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    Spagna – esportazioni di vino, aggiornamento 2022

    La Spagna non tiene il passo di Italia e Francia nel 2022 e si ferma a un timido +3% nelle esportazioni di vino, superando per la prima volta nella storia la soglia dei 3 miliardi di euro. Il “problema” spagnolo era la base di confronto: nel 2021 il paese aveva esportato 24 milioni di ettolitri di vino, un quantitativo quasi record. La “normalizzazione” del 2022 a 21.5 milioni di ettolitri è costata un handicap del 10% sui dati, che in effetti si confrontano con +10/12% per Francia e Italia. Dal punto di vista dei mercati, l’andamento molto negativo nel Regno Unito, primo mercato nel 2021 per il prodotto spagnolo e calato del 15% è stato la chiave per spiegare la cattiva performance. Balza all’occhio anche il crollo nel mercato cinese, che per qualche anno come vedete dal grafico animato qui sopra era diventato uno dei più importanti. Infine, non è una sorpresa che i vini spumanti (+6%) vadano un po’ meglio dei vini fermi… passiamo a un commento più approfondito nel resto del post.

    Le esportazioni di vino spagnolo nel mondo crescono del 2.6% a 3.02 miliardi di euro. Di questi, 1.87 miliardi sono vini fermi in bottiglia, stabili sul 2021, 647 milioni sono fatti da vini sfusi (dove la Spagna primeggia nel mondo), +6% mentre 501 milioni sono di vini spumanti, anch’essi in crescita del 6% circa.
    I volumi esportati calano del 10% a 21.5 milioni di ettolitri e fa abbastanza specie guardare il dato italiano, passato tra il 2020 e il 2021 da 1.3 a 2.4 milioni di ettolitri e tornato nel 2022 a 1.4 milioni di ettolitri. Al di là di questo “aneddoto” forse il dato più preoccupante è il calo strutturale delle esportazioni nel mercato francese quasi costantemente in discesa da diversi anni.
    Tornando ai dati più importanti in valore, il mercato americano diventa la principale destinazione del vino spagnolo con 344 milioni di euro, +7% sul 2021 e +3% medio sui 5 anni, superando il Regno Unito che scende del 15% a 297 milioni di euro. Terzo mercato è la Francia con 261 milioni di euro di importazioni dalla Spagna e un incremento del 15% sul 2021 (che era andato oggettivamente male). Da notare i dati fortemente negativi in Cina ma… fortemente positive in Messico
    Nel segmento specifico degli spumanti, sono i mercati secondari a spingere le esportazioni visto che Stati Uniti e Belgio sono stati praticamente stabili nel 2022 rispettivamente a 79 e 59 milioni di euro. In Germania invece il prodotto spagnolo cresce del 7%, in Svezia del 21% e addirittura raddoppia in Messico.
    Vi lascio alle tabelle e ai grafici.

    Se siete arrivati fin qui……ho un piccolo favore da chiedervi. Sempre più persone leggono “I Numeri del Vino”, che pubblica da oltre dieci anni tre analisi ogni settimana sul mondo del vino senza limitazioni o abbonamenti. La pubblicità e le sponsorizzazioni servono per aiutare una missione laica in Perù. Per fare in modo che questo lavoro continui e resti integralmente accessibile, ti chiedo un piccolo aiuto, semplicemente prestando da dovuta attenzione con una visita alle inserzioni e alle sponsorizzazioni presenti nella testata e nella sezione laterale del blog. Grazie. Marco LEGGI TUTTO

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    Masi – risultati 2022

    Sembra brutto da dire, ma Masi è passata dal miglior primo semestre della sua storia a uno dei peggiori secondi semestri di sempre. La crescita delle vendite è passata dal +27% dei primi 6 mesi a +2% del secondo semestre, il margine è passato dal 23% al 13%, l’utile netto è azzerato (mediamente circa 3 milioni nel secondo semestre) e a tutto questo si aggiungono anche alcuni noiosi problemi di governo societario, con le dimissioni di Renzo Rosso da consigliere di amministrazione (con alcune colorite dichiarazioni che trovate nel resto del post), titolare del 10% delle azioni. Quindi, quando guardiamo l’anno 2022 nel suo complesso troviamo dei numeri abbastanza allineati al 2021, frutto di un eccellente primo semestre e di un pessimo secondo semestre. Le vendite nell’anno toccano 75 milioni, +13%, il margine operativo lordo è a +2% con un margine in calo dal 19.5% al 17.7%, l’utile netto cala da 5.4 a 4.5 milioni a causa dei maggiori oneri finanziari e dalle perdite su cambi, mentre il debito sale di 5 milioni di euro a 8 milioni (sempre molto moderato) a causa dei maggiori investimenti e del ritorno al pagamento dei dividendi. Passiamo a un’analisi più dettagliata.

    L’andamento molto positivo del fatturato è frutto di un forte incremento nel mercato italiano, +21% a 21 milioni di euro, e del +14% realizzato nel mercato nord americano (25 milioni), mentre le vendite nel resto d’Europa sono state stabili.
    Se invece confrontiamo i dati relativi ai tipi di vini venduti notiamo il forte incremento dei “top wine” (+25%, 23 milioni) quindi Amarone e un andamento meno favorevole per il segmento premium (+5%, 33 milioni).
    I commenti sui costi sono incentrati sugli impatti inflazionistici. Il margine industriale scende al 60%, il livello più basso degli ultimi anni (media 2016-21: 65%), mentre l’aumento dei costi operativi (+10%) neutralizza quasi del tutto l’aumento delle vendite (+13%) a livello di margine operativo lordo, passato da 12.9 a 13.2 milioni. Sotto, crescono leggermente gli ammortamenti per via dei crescenti investimenti, ma sono circa 0.8 milioni di euro di perdite su cambi a determinare il calo dell’utile netto, passato da 5.4 a 4.5 milioni di euro.
    Anche sulla base di questo, Masi distribuirà un dividendo minore dell’anno precedente (2 milioni contro 2.6 milioni di euro).
    Dal punto di vista finanziario, gli investimenti continuano nel nuovo progetto di visitor center, ora chiamato Monteleone21, il che porta il totale a 8.6 milioni di euro, cui si sommano 3.3 milioni di euro di peggioramento del capitale circolante (essenzialmente magazzino) e i 2.6 milioni di dividendi. Con una generazione di cassa calata da 9 a 8 milioni di euro, il debito cresce dunque di 5 milioni di euro, da 3 a 8 milioni in totale.
    Infine, chiudiamo con quanto riportato nel comunicato stampa relativamente alle dimissioni di Renzo Rosso (azionista con il 10% del capitale): Si comunica che in data 9 marzo 2023 il Sig. Renzo Rosso ha rassegnato le dimissioni da consigliere di amministrazione indipendente motivandole sulla base di una sua perdita di interesse nel rivestire la carica non essendo riuscito ad «apportare un contributo professionale e innovativo ai processi gestori» e lamentando, al contempo, che il governo societario di Masi non è «in linea con gli standard di riferimento di società con azioni negoziate sui mercati di capitali». La Società ritiene di sottolineare che al Sig. Rosso non è mai stata negata l’opportunità di esprimere le proprie valutazioni nell’ambito del dibattito consiliare, anche con riferimento al governo societario, ricordando peraltro le recenti dichiarazioni del Sig. Rosso su Il Sole-24Ore circa il contributo da lui portato a Masi, definita “un’azienda ben strutturata”. LEGGI TUTTO

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    Laurent Perrier – risultati primo semestre 2022

    Ottimi, eccellenti numeri quelli di Laurent Perrier nei primi 6 mesi dell’esercizio 2022-23, anche se la festa potrebbe essere quasi finita, perlomeno per quanto riguarda la capacità della regione della Champagne (e di Laurent Perrier) di continuare a spingere sui volumi di vendita. Infatti, a detta dell’azienda, con l’autunno del 2022 si è raggiunto una specie di limite che sarà difficile da superare nel breve termine. La strategia del gruppo che punta all’incremento dei prezzi di vendita attraverso la premiumizzazione però continua a dare i suoi frutti: le vendite del primo semestre sono cresciute del 24% e di questo il 10% circa viene ancora dal prezzo-mix. I margini sono letteralmente esplosi in questo esercizio che promette di essere il migliore di sempre per l’azienda: l’EBITDA passa dal 31% al 35% delle vendite, l’utile netto del semestre di 37 milioni di euro è oltre il triplo di quanto l’azienda contabilizzava nei primi semestri del periodo Covid. Il debito continua a scendere e a 200 milioni di euro è meno di un terzo del valore del magazzino, situazione unica tra le aziende quotate della Champagne. Bene, passiamo a commentare qualche dettaglio insieme.

    Il fatturato di 159 milioni di euro cresce del 24%, di cui +15% in Francia (31 milioni), +13% in Europa (70 milioni) e ben +46% nel resto del mondo (58 milioni). Rispetto alle vendite pre crisi, la Francia è a +25%, l’Europa a +67% e il resto del mondo a +80%.
    Nel semestre Laurent Perrier ha venduto 6.2 milioni di bottiglie (+12%), di cui il 46% sono “di prestigio”, un livello leggermente inferiore al 2021. Il prezzo è cresciuto del 9.5% da 23 a 26 euro per bottiglia, valore in cui si ricomprende anche circa il 2% di effetto cambi positivo.
    Dei margini abbiamo detto: il margine industriale cresce di 4 punti al 58% e si tira dietro l’EBITDA che va al 35%, quindi 57 milioni, +40% sul semestre 2021 e oltre il doppio del livello pre crisi.
    Pochi oneri finanziari e imposizione fiscale in calo dal 28% del 2021 (e 30% e oltre negli anni precedenti) al 26% del 2022 consentono all’azienda di chiudere con un utile netto record di 37 milioni di euro.
    L’indebitamento cala a 203 milioni da 221 di fine marzo e 273 a settembre 2021, nonostante il pagamento di 12 milioni di euro di dividendi (il doppio dello scorso anno). Tale risultato è ovviamente frutto della forte generazione di cassa (con un utile netto di 37 milioni è facile!), ma anche di investimenti piuttosto limitati (solo 2.5 milioni) e anche un andamento positivo del capitale circolante rispetto a un anno fa.

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    I grandi vini italiani da collezione: chi sono e quanto valgono?

    Partendo dalla base di dati degli ultimi 13 anni della classifica dei primi cento marchi del vino nel mondo di Liv-ex, possiamo fare il punto della situazione su quali sono le etichette italiane più scambiate, in che posizione sono state in questa classifica nel tempo e come sono andati i prezzi.
    Una doverosa premessa: questa classifica è stilata da Liv-Ex su una serie di parametri che includono l’andamento dei prezzi ma anche i volumi di scambio, quindi non è necessariamente vero che i vini di un produttore molto costoso o di un produttore i cui valori sono cresciuti di più sia in cima alla classifica. Contano anche i volumi, per intenderci. Iniziamo con l’analisi e cominciamo a orientarci.

    Comincerei col dirvi che i marchi italiani praticamente sempre presenti in questa classifica sono sei. Di questi, soltanto uno è fuori dalla Toscana, Gaja, mentre gli altri cinque sono sostanzialmente i Supertuscan più famosi e dunque: Masseto, Ornellaia, Sassicaia, Tignanello e Solaia in ordine sparso. Ovviamente, tutto questo è frutto dell’impronta inglese e internazionale di Liv-Ex, che quando cominciò la sua attività era praticamente una piattaforma di scambio dei vini di Bordeaux. Nel primo anno che ho analizzato sul blog, nove dei dieci primi vini della classifica erano di Bordeaux. Negli ultimi anni le cose sono cambiate radicalmente, tanto che nel 2022 nessun vino di Bordeaux è nella top ten, occupata in questo caso soltanto da vini di Borgogna (sette) e Champagne (tre).
    È quindi vero che se invece di guardare a chi c’è sempre stato negli ultimi tredici anni, restringiamo il periodo agli ultimi tre anni per esempio, dobbiamo aggiungere qualche nome a quelli citati sopra e… così come Bordeaux sta a Supertuscan, Borgogna sta a… Piemonte! Emergono quindi le etichette di Giacomo Conterno, Bartolo Mascarello e Bruno Giacosa, e nota un crescente apprezzamento per Comm. G.B. Burlotto e Giuseppe Rinaldi.
    Basta parole e facciamo parlare i numeri. Ornellaia, Masseto e Sassicaia ci sono sempre stati in tredici anni di classifiche analizzate. Mediamente, Sassicaia è stato intorno al 20esimo vino nella classifica e il meglio rappresentato e classificato. Masseto si è mediamente classificato intorno al 40esimo e Ornellaia intorno al 50esimo. Gaja e Tignanello sono stati mediamente intorno al 40esimo e 60esimo posto e sono comparsi dodici volte su tredici, mentre Solaia è comparso 11 volte con una posizione media intorno al 65esimo posto nella classifica.
    Concentrandoci su questi nomi possiamo fare un’analisi della performance durante il periodo. Dal grafico potete vedere gli eccellenti rendimenti composti su 13 anni di queste etichette. Dico eccellenti perché il 7% annuo nell’arco di 13 anni di Gaja corrisponde a investire 100 e ritrovarsi 241 dopo 13 anni, quindi fate attenzione a “leggere” i dati in modo corretto. Sono eccellenti anche per un altro motivo, nascosto in questa analisi: nel corso degli anni sono stati rari i segni meno davanti alla performance. Nel caso di Gaja soltanto due volte (e con un calo molto limitato, del 2-3%), addirittura mai un segno meno per Sassicaia.
    Ad ogni modo, i rendimenti ci insegnano un paio di cose, soprattutto se consultate anche la tabella finale dei prezzi medi per bottiglia: non è detto che il vino più caro o più rinomato sia quello che ha la performance migliore. Come potete vedere, il rendimento migliore è di Tignanello, marchio eccellente di Antinori ovviamente meno rinomato e con un prezzo inferiore per esempio a Masseto o a Gaja. Tornando ai dati del grafico, il +11% di Tignanello e di Sassicaia significa moltiplicare per quattro in 13 anni. Poi abbiamo +9% per Masseto e, come dicevamo circa +7% per Gaja, Solaia e Ornellaia.

    Possiamo poi analizzare prezzi medi delle ultime rilevazioni. Il marchio italiano con i prezzi scambiati più elevati è certamente Masseto, che ha segnato un valore per bottiglia di 644 euro nel 2022. Poi abbiamo Soldera intorno a 400 (rilevato nell’ultima apparizione nella classifica del 2019), Giacomo Conterno con circa 300 euro, Burlotto e Bartolo Mascarello intorno a 280, Giuseppe Rinaldi intorno a 240 e poi Gaja, Bruno Giacosa e Solaia a circa 200 euro. Questo ci dice anche che, un po’ come per la Borgogna e Bordeaux, la rarità e i volumi limitati spingono i prezzi in alto. Per esempio, le quantità disponibili dei prodotti di Bartolo Mascarello (prezzo medio 272 euro) è chiaramente inferiore a quella di Sassicaia (174 euro). Se date un’occhiata a Cellartracker vi accorgerete che gli utenti di questo eccezionale “social del vino” hanno dichiarato di possedere 16mila bottiglie di Sassicaia annata 2016 contro 2500 di Barolo annata 2016 di Bartolo Mascarello.

    Bene, prima di congedarci, un ultimo punto. Questo allargamento dai Supertuscan al Piemonte che stiamo osservando negli ultimi anni ci conduce alla domanda: chi è il prossimo? La risposta è critica perché sarà proprio lì che bisognerà investire i soldi: nel prossimo emergente. In Francia, penso si sia al picco dell’ondata della Borgogna e sembrerebbe che possa essere lo Champagne il prossimo campione. Che sia una buona indicazione anche chi colleziona vini italiani per i prossimi anni? Si vedrà.
    Io resto dell’avviso che le etichette italiane nel loro complesso, vista la qualità e lo sconto che mostrano rispetto ai vini francesi, abbiano un potenziale importante. E, comunque, rimango un pessimo investitore, visto che mi bevo tutto quello che ho in cantina… chissà che Liquinvex non mi converta…

    Se siete arrivati fin qui……ho un piccolo favore da chiedervi. Sempre più persone leggono “I Numeri del Vino”, che pubblica da oltre dieci anni tre analisi ogni settimana sul mondo del vino senza limitazioni o abbonamenti. La pubblicità e le sponsorizzazioni servono per aiutare una missione laica in Perù. Per fare in modo che questo lavoro continui e resti integralmente accessibile, ti chiedo un piccolo aiuto, semplicemente prestando da dovuta attenzione con una visita alle inserzioni e alle sponsorizzazioni presenti nella testata e nella sezione laterale del blog. Grazie. Marco
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    Germania – importazioni di vino 2022

    Il dominio italiano del mercato del vino tedesco resta saldo, anche se nel 2022 si è persa un po’ di quota di mercato. Questo è il resoconto dei dati di UN Comtrade sulle importazioni di vino in Germania. State attenti: il dato pubblicato da UN Comtrade (e fornito dalla stessa Germania) può non coincidere temporalmente con quello pubblicato da Istat: infatti le esportazioni italiane in Germania fino a Novembre crescono leggermente, mentre il dato finale del 2022 pubblicato dalla controparte tedesca parla di un calo del 5% per il vino italiano nell’ambito di un valore importato sostanzialmente stabile a 2.76 miliardi di euro. Dicevamo “dominio”: la quota di mercato italiana è del 39% a valore (1071 milioni) e del 37% a volume (5 milioni di ettolitri su 13.6 totali), leggermente sotto il periodo 2020-21 quando però viene da pensare che lo spostamento dei consumi “verso casa” ci potrebbe aver aiutato. La nota forse dolente di questi dati è che lo spumante italiano non tiene il passo con quello francese in questo mercato nel 2022, anche se in prospettiva di medio termine (5 anni), spumanti italiani e spumanti francesi sono cresciuti uguale. Passiamo a commentare i dati, ricordandovi che le tabelle complete e scaricabili sono nella sezione Solonumeri dedicata.

    La Germania ha importato 13.6 milioni di ettolitri di vino nel 2022 per un valore di 2.76 miliardi di euro. La crescita negli ultimi 5 anni è del 2% annuo a valore, mentre per quanto i riguarda i volumi registriamo un calo del 2% annuo.
    Di questi, 485 milioni sono di vino spumante, il 18% del totale, con una crescita del 7% sul 2021 e del 3% annuo negli ultimi 5 anni. La Francia è regina incontrastata con i due terzi mercato (320 milioni), l’Italia insegue a 116 milioni e la Spagna a 42 milioni. Se guardiamo al volume esportato l’Italia nel 2022 è leggermente avanti: 270mila ettolitri contro 240mila.
    I vini fermi in bottiglia sono circa 1.7 miliardi di euro, con una crescita del 2% negli ultimi 5 anni e un calo del 6% nel 2022. L’Italia rappresenta quasi la metà del totale, 800 milioni di euro contro i 410 della Francia (come per gli spumanti, nel 2022 meglio la Francia – -4% contro -9% per noi, negli ultimi 5 anni uguale). Dal punto di vista dei volumi la Germania importa 5.2 milioni di ettolitri, di cui 2.3 sono italiani, quasi 1 francese e 0.8 milioni spagnolo.
    I vini sfusi sono la categoria più rilevant per il volume: 7.4 milioni di ettolitri nel 2022 (-9%) ed è qui che la Spagna precede l’Italia con 2.6 milioni di ettolitri contro 2.4. Le posizioni si ribaltano nei valori con l’Italia che rappresenta 153 milioni dei 540 totali, 30 in più della Spagna.
    Vi lascio ai grafici e alle tabelle.

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    Treasury Wine Estates – risultati primo semestre 2022/23

    Il recupero di TWE dopo il “colpo cinese” ha preso ulteriore velocità nel primo semestre di quest’anno fiscale (che chiude a giugno 2023), periodo in cui tutte e tre le nuove divisioni mostrano utili e margini in progresso rispetto all’anno scorso. A proposito, se desiderate una spiegazione del nuovo spaccato di TWE potete riferirvi al post sui risultati 2021/22 (link). Tornando ai nostri numeri, le vendite del semestre crescono leggermente (+1.4%) con un robusto incremento del prezzo medio di vendita (+13%) compensato da un calo dei volumi del 10% circa. La parte “migliore” però viene dall’andamento del margine, che passa dal 21% al 24% delle vendite avvicinandosi in modo promettente all’obiettivo 2025 del “25% e più”.
    È invece un po’ meno promettente la prospettiva che il management inserisce nel comunicato stampa quando indica un andamento dei consumi peggiore delle attese per i vini “entry-level” nel mercato inglese e americano e un margine del 23% per tutto l’anno, il che quindi implicherebbe un secondo semestre leggermente più basso del primo (24%), per quanto superiore al 19% registrato lo scorso anno. Siccome la borsa reagisce alle aspettative e guarda più avanti che indietro, nonostante i dati positivi il titolo è leggermente calato. Come dicevamo sei mesi fa, TWE sta risalendo la china pian piano, ma a 14 dollari per azione è ancora lontana dai 20 dollari che aveva raggiunto pre crisi. Passiamo a un breve commento dei dati.

    Le vendite di 1.3 miliardi di dollari australiani beneficiano di circa 2.5% di impatto positivo dai cambi e si compongono di 11.9 milioni di casse spedite a 109 dollari per cassa, rispettivamente -10% e +13% (incluso cambi).
    Le vendite per divisione mostrano un +7% per Penfolds, +4% per la divisione dei vini americani e -7% per quella degli altri vini australiani.
    Essendo che Penfolds guadagna il 44% del fatturato, i vini americani il 24% e gli altri australiani il 12% c’è un potente effetto “mix” (oltre che di miglioramento dei margini in tutte le singole divisioni) sul margine operativo che infatti risale dal 20.7% del primo semestre 2021/22 al 23.9% del periodo in discussione, per un valore di 308 milioni di dollari, +17% ma ancora circa il 15% sotto il livello raggiunto proprio prima del Covid.
    Se guardiamo alla generazione di cassa del gruppo, l’indebitamento netto resta stabile a 1.3 miliardi di dollari australiani, nell’arco dell’anno, incluso circa 560 milioni di dollari di leasing capitalizzati (che non sono debito, detto tra noi…), dopo aver pagato circa 120 milioni di dollari agli azionisti in dividendi e aver investito circa 65 milioni di dollari.

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    Giappone – importazioni di vino – aggiornamento 2022

    Nel 2022 le importazioni giapponesi di vino tornano sopra il livello pre-Covid del 10% circa, mostrando un forte recupero sul 2021 (+23%) per un valore di 1.77 miliardi di euro, raggiunto nonostante la svalutazione dello yen del 6%, che ha determinato un incremento di spesa in valuta locale leggermente superiore al 30% (e se misurato contro il livello del 2019, del 24% circa superiore). Questo ci dice quindi che i giapponesi continuano ad apprezzare il vino, ovviamente con una crescita essenzialmente determinata dai prezzi e dal mix visto che il volume importato di 2.66 milioni di ettolitri non si discosta dalle medie storiche (anche se del 10% circa sopra il livello 2020-21, certamente influenzato dai problemi della pandemia). Come già sapete leggendo il blog, i giapponesi bevono soprattutto vino francese, e soprattutto vini spumanti, dunque Champagne. I dati che presentiamo oggi tratti da UN Comtrade ci dicono essenzialmente questo, anche se scavando nelle tendenze forse l’Italia (secondo esportatore in Giappone, su numeri circa 5 volte più bassi di quelli francesi) sta andando leggermente meglio. I dati sono aggiornati e scaricabili nella sezione Solonumeri dedicata alle importazioni per paese. Passiamo all’analisi dei dati.

    Le importazioni di vino in Giappone crescono del 23% in euro e del 31% in valuta locale nel 2022, per un valore rispettivamente di 1774 milioni di euro e 245 miliardi di yen. In volume le importazioni sono state 2.66 milioni di ettolitri, il 9% in più del 2021 ma esattamente in linea alla media dei 5 anni 2017-21 (2.68 milioni di ettolitri).
    L’incremento è dunque essenzialmente legato al prezzo-mix che raggiunge l’incredibile livello di 6.7 euro al litro e, per la Francia, addirittura di 16 euro al litro. In confronto l’Italia esporta a circa 4.7 euro al litro, che è un livello molto elevato rispetto alla media italiana ma… comprenderete che stiamo parlando di ordini di grandezza differenti.
    La Francia supera per la prima volta il miliardo di euro di export, +21% e il 13% circa sopra il 2019. L’Italia è in crescita leggermente superiore, +25% per 213 milioni di euro, ma siamo l’11% sopra il 2019, qundi un po’ più indietro rispetto alla Francia.
    A perdere quota di mercato rispetto al periodo pre-Covid sono decisamente i cileni, che pur mantenendo la leadership per volumi esportati (688mila ettolitri contro i 630mila della Francia, i 460mila della Spagna e i 450 mila circa dell’Italia), sono circa l’11% sotto il 2019, anche se recuperano terreno rispetto al 2021 (che effettivamente è stato un anno orribile per loro).
    Forse l’unico paese che “emerge” rispetto al 2019 in modo più forte che Italia e Francia sono gli USA, che sono il 18% sopra il dato 2019, con un export di 146 milioni di euro rispetto ai 124 del 2019.
    Vi lascio ai dati. Buona consultazione.

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    Svizzera – importazioni di vino – aggiornamento 2022

    La Svizzera rimane uno dei mercati di riferimento per il vino italiano e francese, con un andamento stabilmente in crescita negli ultimi anni, soprattutto a fronte di un miglioramento del mix di prodotto importato. Nel 2022, a onore del vero il cambio (da 1.08 alla parità contro l’euro) ha aiutato ad abbellire i numeri che presentiamo oggi. Infatti, a fronte di un incremento del giro d’affari in euro del 3% a 1.29 miliardi di euro, la medesima cifra espressa in valuta locale è in calo del 4%. Tale andamento è anche coerente con un calo del volume importato pari al 6%, da 1.9 a 1.8 milioni di ettolitri. In questo contesto di mercato, i vini francesi sono andati leggermente meglio di quelli italiani, con un incremento in euro del 6%, rispetto al +3% registrato dai prodotti italiani, derivante da un andamento più sostenuto (+4% rispetto a +1%) dei vini in bottiglia, mentre nel segmento degli spumanti, pur persistendo delle differenze importanti in valore assoluto, i prodotti italiani crescono leggermente di più di quelli francesi. L’anno 2022 è poi stato leggermente per i vini spagnoli e portoghesi. L’analisi prosegue nel resto del post, ricordandovi che tutti i numeri sono anche disponibili in formato agevolmente scaricabile nella sezione dedicata di Solonumeri.

    La quota di mercato del vino italiano è dunque stabile al 35.5% per un totale di 456 milioni di euro, che si combina con un dato stabile per il vino in bottiglia (341 milioni, 36% del totale) e un incremento dal 32% al 33% per i vini spumanti, che toccano quota 80 milioni.
    Dai dati potete chiaramente vedere come la Svizzera resta fortemente ancorata al prodotto francese e italiano, che rappresentano insieme il 74% delle importazioni totalie e ben il 93% dei vini spumanti.
    Il discorso sui volumi cambia leggermente. L’Italia con 744mila ettolitri è largamente davanti alla Francia (391mila) e rappresenta il 42% del vino importato totale, contro il 22% della Francia quindi e al 17% della Spagna.
    Nel 2022 sono stati in calo il valore proprio i vini spagnoli (-2% a 143 milioni) e quelli portoghesi (-9%, contro un eccellente 2021 peraltro), come dicevamo più sopra.
    Nelle seconde linee non si vedono trend particolari, forse con l’eccezione del vino americano, cresciuto del 13% in valore a 30 milioni di euro, ma ugualmente calato del 6% in volume (a significare che probabilmente si tratta più di una questione di cambio).
    Bene, vi lascio alle tabelle e ai grafici.

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