisighella. Con questo vino, l’Azienda Poggio della Dogana entra a far parte dell’Associazione Brisighella, Anima dei Tre Colli, nata nel 2023 grazie all’iniziativa di cinque aziende, che ora sono 19, con l’obiettivo di valorizzare e definire un nuovo stile per l’Albana di Romagna. A tale scopo, è stato avviato il progetto Brisighella Brix, che ha istituito un disciplinare di produzione rigoroso al quale le aziende partecipanti devono attenersi. Vino  dal sorso elegante e incisivo, con un intrigante gioco tra note di frutta matura e note vegetali di fiori di campo. Da tenere d’occhio.

    Nella foto di copertina da sx Paolo Rametta-Aldo Rametta-Fabio Castellucci. LEGGI TUTTO