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    I prezzi all’origine del vino – aggiornamento 2023 – dati ISMEA

    Il lavoro di oggi riguarda I prezzi dei vini all’origine come riportati da ISMEA, fonte di questi dati. Il loro andamento è ovviamente legato alle dinamiche vendemmiali, anni ricchi portano a prezzi bassi e annate avare come l’ultima portano a una tensione dei prezzi. La principale osservazione del post di oggi è proprio quella relativa all’incremento dei prezzi osservato nella parte finale del 2023, a fronte di una media annua che nel suo complesso ha visto prezzi leggermente inferiori al 2022. Lo è però soprattutto per la categoria dei vini comuni, che “escono” dal 2023 con un prezzo del 40% superiore a quello dell’anno scorso (vedere tabella e grafico), mentre la situazione è molto più stabile per i vini di qualità e IGT, i cui prezzi erano in proporzione più elevati di quelli dei vini comuni a fine 2022 e sono ora, sempre in proporzione, più bassi. Vi includo poi la tabella con i prezzi medi delle denominazioni del 2023, che si sono mossi nell’ambito di un trend generale in calo del 2% circa, guidato dalla diminuzione dei prezzi dei vini bianchi (-5%) e da vini DOC/DOCG rossi invece stabili. Passiamo a una breve analisi dei dati, che trovate completi nel post. Tutti i numeri scaricabili nella divisione Solonumeri.

    Con un indice uguale a 100 per i prezzi del 2010, ISMEA calcola che i prezzi dei vini all’origine siano stati 157 in media nel 2023, leggermente meno del corrispondente dei prezzi agricoli in generale, che ha chiuso a 168. Quindi, dopo anni in cui il vino mostrava un “pricing power” superiore agli altri prodotti agricoli (fine 2021 come vedete in tabella: 147 vini, 131 prodotti agricoli), l’ondata inflazionistica del 2022-23 ha ribaltato la situazione, vedremo se stabilmente.
    Nell’ambito dei vini, in media il 2023 ha visto tendenze coerenti: -2% per i vini in generale, +2% per i vini comuni, -2% per i vini DOC/DOCG, -3% per i vini IGT. Quello che è invece più importante è il dato “di uscita”: i vini comuni hanno avuto un’impennata negli ultimi mesi del 2023, e sono a 202, ossia il doppio del 2010, mentre i vini DOC e IGT non sono stati influenzati dalla scarsa vendemmia 2023.
    Infine vi riporto le tabelle dei prezzi medi DOC/DOCG bianchi e rossi, che forse meriterebbero un post a parte. Bianchi in media calanti, e segnalo Marsala, Prosecco, San Severo e Alcamo; rossi invece stabili secondo l’indice ISMEA, con crescite per Valpolicella, Etna, Lago Di Caldaro e in misura un po’ inferiore Barbaresco, Friuli Grave Cabernet, Castelli Romani e Barbera del Monferrato. Cali invece tra i rossi per Castel del Monte (-16%), Chianti (-15%), Dolcetto (-14%).
    I prezzi in assoluto vedono il Brunello di Montalcino sfiorare i 1000 euro a ettolitri, con il Barolo a 910 euro e tra i bianchi tre denominazioni intorno ai 300-350 euro per ettolitro: Conegliano Valdobbiadene, Cortese di Gavi e base spumante Trento DOC.

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    Esportazioni di vino Italia – aggiornamento novembre 2023

    La stabilizzazione del mercato americano (e canadese) negli ultimi due mesi sta dando un po’ di respiro alle esportazioni italiane di vino in questa fase finale dell’anno, aiutata anche dalla stagionalità particolarmente favorevole degli spumanti. Sebbene i trend siano volatili e di difficile lettura per il futuro potremmo a questo punto dire che il 2023 si chiuderà con un leggerissimo calo, intorno all’1%. Niente in confronto a quello che commenteremo nelle prossime settimane per il Cile (esportazioni -22%) oppure per il Sud Africa (-13%) e probabilmente leggermente meglio della Francia (che dovrebbe essere scesa intorno al 5%), anche se va detto che i francesi hanno fatto molto meglio di noi in uscita dal Covid e, nel 2023, nei principali mercati. Ad ogni modo, tornando ai nostri dati, resta importante il contributo del Prosecco, che si avvia a chiudere il 2023 con un +5% e circa 1.6-1.7 miliardi di esportazioni su un totale di circa 7.8 miliardi a cui chiuderemo l’anno. Passiamo a commentare qualche dato insieme.

    Novembre è l’ultimo mese “importante” dell’anno per le esportazioni di vino. Il mese ha chiuso a +1%, montando sopra un Novembre 2022 che era cresciuto del 5%, per un totale di 755 milioni di euro. Nello specifico, gli spumanti sono stati stabili (più Prosecco e meno altri, inclusi DOP), i fini fermi sono cresciuti del 2% e i vini sfusi sono calati del 7%.
    Il ritmo da inizio anno è -1.1% per 7.2 miliardi, se chiudiamo con un dicembre stabile sull’anno scorso finiamo a 7.8 miliardi circa con un calo dello 0.9%, fatto di un -2.5% per i vini fermi (ma con un finale in miglioramento), un +2.5% per gli spumanti e un +1% per gli sfusi.
    Anche i dati sui mercati sono ormai vicini a essere fissati. Come vedete dal grafico, la “gambetta” all’insù degli USA e del Canada è ovviamente il principale fattore che spiega il miglior andamento di ottobre e novembre. Detto questo gli USA chiuderanno a -5/6%, la Germania intorno a +2%, il Regno Unito a +4/5%, la Svizzera intorno a -2%, il Canada a -10%, la Francia a +10%, Olanda e Belgio tra il +2% e la parità.
    Il segmento degli spumanti vede curiosamente gli USA chiudere un po’ peggio del totale (quindi con i vini fermi a scendere di meno), intorno a -6/7%, compensati da un andamento migliore in Germania (intorno a +5%) e soprattutto con la Francia che dovrebbe chiudere un altro anno a oltre +20%, insieme ad alcuni mercati dell’Est Europa come Polonia e Lettonia che stanno diventando sempre più pesanti (la Lettonia la conosciamo bene sul blog quando discutiamo di Asti Spumante).
    Appuntamento al 17 e 19 marzo per l’aggiornamento annuale!

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    Norvegia – importazioni di vino 2023

    La rassegna dei dati 2023 sulle importazioni ed esportazioni di vino comincia oggi con i dati della Norvegia, che sono stati caricati sull’ottimo sito di UNCOMTRADE, che vi ricordo è passato a una modalità “plus” a questo indirizzo, anche se secondo me fa le stesse cose di prima (sarebbe stato meglio avere dei dati più completi…). Dunque parliamo oggi di Norvegia, un mercato che ha visto un deterioramento importante della valuta nel 2023 (da 10 corone a 11.4 corone per 1 euro in media) e che dunque va valutato con attenzione: le importazioni di vino sono state in calo del 2% a volume (916mila ettolitri) e stabili in valore a 484 milioni di euro, ma quest’ultimo dato non rende giustizia a quello che è successo “internamente”. Infatti 484 milioni di euro sono 5.5 miliardi di corone, mentre i 482 milioni dell’anno 2022 erano “costati” in euro soltanto 4.9 miliardi di euro. È dunque un incremento del 14% se visto dal punto di vista dei norvegesi, di quanto hanno speso. Vero è che valuta o non valuta per gli esportatori la Norvegià è su questo livello di poco meno di 500 milioni da 3 anni, per quanto non abbia in alcun modo subito il contraccolpo del Covid. Vincono i francesi in questo mercato, soprattutto negli ultimi anni. Il grafico sotto, un Francia contro Italia, mostra chiaramente che i nostri dati sono stabili (per quanto siamo davanti sui volumi) mentre quelli francesi sono saliti, anche e soprattutto negli ultimi anni, tanto se prima del Covid i dati erano molto simili, oggi la Francia rappresenta 184 di quei 484 milioni, mentre l’Italia, con un leggero calo anche nel 2023, sta a 125 milioni. Passiamo a un’analisi più dettagliata

    Le importazioni norvegesi di vino scendono del 2% a volume a 916mila ettolitri, con un trend di “rinormalizzazione” dopo due anni molto forti post Covid. L’Italia resta il primo esportatore a volume con 247mila ettolitri, ma cala del 7% mentre la Francia resta circa stabile a 216mila ettolitri. Tutti gli altri paesi sono molto distanti, a partire da spagnoli e tedeschi, intorno ai 90mila ettolitri.
    In termini di valore, abbiamo introdotto il tema sopra: il valore in euro importato dai norvegesi è stabile, ma la Francia cresce del 2% a 184 milioni e l’Italia cala del 4% a 125 milioni. Buon risultato dei tedeschi, +11% a 41 milioni, livello più alto di sempre. Il mercato norvegese ha una crescita del 10% annuo in valuta locale tra il 2018 e 2023, quindi particolarmente interessante. Quindi diventa 5% in Euro e in questo +5% la Francia fa +9%, l’Italia +1%.
    Nel segmento degli spumanti, le importazioni sono in crescita del 9% a 87 milioni e il ritmo dal 2018 a questa parte è dell’11% annuo. La Francia domina con 54 milioni, +10% nel 2023 e +17% annuo dal 2018, l’Italia è poco più che stabile, viaggiando a un ritmo del 2% circa.

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    LVMH divisione vino – risultati 2023

    I risultati pubblicati dal LVMH a fine gennaio sono stati considerati sorprendentemente positivi dagli investitori, visto il pessimismo diffuso sull’andamento del settore del lusso. La divisione vino e spiriti era fortemente influenzata anch’essa dalle vicissitudini del Cognac, che in effetti ha pesantemente influenzato la divisione anche nella seconda parte del 2023. Quello che più interessa a noi, ossia la divisione Champagne e vini, invece è andata meno peggio (vendite -5%), nel contesto di un calo dei volumi (-7/9% nel secondo semestre) e di un recupero ulteriore del prezzo mix. Ma soprattutto è andata bene nel margine operativo, che ha quasi raggiunto quello del Cognac al 32% circa nel 2023 e addirittura è stato superiore nell’ultima parte dell’anno, anche grazie alla più spiccata stagionalità. La direzione resta “crescita guidata dalla strategia del valore”, ossia aumentare i prezzi a fronte di una maggiore qualità del prodotto. Le iniziative sono diverse, partendo dal secondo capitolo della partnership di Dom Perignon con Lady Gaga, al nuovo Blanc Singulier di Ruinart che mira a esaltare lo Champagne d’annata fino all’espansione nei vini rosati tramite l’acquisizione di Chateau Minuty. Nel resto del posto, grafici e tabelle dettagliate dei risultati.

    Le vendite della divisione sono state 6.6 miliardi di euro nel 2023, con un calo del 7% sul 2022, definito eccezionale dal management.
    Nel segmento dello Champagne le vendite sono cresciute del 2% a livello organico, nonostante un calo del 6% dei volumi a 66 milioni di bottiglie. La divisione inclusi i vini ha un fatturato stabile, aggiungendo altri 53 milioni di bottiglie vendute, anche in questo caso a -7%. In totale nel 2023 la parte Champagne e vini ha avuto un fatturato uguale al 2022, 3.46 miliardi di euro.
    Se guardiamo soltanto al secondo semestre, le vendite sono in rallentamento, -5% per Champagne e vini, con volumi di Champagne a -9%.
    A livello di margini le cose invece vanno a gonfie vele per la parte Champagne e vini, meno per la parte del Cognac. Stando su quello che a noi interessa l’anno 2023 chiude con 1.1 miliardi di euro di utile operativo, per un margine del 31.6%, superiore al contributo del Cognac (1.0 miliardi) per la prima volta da 15 anni.
    A causa di uno spostamento di avviamento (per oltre 6 miliardi di euro) dalla divisione alla capogruppo, i dati relativi al capitale investito non sono coerenti con il passato. Il ritorno sul capitale calcolato sul 2023, comunque, sulla base dei nuovi dati arriva al 13%, mentre il livello degli investimenti a 538 milioni tocca il suo massimo storico all’8% delle vendite (della divisione nel suo complesso).

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    Vendite al dettaglio di vino (GDO Italia) – dati Circana, aggiornamento 2023

    Il mercato del vino italiano nella GDO tocca nel 2023 il suo massimo storico in valore a 3020 milioni di euro, +2.5%, per la prima volta da tanti anni con un andamento di nuovo molto simile per i vini fermi e i vini spumanti (inclusi Champagne). In valore si tratta di 7.4 milioni di ettolitri, in discesa del 3.2% rispetto all’anno scorso con un ulteriore “passo” di normalizzazione rispetto all’era del Covid. Sono questi i grandi numeri che ci ha fornito Circana nel suo aggiornamento trimestrale. L’ultimo trimestre è stato un po’ meno positivo dei precedenti, anche per via della struttura della domanda, più orientata verso i vini rossi che crescono meno dei rosati e dei vini bianchi, e nonostante il maggior peso degli spumanti, che come dicevamo non hanno brillato (+1% per gli italiani, -8% per lo Champagne nel quarto trimestre, addirittura peggio del vino fermo che invece è cresciuto dell’1.8%). L’effetto prezzo (e mix) resta molto potente anche nel 2023, +5.6%, portando il prezzo medio al litro a 3.7 euro, ossia il 16% sopra il 2019. Il 2024 si apre dunque con un rallentamento della domanda e probabilmente anche la fine o quasi delle pressioni inflazionistiche che hanno supportato il dati in euro. L’andamento dei volumi sarà dunque importante e ricordarsi di quanto è successo l’anno scorso (e che vedete nei grafici), quando i forti incrementi di prezzi hanno pesantemente influenzato i volumi (-5%), sarà importante. Passiamo a una breve analisi dei dati, che trovate completi all’interno del documento.

    Le vendite di vino nel quarto trimestre sono cresciute dell’1.3% a 923 milioni di euro, con un +1.8% per i vini fermi, trainati dai vini bianchi e rosati (+5% e +9% rispettivamente) quasi completamente compensato da un calo dell’1% dei vini rossi, che come dicevamo fanno il loro picco stagionale nel trimestre. Non sono andate tanto bene le cose nemmeno per i vini spumanti, in crescita soltanto dell’1.2% per il segmento italia e in calo dell’8% per gli Champagne. Qui pesa il calo dei vini spumanti metodo classico (-2.5%) e dei vini dolci (-5%), mentre per gli Charmat secchi si conferma un incremento del 4%.
    I dati sui volumi sono di nuovo negativi. La domanda è calata del 2% nel trimestre, allineata per vini fermi e spumanti italiani, mentre gli Champagne sono giù del 18% per via dei forti incrementi di prezzo applicati (+12%), a ulteriore conferma dell’elasticità della domanda. Nel dettaglio i vini rossi calano del 5% in volume (e sono una parte importante, 0.9 milioni di ettolitri sui 2.07 totali), i bianchi sono a +1% (0.7 milioni), mentre i rosati crescono del 3% ma sono solo 0.1 milioni di ettolitri.
    Non mi resta molto da aggiungere. Il 2023 è stato un anno di crescita in valore di tutte le categorie salvo che per lo Champagne (-11% in GDO) e per gli spumanti dolci (-2%): +1% per i rossi, +6% per i rosati, +3% per i bianchi, +1% per il metodo classico nazionale, +6% per quello charmat.
    Buona consultazione!

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    La valutazione delle aziende vinicole – aggiornamento 2024

    Buongiorno. Il lavoro di oggi riguarda la valutazione delle aziende vinicole quotate, con I prezzi rilevati intorno al 15 gennaio e i multipli di mercato proiettati al 2024 e al 2025 secondo le stime degli analisti. Come sapete il 2023 è stato un anno eccellente per le borse mondiali, con crescite superiori al 20%. In questo contesto, se consideriamo il valore azionario cumulato del nostro campione (che è fatto dalle medesime aziende dell’anno scorso) troviamo un risultato nettamente meno positivo, circa +6%. Quindi la prima considerazione è che il settore del vino ha avuto un 2023 meno positivo che in altri settori (comprensibile, visto che i grandi temi del 2023 sono stati i tassi di interesse che hanno favorito le aziende del settore finanziario e la tecnologia, che ha supportato le “magnifice 7” americane). Nonostante questo, le valutazioni sembrano essere in leggera crescita. Le aziende della Champagne sono quotate a 2.9 volte le vendite, erano 2.7 lo scorso anno, le aziende internazionali stavano a 5.0 volte le vendite sono ora a 5.2 volte (ma senza Constellation Brands si scende da 4 a 3 volte), quelle europee (Schloss Wachenheim, Advini, IWB e Masi) stanno a 1.3 volte le vendite contro 1.2 volte lo scorso anno. Il 2024 è un anno molto più incerto: il crollo dell’inflazione farà calare i tassi di crescita (che per le aziende sono “nominali”), le valutazioni sembrano piuttosto elevate. Vedremo. Per ora se siete interessati nella tabella all’interno trovate altri grafici e la tabella con tutti i numeri.

    Il campione analizzato include le seguenti aziende quotate: Lanson BCC, Vranken Pommery e Laurent Perrier per lo Champagne; Constellation Brands, Treasury Wine Estates, Concha y Toro, Duckhorn, Vintage Wine Estates (senza multipli perchè quasi fallita) e Delegat per le aziende extraeuropee; Schloss Wachenheim, Advini, Italian Wine Brands e Masi per l’Europa. Se ne trovate altre fatemi sapere!
    Le aziende europee sono poco rappresentate e presentano multipli a forte sconto rispetto a quelle internazionali, anche a causa della loro dimensione contenuta (e quindi minore liquidità e interesse da parte degli investitori) e dei minori margini. Un’azienda focalizzata sul vino di qualità come Masi ha un margine del 9% atteso per il 2024, la Duckhorn in USA ha una margine del 29% (e un valore di mercato di 1 miliardo contro 150 milioni), il che vi fa rendere conto della differenza.
    Dunque il campione più rappresentativo è certamente quello americano. C’è dentro Constellation che ormai ha poco a che fare con il vino. Se facessimo un esercizio “escluso Constellation”, arriviamo a dei multipli di circa 3.2 volte le vendite per un margine operativo medio del 24%. Le 4 piccole europee in confronto stanno a 1.3 volte le vendite e hanno un margine del 7% quindi… è vero che le aziende europee sono valutate poco, è altrettanto vero guadagnano molto di meno…

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    Esportazioni di vino Italia – aggiornamento ottobre 2023

    Oggi tutti numeri, per capire bene le esportazioni di ottobre. Come avrete già letto da altre parti è stato un buon mese, anzi ottimo, viste le premesse e visto l’andamento dei mesi scorsi. L’incremento dell’8% di ottobre, un mese pesante per gli spumanti (+14%) aiuta a raddrizzare un po’ il tiro sul fine anno: a fine mese, da inizio anno siamo giù dell’1.3% a valore e dello 0.6% a volume e se novembre e dicembre fossero stabili chiuderemmo a -0.5% (valore) e -1% (volume) il 2024. Ora, dopo diversi mesi con il segno meno viene da domandarsi se questo incremento sia una compensazione dei mesi passati, in cui magari i distributori hanno scaricato i magazzini. Sta di fatto che i nostri tre principali mercati, USA Germania e Regno Unito sono rimbalzati del 15-20%. Se questo trend si colloca in un andamento leggermente positivo per gli ultimi due paesi, il rimbalzo del mercato americano arriva come una boccata d’ossigeno dopo mesi difficili. Ho dato un occhio alle esportazioni francesi e sono a -1.9% su gennaio-novembre (quindi un mese avanti a noi, contro il nostro -1.3%), contro -1.7% registrato nei primi 9 mesi, il che significherebbe che stiamo andando leggermente meglio. Gli spagnoli a ottobre hanno fatto circa +4% e da inizio anno sono a -2.5%. Quindi anche per loro ottobre è stato un buon mese. Giusto per dare qualche parametro di riferimento… se vi interessano i dati ulteriori tabelle e commenti nel resto del post.

    Con 784 milioni e +7.7% le esportazioni italiane di vino chiudono i primi 10 mesi a 6439 milioni e -1.3% sul 2022.
    Come dicevamo, il rimbalzo viene soprattutto dagli spumanti che crescono in un mese chiave del 14% a 250 milioni e portano il saldo da inizio anno a +3% (1.82 miliardi), ma è stato anche un buon mese per i vini fermi in bottiglia, +5% a quasi 500 milioni, riducendo il calo da inizio anno a -3.3%, 4.23 miliardi di euro.
    Se fossimo stabili in novembre e dicembre (non è scontato visto quello che dice ISTAT a novembre…) chiuderemmo l’anno praticamente stabili, con gli spumanti a +4% e i vini fermi in bottiglia a -3%.
    Oltre che agli spumanti, il taglio geografico mostra come la maggior parte del rimbalzo viene dai 3 principali mercati. Gli USA potrebbero quindi chiudere a -5% con dati stabili di qui a fine anno, Germania e Regno Unito intorno a +3%, poi la Svizzera quasi stabile. Per il mercato Canadese sarà difficile recuperare, essendo un mercato non di spumanti e partendo da -14% sui 9 mesi, ma era sceso anche alla fine dell’anno scorso.
    Scendono (lasciatemi dire, “finalmente”) le esportazioni in Russia.
    Per gli spumanti, a chiudere il post, Prosecco e Asti hanno buoni dati a ottobre, il che portano i 10 mesi intorno a +5%, mentre sono in calo del 6% le esportazioni sui 10 mesi degli altri DOP, che non mostrano segnali di recupero nemmeno nel mese di ottobre.

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    Nosio – risultati e bilancio 2022/23

    Dopo Cavit, Nosio (e a seguire Mezzacorona) sono le due aziende che per prime riportano un bilancio “contenente” un pezzo di 2023. Come per Cavit, anche per Nosio il 2023 (fino a luglio) non è stato un anno eccitante. I ricavi sono in crescita soltanto dell’1% (137 milioni) e i margini sono calati, sotto la pressione dell’aumento dei costi della materia prima e, in parte meno significativa dell’incremento del costo del personale. Dal punto di vista finanziario, Nosio è in piena salute. Il debito netto cala da 36 a 35 milioni (anche grazie a un forte incremento dei debiti commerciali verso la controllante), per quanto sia doveroso ricordarvi che non essendo un bilancio consolidato a fronte di tale posta l’azienda ha quasi 50 milioni di euro in partecipazioni, il che in altre parole significa che la parte finanziaria del bilancio non è a debito se nettata dalle attività. Ad ogni modo, gli azionisti hanno scambiato le azioni a un prezzo leggermente superiore a quello del 2022 (339 euro per azione rispetto a 336), il che porterebbe a un valore implicito del capitale azionario di poco superiore a 100 milioni di euro. Non ci sono frasi particolari sull’evoluzione prevedibile della gestione, per cui possiamo passare a una breve commento dei dati. Se qualcuno di Nosio legge questo post, segnalo un errore (secondo me) nel bilancio a pagina 56 dove le vendite per area geografica di Estero EU e Estero Extra EU sono rimaste quelle del bilancio 2022, dunque non aggiornate.

    L’incremento delle vendite dell’1% con un incremento del 3.5% nel mercato italiano, mentre sono apparentemente stabili le vendite all’estero (anche se dovute a un errore, a mio parere).
    Dal punto di vista dei prodotti, Nosio mostra un incremento del 5% delle vendite di spumante a 5 milioni di euro, e un +2.6% a 115 milioni per le vendite di vino fermo.
    I costi sono in aumento rispetto al fatturato. Le materie prime, in particolare, passano dal 69% al 70.4% delle vendite, mentre il personale va dal 5.6% al 5.8%. Il tutto determina un calo del Margine operativo lordo sia un valore assoluto (da 10 a 8.4 milioni) che in termini relativi (dal 7.5% al 6.1% delle vendite). Più sotto sebbene calino un po’ sia gli ammortamenti che gli oneri finanziari, l’utile netto scende da 3 a 2 milioni di euro.
    Dal punto di vista finanziario come abbiamo detto Nosio taglia di 1 milione il debito netto, dopo aver pagato 2.7 milioni di dividendi agli azionisti e dopo aver investito circa 3 milioni di euro. Ad aiutare il bilancio sono venuti in soccorso un forte aumento dei debiti commerciali verso la controllante Mezzacorona, da 35 a 45 milioni di euro, che hanno compensato anche un leggero deterioramento delle altre partite del capitale circolante.

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