Il cielo sopra Montalcino, l’Amiata, le nuvole che corrono e farsi qualche domanda
Scorrendo la bacheca di Facebook, di un giorno nuovo mi è comparso questo post di Stefano Cinelli Colombini: “Il cielo sopra Montalcino, l’Amiata e le nuvole che corrono. Come corre tutto, ma nessuno sembra accorgersene. Qualcuno si è accorto che stiamo sopravvivendo ad un anno in cui molti dei nostri clienti abituali non hanno comprato? Mi incuriosisce che nessuno si domandi come abbiamo fatto. Mi sono sentito in colpa. In effetti l’argomento merita un approfondimento, ma chi meglio di Stefano Cinelli Colombini poteva raccontare la vicenda con dovizia di particolari? Ecco cosa mi ha scritto.
Stefano Cinelli Colombini
Cosa è successo nel mondo del vino in questo anno di Covid? Come ne stiamo uscendo? Dovrebbe essere la domanda numero uno per i media, ma non vedo grandi inchieste. E neppure articoli. Che la comunicazione sia una delle vittime della pandemia? La realtà è che il vino è sopravvissuto ad un anno di chiusura quasi totale di molti dei canali tradizionali, eppure è evidente che la larga maggioranza le cantine è in grado di andare avanti. Certo, la situazione è a chiazza di leopardo e qualcuno se la passa male, ma in generale si va. Come è possibile? Mancano dati certi, perché nessuno si preoccupa di mettere in piedi quel sistema affidabile di statistiche che ormai è la bussola ogni settore produttivo nel mondo, ma in un anno come il 2020 solo dei pazzi potevano “guidare alla cieca” una grande Denominazione per cui noi del Brunello ci siamo ingegnati di ottenere dagli enti di controllo dei dati affidabili sulle vendite. Si, perché c’è un tipico paradosso italiano: lo Stato ha smaterializzato i registri, per cui ogni documento di vendita, trasferimento o declassamento del vino si può fare solo se si scarica anche sul server pubblico, ma da lì escono solo dati certi a livello aziendale. Non di Denominazione. Per cui chi controlla può verificare al litro quello che accade nella mia fattoria, ma i dati di Cantina Italia sulle Denominazioni non tornano. E non di poco. Si sa da anni, ma nessuno rimedia e loro continuano a pubblicarli. Vabbé, sia come sia mentre altri Consorzi emettevano comunicati stampa apocalittici su un crollo delle vendite che non c’è stato, noi abbiamo monitorato la situazione mese per mese. E siamo rimasti sbalorditi: il flusso non si è mai fermato, nonostante il lock down nazionale e poi mondiale il vino si continuava a vendere. A marzo ed aprile ci sono stati cali significativi, poi è iniziata una ripresa che non si è arrestata fino a raggiungere quasi il livello normale. E non lo faceva solo il privilegiato e particolare Brunello, dalle notizie degli enti di controllo e degli altri consorzi abbiamo visto che (chi più e chi meno) quasi tutti si stavano riprendendo. Nella mia azienda dividiamo fatturato e volumi per settori commerciali, per zone geografiche e per mesi e li confrontiamo con gli anni precedenti, ma nel 2020 ho letto risultati strani. Quasi incredibili. Noi vendiamo tramite agenti in Italia da più di un secolo e abbiamo mantenuto un fortissimo mercato nazionale con clienti stabili e affezionati, eppure abbiamo perso tantissimo. Le enoteche sono passate da un 15% o 16% nell’ultimo decennio al 3%, lo stesso hanno fatto i ristoranti mentre i grossisti si sono dimezzati. Una voragine. Eppure la perdita complessiva è stata scarsa, perché altri canali commerciali hanno avuto una crescita impressionante. Le vendite tramite i provvider internet sono aumentate del 500%, e i grossisti con consegna a privati hanno raddoppiato L’estero è passato in un solo anno da uno stabile 40% a oltre il 55%. Nel complesso abbiamo tenuto, ma il come lo abbiamo fatto merita una riflessione. Noi siamo da sempre tra le cantine più attente ai nuovi canali commerciali, e questo ha pagato. Sono canali che paiono più “sensibili” ad una immagine forte che a offerte sotto prezzo, e forse per questo la nostra strategia di comunicazione ha dato più vantaggi. Anche la cura molto attenta dei clienti esteri ha funzionato, quando abbiamo premuto per più vendite hanno risposto molto bene. Il mio è solo un caso aziendale, però come vicepresidente del Consorzio del Brunello ho potuto vedere che l’intera Denominazione ha avuto una reazione positiva alla crisi. Con nove milioni di fascette DOCG Brunello vendute abbiamo fatto +12% sul 2019, e siamo tornati al nostro livello standard. Da quello che sento sono state adottate le strategie più diverse, che evidentemente hanno funzionato. Qualcosa di analogo sento da tanti colleghi un po’ in tutta Italia, qualcuno ovviamente se la passa male ma tanti hanno trovato canali commerciali alternativi a quelli che si sono fermati. Non ho dati per fare una valutazione che vada oltre la mia zona, però ho la sensazione (convalidata da una certa esperienza) che il settore vino sia vitale e in grado di andare avanti. Non so se questo si possa dire anche di tanti nostri clienti storici, enoteche, ristoranti e piccoli negozi che ci hanno accompagnato nell’avventura di fare grande il vino italiano nell’ultimo mezzo secolo. E spesso anche per un periodo molto più lungo. Mi spiace tantissimo, stiamo parlando non solo di colleghi ma spesso anche di amici però non so, il danno è stato grande. E l’Italia che vedremo dopo il Covid sarà diversa. Non credo più dimessa o priva di prospettive ma diversa, e per molti sarà difficile trovare uno spazio. La vendita su internet o il “delivery” del vino non si ridurranno, per tanti clienti è stata una nuova comodità che non porta aggravi di costi e le novità con queste caratteristiche tendono a crescere. Per cui noi cantine non perderemo questi nuovi volumi che ci siamo conquistati, ma con ogni probabilità torneremo a fruire di buona parte dei vecchi: si riprenderà a mangiare al ristorante, e i turisti torneranno. Anche perché per anni le destinazioni esotiche non saranno così coperte dai vaccini come il vecchio mondo, per cui tanti le eviteranno. Secondo me, se sappiamo trovare il modo di usare al meglio i nuovi canali che sono cresciuti nella crisi e se i vecchi riprendono fiato, cose entrambe probabili, forse già dal 2021 e di certo dal 2022 il vino italiano può iniziare una nuova grande stagione.
Stefano Cinelli Colombini, Fattoria dei Barbi di Montalcino
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