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    Nama in verticale: Chardonnay d’autore dall’Alto Adige

    Nals Margreid è una delle più importanti cooperative italiane, nata dalla fusione delle cantine sociali di Nalles e quella di Magrè. La cantina sorge lungo la strada che collega Nalles alla frazione di Sirmian, integrandosi armoniosamente nel paesaggio circostante, sia naturale che urbano.

    Qui, le uve, raccolte da vigneti distribuiti su tutto il territorio altoatesino, vengono trasformate con maestria. Le diverse altitudini, comprese tra i 200 e i 900 metri, offrono condizioni climatiche e caratteristiche del suolo uniche, che si riflettono nell’identità di ciascun vino. Il risultato è una gamma di prodotti che esprime freschezza alpina, una profonda connessione con il terroir e una naturale vocazione internazionale.

    La struttura della cantina, rinnovata nel 2011 su progetto dell’architetto Markus Scherer, rappresenta un dialogo raffinato tra eredità e innovazione. L’uso sapiente di rovere, cemento, acciaio e vetro conferisce all’edificio un’identità contemporanea, mentre elementi storici come i ciottoli del 1764, le travi e le colonne arricchiscono l’estetica con richiami al passato. Questa armonia tra antico e moderno riflette l’approccio produttivo della cantina, che fonde sapientemente l’evoluzione senza dimenticare le radici. Il vetro, utilizzato per rendere visibili la zona di produzione e parte della barricaia, è simbolo di trasparenza nei confronti dei consumatori; il legno, invece, evoca un senso di continuità con la natura, mentre l’acciaio simboleggia l’unione tra architettura e processo enologico. Questa straordinaria combinazione architettonica è stata premiata nel 2012 alla Biennale di Venezia, nell’ambito del concorso internazionale Le Cattedrali del vino, per la categoria Interior Design.

    Le origini di Nals Margreid risalgono al 1764, anno inciso sul pavimento dell’edificio storico. Nel 1932, trentadue famiglie di viticoltori decisero di rilevare la cantina, iniziando una nuova fase di storia e dedizione. Oggi, sono 138 le famiglie che collaborano alla coltivazione di 160 ettari di vigneti, lungo la Strada del Vino dell’Alto Adige, con una predominanza di uve bianche (70%) rispetto alle rosse (30%).

    Come di consueto, Nals Magreid ha presentato al Merano Wine Festival la nuova annata di Nama, il suo vino più celebre e celebrato, cogliendo l’occasione per testarne l’evoluzione nel tempo con un’imperdibile verticale che si è tenuta presso la cantina di Nalles.

    Nama in verticale

    Nama nasce dall’esperienza dei viticoltori di Nals Margreid, unita a un’accurata ricerca delle microzone più adatte. Nato come Cuvée nel 2016 e diventato 100% Chardonnay dal 2019, questo progetto si basa su una filosofia di sostenibilità che l’azienda persegue con dedizione. I vigneti di Chardonnay, situati a Magrè nella Bassa Atesina, si trovano tra i 300 e i 400 metri di altitudine su terreni di ghiaia calcarea ricchi di humus, con esposizione sud/sud-est. Il clima mediterraneo, caratterizzato da estati calde, inverni miti e venti pomeridiani, crea le condizioni ideali per la coltivazione. Le uve, raccolte e selezionate a mano, fermentano e invecchiano per 15 mesi in piccole botti di rovere. Successivamente, il vino affina per 12 mesi in serbatoi d’acciaio e per un anno in bottiglia, seguendo un processo attento e rispettoso della qualità.

    Nama Cuvèe 2016 e Nama Cuvèe 2018 Alto Adige Doc85% chardonnay, 9% pinot bianco, 6% sauvignon. Per entrambe le annate seguono queste note ricavate dalla scheda tecnica: chardonnay raccolto a mano a Magrè, nella Bassa Atesina, tra i 250 e i 350 metri di altitudine. Pinot bianco e  sauvignon sono stati raccolti a mano a Nalles, in Valle dell’Adige, a un’altitudine compresa tra i 500 e 700 metri. Fermentazione e invecchiamento per 18 mesi in piccole botti di rovere e successivo assemblaggio. Seguono 12 mesi di invecchiamento in serbatoi d’acciaio fino all’imbottigliamento con un ulteriore anno di affinamento in bottiglia. Entrambi vini di estrema finezza con uno spettro gusto-olfattivo che si esprime con grazia, naturalezza e armoniosità, con l’annata 2018 che raggiunge vette paradisiache a cui  aspira ogni bianchista che si definisca tale.

    Nama 2019 Alto Adige Doc

    La prima annata 100% chardonnay, raccolto a mano a Magrè, nella Bassa Atesina, tra i 300  e 400 metri di altitudine. Fermentazione e invecchiamento per 18 mesi in piccole botti di rovere e successivo assemblaggio. Seguono 9 mesi di invecchiamento in serbatoi d’acciaio fino all’imbottigliamento con un ulteriore anno di affinamento in bottiglia.  Pieno, vibrante con un grande potenziale di invecchiamento ancora tutto da esprimere, ma già adesso è un grande vino, non c’è che dire.

    Paolo Porfidio, Gottfried Pollinger e Harald Schraffl

    Nama 2020 Alto Adige Doc

    100% chardonnay raccolto a mano a Magrè, nella Bassa Atesina, tra i 300  e 400 metri di altitudine. Le pratiche di vinificazione sono le stesse del 2019. Nonostante l’annata complicata il vino è incisivo sia all’olfatto che al palato che risulta essere sapido e fresco con una bella coerenza naso-bocca e un allungo persistente.

    Paolo Porfidio – Stefania Mafalda

    Nama 2021 Alto Adige Doc (non ancora in commercio)

    100% chardonnay raccolto a mano a Magrè, nella Bassa Atesina, tra i 300  e 400 metri di altitudine. Le pratiche di vinificazione sono le stesse del 2019. Vendemmiato a settembre inoltrato dopo un’annata con importanti escursioni termiche che hanno pretermesso di portare in cantina un’uva perfetta. All’olfatto manifesta tutta la sua incisività virando più su note vegetali che fruttate. Il palato è ancora alla ricerca di equilibrio. Un vino da lunghissimo invecchiamento, con un grande potenziale che si esprimerà con prepotenza nei prossimi anni. LEGGI TUTTO

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    Unpacking Wine Guide, il packaging del vino spiegato bene

    I mercati esteri sono sempre stati l’obiettivo principale della maggior parte della produzione vinicola italiana. Non a caso nel 2023 le nostre esportazioni di vino hanno generato circa 8 miliardi di euro, con un aumento dell’80% dal 2012 al 2022 (dati ICE, 2023). Sbocchi principali dei vini italiani sono stati gli USA, la Germania, il Regno Unito e il Canada. In Oriente, la Cina sembrerebbe un altro mercato promettente, ma la sua complessità richiede ancora valutazioni molto attente e una buona dose di prudenza (sebbene nel 2022 l’Italia abbia mantenuto la sua posizione di primo esportatore di vino in Cina, in forte concorrenza con la Francia). Peccato che viviamo tempi così incerti che ciò che fino a ieri era un certezza, oggi non lo è più. Solo una caratteristica pare costante: la complessità. Dei mercati, delle legislazioni, dei trend di consumo. Se questo vale per ogni aspetto del wine business, uno dei primi ad esserne toccato è il packaging in senso lato. Ogni Paese ha le sue regole, ogni categoria di vino le sue esigenze, ogni consumatore i suoi gusti. E poi c’è il problema della sostenibilità, (e della sua percezione da parte degli utenti finali) che deve infilarsi (giustamente) in ogni anfratto anche di questo mondo.Il packaging  è il primo punto di contatto tra il consumatore e il prodotto: il suo aspetto finisce per influenzare (nel bene e nel male) la decisione d’acquisto. I vini italiani sono spesso associati alla tradizione e all’eleganza, e per quanto molti consumatori ancora chiedano loro di riflettere queste qualità anche attraverso il loro abbigliaggio, ce ne sono altri, forse più numerosi, che non si sentono minimamente attratti da questo modo un po’ old-fashioned di presentare il vino. Rinnovare il packaging di una linea o anche solo di una bottiglia può diventare perciò una bella sfida, un campo minato zeppo di trappole (burocratiche, psicologiche, tecniche). Per avere un’idea di cosa significhi addentrarsi in questo campo, il team di the Porto Protocol, un’iniziativa di Taylor’s Port per condividere  conoscenze pratiche che permettano al settore vitivinicolo di agire per mitigare i cambiamenti climatici e promuovere la sostenibilità, ha pubblicato un bellissimo e agile libretto: “Unpacking Wine Guide- A Practical Journey Through the Environmental Landscape of Packaging”. Si tratta della risorsa più completa sull’argomento del packaging in tutti i suoi aspetti che abbia letto finora,  progettata per consentire ai produttori e ai professionisti del settore di prendere decisioni informate in materia di imballaggio, riducendo al minimo l’impatto ambientale. Che si tratti di etichette, contenitori per il vino, chiusure e altro, la guida esamina in profondità i pro e i contro di ogni scelta, sotto tutti gli aspetti (compresi quelli delle singole legislazioni). E le sorprese non mancano.Per chi sta pensando di cambiare abito alla propria produzione, è uno strumento decisamente utile, ad un prezzo più che ragionevole (lo si può acquistare qui). Un piccolo regalo che ciascun produttore può fare a se stesso, ritagliandosi poi un paio d’ore almeno per leggerlo con calma.E auguri per le prossime Feste! LEGGI TUTTO

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    Vini umbri d’eccellenza: il progetto UmbriaTop Wines

    In Umbria, l’eccellenza della produzione vitivinicola è riunita sotto l’ala di UmbriaTop Wines, società cooperativa fondata nel 2009: nata dalla visione di vitivinicoltori di fama mondiale, si dedica alla promozione dei migliori vini regionali, enfatizzando la qualità, la sostenibilità e l’autenticità del patrimonio enologico umbro. La cooperativa, che associa 109 cantine e 4 Consorzi vitivinicoli – Torgiano, Montefalco, Trasimeno, e Orvieto. Per conoscere meglio questa importante realtà del sistema vino italiano ho rivolto alcune domande a Gioia Bacoccoli, General Manager di UmbriaTop.

    Lo staff di UmbriaTop Wines: Laura La Ficara – Francesco Strangis – Gioia Bacoccoli

    Quali sono le motivazioni principali che hanno portato alla fondazione di UmbriaTop Wines nel 2009 e come si è evoluta la cooperativa dal momento della sua creazione fino ad oggi?

    UmbriaTop Wines è una società cooperativa agricola fondata nel 2009 con l’obiettivo di promuovere un’immagine unitaria dei produttori vitivinicoli regionali. Ad oggi, la Cooperativa riunisce sotto di sé 118 soci tra cui i quattro Consorzi di Tutela regionali e rappresenta così un gruppo eterogeneo di produttori di fama mondiale, che producono vino di altissima qualità. L’obiettivo è quello di promuovere tutta la produzione vitivinicola partendo dall’area di Montefalco, passando per la zona del Lago Trasimeno, fino ai territori che fanno capo ad Orvieto e Torgiano.

    La cooperativa, sostenuta anche dalla Regione Umbria, ha come mission quella di educare il consumatore ad apprezzare e valorizzare gli eccellenti vini di questa regione. La cooperativa è partita da una base molto ridotta, e nel corso degli anni, con l’adesione di sempre più soci convinti della buona riuscita di questo progetto, si è espansa e così anche la sua partecipazione a fiere ed eventi del territorio regionale, nazionale ed internazionale.

    Quale significato profondo volete dare al concetto di “immagine unitaria e qualificata” per il vino umbro?

    La mission di UmbriaTop è quella di far emergere tratti che sono di fatto comuni per tutte le produzioni enologiche regionali.

    Qualità, in nome di quantità quasi sempre limitate, frutto di un lavoro costate di selezione delle uve in campo e di una grande cura in cantina; 

    Autenticità ed unicità, pensando ai nostri vitigni autoctoni protagonisti delle produzioni

    Sostenibilità, ove la nostra regione è di fatto un “cuore verde” dove pochissimo è l’inquinamento ambientale.

    “rarità”: se si pensa che l’intera produzione media annuale si compone di meno del 2% della produzione nazionale

    Queste parole chiave possono essere alla base della nostra idea di “immagine unitaria” se espresse in una narrazione coordinata.

    Il tutto può funzionare ancor meglio abbinandolo anche ad eccellenze agroalimentari del territorio viaggino insieme, con accordi strategici con altri soggetti.

    Il nostro modus operandi abituale è quello di creare un collettivo di produttori ben riconoscibile al di fuori dell’Umbria che rimandi alla qualità del brand Umbria.

    Qual è il ruolo dei vitigni autoctoni nella produzione dei vini Umbri e quali sono le principali sfide nella produzione di vini di alta qualità rispettando la biodiversità e il territorio?

    I vitigni autoctoni sono un elemento fondamentale per la produzione dei vini umbri, consentono di promuovere l’essenza di questo territorio immensamente ricco di biodiversità e storia. La produzione vitivinicola regionale sul territorio risale infatti sin dall’epoca degli Umbri.

    La produzione dei vini di alta qualità presenta diverse sfide per rispettare il territorio e la sua biodiversità; i produttori sono molto attenti a questi due temi e adottano strategie competitive e all’avanguardia per garantire la biodiversità del territorio che permette di ottenere prodotti di altissimo pregio e attenti al rispetto della natura e del territorio. Lo slancio verso una viticultura pulita è già ben avviato, con aziende che producono vino biologico o lavorano in regime sostenibile.

    L’impegno verso la tutela paesaggistica del territorio umbro è ben riscontrabile anche dall’elevato numero di cantine presenti alla fiera di Slow Wine a Bologna, il cui obiettivo è quello di promuovere il vino buono, pulito e giusto.

    Come vi state approcciando agli strumenti digitali per la strategia di promozione dei vini umbri e per il coinvolgimento dei consumatori a livello globale?

    Gli strumenti digitali sono uno degli attrezzi fondamentali per poter diffondere, al di fuori della regione e al di fuori del territorio nazionale, l’immagine di qualità del vino umbro. Attraverso post di Instagram e Facebook intendiamo raggiungere un vasto pubblico di consumatori che possono approcciarsi in prima battuta alla realtà di Umbria Top e di tutti i progetti e gli eventi organizzati durante l’anno; il fine è quello poi di farli avvicinare in maniera diretta ai produttori vitivinicoli. In programmazione dal 2025 abbiamo la creazione di un portale e-commerce regionale nonché un sistema di blockchain che possa interconnettere i produttori con i tecnici che costantemente sostengono le aziende. In progress anche una progettazione di attività divulgative come realtà aumentata, realtà immersiva ed animazioni con schermi led innovativi.

    Quali sono gli obiettivi principali di Umbria Top per i prossimi anni e quali nuovi progetti sono previsti per aumentare ulteriormente il valore del vino umbro sui mercati internazionali?

    Umbria Top si augura di avere a giorni riscontri alla partecipazione ad un progetto di Filiera regionale sotto il bando “Distretti del Cibo” con il Ministero della Agricoltura e della Sovranità Alimentare.

    L’obiettivo per i prossimi anni è di continuare a crescere, riunendo sotto di sé ulteriori produttori di eccellenze enologiche per lavorare in modo coeso e in sinergia per rendere il settore vitivinicolo regionale sempre più protagonista del mercato internazionale e sempre più riconoscibile e richiesto.

    Nel mentre, per il 2025 stiamo lavorando al tema portante del progetto “Radici”. È un percorso multidisciplinare che prevede l’analisi della produzione vitivinicola regionale, le sue origini e le sue tracce sul territorio, le tecniche antiche e nuove di produzione, tracciando così una linea temporale della produzione a partire dalle sue origini archeologiche, antropologiche, culturali. Affiancando questa analisi storica, si vuole analizzare anche le peculiarità botaniche, ambientali, agronomiche e colturali che rappresentano l’unicità del territorio umbro, al fine di costruire una maggiore identità del comparto a partire dalla “base”.

    Accanto a questo progetto continueremo a portare avanti l’organizzazione di fiere del settore per offrire ai produttori la possibilità di relazionarsi con buyers nazionali ed internazionali per promuovere il vino umbro.

    Abbiamo aderito al bando di Distretto di Filiera presentando il nostro progetto che ci vede capofila,  in progetti pensati  in sinergia con diverse aziende e makers del territorio; siamo fiduciosi che questo possa essere un ottimo trampolino di lancio per la promozione del vino umbro non solo in Italia, ma anche in tutto il mondo.

    Qual è stata l’ispirazione dietro la creazione dell’Umbria Wine Academy e In che modo l’Academy rappresenta un ponte tra eredità e avanguardia nella viticoltura umbra? Infine, quali sono gli obiettivi principali che il progetto si propone di raggiungere a medio e lungo termine?

    L’obiettivo di Umbria Wine Academy, creata nell’anno 2024, attraverso tutte le azioni e attività programmate durante l’intero anno, è quello di individuare,  formare e fidelizzare degli Ambassador innamorati del vino umbro in grado di  promuoverlo attraverso i social e nel mondo.

    L’Academy rappresenta un ponte tra eredità e avanguardia nella viticoltura umbra grazie alle attività di incoming di buyers interessati al nostro territorio, che vengono a fare esperienze per “toccare” le caratteristiche peculiari del territorio con mano e poter diffondere l’unicità del territorio nei loro paesi di provenienza.

    Il Presidente di UmbriaTop Wines Massimo Sepiacci

    L’obiettivo del progetto a lungo termine è quello di organizzare diverse attività di diverse tipologie per promuovere il vino umbro; si va da azioni di incoming ad organizzare delle collettive di assaggi di vino dei produttori umbri per il loro riconoscimento nelle guide nazionali più importanti del settore. Il fine non è solo quello di svolgere attività di promozione rivolte verso l’estero, ma anche quello di pubblicizzare il vino umbro su tutto il territorio regionale proponendo dei format promozionali dinamici, come un road show tra le principali enoteche regionali.   LEGGI TUTTO

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    Serdiana Wine Festival: Intrecci di Vite 2024

    Il Serdiana Wine Festival: Intrecci di Vite 2024 si prepara a celebrare l’eccellenza vinicola e la cultura enogastronomica della Sardegna. Questo attesissimo evento si terrà nella suggestiva cornice di Serdiana, un piccolo borgo nel cuore dell’isola, conosciuto per i suoi vigneti rigogliosi e il profondo legame con le tradizioni locali. L’edizione 2024 ruota attorno al […] LEGGI TUTTO

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