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    Concha y Toro – risultati 2022

    I danni dell’inflazione sui costi si sono fatti sentire in modo ancora più marcato nei risultati del secondo semestre di Concha y Toro, portando gli utili indietro di qualche anno nonostante l’aumento delle vendite e costringendo il management a “ritirare” in qualche modo gli obiettivi di profitti e margini sul fatturato a suo tempo comunicati al mercato. Il produttore che ha fatto del Casillero del Diablo il suo cavallo di battaglia per aggredire la fascia alta del mercato ha chiuso il 2022 con un fatturato record di 871 miliardi di peso (960 milioni di euro circa), +4% nonostante un calo dei volumi del 10% circa, ma ha largamente mancato l’obiettivo di 140 miliardi di utile operativo, chiudendo a 104. Il margine è dunque sceso di 4 punti percentuali rispetto al 2021, dal 19% al 15% circa, di cui 1 punti perso sul margine industriale (stabile in valore assoluto) e invece ben 3 punti sui costi operativi. Come dicono giustamente nei “closing remarks”, la strategia 2018-22 di “premiumizzazione” ha funzionato ma adesso è ora di rimettere l’azienda su un percorso di crescita per ritrovare leva operativa. Oltretutto, il rallentamento dei volumi ha riempito il magazzino, portando il debito a 322 miliardi di peso, con una leva salita a 2.4 volte l’EBITDA, il livello più alto dal 2019 a questa parte. L’azione in borsa ha pagato pegno: le azioni sono scese pesantemente, riportando l’azione ben sotto i livelli pre-Covid. Bene, anzi male. Passiamo a un’analisi più dettagliata dei conti, per intanto.

    Le vendite crescono del 4% a 871 miliardi di peso, sostenute soprattutto dalle esportazioni dal Cile (581 miliardi contro 553), mentre le vendite nel mercato locale sono stabili (96) e quelle locali in USA (crescono marginalmente a 130 miliardi). Per i 4 principali mercati di esportazioni, gli USA sono a +3%, il Brasile è stabile, il Regno Unito cala del 3%. La strategia premium tiene, con la parte ultrapremium a +33% e la Superpremium a +10%.
    Come abbiamo detto i volumi calano del 10-11%, mentre la differenza al +4% la fanno gli incrementi dei prezzi e l’effetto favorevole del cambio (svalutazione del peso cileno).
    I margini li abbiamo già analizzati sopra: l’impatto è soprattutto dovuto all’effetto dell’inflazione sui costi operativi e della forte svalutazione del peso cileno che ha gonfiato i costi in dollari americani.
    Il debito ritorna a 322 miliardi di peso e la leva a 2.4 volte, dopo due anni intorno a 1.5.
    Vi lascio alle tabelle e ai grafici del post.

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    Il valore della produzione di vino nel mondo – stima INDV 2020

    Fonte: inumeridelvino.it su dati UN Comtrade e OIV
    Ripropongo l’analisi del valore della produzione mondiale di vino che costruisco utilizzando i dati di produzione mondiale di vino di OIV e ISTAT e i prezzi medi di export del vino (su una media mobile triennale) dei dati doganali. Nel 2020 i due componenti del valore economico sono stati rispettivamente stabile (produzione) e in calo del 5% (prezzo medio di export). Siccome però usiamo una media mobile triennale per smussare la volatilità dei prezzi, questo “teorico” calo del 5% del valore della produzione non si percepisce, essendo compensato dall’incremento degli anni precedenti. Ad ogni modo, il dato finale è di un valore della produzione mondiale di vino calcolato ai prezzi di export di circa 82 miliardi di euro, contro 81 del 2019 e il record di 87 (secondo la nostra metologia di calcolo) del 2018, quando si verificò una vendemmia particolarmente favorevole. La Francia resta chiaramente il leader con una quota del mercato mondiale tra il 35% e il 40% (38% nel 2020), mentre l’Italia vale poco meno del 20% del mercato mondiale, per un valore della produzione di circa 15 miliardi di euro. Passiamo ad analizzare anche i dati delle altre nazioni.

    Se entriamo nel dettaglio dell’andamento dei prezzi, il dato puntuale del 2020 gioca a sfavore di tre nazioni incluse nell’analisi: Argentina (-29%), Germania (-20%) e USA (-12%). Se portato sulla media triennale, i paesi impattati sono Argentina e USA. Ricordiamo peraltro per gli Stati Uniti il dato di prezzo all’export è meno rilevante che per altri paesi vista la scarsa rilevanza delle esportazioni rispetto alla produzione nazionale.
    Ad ogni modo, guardando il risultato finale l’Italia esce bene da questa analisi dietro la Francia (31 miliardi di euro), forse più per le buone vendemmie degli ultimi anni che non per i prezzi, che ristagnano intorno a 300 euro per ettolitro dal 2018 a questa parte. Gli USA si confermano la terza forza mondiale nel vino con un valore di circa 8 miliardi di euro (che di nuovo, sottostima il valore reale) e poi viene la Spagna con 5.3 miliardi.
    Dietro questi quattro paesi c’è un salto rilevante, con un gruppo di paesi con 2-3 miliardi di euro di valore della produzione, con l’Argentina (in regresso), l’Australia (in regresso), la Germania (stabile) e il Cile (anch’esso con dati calanti).
    Diciamo che tra i paesi del nuovo mondo soltanto il Sud Africa sembra aver recuperato posizioni, grazie al progresso registrato nel prezzo medio di export. Sono invece meno positivi di quanto lo siano in termini di export in valuta locale i dati della Nuova Zelanda, la cui produzione annua ha un valore di poco più di un miliardo di euro.

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    Concha y Toro – risultati 2020

    Fonte: bilanci e comunicati stampa aziendali
    Concha y Toro ha fatto grandi passi in avanti nel 2020 nonostante il problema COVID. Il piano di rilancio, con la focalizzazione su alcuni marchi e aree geografiche ha dato i suoi frutti. I volumi sono ritornati al livello del 2017 (circa 37 milioni di casse da 9 litri) e il mix migliora con il peso dei marchi/aree chiave che passa dal 35% al 45% del fatturato (dal 22% al 30% dei volumi). Ne risulta una crescita del fatturato del 17% nell’anno (+18% nel secondo semestre), su un valore che tradotto in euro è di 900 milioni. L’obiettivo al 2022 è di raddoppiare l’utile operativo (da loro espresso in dollari) da 70 miliardi a 140 miliardi di peso, con un fatturato di 854 miliardi di peso. Vediamo se ce la faranno, ma dato che nel 2020 sono arrivati a 120 miliardi di peso, già adesso non sono tanto distanti. Il titolo in borsa ha intanto recuperato completamente il crollo dovuto al COVID e vale in borsa circa 1.2 miliardi di euro. Passiamo a commentare qualche dato insieme.

    Le vendite crescono del 17% a 769 milioni di peso, con un forte incremento della componente export (+18%) e delle vendite collaterali, mentre il business in Cile cresce del 10%.
    Il marchio Casillero del Diablo progredisce in tutti i mercati chiave e raggiunge da solo 6.6 milioni di casse, +19% nel 2020 e +9% medio dal 2017 quando il piano è partito. Trivento, secondo marchio in “focus”, passa da 1 milione a 1.5 milioni di casse nel 2020, +57%. Bicicleta, terzo marchio chiave, da 1.4 a 1.7 milioni di casse, +19% nel 2020.
    I margini sono in forte miglioramento, come già avevamo visto in occasione dei risultati semestrali. A livello “industriale” CYT è riuscita a portare il margine al 40% dal 36.7% del 2019 e dal minimo del 33% circa toccato nel 2018. A questo si è aggiunto il contenimento delle spese commerciali e generali, che sono cresciute meno delle vendite, passando dal 24.8% al 24.1% del fatturato. Il risultato è che a fronte delle vendite in crescita del 17%, l’utile operativo passa da 77 miliardi di peso a 120 miliardi, per un margine che dall’11.7% sale al 15.6%. L’utile netto sale da 52 a 78 milioni di peso, +48%, per un margine sul fatturato che tocca un livello di eccellenza assoluta, al 10%.
    La parte finanziaria migliora anch’essa: il debito cala da 287 a 215 miliardi di peso, per un rapporto sull’EBITDA che scende da 2.7 a 1.4 volte.

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    La produzione di vino nel mondo nel 2020 – aggiornamento OIV

    Fonte: OIV
    OIV ha rilasciato l’aggiornamento relative alla produzione e al consumo di vino nel mondo nel 2020, mettendo anche a posto un po’ i dati passati, soprattutto della produzione di vino americana, che è passata dall’essere “riportata” all’essere “stimata” per differenza tra import, export e consumo (stessa procedura adottata per la Cina). Questo modo di procedere mette in difficoltà chi vuole utilizzare questi dati che sono da un lato preziosi perchè completi, ma dall’altro approssimativi perchè in alcune situazioni la produzione di vino riportata localmente differisca da quella inserita nel tabellone OIV. Per questo motivo, stiamo già sostituendo per quanto possiamo i dati relativi a Italia, Francia e Spagna, che qui vedete riportati con serie storiche coerenti con le evidenze di ISTAT in Italia, Agreste in Francia e del ministero dell’agricoltura spagnolo. Per completezza di informazione, la tabella originale OIV è inclusa alla fine del post.
    Passando ai dati, OIV stima una produzione mondiale di vino nel 2020 di 260 milioni di ettolitri nel 2020, un paio di milioni sopra quella del 2019 (rivista a 258). Avendo corretto un pochino i numeri qui riportiamo una produzione circa stabile a 260 milioni di ettolitri. Il consumo di vino mondiale è invece stimato in calo di 7 milioni di ettolitri a 234 milioni (241 milioni di ettolitri nel 2019), ma di questo parleremo in un altro post.

    Nell’ambito dei 260 milioni di ettolitri prodotti nel 2020, l’Italia si conferma primo produttore mondiale con 49 milioni di ettolitri, quindi il 19% del totale. L’Italia ha avuto una vendemmia 2020 superiore alla media decennale del 7%, mentre per l’Europa siamo sopra del 2%. Sembrerebbe che il 2021 sarà invece particolarmente scarso a causa delle gelate. Comunque, Francia e Spagna sono state anche loro del 4% e del 10% sopra la media storica, mentre i dati sono più negativi per la Germania (sotto del 3%).
    Per il resto del mondo il dato totale di 101 milioni di ettolitri è dell’8% inferiore alla media storica. Qui dobbiamo registrare la forte revisioni del dato per gli USA, ora visto in calo dell’11% sul 2019 e allineato alle medie storiche. Australia e Argentina sono il 12% e 18% rispettivamente sotto la media storica, mentre OIV ci dice che la produzione di vino cinese è calata da 8.3 a 6.6 milioni di ettolitri tra il 2019 e il 2020, quindi il 41% sotto la media di 11 milioni registrata storicamente. Ora, che in Cina si produca quasi la metà del vino rispetto agli anni scorsi a me sembra strano, ma questi sono i dati e dobbiamo prenderli come sono, come dicevo prima salvo avere delle fonti migliori…

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    Le superfici vitate bio nel mondo – dati 2018 FiBL & IFOAM

    Fonte: elaborazioni inumeridelvino.it su dati FiBL-IFOAM
    Le superfici vitate biologiche convertite o in conversione nel mondo sono cresciute del 5% circa nel 2018 per raggiungere quota 422mila ettari. Nel corso del 2018 però si assiste a un rallentamento della superficie in conversione, che cala del 7%, più che compensato da un incremento della superficie convertita che invece è salita del 10% a 276mila ettari. Siccome questa divergenza era parzialmente emersa anche nel 2017, quando la superficie in conversione cresceva solo del 2%, potremmo trovarci davanti a un primo segno di “indebolimento” del movimento bio nel mondo del vino, che abbiamo in qualche modo già visto nel nostro lavoro sui dati SINAB italiani, che trovate qui aggiornato al 2019. La Spagna primeggia e accelera, confermandosi la nazione con la più grande superficie bio nel mondo, mentre l’Italia è tra le grandi nazioni vinicole non ha nel 2018 messo a segno i progressi di cui sono stati capaci spagnoli e francesi. Per chi vuole, il post prosegue con un breve approfondimento. Vi segnalo anche che trovate le tabelle complete per nazione nella sezione Solonumeri mondo.

    Le superfici vitate biologiche nel monto hanno raggiunto 422mila ettari, +5% rispetto al 2017, con 276mila ettari convertiti (+10%) e 102mila ettari in conversione. Il totale non fa 422mila perchè come potete vedere dalla tabella alcune nazioni non riportano la suddivisione tra le due categorie, ma partecipano al totale.
    Il rapporto tra superficie in conversione rispetto alla superficie convertita scende dal 30% al 27%, un altro segnale di quanto dicevamo sopra e cioè che assistiamo a un graduale rallentamento del movimento biologico.
    La Spagna mantiene la leadership nel 2018 e allarga il gap con l’Italia, superando 113mila ettari, +6%. Anche per la Spagna si assiste a un calo della superficie in conversione, sceso da 31mila a 24mila ettari, -25%, il che lascerebbe supporre un rallentamento nel futuro.
    Per l’Italia i dati sono invece stabili (+1% a 106mila ettari) e già sappiamo che nel 2019 il dato è soltanto marginalmente meglio (109mila ettari), talchè è presumibile immaginare che la Spagna possa ulteriormente allargare il gap il prossimo anno.
    Sono invece decisamente migliori i dati della Francia, dove il movimento bio sembra più in ritardo che dalle nostre parti. La superficie totale convertita passa da 61mila a 65mila ettari, ma quella in conversione è in forte espansione, da 18mila a 29mila ettari, più della Spagna e quasi al livello dell’Italia.
    Il resto del mondo somiglia molto come dimensione a un’altra Spagna o un’altra Italia, circa 108mila ettari, con un andamento piuttosto simile di “crescita in fase di rallentamento”, che sembra essere veramente il messaggio di questo post!

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    Cile – produzione di vino 2020

    Come anticipato da OIV qualche settimana fa il Cile e tutto il Sud America in genere ha avuto una vendemmia piuttosto povera. Nel caso del Cile che analizziamo oggi (i dati argentini non sono ancora disponibili in dettaglio) il calo è del 13% a 10.3 milioni di ettolitri per la produzione totale. Se la mettiamo a confronto con la media decennale, siamo del 9% più bassi. La produzione è stata particolarmente povera nel segmento dei vini rossi, che sono la parte più importante della produzione e che sono stati l’11-12% più bassi della media storica, con un dato particolarmente negativo per la produzione di Cabernet Sauvignon e Merlot. Passiamo ad analizzare qualche dato insieme, ma prima vi sottolineo questo grafico sopra che mostra in modo dinamico l’evoluzione in % dei vitigni in Cile, con la crescente importanza del Sauvignon Blanc e una diversificazione crescente della base ampelografica.

    Il Cile ha prodotto 10.3 milioni di ettolitri di vino nel 2020, di cui 8.9 milioni sono DOC, a rappresentare come lo scorso anno l’86% della produzione totale. I restanti 1.4 milioni di ettolitri sono rappresentati da vini di qualità non DOC (1.2) e da vini da tavola (0.2).
    Concentrandoci come fa l’istituto cileno sui vini DOC, la produzione è stata del 6% inferiore alla media storica e del 13% inferiore al 2019, con un -18% anno su anno per i rossi e soltanto -3% per i vini bianchi che hanno dunque retto molto meglio. Infatti di questi 8.9 milioni di ettolitri ben 3.0 milioni sono vini bianchi, a rappresentare il 34% della produzione totale, uno dei più alti di sempre.
    La produzione di vino rosso è sempre concentrata nei due vitigni internazionali principali, il Cabernet Sauvignon e il Merlot, che rappresentano 2.7 e 1.0 milioni di ettolitri rispettivamente, quindi combinati il 42% della produzione totale e il 64% della produzione di vini rossi. Per entrambi la produzione è del 12-13% sotto la media storica.
    Nel segmento dei vini bianchi è evidente la forte crescita del Sauvignon Blanc, che nel 2020 ha toccato 1.3 milioni di ettolitri, il 15% della produzione totale di vini DOC e il 43% della produzione di vini bianchi.
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    La classifica della competitività per nazione vino – dati France Agrimer 2019

    L’analisi della struttura concorrenziale del mercato del vino è stata aggiornata da France Agrimere per il 2019. Come sapete forse avendo letto le analisi precedenti si tratta di un sistema a punti (massimo 1000) in cui vengono valutate le caratteristiche strutturali produttive e macroeconomiche, la forza dei marchi, ma anche alcune caratteristiche congiunturali. Alcune delle conclusioni sono forse discutibili e la classifica è un po’ volatile, dato che alcuni punteggi variano per esempio in relazione ai livelli produttivi, ma comunque il quadro di insieme non è secondo me totalmente sbagliato. Nel grafico mobile sopra vedete come sono cambiate le posizioni negli anni. Per il 2019 la principale conclusione è che si sono rafforzati i quattro paesi dell’Europa continentale che sono la “storia” del vino: Francia, Italia, Spagna e Germania, mentre peggiora soprattutto per questioni congiunturali (e dunque non di lungo termine) la posizione del Cile. Il tutto nell’ambito di un “punteggio” globale in sostanziale miglioramento. Il 2020 sarà naturalmente tutta un’altra cosa. Per ora e per quanto riguarda l’Italia, secondo lo studio il punteggio migliora, ma unicamente per le caratteristiche strutturali produttive (potenziale produttive e caratteristiche climatiche), dove già siamo considerati i più forti, mentre siamo stabili sui fattori competitivi (dietro la Francia) e peggioriamo nei fattori puramente economici, dove siamo preceduti anche da Spagna e USA. A proposito, se vi interessa leggere lo studio originale, in lingua francese, lo trovate a questo link. Passiamo all’analisi.

    La classifica 2019 France Agrimere sulla concorrenzialità dei sistemi vinicoli mondiali continua a mettere la Francia (giustamente) davanti a tutti, in posizione rafforzata rispetto al 2018 per le conseguenze positive dell’ottima annata vinicola precedente (il 2018). Secondo lo studio Spagna e Italia sono meglio della Francia in termini di potenziale produttivo e caratteristiche pedoclimatiche, ma la Francia eccelle in termini di capacità cometitiva, forza dei marchi, filiera e ambiente economico.
    L’Italia guadagna diversi punti sul 2019, ma si tratta soprattutto di un rafforzamento congiunturale, che comunque ci mette al secondo posto come nel 2018 (mentre prima eravamo classificati, un po’ stranamente, davanti alla Francia). Comunque come dicevo, il punteggio beneficia del forte miglioramento della parte “agricola” del punteggio, mentre sulla parte competitiva e di marchi siamo fermi e su quella dell’ambiente economico andiamo indietro).
    Rispetto al 2018, continua a rafforzarsi la posizione della Germania, ora quinta forza del mercato del vino secondo France Agrimere, e del Sud Africa (ora settimo), mentre viene classificato soltanto ottavo il Cile rispetto al quarto posto del 2018. Ovviamente sono classifiche, ma lo studio comunque fa notare che il potenziale produttivo del Cile è molto legato alla disponibilità di acqua (il 50% del vigneto è irrigato) e questo potrebbe rappresentare un rischio nel futuro.
    Vi lascio ai grafici e alle tabelle.

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