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    Gruppo Italiano Vini (GIV) – risultati 2022

    Presentiamo oggi I dati 2022 di GIV presi dal bilancio consolidato. Si tratta ovviamente un anno di recupero per la principale azienda vinicola italiana per fatturato (per ora visto che Argea+Zaccagnini sarà molto vicina nel 2023), come ovviamente c’era da aspettarsi: le vendite crescono dell’8% a 466 milioni di euro. Restiamo però ancora una volta un po’ delusi dal fatto che l’andamento in Italia sia stato marcatamente negativo (-6%) rispetto a quanto fatto vedere dai principali concorrenti del gruppo, spiegato nella relazione degli amministratori con un andamento non positivo nella GDO. I margini migliorano rispetto al 2021, nonostante un aggravio delle spese per la materia prima: ricordiamo che GIV acquista parte delle proprie materie prime (vino) dalla controllata Cantine Riunite/CIV, “a condizioni normali di mercato” secondo il bilancio. Nel dettaglio, l’EBITDA torna al 5% delle vendite (6% medio nei 5 anni pre Covid) e l’utile netto chiude a 5 milioni, ancora largamente sotto alla media pre Covid (7 milioni circa). L’indebitamento si riduce leggermente, passando da 113 a 100 milioni di euro. Passiamo a una breve analisi dei dati.

    Le vendite sono cresciute dell’8% a 466 milioni di euro, con un incremento del fatturato estero del 13% a 359 milioni di euro e un calo dell’attività italiana del 6% a 108 milioni di euro.
    I costi di acquisto delle materie sono in crescita dal 60% al 61% del fatturato e sono compensati da un calo delle spese per servizi, mentre i costi del personale tornano sui livelli pre-Covid nel 2022. Alla fine il margine operativo lordo (EBITDA) sale da 18 a 23 milioni, +25%, con un margine che passa dal 4.3% al 4.9%. Il tutto si confronta con un valore assoluto nel 2019 di 21 milioni di euro e un margine del 5.2%.
    Gli ammortamenti e gli oneri finanziari aumentano leggermente (nonostante l’incremento dei tassi GIV paga un tasso medio piuttosto contenuto circa l’1.9%), mentre sono terminati gli sgravi fiscali che avevano aiutato l’utile nel 2021 e quindi la riga finale del bilancio chiude a 4.8 milioni di euro, contro oltre 8 dell’anno scorso.
    Dal punto di vista finanziario l’indebitamento che era sceso fortemente nel 2021 segna un ulteriore leggero progresso di 3 milioni nel 2022 a 110 milioni di euro, nonostante la normalizzazione del capitale circolante (114 milioni contro 107 del 2021).
    Vi ho aggiunto un grafico che mostra l’andamento GIV contro campione Mediobanca delle vendite tra il 2005 e il 2021, che mostra lo “scollamento” tra GIV e il settore vinicolo italiano nell’ultimo decennio.

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    L’andamento degli indici Liv-ex – aggiornamento 2022/23

    Torniamo oggi a discutere dell’andamento degli indici Liv-Ex relativi ai grandi vini e lo facciamo con rinnovato interesse visto l’inversione di tendenza osservata negli ultimi mesi. La crescita che sembrava senza fine e che aveva fatto aleggiare considerazioni sulla superiorità dell’investire in vino rispetto ad altre forme di investimento sembra essersi fermata. Intendiamoci: come tutti i beni a offerta fissa, il vino (o meglio “un vino”) ha un prezzo che può arrivare a qualsiasi cifra. Però dal picco toccato ad agosto 2022, l’indice più rappresentativo, il Liv-Ex 1000, è calato del 7% (come sempre prendiamo i dati in euro e non in sterline). Nello stesso periodo la borsa americana (S&P500) è cresciuta del 4%, mentre quella europea è scesa del 2%. L’inflazione osservata nel periodo è stata del 5% circa.
    Preoccupati? No, per nulla. Per una serie di ragioni. Vediamole nel resto del post.

    Anzitutto, non tutti i vini sono cresciuti nella stessa maniera. Il calo dell’indice generale, che è stato del 6% da inizio anno è soprattutto determinato dalla correzione dei prezzi dei vini che erano cresciuti di più. Da inizio anno i vini di Borgogna sono giù del 7%, gli Champagne del 9%. Fa eccezione, se vogliamo, il Rodano che non è mai cresciuto più degli altri ed è crollato del 14% (buon per me, che amo quei vini).
    In secondo luogo, dobbiamo anche considerare qualche aspetto di contorno, “è tutto un complesso di cose” come direbbe il grandissimo Paolo Conte. Veniamo da due anni di euforia post-Covid, che nemmeno una guerra molto vicina a noi e un’inflazione galoppante sono riuscite a scalfire. Potremmo essere di fronte a una normalizzazione. Negli ultimi mesi il mercato americano è rallentato pesantemente nei consumi di beni di lusso e i cinesi sono alle prese con una situazione non facile a casa loro: finchè non riprenderanno a viaggiare (forse manca poco), difficilmente potranno fare sentire il loro peso.
    In secondo luogo, le vendemmie 2020 e 2021 in Francia sono state molto scarse (ma non cattive per qualità) e questo ha certamente contribuito all’aumento dei prezzi, mentre la vendemmia 2022 è stata molto abbondante. È plausibile che molti investitori stiano aspettando l’ondata dell’annata 2022 per vedere l’effetto che fa* sui prezzi (*cit. Enzo Jannacci).
    Tornando ai dati, ci sono buone notizie per i vini italiani, almeno in termini relativi. Se il loro andamento è stato meno spumeggiante negli ultimi anni, ora l’inversione di tendenza si fa sentire decisamente di meno. Il calo dei prezzi da inizio anno è soltanto del 2% e non si arriva al 3% se partiamo dal picco dei prezzi, che per i vini tricolori è stato novembre 2022.
    Se la diagnosi di sopra è corretta, potrebbe durare un po’. D’altronde oggi una bottiglia della Borgogna costa ancora 8 volte quanto costava nel 2003, e mediamente una bottiglia di vino pregiato costa più di 4 volte tanto. I vini italiani? Leggermente meno di 4 volte.
    Buone vacanze.

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    Emilia Romagna – produzione di vino e superfici vitate 2022 – dati ISTAT

    Presentiamo oggi i dati di produzione dell’Emilia Romagna come rilasciati da ISTAT, con l’avvertenza che tali dati non sono perfettamente coerenti con i dati del MIPAAF. ISTAT infatti dichiara una produzione regionale di 6.14 milioni di ettolitri nel 2022, mentre secondo MIPAAF la produzione è più elevata, 7.21 milioni di ettolitri. C’è di buono che le variazioni percentuali sono coerenti. Scegliamo di seguire e commentare i dati ISTAT avendo una serie molto completa e lunga negli anni, mentre non riusciamo a ottenere nessun dato dal ministero, nonostante le richieste inoltrate (anche via PEC). Ad ogni modo, la vendemmia 2022 è stata in leggera crescita sul 2021 (+4%), quindi meno positivo rispetto all’andamento nazionale tracciato da ISTAT. Ugualmente, il confronto con il passato segna un -4% per la regione contro un +6% per il dato nazionale. Si confermano, rafforzati, alcuni trend che stiamo osservando nella regione: i vini bianchi gradualmente crescono di peso (55% nel 2022) prendendo il posto dei rossi, le due categorie estreme qualitative DOC e vini comuni crescono di peso schiacciando gli IGT, che sono al minimo storico (33% della produzione) da quando osserviamo i dati. Passiamo ad analizzare qualche numero nel resto del post.

    Secondo ISTAT, l’Emilia Romagna ha prodotto 6.14 milioni di ettolitri di vino nel 2022, +4%.
    A contribuire a tale incremento è soprattutto il vino bianco, +8% a 3.4 milioni di ettolitri, mentre i rossi sono rimasti stabili a 2.8 milioni. In confronto con gli ultimi 10 anni, la produzione dei vini bianchi 2022 è del 2% superiore, mentre quella dei vini rossi è del 9% più bassa. Se guardate i numeri più in dettaglio per denominazione e colore vi accorgerete che sono i numeri dei vini comuni a determinare a grandi linee lo spostamento rossi verso bianchi.
    Il 2022 è stato anche un anno buono per i vini DOC, +6% sul 2021 e +8% sulla media, con una produzione di 1.6 milioni di ettolitri. I dati sono molto simili per i vini comuni, prodotti in 2.45 milioni di ettolitri nel 2022. Sono invece in calo dell’1% e del 20% sotto la media storica i dati produttivi dei vini IGT, 2.04 milioni di ettolitri.
    I dati provinciali contengono anche la stima delle superficie vitata, 49mila ettari, +0.7%, con Parma e Bologna in crescita e Piacenza, Forlì-Cesena e Rimini in calo. Le rese per ettaro restano tra le più elevate d’Italia a 171 quintali di uva per ettaro contro 114 nazionale. Ravenna e Reggio Emilia da questo punto di vista sono le regioni con i dati più elevati.

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    Tannico – risultati 2022

    Guardiamo oggi per la prima volta i “nuovi” conti di Tannico con l’inclusione di Ventealaproprietè.com per tutti i 12 mesi del 2022. Ho volutamente evitato di inserire il bilancio consolidato 2021, tenendo quindi quello di Tannico senza la francese per mostrare le variazioni derivanti dall’inclusione della nuova azienda. Fatta questa premessa possiamo dire che per il secondo anno consecutivo Tannico ha avuto un’evoluzione negativa delle vendite organiche, scese da 33.5 a 31.7 milioni, -5%. Ovviamente, se mettiamo insieme anche la francese arriviamo a un fatturato totale di circa 70 milioni (non sappiamo quanto fatturava Ventealapropriete nel totale 2021 per fare un confronto). Non si tratta però di un andamento anomalo, o perlomeno abbiamo recentemente commentato i dati di Callmewine che anch’essa ha subito un calo del 5% nell’anno. L’azienda nel suo insieme ha bruciato 6.4 milioni di euro di cassa e mostra un debito di 1 milione a fine anno, con gli azionisti che hanno contribuito con 3 milioni circa. Ricordiamo che sebbene questi dati siano consolidati con Ventealaproprietè al 100%, la quota di possesso è del 69% e che il 31% sarà probabimente acquisito nel 2024 con un prezzo stimato allo stato attuale di 22 milioni di euro. Ciò richiederà un ulteriore contributo degli azinionisti (LVMH 51%, Campari 49%). Passiamo a un breve commento dei dati, anche focalizzandoci sul “prima” e “dopo” acquisizione.

    Delle vendite abbiamo detto e segnaliamo che purtroppo non c’è alcuna indicazione del fatturato per area geografica, dunque non riusciamo a continuare la serie geografica ma solo quella per entità legale.
    La struttura dei conti non cambia di molto tra il prima (solo Tannico) e il dopo (Tannico+Ventealapropriete): il margine sulle vendite sale leggermente dal 29% al 31%, le perdite rimangono piuttosto copiose, intorno al 10% del fatturato a livello operativo (9% volendo tralasciare le componenti straordinarie) contro il 14% del 2021 ma peggio del -8% del 2019.
    I numeri parlano quindi di quasi 70 milioni di fatturato consolidato, 32 di Tannico e 37 dell’azienda francese, 22 milioni di margine lordo dopo gli acquisti di merci, di un EBITDA negativo per 2 milioni e di un utile operativo in perdita per 7 “tutto compreso” e 6 se togliamo i componenti non ricorrenti.
    A livello finanziario la nuova struttura ha un magazzino molto più importante che si finanzia attraverso i debiti verso fornitori. In totale, nel 2022 la situazione finanziaria è passata da una cassa di circa 2 milioni a livello consolidato (nella tabella leggete 3 perché si trattava della capogruppo Tannico soltanto) a un debito di 1 milione, dopo contributi degli azionisti di 3.3 milioni, che implica quindi un “cash burn di circa 6.4 milioni di euro.

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    Piemonte – produzione di vino e superfici vitate 2022 – dati ISTAT

    Con la pubblicazione dei dati MIPAAF relativi alla produzione di vino 2022 (solo un dato disponibile per regione, recuperato per vie traverse. Terzo mondo), abbiamo un confronto con la reportistica ISTAT e quella delle dichiarazioni di produzione. Per il Piemonte i due dati sono abbastanza coerenti (non in Campania per esempio, dove ISTAT prevede una produzione doppia di quella del ministero), per cui riteniamo di poter pubblicare a cuor leggero i dati produttivi qui di seguito.
    La produzione di vino in Piemonte secondo ISTAT è stata di 2.41 milioni di ettolitri nel 2022. Secondo MIPAAF invece la produzione di vino è di 2.73 milioni di ettolitri. Su un punto i due istituti sono d’accordo: che la produzione è calata leggermente. Soltanto che ISTAT ritiene che la produzione nazionale sia cresciuta del 14% nel 2022, mentre MIPAAP dice che è stata sostanzialmente stabile.
    Non avendo alcun dettaglio dei dati del Ministero procediamo con un commento sui dati ISTAT. A seguire nel resto del post.

    Secondo Istat il Piemonte ha prodotto 2.41 milioni di ettolitri di vino, il 4% in meno del 2021 e il 2% in meno della media storica decennale, quando per il resto d’Italia si parla di una crescita del 6% e di una vendemmia del 14% sopra lo storico.
    I dati per vini bianchi e rossi sono piuttosto simili, 991mila ettolitri e 1.4 milioni di ettolitri rispettivamente, del 3-4% sotto il 2021 e del 2-3% sotto al media storica.
    Sono anche molto coerenti i dati relativi a vini DOC e comuni (come sapete in Piemonte non ci sono vini IGT).
    Aprendo ulteriormente i dati per come sono forniti da ISTAT rileviamo una produzione leggermente più calante per i rossi DOC che non per i bianchi.
    Infine, sui dati provinciali secondo ISTAT la superficie vitata cala del 3% per la regione, ma la provincia di Cuneo cresce del 3%. Asti cala del 6% (1000 ettari persi, mi sembra un dato inverosimile ma questo è quanto riporta l’Istituto) e Alessandria del 6% pure (anche in questo caso -600 ettari mi sembra tanto).
    Ho scritto diverse volte a ISTAT ma loro dicono che i dati che pubblicano sono corretti…

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    Vendite al dettaglio di vino (GDO Italia) – dati Circana, primo semestre 2023

    Che dire? Si beve meno e si spende di più. I dati di Circana sulle vendite nella GDO italiane restituiscono questo quadro, molto chiaro, per il secondo trimestre e (quindi per) il primo semestre 2023. Le vendite di vino crescono del 3% a 1.4 miliardi di euro ma calano del 4.4% a 3.6 milioni di ettolitri, per un effetto prezzo che cumulato viaggia intorno all’8%. In questo contesto, l’effetto “mix” sembra essere molto limitato, visto che la categoria che cresce di più è quella dei rosati, che mostra un prezzo ben inferiore alle altre categorie (3 euro al litro, contro 3.3 dei bianchi e 3.6 dei rossi) e dove l’effetto prezzo è anche più limitato (5% contro 7-9% per le altre categorie, sempre guardando ai dati semestrali). Certamente il secondo trimestre è andato un po’ meglio di quello che ci si poteva immaginare e lo vedete dai grafici allegati, dove qualche “beccheggio” verso l’alto si nota e dove potete apprezzare che l’emorragia dei volumi (ora -2% sui 12 mesi rispetto al 2019) sembra rallentare. Gli spumanti restano positivi, +3.5% in valore rispetto al trimestre 2022 ma rallentano rispetto al primo (favorito dalla Pasqua anticipata) mentre il contrario succede per i vini fermi che dopo un valore stabile nel primo trimestre riprendono quota con un +5% nel secondo trimestre. Anche i vini DOC/DOCG hanno un dato positivo dopo 2-3 trimestri di stasi. Bene, passiamo a un’analisi un po’ più dettagliata nel resto del post.

    Le vendite di vino nella GDO chiudono il trimestre a 705 milioni di euro, +5%, con un calo dei volumi del 2.4% a 1.8 milioni di ettolitri. Nel semestre si chiude a 1.37 miliardi di euro, +3%, mentre i volumi sono a -4.4% per 3.56 milioni di ettolitri.
    I vini fermi nello specifico si riprendono nel secondo trimestre con un +5.1% che porta il saldo dei 6 mesi a +2.6%, per un valore di 1.09 miliardi, mentre i vini spumanti italiani con 275 milioni rallentano a +6% nel semestre dopo un primo trimestre molto forte e un secondo trimestre stabile. Il forte calo degli Champagne (-13% nel semestre) è un altro segno di debolezza.
    Sempre più nel dettaglio, nel semestre crescono del 5% i vini rosati, del 3.5% i vini rossi e dell’1% i vini bianchi, nelle prime due categorie con un visibile miglioramento nel secondo trimestre (+5% per i vini rosati, +8% per i vini rossi).
    Per categoria qualitativa, il semestre è +3% per i vini DOC e IGT, +1% per i vini comuni, tutto dovuto all’andamento più positivo nel secondo trimestre delle prime due categorie.
    Nei vini spumanti, sono sempre gli Charmat secchi a guidare la crescita, +7% nel semestre, con i metodo classico a +5% e gli Charmat dolci a +2%.
    Vi lascio alle tabelle e grafici del post.

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    Santa Margherita – risultati e dati di bilancio 2022

    Santa Margherita chiude il 2022 con risultati solidi: le vendite sono cresciute del 18% (17% escludendo l’apporto dell’acquisizione in Oregon) a 260 milioni e seppur i margini percentuali si sono leggermente ridotti, la base di confronto del 2021 era particolarmente difficile. L’EBITDA è cresciuto del 14% (13% a parità di perimetro) e l’utile netto del 12% a 47 milioni dopo aver spesato 5 milioni di oneri non ricorrenti derivanti dalla svalutazione dei di alcuni marchi del Gruppo (8 milioni). Da segnalare che l’azienda ha anche chiuso un accordo con le autorità fiscali per la definizione del prezzo di trasferimento dei prodotti in USA (si chiama B.A.P.A., Bilateral Advance Price Agreement) nell’ambito del quale sono state anche ridefinite le risultanze degli scorsi anni (2016-2020) con un aggravio fiscale per la parte italiana e un credito di imposta per quella americana (a significare che i prezzi di trasferimento degli scorsi anni sono stati rivisti al rialzo, implicando più utili alla capogruppo in Italia e meno per l’importatore americano). La solidità di questo bilancio si vede anche dall’ulteriore miglioramento dei parametri finanziari. Dopo aver pagato dividendi di circa 25 milioni, il debito scende comunque di 8 milioni a 118, per un rapporto sull’EBITDA di 1.3 volte da 1.6 dello scorso anno. Poco si dice del 2023, salvo che l’anno è partito con un calo delle vendite, che però ricorre in un periodo poco significativo dell’esercizio. Passiamo a un breve commento dei dati.

    Le vendite sono cresciute del 18% a 261 milioni, con un incremento del fatturato italiano del 7% e di quello estero del 23%, supportato anche dal consolidamento di Roco Winery, la quale ha registrato 2.6 milioni di fatturato, 0.8 milioni di EBITDA e 0.5 milioni di utile operativo e utile netto. Per entità legale, le vendite salgono del 27% per Santa Margherita (capogruppo) e del 6% per Ca del Bosco, del 35% per Tenimenti Pile e Lamole, del 7% per Ca Maiol e del 13% per Cantine Mesa. Le vendite del marchio Santa Margherita nello specifico crescono del 21.1%.
    I margini subiscono una leggera erosione presumibilmente per via delle pressioni inflazionistiche e dell’incremento dei costi energetici in particolare, partendo da un livello molto elevato nel 2021 del 35%, in prospettiva storica. L’impatto è particolarmente visibile su Ca del Bosco (dal 39% al 37%), che ha avuto un EBITDA stabile intorno a 18 milioni di euro, mentre per Santa Margherita capogruppo l’EBITDA sale a 43 milioni da 33 dello scorso anno.
    Sotto l’EBITDA crescono del 10% gli ammortamenti, anche per via della nuova azienda consolidata per arrivare a un utile operativo di 68 milioni, +14% e pari al 26% del fatturato. Gli oneri “aticipi”, incluse le perdite su cambi sono parti a circa 6 milioni, parzialmente compensati da un calo dell’aliquota fiscale dal 22% al 16%, per arrivare al +12% dell’utile netto di 47 milioni.
    Il bilancio si espande, con un capitale investito che sale da circa 400 a 420 milioni di euro (di cui 118 milioni sono debito, contro 126 del 2021), in coerenza con lo sviluppo dell’attività, lasciando il ritorno sul capitale nell’intorno del 16%.

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    Constellation Brands – risultati primo trimestre 2023

    Quando un’azienda che ha una delle sue divisioni (qui parliamo di quella del vino di Constellation Brands) che perde circa il 10% di vendite e il 10-15% degli utili e nel commento si legge soltanto “I marchi di vino di fascia alta di Constellation hanno guadagnato quote di mercato e sono cresciuti più del segmento corrispondente nelle vendite in dollari”, oppure “Il portafoglio di liquori di Constellation ha registrato una crescita nei canali Circana, con una forte crescita dei marchi di tequila e cocktail pronti da bere di fascia alta., beh allora c’è qualcosa che non va nella comunicazione e anche nella gestione della divisione. Così è stato il primo trimestre di CB nel vino, con vendite al consumatore finale calate del 6% (quindi con -10% delle vendite c’è stato un po’ di “destocking”). Ma questo è ormai un granello nel mare del business dell’azienda, sempre più focalizzata sulla birra e su Canopy (la mariuana legale). Anzi direi sulle sue perdite. A livello consolidato, infatti, vino e birra insieme fanno +6% di vendite e -5% di utile operativo. Quando poi “sotto” entrano le perdite di Canopy il risultato netto passa da 390 a 136 milioni di dollari. Nel trimestre CBrands ha comunque confermato le indicazioni rilasciate in maggio, sia a livello consolidato che per la divisione vino, dove prevede per il 2023 una variazione delle vendite nette organiche tra -0,5% e +0,5% e una crescita del reddito operativo tra il 2% e il 4%. Passiamo al resto del post per un commento più dettagliato. LEGGI TUTTO