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    Come bambini nella sabbia

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    Se tu prendi un bambino e lo porti in spiaggia, ma anche solo gli dai un mucchio di sabbia, stai pur sicuro che quello si metterà a giocarci, scavando, segnando, solcando, ammucchiando e dando sfogo alla sua fantasia. E vivrà attimi di pura presenza e leggerezza, come sabbia nel vento.

    Mi è venuta in mente questa immagine ripensando ai volti di Lucia Ziniti e Andrea Balducci, anime portanti della Cantina San Biagio Vecchio (ne avevo scritto qui), quel pomeriggio che mi hanno ospitato e lasciato assaggiare la completa verticale del loro vino simbolo, il Sabbiagialla. Un’albana in purezza, da vecchie vigne “tramandate” dal parroco locale, che crescono su terreni argillosi in cui spiccano determinanti emersioni di sabbie gialle di epoca pleistocenica. 

    Ogni volta che incontro questa coppia è immediata la sensazione che emana dai loro sguardi, luminosi e stupefatti, specialmente dal riassaggio dei propri vini, quasi increduli e ricchi di gratitudine. Umili e determinati, Andrea e Lucia non hanno schivato errori e batoste, reputati fondamentali e formativi per la propria crescita come vignaioli. Negli anni hanno preso dimestichezza con le terre di Oriolo, con i diversi vitigni qui piantati (oltre all’albana anche sangiovese, centesimino e trebbiano) o da loro replicati sui nuovi appezzamenti man mano acquisiti. 

    Una cantina piccola dove le loro idee sono concentrate e concretizzate ogni anno tra prove e messe appunto, con una chance ogni anno, natura permettendo. Potere assaggiare in comparazione tutte le annate prodotte del Sabbiagialla è stato un viaggio nella storia di questi ragazzi. Ogni annata riporta a loro le fatiche e le sorprese di ogni stagione, e nel calice ogni volta una fotografia coerente dell’annata. Negli anni, dopo le prime prove davvero sperimentali, il Sabbiagialla ha presto preso la strada di una breve macerazione sulle bucce, nella fattispecie 3 giorni nel 2009, poi ridotti a 2 giorni nel 2016 e infine a un giorno dal 2018. Da ricordare anche le tre raccolte separate, una leggermente precoce, una a maturità ed una in surmaturazione.

    La bellezza e la molteplicità espressiva di questo vino, che non ha visto grandi stravolgimenti nella tecnica di produzione, è legata a doppio filo con l’andamento climatico del singolo millesimo, determinante affinché sulle uva intervenga, in maniera più o meno incisiva, lo sviluppo della muffa nobile. Vederla in azione è uno spettacolo, che ho avuto la fortuna di ammirare in un paio di occasioni. I chicchi da oro brillante iniziano ad attraversare mille colori, dall’ambra, al lilla, dal marrone al violetto. Un arcobaleno a tratti inquietante soprattutto per chi lo osservi la prima volta, ma le uve di albana acquistano una complessità di aromi che poi rimangono come traccia definitiva del suo corredo in tutta l’evoluzione.

    Iniziare gli assaggi con l’annata 2020, l’ultima in commercio, dà l’idea dell’equilibrio e dell’armonia tra quella che è la direzione data dalle vigne e la sensibilità di Andrea e Lucia nell’interpretarla. Un vino profondo e al contempo più disponibile rispetto ad annate precedenti, che talvolta si nascondevano dietro un velo di riduzione nelle prime fasi di vita. Vino solare e complesso, balsamico e con note di miele, in contrasto con un sorso dinamico e succoso, dal piacevole agrume di mandarino.

    Sabbiagialla 2019 è invece più scontroso, chiama con forza la tavola per accompagnare la sua grinta tannica ed il finale amaricante, leggermente verde, di profilo austero. Mi lascia curioso di riassaggiarlo tra qualche anno.

    La 2018 è scapigliata e divertente, vive in un equilibrio dinamico e mutevole, con una leggera volatile che gli dà brio ed esalta la compagine agrumata, piena di pompelmo, e le parti floreali che si mischiano a note di miele e fichi, per un sorso succoso e goloso.La 2017 evolve benissimo, portando ancora in dote note di fiori bianchi, anche qui agrume giallo, cioccolato bianco, miele di castagno, un cenno di canfora e spezie dolci. Sorso pieno ma non pesante, con un accento verde nel finale.

    Bellissima la 2016, dove la botrytis si fa sentire, insieme ad un cedro maturo, a tratti in scorza e canditi. Il sorso scorre vibrante, con acidità, sale e calore tutti amalgamati in un tessuto avvolgente e di grande allungo, con sapore dalle mille sfaccettature. Una delle versioni più appaganti.

    La 2015 appare invece un po’ più monocorde, giocata su frutto dolce e spezie, ma gli manca quel guizzo nel sorso, che si asciuga un po’ rapidamente.

    Annata difficilissima la 2014, ma ne esce un gioiellino, con un naso aggraziato e stuzzicante, tra pout pourri di fiori secchi e frutti esotici. Il sorso è scorrevole, leggero, fresco, saporito e dissetante, con dolce finale di ananas maturo.

    Altra bella annata la 2013, che sfodera note fumè, fico quasi caramellato, carruba e castagno, sentori scuri che tornano anche al palato. Versione dal piglio autunnale, ben sostenuta in freschezza, con una parte tannica che arriva nel finale, a ricordare la “cazzimma” del vitigno.

    Una vera sorpresa l’annata 2012, calda al limite del torrido, senza sviluppo di muffa nobile. Al naso non concede tanto, ma lascia intendere qualche nota che suona quasi da riesling alsaziano con qualche annetto sulle spalle. Ma appena si sorseggia esplode al palato con una carica energetica impressionante. Succoso e saporito, porta ricordi di frutti gialli, fichi, ananas fresco, castagna, ed un finale salato e dall’eco lunghissima.

    Gli fa il paio la 2011, che accentua le note di limone e la parte fumé, quasi si andasse in Loira, e aumenta anche la scorrevolezza del sorso, vibrante di sale e freschezza agrumata, che chiude con un leggero accento metallico.

    Arriva a segnare un altro punteggio notevole sul tabellone la 2010, espressiva ma fine al naso, qui davvero con tanta assonanza ai riesling renani di pari età, non tanto per cenni idrocarburici (che comunque ci sono), ma quanto per l’agrume giallo/verde, di lime, e la speziatura fine. E poi il sorso, con bocca elegante, di grande ricamo, sapida al limite del minerale, agrumata e fine.

    Fa quasi impressione pensare alla prima annata prodotta col nome Sabbiagialla, la 2009. Non vince il premio del vino della giornata, e meno male, o si sarebbe dovuto sospettare un gran colpo della sorte. Invece, al netto delle annate, sembra che il lavoro di Andrea e Lucia sia andato delineando sempre più un vino identitario come Albana, territoriale ed eclettico come questo vitigno sa essere, di grande leva gastronomica ma al contempo stuzzicante per i degustatori più scafati. Questa prima versione palesa leggermente il tono alcolico, per la prima volta percepibile al naso (nonostante altre annate avessero stessa gradazione o superiore), ma poi si difende al palato con grande equilibrio, sapore e finezza, su toni confortevoli di torta di mele (con immancabile scorza di limone). Manca un po’ di allungo ma parliamo di dettagli.

    Quando scopro che è aperta una bottiglia del precursore del Sabbiagialla non posso sottrarmi all’assaggio. E così scopro la fase attuale dell’ Innato 2006, una delle prime esperienze di Andrea sull’albana. Colore carico, per via anche di macerazioni più lunghe (se la memoria non mi inganna) e tratti che stranamente rimandano la mia memoria gustativa a bottiglie di vecchi Chianti anni 70/80, tra note di erbe balsamiche e biscotto, e una scorza secca di agrume. Un primo necessario esperimento prima di iniziare l’avventura vera e propria del Sabbiagialla.

    A conclusione di questo incredibile viaggio è arrivato anche un calice dell’ultimo Anforghettabol 2020. Un vino per cui vale la pena spendere la parola spettacolare, ma anche quasi lisergico. Sì, perché non mi stupirei di vedere draghi, folletti o animali parlanti dopo un sorso di questa albana raccolta in surmaturazione, con muffa nobile e per di più fermentata ed affinata in anfora georgiana. Una vera chicca dove si mischiano note di litchie, liquirizia, miele, spezie, agrumi canditi, e basta avere pazienza e ci si può trovare anche aromi forse nemmeno conosciuti.

    Un grande grazie ad Andrea e Lucia ed il migliore in bocca al lupo, sperando magari di vederci anche tra 10 anni a celebrare un’altra verticale ancora più emozionate. LEGGI TUTTO

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    Escursione e degustazione con Valdera Trek&Taste a Chianni

    AI confini dell’alta Valdera si apre un paesaggio fatto di borghi incastellati sulle colline per dominare il territorio. Qui si trova Chianni, piccolo paese situato su una antica via etrusca che conduceva a Volterra, zona di passaggio ma anche di produzione in passato con i suoi mulini ad acqua. Sabato 15 gennaio è in programma l’escursione ‘Valdera Trek&Taste a Chianni’ nelle aree aperte sotto il borgo stesso, per poi farvi ritorno in modo da visitare un’azienda agricola locale (Azienda Casavecchia) dotata di mulino per la macinatura dei legumi e dei cereali, di una bella cantina per il vino e per degustare i suoi prodotti. Per la visita in azienda è obbligatorio il Green Pass. L’escursione è organizzata da ‘Incanto toscano hiking guides’ in collaborazione con Valdera SlowFood. 

    Programma:  Ritrovo a Chianni e inizio del trekking. Arrivo a Chianni per fare la degustazione, aperitivo pre-pranzo in azienda agricola. Pranzo al sacco nel borgo in prossimità del lavatoio e mulino. Nel primo pomeriggio possibilità di andare a vedere la cascata del Ruscello (spostamento in auto di circa 2km e proseguimento a piedi di circa 1,5 km andata ritorno)

    Ritrovo: Ore 9,30 a Chianni (PI). Le coordinate verranno fornite dalle guide tramite chat a iscrizione avvenuta

    Indicazioni tecniche ed quipaggiamento: Escursione facile, lunghezza: 9 km circa, dislivello: 250 m, dislivello totale circa 450 m, durata escursione: 3 ore circa. VIETATO: scambiarsi qualsiasi tipo di oggetto, cibo o bevanda tra ogni componente del gruppo compresa la guida

    CONSIGLIATI: Abbigliamento comodo e sportivo, magliette tecniche traspirantiOBBLIGATORI: Scarponcini da trekkingOBBLIGATORIO: Green Pass e mascherina di protezione chirurgica per l’accesso ai locali dell’azienda agricolaOBBLIGATORIO: portare con sé il gel disinfettante per dotazione personaleVIETATO: scambiarsi qualsiasi tipo di oggetto, cibo o bevanda tra ogni componente del gruppo, compresa la guida.

    Pagamenti: Il pagamento andrà fatto tramite bonifico su indicazione della Guida. La quota pagata non è restituibile nel caso di nel caso di disdetta entro le 72 ore dalla partenza. Viene consentito il cambio di nome nella prenotazione o il rilascio di un voucher valido per escursioni di pari valore da utilizzare nell’arco di un anno a partire dalla data di rilascio

    Annullamento da parte della guida: Le Guide si riservano il diritto di ANNULLARE l’evento per motivi di sicurezza anche in prossimità della partenza. Le Guide informeranno i partecipanti entro le 12 ore precedenti alla partenza. In questo caso vi verrà proposta una nuova data o rimborsata la cifra pagata con trattenuta di 2 euro per spese di segreteria. In caso di annullamento le Guide Ambientali Escursionistiche non sono responsabili dei costi sostenuti per eventuali pernottamenti o altre spese sostenute in proprio dal partecipante all’escursione.

    Iscrizioni:Info e prenotazioni Laura tel. 327-3693504 fino a esaurimento posti.Dopo un primo contatto telefonico con la Guida, gli interessati dovranno procedere al pagamento online dell’intera cifra da versare tramite bonifico all’associazione. La Guida comunicherà i dati per il bonifico agli interessati. Tutti i partecipanti verranno inseriti nella chat wathsapp creata per dare a tutti le informazioni necessarie per i ritrovi, gli orari e le modalità dello svolgimento della giornata, perciò è richiesto nome, cognome e numero di telefono di ogni partecipante. Per ricevere la fattura da parte dell’Associazione sono richiesti i dati fiscali del titolare del conto corrente da cui viene effettuato il pagamento e un indirizzo email.

    NOTENB: LE GUIDE SI RISERVANO DI NON ACCETTARE PARTECIPANTI SPROVVISTI DI ADEGUATO ABBIGLIAMENTO E CALZATURE; DI CAMBIARE PROGRAMMA O PERCORSO SENZA PREAVVISO ANCHE IN PROSSIMITA’ DELLA PARTENZA E IN MANIERA SOSTANZIALE, A LORO INSINDACABILE GIUDIZIO QUALORA SI VERIFICASSERO CONDIZIONI DI QUALUNQUE GENERE CHE IMPEDISCANO DI OTTEMPERARE ALLE NORME PER LA SICUREZZA DEL GRUPPO. LEGGI TUTTO

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    “Incontro DiVino” degustazioni e poesia

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    Arriva la seconda degustazione del vino di Jerez, lo Sherry

    Viste le numerose richieste arrivate per la prima degustazione di Sherry…si replica. Ecco dunque il secondo appuntamento con la degustazione dello Sherry, che si terrà sabato 11 dicembre alle ore 18. La location sarà il Royal Victoria Hotel sul Lungarno Pacinotti nel centro di Pisa. Una meravigliosa location, per dirla tutta. E che si abbina alla grande con questa incredibile degustazione. Le porte di uno degli alberghi storici d’Italia – uno dei più antichi in Europa ancora in attività – si apriranno per un evento davvero unico. E per celebrare una serata così non poteva mancare un vino speciale, quello di una cantina che “vive” lo Sherry da quasi un secolo e mezzo e molte generazioni: Williams&Humbert, azienda storica di Jerez de la Frontera, che vanta una lunga tradizione ed una delle cantine di affinamento del vino più grandi in Europa. Il viaggio porterà alla scoperta di quattro tipologie di Sherry tra le più caratteristiche ed apprezzate dai suoi estimatori: Fino, Amontillado, Palo Cortado e Cream. Quattro varietà capaci di esprimere tutto il potenziale che un territorio come quello di Jerez e la sapiente mano dell’essere umano riescono ad offrire.

    Il costo della serata è di €25, e la prenotazione è obbligatoria. Ritrovo alle 17.45 al primo piano del Royal Victoria Hotel. Richiesto il greepass. Per avere maggiori info o prenotare, chiamare il numero +39 388 8894672 (Cristian) oppure inviare un messaggio su WhatsApp. LEGGI TUTTO

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    Banchi di Gusto, in primo piano le eccellenze enogastronomiche

    Pisa. Inaugurazione ufficiale ieri mattina in Logge di Banchi per la “due-giorni” di Cna e Toscana Sapori dedicata alle eccellenze enogastronomiche “Banchi di Gusto”.Taglio del nastro alla presenza del presidente territoriale Cna Pisa Francesco Oppedisano e dell’assessore alle attività produttive Paolo Pesciatini, come si spiega in una nota, per “Banchi di gusto”,… LEGGI TUTTO

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    Andrea Peradotto, vignaiolo nomade

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    Da quando questa assurda passione per il vino mi ha preso tra le sue grinfie, una delle patologie che ha sviluppato in me è la curiosità per i vigneti, specie se piccoli, sperduti su alte colline, vecchi, sia che siano malconci che maniacalmente curati.Mi immagino di chi siano, che vino ne venga fuori, dove va a finire. Ho sempre pensato che sarebbe bello andarli a stanare per tutte le strade d’Appennino e tutelarli, dargli dignità, custodirli, vinificarli e quando possibile tradurli in etichette. Ognuna con la sua storia, ognuna con le sue peculiarità. Ma quelle che erano mie fantasie sono diventate linfa vera per il progetto di un vignaiolo romagnolo, che ho scoperto da un paio di anni e che è stata una vera rivelazione: Andrea Peradotto, titolare dell’azienda Pian di Stantino, nome che designa anche l’agriturismo gestito insieme al fratello, in un luogo disperso sopra Tredozio, in un ambiente dove si incontrano più davvero fate e folletti che umani. Ma quella è un’altra storia, altrettanto affascinante.Andrea dopo aver maturato esperienze come enologo sia in Italia che all’estero ha sentito il richiamo per il paese di origine, Portico di Romagna, comune della Romagna-Toscana nella valle del Montone, sopra Forlì in direzione passo del Muraglione. Allora è andato a cercarsi appezzamenti di alta collina, in zone dove la viticoltura odierna è attività marginale e semiabbandonata. Oggi ha accumulato sotto la propria gestione “ben” 2.5 ha di vigna, sparsi tra Rocca San Casciano, Tredozio, Portico di Romagna. La parcella più grande, sulle alture di Tredozio, sfiora l’ettaro, la seconda vigna è quella presa dal 2020 sul Monte Busca, a circa 700 metri di quota, per totali 7000 metri quadri. Poi il resto si compone di piccoli gioielli: alte pendenze, vecchi filari, qualche piccolo vigneto recuperato dall’abbandono. Tutto, prevalentemente, coltivato a sangiovese. Anche se qua e là l’autunno mostra le foglie rosse di qualche pianta di ciliegiolo, e qualche altra varietà tipica, o più spesso dimenticata, compare qua e là nei campi di Andrea.Un frazionamento quasi degno della Borgogna per microparcellizzazione, ma con l’aggravante di stare sull’appennino forlivese, e costringere Andrea ad un vero lavoro da nomade. Questo anche in virtù del fatto che praticamente tutte le operazioni di cura della vigna sono fatte a mano, come i trattamenti, alla vecchia maniera, con poltiglia bordolese (rame e zolfo) diffusa con la pompa manuale in spalla. E questo rappresenta ovviamente un incentivo a fare meno trattamenti possibile, solo lo stretto necessario.Andrea non ha una cantina, è nomade anche in questo caso, in affitto presso un’amica produttrice, dove può vinificare singolarmente ogni vigna, anche perché le diverse posizioni e caratteristiche portano a maturazioni in momenti diversi. La base pedoclimatica prevalente delle vigne è costituita da marnosa-arenacea, ovvero un alternarsi di sabbie e argille compattate dal tempo. La componente argillosa è presente, ma non nelle percentuali della bassa collina romagnola, come pure quella calcarea, che qui abbonda e dà carattere alle uve.

    In vigna Andrea ci mostra alcune vecchie usanze che perpetua, come usare i rametti dei salici per legare i tralci principali, sostituiti invece con rametti di ginestra in tarda primavera, quando il salice ha lignificato ma servono ancora piccoli legacci per fermare i rami lungo i fili e pettinare le viti.

    Le altitudini, le lente maturazioni, le vecchie vigne, sembrano creare un coacervo che si traduce in vini dalla trama sottile nel tannino, ma ricca di sapore, e tesa nella fibra acida e sapida. A questo contribuiscono anche le scelte “tecniche” in cantina. Fermentazioni spontanee in vecchie botti di legno, e macerazioni dai 60 agli 80 giorni sulle bucce. Chi si aspetterebbe vini estrattivi e carichi rimane sbigottito dai colori trasparenti e vivaci dei vini firmati Pian di Stantino. E dall’eleganza che mostrano alla bevuta.L’emblema del genere è l’ultimo nato, il Buscamara 2020. Vinificato dalla vigna del Monte Busca e destinato a finire in assemblaggio nel Ridaccio, alla prova degli assaggi ha mostrato identità e bontà tale da meritare un’etichetta tutta sua. E peraltro i recenti riconoscimenti (“Vino Slow” della guida Slow Wine) lo ribadiscono. Ma basta assaggiarlo per farsi stupire immediatamente. Un vino che gioca su un’acidità fine e succosa, agrumata, di melograno e piccoli frutti rossi, con tanta traccia salina e balsamica, tannino sottile, sapore lungo, eleganza e carattere. Una bellezza giovanile di labbra rosse e sorriso solare.L’etichetta di cui si trovano più bottiglie (il totale della produzione aziendale si aggira sulle 7000 annue in totale) è il Pian, dalla vigna più grande, situata sopra Tredozio. Un sangiovese che sa di viola e frutti scuri, equilibrato, ma irrorato da una freschezza che sa di bosco e colline semidisabitate. Un tannino che in gioventù è appena graffiante ma dopo un anno o poco più di bottiglia, come ora per il Pian 2019, è levigato e integrato, appagante in un sorso gastronomico e dinamico.L’etichetta di forse maggiore complessità è il Ridaccio, che oggi si compone dell’assemblaggio di basi da tutti gli altri vigneti gestiti da Andrea. Le varie anime donano un profilo scuro in gioventù (è da poco sul mercato il 2020), con un tannino appena rugoso ed un naso ancora in via di definizione, tra golosi accenti speziati e piccoli frutti scuri. Bella progressione di bocca, tanti strati di sapore, con carattere e ancora tanta evoluzione davanti. Il 2018 oggi è pienamente espressivo e profondo. Un vino con 12.5% di alcol che riempie la bocca con sapore.

    Adrea l’ho conosciuto dapprima assaggiando i suoi vini, poi di persona, e se i vini già parlavano da soli, a partire da etichette di rara grazia artistica, lui conferma quanto si può solo intuire. Cioè che dietro a un vino onesto e buono ci sono sempre persone con idee oneste e lavoro genuino. Genuino è Andrea, vignaiolo nomade dell’Appennino forlivese, genuini i suoi sangiovese, da provare per un’idea concreta e schietta di cosa può dare il sangiovese in alta collina.PS: nel 2020 Andra ha prodotto anche il PianGo, ormai introvabile chardonnay d’altura romagnola, davvero sorprendente per dinamica gustativa, sapore, bontà. E lo dico da uno che non si straccia le vesti per questo vitigno, che di solito apprezzo in poche espressioni fuori da Borgogna e Jura. LEGGI TUTTO

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    Corso su degustazione e conoscenza della birra

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