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    Utili, margini e ritorno sul capitale delle principali aziende vinicole – dati Mediobanca – aggiornamento 2023

    Dati in formato testo disponibili nella sezione Solonumeri.

    Seconda puntata dell’elaborazione dei dati del rapporto Mediobanca sulle principali aziende italiane, che include le aziende con oltre 100 milioni di fatturato. Oggi ci concentriamo su qualche indicatore più particolare, come il capitale investito, i margini e il ritorno sul capitale. Nel 2023 si sono realizzate alcune aggregazione aziendali che hanno spostato un po’ l’asticella per alcune aziende, come Antinori e Argea. Nei dati aggregati a fronte di una crescita delle vendite del 5%, il valore aggiunto è cresciuto dell’8%, l’utile operativo del 6%, mentre l’utile netto è calato del 15%. Vari fattori sono da considerare, quali acquisizioni non completamente consolidate, aumento del costo del debito (e maggiore debito, +23%), ammortamenti delle differenze di consolidamento e via dicendo, per spiegare il calo degli utili.
    Non è sicuramente la fotografia del settore (quella invece la dà il rapporto Mediobanca di aprile), ma di quella parte del settore in cima alla piramide che sta portando avanti le aggregazioni aziendali. Antinori resta il punto di riferimento in quanto a margini di profitto e entità del capitale investito, mentre perde qualche punto in termini di ritorno sul capitale, dove continua ad eccellere Santa Margherita.
    Passiamo ai dati di dettaglio, inclusi grafici e il grafico animato dell’evoluzione del capitale investito.

    Le 24 aziende vinicole incluse nel campione di quest’anno (oltre 100 milioni di fatturato) hanno generato un utile operativo di circa 400 milioni di euro, che corrisponde a un margine del 7% sul fatturato (le cooperative sono comprese nel calcolo). Il capitale investito è invece cresciuto del 10% a 7.2 miliardi di euro il che determina un ritorno del 5.6% circa.
    Come dicevamo sopra Antinori primeggia sia per utile operativo in valore assoluto, che per margine sulle vendite e capitale investito mentre viene penalizzata quando si guarda al ritorno sul capitale, dove aziende meno integrate verticalmente, come Santa Margherita, sono meglio posizionate.
    Se guardiamo alla dinamica dell’utile operativo su un orizzonte di 5 anni e restringiamo il campo alle grandi aziende, IWB a +22% annuo e Argea a +12% sono certamente da evidenziare, mentre in valore assoluto Antinori, Santa Margherita e Frescobaldi (che tra l’altro cresce dell’11% annuo dal 2018…) restano in vetta.
    In termini di capitale investito, Antinori è arrivata a una scala completamente diversa rispetto alle altre aziende. La somma del capitale proprio e dei debiti finanziari del rapporto Mediobanca dice 2.1 miliardi circa 4 volte il livello delle altre aziende che arrivano intorno a 500 milioni di euro.
    Questo elevato capitale investito (da legare alle recenti acquisizioni, quella americana in particolare) ha però un impatto negativo sul ritorno sul capitale, che per Antinori “torna nella media” tra il 5% e 6%, quando Frescobaldi resta intorno al 10% e Santa Margherita viaggia sul 14%.

    Se siete arrivati fin qui……ho un piccolo favore da chiedervi. Sempre più persone leggono “I Numeri del Vino”, che pubblica da oltre dieci anni tre analisi ogni settimana sul mondo del vino senza limitazioni o abbonamenti. La pubblicità e le sponsorizzazioni servono per aiutare una missione laica in Perù. Per fare in modo che questo lavoro continui e resti integralmente accessibile, ti chiedo un piccolo aiuto, semplicemente prestando da dovuta attenzione con una visita alle inserzioni e alle sponsorizzazioni presenti nella testata e nella sezione laterale del blog. Grazie. Marco LEGGI TUTTO

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    Fantini Group – dati di bilancio 2023

    Nel 2023 Fantini Group ha subito un leggero calo delle vendite (-4% a 86 milioni) che però è stato completamente assorbito dalla riduzione dei costi, anche grazie all’allentamento dei prezzi delle materie prime. Il contenimento degli investimenti su livelli particolarmente bassi ha invece consentito di ridurre ulteriormente il livello dell’indebitamento da 60 a 50 milioni di euro, quindi da 3 a 2.6 volte l’EBITDA, che vi ricordo nel caso di Fantini era cresciuto nel 2020 quando l’azienda era passata di mano con l’ingresso del private equity (4 volte l’EBITDA alla fine del 2020), attraverso una manovra di leverage buy-out. Dopo il 2023 non particolarmente positivo dal punto di vista commerciale, gli amministratori hanno fornito una visione più positiva per il 2024, dove a un consolidamento dei volumi della GDO (tradotto: sono in leggero calo…) si combina un andamento invece positivo del canale Ho.Re.Ca.
    Passiamo a una breve analisi dei dati con ulteriori grafici e la tabella riassuntiva.

    Le vendite sono calate del 4% a 86 milioni di euro. Dobbiamo evidenziare che l’azienda nel bilancio parla di “Ricavi delle vendite e delle prestazioni” che includono anche 3 milioni di altri ricavi relativi a servizi, vendita di materie prime (presumibilmente uva o vino non imbottigliato), oltre a 1 milione di contributi pubblici.
    Dal punto di vista geografico, le vendite in Italia sono calate del 5% a 3 milioni, restando marginali, quelle in Europa sono cresciute del 2% a 63 milioni, mentre calano pesantemente sia il fatturato americano (-12% a 12 milioni) che quello asiatico (-29% a 7 milioni).
    Come vedete dalla tabella i profitti operativi (EBITDA e utile operativo) sono mostrati in versione rettificata e non rettificata, per tenere conto di oneri non ricorrenti e dell’ammortamento del goodwill dell’operazione di private equity. Ad ogni modo, il forte controllo dei costi (costo del personale addirittura calato) e delle altre spese operative hanno più che compensato una certa pressione sul costo del venduto (ossia il costo di produzione) passato dal 52.7% al 53.8% del fatturato. L’EBITDA rettificato e l’utile operativo sono quindi calati del 3% circa, rispettivamente a 19.2 e 17 milioni di euro.
    L’utile netto dichiarato scende invece da 6.3 a 4.5 milioni di euro (questo non aggiustato per le componenti non ricorrenti), anche a causa dell’incremento degli oneri finanziari nel 2023.
    A livello finanziario, il debito scende da 60 a 50 milioni come dicevamo, forte di un eccellente lavoro sul livello del magazzino (che ha liberato 5 milioni di euro) e di un livello di investimenti piuttosto contenuto, meno di 2 milioni di euro (rispetto a 2.2 milioni di euro di ammortamenti) che ha consentito di scaricare praticamente tutto l’utile generato a riduzione del debito.

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    Classifica fatturato e valore aggiunto delle aziende vinicole italiane 2023 – fonte: Area Studi Mediobanca

    Dati in formato testo disponibili nella sezione Solonumeri.

    Grazie ai dati di Area Studi Mediobanca, integrati con qualche bilancio scaricato, presentiamo oggi la graduatoria delle maggiori aziende vinicole italiane per fatturato e, ancora più rilevante, per valore aggiunto. Rispetto agli scorsi anni, il rapporto di Mediobanca ha un “taglio” a 100 milioni invece che a 50 milioni di fatturato, il che implica un accorciamento della nostra classifica da circa 30-35 a 25 aziende.
    Fatta questa premessa, cosa ci dice questa classifica? Sicuramente che il settore si sta consolidando, grazie ad alcune aziende come Argea, Italian Wine Brands e Mack & Schuhle. Oggi abbiamo 24 aziende con oltre 100 milioni di fatturato. Lo vediamo anche dalla crescita del fatturato di queste aziende, +5%, che è chiaramente superiore al trend organico del 2023.
    Dobbiamo anche sottolineare che per la prima volta un’azienda italiana ha fatto un grosso investimento fuori dall’Italia: Antinori con Stag’s Leap Wine Cellar ha ulteriormente rafforzato la sua posizione di principale azienda italiana del settore in termini di valore aggiunto, pur con un significativo incremento del debito.

    La classifica del fatturato vede dunque primeggiare CantineRiunite/CIV/GIV come al solito ma ritrova Argea e Italian Wine Brands come numero due e numero tre. Quella del valore aggiunto (a mio parere, la vera classifica…), dopo Antinori trova nel 2023 Santa Margherita, Cantine Riunite/CIV/GIV e Frescobaldi, essenzialmente senza variazioni rispetto al 2022.
    Passiamo a un commento più dettagliato con tutte le tabelle e i grafici animati.

    Il cumulato delle principali 25 aziende vinicole italiane ha registrato un fatturato di 5.7 miliardi di euro, +5% sul 2022, con un valore aggiunto cumulato di circa 1.18 miliardi di euro, cresciuto dell’8% sul 2022 per un margine del 21%.
    Rispetto all’anno scorso si aggiunge nella classifica Mack & Schuhle, la Cantina Sociale di Soave ha cambiato nome in Cadis 1898 e abbiamo aggiunto di nostra iniziativa ai dati originali di Mediobanca Tenute Piccini, oltre che alle solite Santa Margherita e Lunelli.
    In termini di fatturato, le crescite più importanti tra le grandi aziende nel 2023 sono quelle di Antinori (+9%) e Italian Wine Brands (+10%) entrambe legate alle acquisizioni che hanno realizzato, mentre “entrano” nel club delle aziende con oltre 200 milioni di fatturato Mack & Schuhle e Collis Veneto WG con crescite di fatturato molto significative grazie alle aggregazioni che stanno realizzando.
    Il valore aggiunto è però la classifica che più considero veritiera per definire la rilevanza delle aziende. L’aspetto commerciale (vendite) è importante ma la dimensione “industriale” di un’azienda si misura con quello che “aggiunge” al prodotto, ossia il valore aggiunto, cioè il fatturato meno tutte le componenti che sono state acquistate all’esterno. In questa classifica regna incontrastato il gruppo Antinori (perché così dovremmo ormai chiamarlo) con 225 milioni, poi Santa Margherita con 120 milioni, Cantine Riunite con 119 e Frescobaldi con 93. I “consolidatori” del settore Argea e IWB sono quinto e sesto, con 89 e 63 milioni rispettivamente.
    Vi lascio ai dati.

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    I principali ecommerce italiani di vino – dati 2023

    L’ecommerce di vino ha subito un secondo anno di “ridimensionamento” delle vendite dopo il boom relativo al Covid. Le 5-6 aziende analizzate in questo post hanno subito un calo del 7-8% del fatturato nel 2023 (-12% escludendo l’exploit di Bernabei) rispetto al 2022 e hanno subito una perdita cumulata di circa 18 milioni di euro, contro i 16 del 2022, pur mettendo ricorrendo a misure molto drastiche di taglio dei costi operativi e ristrutturazione dell’attività. La strategia seguita da tutte è stata quella di cercare di limitare le perdite, anche con un incremento del margine lordo, in particolare per Vino.com che si è portata al di sopra di tutte, e con l’eccezione di Berbabei, che è il chiaro “outlier” nell’analisi, essendo l’unico con un fatturato in crescita (+24% a 28 milioni), fonte dell’espansione dell’attività in nuove nicchie ma anche di un deciso cambio di passo nei prezzi, tale da ridurre il margine sulle vendite dal 28% del 2022 (perfettamente in media con gli altri operatori) al 19% del 2023.
    Ultima annotazione prima di addentrarci nei dati, con tabelle e ulteriori grafici, due aziende hanno ricevuto ulteriori contributi dai soci nel 2023, stiamo parlando di Vino.com (4 milioni) e Tannico (10 milioni).

    Le vendite dei principali ecommerce italiani sono state mediamente in calo nel 2023, a fronte di un ulteriore processo di normalizzazione. L’unica eccezione come dicevamo è Bernabei (+24% a 28 milioni), mentre per l’ecommerce B2C di Italian Wine Brands l’andamento è stato quasi stabile a 20 milioni. L’azienda più grande si conferma Tannico, che ha perso il 7% di fatturato a 65 milioni, seguita da Berbabei appunto, poi Vino.com che ha perso il 22% a 27 milioni. Più piccoline sono Callmewine, -16% a 14 milioni e Xtrawine, -20% a 9 milioni.
    I margini lordi sulle vendite sono rimasti stabili per Tannico (30%), Callmewine (26%) e Xtrawine (26%), calano al 19% per Bernabei mentre Vino.com è andata in direzione opposta, facendo crescere il margine al 35% a discapito delle vendite.
    In questo modo Vino.com ha ridotto le perdite da 6 a 2 milioni, mentre gli altri hanno subito perdite in crescita rispetto al 2022. Unica azienda non in perdita (non sappiamo IWB) è Bernabei.
    La gestione del magazzino è migliorata per Xtrawine (dal 23% al 18% sulle vendite) e Bernabei (dal 20% al 16%), mente si sono mantenute stabili per le altre aziende. Il “best in class” in questo senso è Vino.com che lavora con un magazzino su vendite inferiore al 10%.

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    Casa Vinicola Zonin – risultati 2023

    Il 2023 è stato il primo anno del nuovo assetto organizzativo di CV Zonin, che come sapete è detenuta in parte dalla famiglie e in parte da fondi di private equity. Non è stato però il primo anno “pulito” per l’azienda in quanto influenzato dal cambio di distributore sul mercato americano e da una coda di oneri straordinari, che insieme hanno portato a un leggero calo delle vendite (-3% a 194 milioni, peraltro non dissimile da altre grandi realtà del settore in Italia) ed a una significativa perdita (13 milioni di euro).
    In tutto questo, un ulteriore miglioramento del capitale circolante e l’assenza di dividendi per gli azionisti hanno consentito di contenere l’indebitamento (90 milioni da 87 del 2022).
    Il 2024 si è aperto sotto migliori auspici, con un budget improntato alla crescita delle vendite e dei margini, che si è materializzato anche nel primo trimestre dell’anno, secondo la dichiarazione degli amministratori. Gli spazi di recupero sono significativi: nel 2019, prima del COVID, CV Zonin già integrata con le tenute agricole aveva un margine EBITDA dell’11% su 197 milioni di fatturato, oggi con un fatturato simile il margine è sceso al 6%. Spulciando tra i dati di bilancio, il problema è quello degli acquisti di materie prime, che sono saliti dal 43% del 2019 al 51% del 2023, vanificando i miglioramenti messi a segno nel controllo degli altri costi.
    Ulteriori dettagli, commenti, grafici e tabella dettagliata con i numeri nel resto del post.

    Le vendite 2023 calano del 3% a 194 milioni, di cui 41 milioni in Italia (+19%) e 153 milioni all’estero, -8%. Non viene quantificato il contributo del mercato americano ma ci si potrebbe immaginare che la perdita di fatturato estero, circa 13 milioni possa essere legata al cambio di distributore. Vedremo nel 2024.
    I margini come dicevamo sono in calo. L’EBITDA rettificato, ossia prima di circa 3 milioni di euro di costi straordinari e 0.9 milioni di leasing, scende da 17.2 a 12.2 milioni di euro, con un margine che passa dall’8.6% al 6.3% delle vendite. Abbiamo già affrontato il tema di sopra, ma tra il 2022 e il 2023 il costo degli acquisiti esterni passa dal 45% al 51%, i servizi scendono dal 34% al 33% e il costo del personale dal 15.4% al 16% delle vendite.
    L’utile operativo rettificato scene a 2 milioni, mentre quello dichiarato è in perdita di 4.4 milioni per gli oneri straordinari di cui sopra e per 3 milioni di ammortamento dell’avviamento (che durerà ancora per 7-8 anni). L’utile netto viene poi impattato dalla crescita degli oneri finanziari a 7.5 milioni e da 1 milione di tasse, nonostante la perdita, che porta il bilancio a -13 milioni di euro, non rettificata per le componenti non ricorrenti (che sono state circa 6-7 milioni prima delle componenti fiscali).
    A livello finanziario, il debito passa da 87 a 90 milioni, inclusivo di circa 7 milioni di prestito soci. Il capitale circolante migliora ancora, da 42 a 34 milioni di euro, giocando sui debiti verso fornitori. Zonin ha investito circa 8 milioni di euro (come nel 2022). Non sono stati pagati dividendi. In totale, la gestione ha chiuso con un consumo di cassa di circa 3-4 milioni.

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    Duckhorn – risultati 2024 e… OPA per il ritiro dal mercato

    Dopo poco tempo dall’introduzione in borsa, Duckhorn potrebbe essere delistata in segito all’offerta giunta dal private equity Butterfly, che ha offerto un prezzo di 11.1 dollari per azione, il 65% in più rispetto al prezzo medio delle azioni dei tre mesi precedenti. C’è da dire che la performance delle azioni è stata straordinariamente negativa negli ultimi a partire dal picco di circa 22-23 dollari di fine 2022 fino ai 5 dollari o poco più dei giorni precedenti all’annuncio, frutto di una combinazione di eventi tra i quali ci sono certamente un’acquisizione da 50 milioni di dollari fatta in un momento di mercato difficile e, negli ultimi 2 anni, il mancato o quasi raggiungimento degli obiettivi annunciati al mercato. A questo punto è molto probabile che l’operazione vada a buon fine, essendo stata accettata dal consiglio di amministrazione di Duckhorn.
    Tornando ai risultati 2024, sono stati più o meno in linea con gli obiettivi che erano stati forniti al mercato, con la piccola annotazione che ad “aiutare” è arrivata una acquisizione che nella seconda parte dell’anno ha dato un contributo. Se l’EBITDA di 155 è stato nella forchetta di 150-155 milioni, le vendite di 405 milioni non sono state in linea con gli obiettivi (420-430) nemmeno considerando questo contributo. E il debito è salito ulteriormente, a 300 milioni toccando le 2x volte l’EBITDA.
    Proseguiamo il commento con il dettaglio dei numeri, tabelle e grafici.

    Le vendite di 405 milioni sono l’1% sopra il 2023 ma senza l’apporto dell’acquisizione di Sonoma-Cutrer sarebbero calate del 4.6%. Per divisione, sono calate del 4% le vendite all’ingrosso a ristoranti e negozi della California e del 7% le vendite dirette, mentre crescono del 3% le vendite classiche all’ingrosso, che poi rappresentano il 70% del fatturato. I volumi sono cresciuti del 3%, compensati dal peggior prezzo mix.
    Il gross margin al 53% è stato leggermente diluito dall’acquisizione, altrimenti sarebbe stato al 54%, mentre l’EBITDA di 155 milioni di euro è nella parte alta della forchetta per il 2024 ma non si dice il contributo dell’acquisizione (8 milioni a livello di gross profit).
    L’utile netto aggiustato di 75 milioni è sotto l’obiettivo di circa 79 milioni e i 77 dello scorso anno, anche a causa del forte incremento degli oneri finanziari (da 12 a 18 milioni).
    L’azienda ha poi registrato quasi 20 milioni di dollari di oneri straordinari, talchè l’utile dichiarato è stato di 56 milioni, ben sotto i 69 dell’anno scorso.
    Il debito sale da 227 a 301 milioni di dollari, per un rapporto sull’EBITDA che passa da 1.6 a 1.9 volte. Ovviamente l’acquisizione ha contato per il 100% sul debito ma non completamente sui risultati. L’acquisizione è costata 50 milioni, cui si sono aggiunti 28 milioni di altri investimenti. Non sono stati pagati dividendi.

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    Lunelli (Ferrari)– risultati e analisi di bilancio 2023

    Le parole caute contenute nella relazione dell’anno scorso circa l’andamento del 2023 sono un buon punto di partenza per analizzare il bilancio di Lunelli. A dire il vero, l’anno si è chiuso con il risultato netto più elevato di sempre, 26 milioni di euro. Si tratta però di un risultato maturato “al di sotto dell’utile operativo”, quindi grazie al contributo dei proventi derivanti dal portafoglio di attività finanziarie. Se invece guardiamo l’andamento del “core business”, ossia gli spumanti Ferrari, Bisol, Tassoni, Surgiva e via dicendo ci troviamo davanti a un quadro meno positivo di quello del record 2022.
    Le vendite sono calate del 4% a 146 milioni di euro, l’EBITDA scende da 29 a 26 milioni di euro e l’utile operativo è influenzato anche da una svalutazione straordinaria, passando quindi da 13 a 6 milioni di euro. Leggendo il bilancio è evidente la volontà di investire nei marchi, mantenendone il posizionamento con azioni di marketing e soprattutto con la scelta di non cedere sui prezzi, eliminando anzi le promozioni. È anche evidente che il ritmo di crescita di Ferrari degli ultimi anni è forse stato troppo veloce e lo stop del 2023 (ricavi stabili) deriva non solo dalla necessità di normalizzare le scorte nella distribuzione ma dall’esigenza di far maturare i prodotti al punto giusto, senza affrettarne la vendita sul mercato. Anche l’inizio del 2024 (primo trimestre) è stato in contrazione.
    Bene, fatta questa premessa, ulteriori dettagli sui risultati consolidati e dei principali marchi sono nel resto del post.

    Le vendite calano del 4.4% a 146 milioni di euro, con un -4% per l’Italia a 118 milioni e un -6% per l’estero a 28 milioni.
    Ferrari ha un fatturato stabile di 102 milioni, con volumi in calo a circa 6 milioni di bottiglie. Le vendite di Bisol calano del 5% circa a 27.5 milioni di euro nonostante un calo dei volumi del 12%. Tassoni ha invece raggiunto il record di fatturato a 13 milioni (+8%) anche se i suoi risultati sono stati impattati dall’aumento del costo delle materie prime, per i quali era stato protetto nel 2022 dalle coperture. Surgiva ha fatturato 10 milioni, +18%, con 38 milioni di bottiglie vendute. Sono stati buoni anche i risultati delle Tenute Lunelli (6 milioni di fatturato, +10%, con 400mila bottiglie vendute).
    L’utile netto del gruppo è stato guidato dalle componenti non operative, con proventi finanziari di 17 milioni, contro i 5 del 2022, e rivalutazioni per 5 contro 1 del 2022. L’utile netto di Ferrari è stato invece in calo da 12 milioni a 9 milioni (anche influenzato dalle decisioni di finanziamento delle controllate), mentre quello di Bisol passa da un leggero utile a una perdita di 1 milione.
    A livello finanziario, il gruppo ha un debito netto di 44 milioni, in crescita rispetto ai 30, a fronte però di un portafoglio di partecipazioni di 111 milioni, di cui oltre 30 in aziende quotate in borsa. Nel corso del 2023, Lunelli ha investito 17 milioni di euro e ha pagato 6.5 milioni di dividendi ai soci, rispetto a 5 milioni pagati nel 2022.

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    Delegat Group – risultati 2024

    Delegat non è più la “lepre” delle aziende vinicole quotate. Dopo i dati scricchiolanti del 2022/23, nel 2023/24 (anno chiuso a giugno) l’azienda non è riuscita a far crescere le vendite e ha mancato gli obiettivi che aveva comunicato a inizio anno. Tuttavia, il management ha rimarcato che l’andamento dell’anno è stato molto soddisfacente se si considerano le mutate condizioni del mercato.
    Per venire ai numeri, le vendite sono rimaste stabili a 376 milioni di dollari neozelandesi mentre i dati di EBITDA e utile operativo normalizzati segnano un progresso del 6-7% sull’anno scorso, con l’utile netto stabile a 60 milioni e come dicevamo inferiore alla forchetta annunciata l’anno scorso. Oltre ai mancati obiettivi, anche le previsioni sono state delundenti: i volumi non sono previsti in leggerissimo calo poco sotto 3.6 milioni di casse e l’obiettivo triennale passa da 4.1 a 3.9 milioni di casse. Soprattutto, l’utile netto è previsto tra 55 e 60 milioni, dunque nel migliore dei casi allineato a quello del 2023-24, che a sua volta era stato stabile rispetto al 2022-23. Il risultato è un andamento borsistico molto negativo. Le azioni hanno perso il 30% da un anno a questa parte e valgono di questi tempi circa 600 milioni di dollari neozelandesi, cui si aggiungono 360 milioni di debiti (in crescita).
    Nel resto del post, tabelle, ulteriori grafici e un commento più dettagliato.

    Le vendite sono stabili a 376 milioni, con un calo del 2% dei volumi a 3.61 milioni di casse e un progresso del prezzo medio del 2% a 104 dollari per cassa. Dal punto di vista geografico, i volumi sono calati del 4% in Europa a 1.18 milioni di casse, dell’1% in Nord America a 1.72 milioni e sono invece cresciute del 2% in APAC a 706mila casse.
    Le previsioni di 3.9 milioni di casse al 2027 hanno “perso” il dettaglio per area anche se il Nord America è menzionato come il mercato di crescita primario per il gruppo.
    I margini sono in leggero recupero sull’anno scorso e questo consente una crescita del 6% dell’utile operativo a 103 milioni, aiutato anche dall’andamento favorevole dei cambi oltre che dal miglioramento del prezzo-mix che ha sostenuto il margine lordo (passato dal 43% al 46%). Il maggiore debito e i tassi di interessi in crescita hanno però determinato una crescita degli oneri finanziari, oltre a una maggiore tassazione e dunque l’utile netto è rimasto stabile a 60 milioni.
    Dal punto di vista finanziario, il debito sale da 319 a 360 milioni di dollari, dopo aver pagato investimenti per 70 milioni e dividendi per 20 milioni, con una generazione di cassa dichiarata dal gruppo in calo del 5% sull’anno scorso a 57 milioni di dollari.

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