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    Classifica fatturato e valore aggiunto delle aziende vinicole italiane 2024 – fonte: Area Studi Mediobanca

    Presentiamo oggi la classifica delle 25 maggiori aziende vinicole italiane. Sono 25 perché sono quelle che “emergono” dal rapporto “Le Principali Aziende Italiane” pubblicato la scorsa settimana da Area Studi Mediobanca. Sono anche quelle che superano il taglio del rapporto, che è a 100 milioni di euro di fatturato.
    I dati che vedete nel grafico sopra danno una percezione migliore, a mio avviso, di quello che è stato il 2024. Prima di tutto, per un fatto tecnico: nelle “prime” aziende ci sono quelle che crescono e non quelle che calano uscendo dalla lista, quindi la classifica presenta quello che in inglese si chiama “survivorship bias”. In secondo luogo, perché il dato cumulato, soprattutto per il fatturato, è il risultato di pochi risultati eccellenti, parzialmente guidati dalle acquisizioni (soprattutto Antinori), e di diverse aziende che invece hanno mostrato dati in controtendenza.
    In altre parole, la matematica dice che il fatturato è cresciuto del 3% (dopo il +5%) nel 2023, ma solo la metà delle aziende ha avuto una crescita nel 2025. Invece, è andata meglio quando si guarda ai dati finanziari, visto che il valore aggiunto è migliorato del 9% sul 2023.
    Dal punto di vista delle vendite, Cantine Riunite/CIV/GIV domina incontrastata (seguita da Argea e Italian Wine Brands), mentre dal punto di vista del valore aggiunto, che è la vera classifica secondo il mio punto di vista, a dominare è Antinori, seguita comunque da Cantine Riunite/CIV/GIV.
    Bene, nel resto del post trovate tutte le tabelle e ulteriori grafici (compreso quello animato). Tutti i dati in formato “copia-incollabile” sono nella sezione Solonumeri.

    Il fatturato cumulato delle 25 principali aziende vinicole con fatturato sopra i 100 euro è cresciuto del 3% nel 2024 a 5,9 miliardi di euro, mentre il valore aggiunto è balzato del 9% a 1,3 miliardi di euro.
    Dal punto di vista del fatturato, CR/CIV/GIV sono davanti a tutti con 666 milioni di euro, ma in calo dell’1% e in progresso molto limitato anche considerando 3 e 5 anni fa. Argea, invece, cresce del 4% e si conferma la seconda azienda per fatturato con 453 milioni di euro, mentre Italian Wine Brands è la terza azienda con 402 milioni, ma registra un calo del 6%. La quarta azienda è Antinori, con 395 milioni, che nel 2024 ha beneficiato del contributo dell’acquisizione americana per tutto l’anno. Chiude al quinto posto Caviro, con 385 milioni e un calo del 9%.
    La classifica secondo il valore aggiunto, che vi ricordo è la differenza tra il fatturato e gli acquisti esterni e quindi misura in qualche modo quanto è stato aggiunto in termini monetari nel processo di produzione, è come da sempre dominata da Antinori, che dei 395 milioni di fatturato ne “trattiene” 239, ossia il 60% (come vedete dal grafico). Aziende come Argea, che principalmente comprano vino sfuso e lo imbottigliano, hanno una componente di valore aggiunto rispetto al fatturato molto più limitata, intorno al 22% in questo caso, e fanno ovviamente un altro mestiere, pur vendendo vino ugualmente. La seconda azienda per valore aggiunto è comunque CR/CIV/GIV, nonostante il suo stato di cooperativa “ibrida”, mentre vengono poi Herita (Santa Margherita), Argea appunto e Frescobaldi.

    Se siete arrivati fin qui……ho un piccolo favore da chiedervi. Sempre più persone leggono “I Numeri del Vino”, che pubblica da oltre dieci anni tre analisi ogni settimana sul mondo del vino senza limitazioni o abbonamenti. La pubblicità e le sponsorizzazioni servono per aiutare una missione laica in Perù. Per fare in modo che questo lavoro continui e resti integralmente accessibile, ti chiedo un piccolo aiuto, semplicemente prestando da dovuta attenzione con una visita alle inserzioni e alle sponsorizzazioni presenti nella testata e nella sezione laterale del blog. Grazie. Marco More

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    Delegat Group – risultati 2025

    Delegat Group ha avuto un altro anno negativo, sia dal punto di vista dell’andamento economico, che oggi analizziamo con i dati fino a giugno, che anche borsistico, con le azioni che da inizio 2025 hanno perso il 9% (-58% negli ultimi 3 anni).
    Dopo l’introduzione dei dazi in USA, alcuni problemi logistici, il riallineamento delle scorte nella distribuzione e via dicendo, l’azienda ha chiuso l’anno a giugno 2025 con un calo dei volumi del 12% a 3.2 milioni di casse (ne aveva promessi 3.6 milioni, stabili), le vendite sono calate del 7% e l’utile netto aggiustato è sceso del 14%.
    Soprattutto, l’ambizione di medio termine è stata fortemente ridimensionata: se fino allo scorso anno si puntava a vendere 3.9 milioni di casse a tre anni di distanza, oggi si punta a 3.6 milioni, mentre per il prossimo anno fiscale l’obiettivo è vendere 3.3 milioni di casse (quindi un leggero recupero) e di realizzare un utile netto tra 50 e 55 milioni di dollari neozelandesi, che si confronta con i 51 realizzati nell’ultimo anno a giugno 2025… quindi “mantenere le posizioni” nel contesto di un’azienda che anche in un anno difficile come quello che presentiamo ha continuato a far crescere il prezzo medio di vendita e a investire pesantemente in marketing.
    Bene, passiamo a un’analisi più dettagliata dei numeri, con tabella e grafici.

    Le vendite di Delegat sono calate del 12% a 3.2 milioni di cassa, con un andamento particolarmente negativo in Europa (-14%) e Nord America (-12%), mentre in APAC le vendite hanno perso il 5%, ma purtroppo rappresentano soltanto 0.7 milioni di casse.
    Il fatturato ha subito un calo del 7% a 350 milioni di dollari locali (dividere per 2 per avere gli euro, quindi 175 milioni di euro), con un prezzo medio per cassa salito a 110 dollari.
    I costi di produzione sono rimasti stabili intorno al 55% del fatturato, mentre i costi di marketing sono saliti in valore assoluto e quindi passano dal 13% al 15% delle vendite, il che porta a un calo del 9% dell’EBITDA a 116 milioni e del 13% dell’EBIT a 89 milioni. Come dicevamo sopra l’utile netto scende da 60 a 51 milioni di dollari, -14%.
    Dal punto di vista finanziario, gli investimenti restano elevati a circa 60 milioni (17% delle vendite), ma grazie a un buon lavoro sul capitale circolante (sceso di 18 milioni), Delegat Group è riuscita a tagliare il debito da 360 a 330 milioni mantenendo quindi una leva stabile a 2.8 volte l’EBITDA.
    Il valore di borsa scende a 453 milioni (era 575 quando abbiamo scritto lo scorso anno), da cui si deriva un valore d’impresa di 782 milioni e un multiplo EV/EBITDA di 6.7x volte e EV/EBIT di 9 volte, che funziona anche per il prossimo anno visto la previsione “stabile”.

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    Lunelli (Ferrari)– risultati e analisi di bilancio 2024

    Che ci crediate o meno, Lunelli è l’azienda di cui analizziamo il bilancio con il maggior numero di visite (1051 contro 963 per Antinori e 763 per… Tannico) e quindi è necessario fare un buon lavoro! Per questo motivo ho deciso di acquistare sia il bilancio Lunelli che quello Ferrari, in modo da riconciliare una incongruenza sul fatturato di Ferrari, che negli anni precedenti veniva esposto come “lordo” mentre da quest’anno lo vedete come “netto” (ossia coerente con i fatturati delle altre aziende che guardiamo).
    Il 2024 è stato un anno di leggero calo per le vendite del gruppo Lunelli (-6%) e, in misura più contenuta per Ferrari (-2.6%), mentre il calo di Bisol è allineato a quello medio del gruppo. Dopo un 2023 difficile, i margini sono invece in ripresa, con un EBITDA di 27 milioni al 19% del fatturato, mentre la mancanza di proventi finanziari straordinari determina una normalizzazione dell’utile netto, 12 milioni, dopo i 26 milioni dello scorso anno.
    Se il gruppo è entrato nel 2025 con risultati solidi, l’attenzione degli amministratori è al contenimento dei costi per fronteggiare un contesto di mercato, soprattutto (ma non solo) domestico che resta difficile e a cui il gruppo è esposto in modo rilevante.
    Passiamo a un breve commento dei numeri con tabella e ulteriori grafici.

    Il fatturato consolidato cala a 138 milioni di euro, di cui 92 milioni sono Ferrari e 26 milioni sono Bisol. Le vendite italiane sono in calo del 7% a 110 milioni, quelle estere scendono del 2% a 27 milioni di euro. Ferrari ha avuto un calo dei volumi dell’8% a 5.7 milioni di bottiglie a fronte di un fatturato calato del 3%, quindi con un miglioramento del prezzo-mix del 5%.
    L’EBITDA passa da 26 a 27 milioni, dal 17.7% al 19.4% del fatturato, grazie al contenimento dei costi e al miglioramento del mix delle vendite (Ferrari è più profittevole della media), mentre l’utile operativo di 10 milioni beneficia dell’assenza di svalutazioni straordinarie presenti nel 2023, quando era sceso a 6 milioni. Al contrario, vengono a mancare circa 17 milioni di proventi straordinari e dunque l’utile netto torna a 12 milioni dai 26 del 2023.
    Se guardiamo al dettaglio, l’utile netto di Ferrari passa da 9.3 a 8.8 milioni, la perdita di Bisol cala leggermente a 0.8 milioni, mentre le Tenute Lunelli hanno perso 1.8 milioni di euro (1.4 milioni nel 2023).
    A livello finanziario, l’indebitamento finanziario netto sale da 44 a 50 milioni di euro, completamente compensato dal valore delle partecipazioni, salito da 111 a 114 milioni. L’azienda ha investito 17 milioni di euro contro 19 del 2023, in linea con gli ammortamenti, mentre ha distribuito 8 milioni di dividendi (contro 6.5 del 2023).

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    AdVini – risultati primo semestre 2025

    La società francese ha chiuso i conti del primo semestre 2025 con un calo del 4% dei ricavi a 131,6 milioni di euro, ma con un incremento del MOL (EBITDA) del 9% a 9,8 milioni di euro, per un margine sulle vendite del 7,4%, rispetto al 6,5% del primo semestre 2024 e del 6,4% della media dei sette anni precedenti.
    Il management ha quindi confermato il buon lavoro fatto nella ristrutturazione della base dei costi, almeno a livello operativo. Infatti, grazie anche ai minori investimenti, il cash flow è salito a 2 milioni di euro, segnando il terzo trimestre consecutivo di generazione di cassa netta, nonostante la società abbia registrato una leggera perdita in termini di utile netto, a -0,6 milioni di euro rispetto a -2,6 milioni di euro del primo semestre del 2024. Il magazzino è sceso di 4 milioni di euro, ossia di 7 giorni rispetto ai dati di un anno fa.
    Inoltre, il debito netto è sceso di circa 15 milioni di euro a 160 milioni, piuttosto stabile rispetto ai livelli di fine 2024 (di circa 158 milioni di euro), comunque piuttosto elevati. Infatti, in rapporto al capitale proprio, il debito è pari al 217% (dal 222% del primo semestre 2024). Il debito/MOL rolling a 12 mesi è quindi sceso a 8,3 volte, abbastanza in linea con il dato medio di 8,9x degli ultimi sette anni considerando le semestrali e del 8,5x considerando diati di fine anno.
    L’analisi prosegue con grafici e tabella riassuntiva.

    Il contesto commerciale si è stabilizzato per quanto riguarda le esportazioni di vini francesi, che sono salite dell’1,2% in valore sia per quanto riguarda i vini nel loro complesso (fermi e spumanti), sia per i soli vini fermi, con un aumento leggermente superiore (+1,6%) per quanto riguarda il perimetro di riferimento di AdVini (che vale circa 2,9 miliardi di euro). I prezzi in rialzo hanno quindi più che compensato il leggero calo dei volumi (-3,9% per i mercati di sbocco del gruppo).
    Il 61% delle vendite di AdVini è stato dedicato all’export, che ha contribuito per il 68% al margine operativo lordo (EBITDA in inglese).
    Il 44% delle vendite di AdVini è stato realizzato con vini “maisons”, ossia di marca e più pregiati e quindi costosi, che infatti hanno contribuito per il 62% al margine operativo lordo complessivo del gruppo.
    Il management ha sottolineato come:

    1) questi risultati del primo semestre 2025 siano in linea con gli obiettivi e confermino il continuo miglioramento negli ultimi tre semestri;2) AdVini sia un player in grado di conquistare quote di mercato in un contesto vinicolo difficile;3) AdVini, più che mai leader francese nei vini di terroir, continua il suo sviluppo grazie ai suoi marchi e ai suoi team, ed infine:4) facendo affidamento sul valore storico dei propri asset vinicoli e sulla posizione di leadership in Francia e Sudafrica, il management sia determinato ad aumentare il valore delle azioni AdVini.

    Il titolo è in calo del 12% da inizio anno e, nel momento in cui scriviamo, a fine ottobre 2025 capitalizza solo 48 milioni di euro alla Borsa di Parigi. AdVini normalmente scambia controvalori giornalieri modesti (dell’ordine delle migliaia di euro), mentre dopo la pubblicazione dei risultati si è visto qualche volume in più.

    Se siete arrivati fin qui……ho un piccolo favore da chiedervi. Sempre più persone leggono “I Numeri del Vino”, che pubblica da oltre dieci anni tre analisi ogni settimana sul mondo del vino senza limitazioni o abbonamenti. La pubblicità e le sponsorizzazioni servono per aiutare una missione laica in Perù. Per fare in modo che questo lavoro continui e resti integralmente accessibile, ti chiedo un piccolo aiuto, semplicemente prestando da dovuta attenzione con una visita alle inserzioni e alle sponsorizzazioni presenti nella testata e nella sezione laterale del blog. Grazie. Emanuele e Marco More

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    Constellation Brands – risultati primo semestre 2025

    La prova che la divisione vino di Constellation Brands si sta sciogliendo come neve al sole è nei dati del secondo trimestre 2025, il primo che esclude completamente i marchi venduti, dove si può vedere facilmente come le vendite in valore siano calate del 65% con un calo del 19% del fatturato “rimanente”. Nella divisione vino, l’azienda sia passata da 71 milioni di utile operativo (secondo trimestre 2024) a 20 milioni di perdita (secondo trimestre 2025). Ma le cattive notizie per Constellation Brands non sono state queste negli ultimi mesi. Lo è stato piuttosto il “profit warning” emesso in settembre con un taglio dell’utile per azione previsto del 10%, che badate bene non è dovuto al vino (le cui indicazioni erano già drammatiche). Così il valore delle azioni ha perso il 35% da inizio anno, comprendendo anche un leggero rimbalzo proprio nella settimana dei risultati.
    Tornando alla divisione vino, CBrands resta una grande azienda del settore ma ovviamente la sua rilevanza sta drasticamente calando.
    Passiamo a un breve commento dei numeri.

    Le vendite del secondo trimestre calano del 15%, di cui -7% per la birra e -65% per la divisione vino.
    La divisione vino ha avuto quindi vendite di 136 milioni, contro i 168 del secondo trimestre dell’anno scorso, escludendo i marchi venduti, quindi -19% organico, anche se le vendite al dettaglio dei marchi rimasti sono cresciute del 2%… il primo dato positivo da diversi trimestri… a forza di tagliare marchi in calo si arriva a un punto in cui… le vendite a parità non calano più…
    Le indicazioni sull’anno sono rimaste invariate, ossia un calo del 17-20% del fatturato organico e un azzeramento dell’utile operativo.
    I volumi trimestrali sono passati da 5.5 a 1.3 milioni di casse (-76%). La cosa interessante è che la divisione vino sta diventando “internazionale” dato che le casse vendute in USA sono passate da 4.9 a 0.8 milioni, mentre quelle nel mercato internazionale sono scese “solo” del 17% a 0.5 milioni di casse.
    Tornando ai dati consolidati, CBrands non ha avuto le svalutazioni incluse l’anno scorso e quindi “cosmeticamente” esce bene. Senza le svalutazioni l’utile operativo di 874 milioni si confronterebbe con oltre 1 miliardo dell’anno scorso… -14%.
    Dal punto di vista finanziario, la vendita dei marchi del vino ha portato un beneficio di quasi 0.9 miliardi di dollari, che ha portato il debito a scendere di circa 1 miliardo dopo aver considerato la generazione di cassa e circa 0.5 miliardi tornati agli azionisti con riacquisti di azioni e dividendi. La leva sull’EBITDA passa da 3.2 del primo trimestre a 3.0 del secondo.

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    I principali ecommerce italiani di vino – dati 2024

    Il 2024 è stato un altro anno difficile per i principali operatori ecommerce specializzati nel segmento del vino. Qui sopra vedete la somma di ricavi (-2%), margine lordo sulle vendite (-3%) e perdita netta (+15%) di cinque di questi che abbiamo analizzato: Tannico (venduta giusto la settimana scorsa), Vino.com, Bernabei, Xtrawine e Callmewine. Ovviamente si tratta di una lista non esaustiva, anzi se qualcuno di voi ha da segnalarmi altri ecommerce “più rilevanti” sarò felice di aggiungerli.
    È anche vero che non è andata male per tutti. In questo post mi sento di menzionare Vino.com, che dati alla mano è riuscita a invertire il trend negativo del fatturato e a tornare in pareggio tagliando i costi. Continua l’andamento negativo (e i contributi dei soci per tenere in piedi) Tannico, che resta il più grande ecommerce, con 60 milioni di fatturato (-7%). Infine, un’ultima considerazione proprio sui contributi dei soci: tutte e 4 le piattaforme pure qui analizzate (Tannico, Callmewine, Vino.com e Xtrawine) hanno ricevuto contributi dai soci (per un totale di circa 19 milioni di euro), mentre per IWB l’online è una divisione di una grande entità e non sono certo di come sia strutturato Bernabei: avendo il più basso margine sulle vendite (21%) ed essendo l’unico non in perdita, non riesco bene a capire come sia strutturato.
    L’analisi prosegue con la tabella di dettaglio per tutti gli operatori nel resto del post.

    Nel 2024 il dato cumulato del fatturato cala del 2.3%, che diventa 1.4% se ricomprendiamo anche IWB. Tannico resta leader con 60 milioni, -7%, poi viene Bernabei, 31 milioni e l’unico in crescita importante (+10%), Vino.com è il terzo con 28 milioni.
    Se guardate la tabella vedete chiaramente che i margini si sono stabilizzati. Vino.com è il più profittevole in termini di “ricarico di vendita” visto che ha un margine del 35%, poi Tannico al 30% e Callmewine e Xtrawine al 26-27%. Come dicevamo sotto Bernabei è al 21%…
    Salvo Bernabei che non è mai andato sotto zero e Vino.com che ha raggiunto il pareggio nel 2024, gli altri tre perdono soldi. Appare preoccupante soprattutto Tannico, passata da 11 a 17 milioni (aggiustato) anche se questo dato si ricollega a un cambio di perimetro di consolidamento (che verrà ridivisa con la vendita da Campari/LVMH a Castel Freres della sola parte italiana). Xtrawine riduce leggermente le perdite, Callmewine resta intorno ai 2 milioni di perdite annue.
    Il livello dei magazzini peggiora leggermente, ma questo è anche dovuto al fatturato in calo. Tannico ha il magazzino più elevato di tutti, il 23% del fatturato, anche se in termini di giorni magazzino è allineato a Callmewine e Xtrawine, ossia circa 280 giorni (260 Callmewine, 300 Xtrawine). In questo contesto, sono Vino.com con l’11% del magazzino sulle vendite (120 giorni) e Bernabei con l’8% (140 giorni) ad avere l’andamento migliore.
    Capitolo finale relativo ai contributi dei soci. Nel 2024 sono stati contribuiti 5 milioni a Vino.com, 10 milioni a Tannico, 1.4 milioni a Callmewine e 2.3 a Xtrawine. Da quando ho cominciato a guardare questi bilanci, Tannico ha ricevuto 72 milioni (32 per fare l’acquisizione di Valap), Vino.com 28, Callmewine 5.4 e Xtrawine 3.6.

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    Mack & Schuhle Italia – risultati 2024

    Quando si guarda il grafico qui sopra con l’evoluzione delle vendite, si capisce da subito che Mack & Schuhle Italia è una “mosca bianca” nel panorama vinicolo italiano. La crescita imponente ha origine dal 2016, quando l’imprenditore locale (famiglia Angelillo) cede la metà dell’azienda al distributore tedesco omonimo, che introduce i vini nei mercati della GDO europea e non solo. Dai 12 milioni di fatturato del 2016, M&S Italia oggi un colosso da 206 milioni, +19%, e destinato a un ulteriore passo in avanti nel 2025. Ovviamente tanta crescita in così poco tempo è compatibile con un modello di business molto leggero (un capitale investito di meno di 30 milioni di euro) e un’attività prettamente commerciale e di imbottigliamento. I principali marchi di M&S Italia, per chi non li conoscesse (e devo essere onesto, mi ci metto) sono Novantaceppi, Zardetto, Grapur, Ca’ di Prata, Villa Frattina e Genevitis.
    Passiamo a un’analisi più dettagliata dei numeri 2024.

    Le vendite sono cresciute del 19% a 206 milioni di euro. Secondo il prezioso blog di Anna di Martino (link), sono state vendute 62 milioni di bottiglie, circa il 5% in più del 2023 il che comporterebbe quindi un prezzo medio di 3.3 euro, +13%.
    Dal punto di vista geografico, M&S Italia ha realizzato un fragoroso +59% in Italia, toccando 61 milioni di fatturato, che ha compensato il calo del 10% in Europa. Sono poi da quest’anno state esplicitate le vendite nel Regno Unito, 31 milioni, il che però rende difficile analizzare la performance degli altri mercati.
    A fronte di questa crescita molto tumultuosa i margini restano piuttosto limitati, anche se in crescita. Nel 2024, il margine EBITDA è salito dal 3.0% al 3.8%, quindi da 5.3 a 7.8 milioni di euro. Di questo circa lo 0.3% è derivato da un migliore margine sugli acquisti, mentre è stata la minor crescita dei costi per servizi a determinare il miglioramento del margine. Il bilancio chiude con un utile netto di 2.2 milioni di euro, esattamente in linea con quello del 2023 per via di maggiori ammortamenti, oneri finanziari ma soprattutto per la mancanza di alcune plusvalenze che avevano sostenuto il bilancio nel 2023.
    Nonostante gli ottimi risultati operativi, l’indebitamento sale leggermente, da 24 a 28 milioni di euro, il che corrisponde a 2.4 volte l’EBITDA (comunque meno dei 3.3x del 2023, grazie alla crescita dell’EBITDA appunto). Il tutto è dovuto a un ulteriore assorbimento di capitale circolante di 5 milioni (dopo i 15 del 2023) e nonostante gli investimenti siano stati veramente limitati (circa 0.3 milioni di euro).

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    Fantini Group – dati di bilancio 2024

    Fantini Group ha compiuto un altro significativo passo avanti nella riduzione del debito derivante dal leverage buy out del 2020. Nel 2024, nonostante un calo delle vendite (-4.4% a 83 milioni), l’incremento dei prezzi di vendita (+3%) grazie allo spostamento del mix verso vini a prezzo più elevato e la riduzione dei costi di produzione ha avuto un forte impatto positivo su margini (EBITDA dal 22% al 27%) e sulla generazione di cassa, che è stata di 13 milioni di euro. Con un debito su EBITDA di 1.6 volte l’azienda controllata dal private equity Platinum (80%) è tornata a una struttura finanziaria molto sana, e potrebbe essere pronta a compiere il prossimo passo. Il 2025 dovrebbe essere un altro anno positivo, anche vista l’esposizione marginale al mercato americano e, secondo la relazione degli amministratori, un andamento in ripresa del mercato europeo (dopo un 2024 pessimo).
    Passiamo a una breve analisi dei dati.

    Le vendite calano del 4.4% a 82.6 milioni di euro, a causa del calo del 9% in Europa, principale mercato per Fantini, scesa da 63 a 57 milioni. Tutti gli altri mercati sono stati in crescita, a partire da Italia e America (entrambi +10%) e Asia (+6%). L’azienda ha specificato che le vendite verso la GDO sono leggermente salite (+1%).
    I costi di produzione hanno fatto la differenza, con costi delle materie prime vinicole stabili e cali nel prezzo di quelle secche come vetro, cartoni e via dicendo, il margine lordo è salito dal 46% al 51% del fatturato. Questo balzo ha più che compensato il calo delle vendite e ha assorbito l’incremento del costo del personale (+4%) e delle altre spese operative (+8%). L’EBITDA rettificato è quindi salito da 19.2 a 22.7 milioni, l’utile operativo è passato da 17 a 20 milioni. Con oneri finanziari stabili ma tasse in leggera crescita (dal 30% al 33%), l’utile netto passa da 4.5 a 6.8 milioni.
    Fantini Group non ha effettuato investimenti rilevanti nel 2024 (2.2 milioni). Questo, insieme al buon controllo del capitale circolante (in calo di circa 1 milione), agli ottimi risultati (generazione di cassa di 15 milioni contro 10-11 dell’anno precedente) e all’assenza di dividendi ha consentito di tagliare il debito da 50 a 37 milioni di euro, che corrisponde a una leva di 1.6x, contro 2.6x dell’anno scorso e rispetto al picco di circa 4 volte dopo il riassetto azionario, quando il debito era salito a circa 74 milioni.

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