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    Classifica fatturato e valore aggiunto delle aziende vinicole italiane 2024 – fonte: Area Studi Mediobanca

    Presentiamo oggi la classifica delle 25 maggiori aziende vinicole italiane. Sono 25 perché sono quelle che “emergono” dal rapporto “Le Principali Aziende Italiane” pubblicato la scorsa settimana da Area Studi Mediobanca. Sono anche quelle che superano il taglio del rapporto, che è a 100 milioni di euro di fatturato.
    I dati che vedete nel grafico sopra danno una percezione migliore, a mio avviso, di quello che è stato il 2024. Prima di tutto, per un fatto tecnico: nelle “prime” aziende ci sono quelle che crescono e non quelle che calano uscendo dalla lista, quindi la classifica presenta quello che in inglese si chiama “survivorship bias”. In secondo luogo, perché il dato cumulato, soprattutto per il fatturato, è il risultato di pochi risultati eccellenti, parzialmente guidati dalle acquisizioni (soprattutto Antinori), e di diverse aziende che invece hanno mostrato dati in controtendenza.
    In altre parole, la matematica dice che il fatturato è cresciuto del 3% (dopo il +5%) nel 2023, ma solo la metà delle aziende ha avuto una crescita nel 2025. Invece, è andata meglio quando si guarda ai dati finanziari, visto che il valore aggiunto è migliorato del 9% sul 2023.
    Dal punto di vista delle vendite, Cantine Riunite/CIV/GIV domina incontrastata (seguita da Argea e Italian Wine Brands), mentre dal punto di vista del valore aggiunto, che è la vera classifica secondo il mio punto di vista, a dominare è Antinori, seguita comunque da Cantine Riunite/CIV/GIV.
    Bene, nel resto del post trovate tutte le tabelle e ulteriori grafici (compreso quello animato). Tutti i dati in formato “copia-incollabile” sono nella sezione Solonumeri.

    Il fatturato cumulato delle 25 principali aziende vinicole con fatturato sopra i 100 euro è cresciuto del 3% nel 2024 a 5,9 miliardi di euro, mentre il valore aggiunto è balzato del 9% a 1,3 miliardi di euro.
    Dal punto di vista del fatturato, CR/CIV/GIV sono davanti a tutti con 666 milioni di euro, ma in calo dell’1% e in progresso molto limitato anche considerando 3 e 5 anni fa. Argea, invece, cresce del 4% e si conferma la seconda azienda per fatturato con 453 milioni di euro, mentre Italian Wine Brands è la terza azienda con 402 milioni, ma registra un calo del 6%. La quarta azienda è Antinori, con 395 milioni, che nel 2024 ha beneficiato del contributo dell’acquisizione americana per tutto l’anno. Chiude al quinto posto Caviro, con 385 milioni e un calo del 9%.
    La classifica secondo il valore aggiunto, che vi ricordo è la differenza tra il fatturato e gli acquisti esterni e quindi misura in qualche modo quanto è stato aggiunto in termini monetari nel processo di produzione, è come da sempre dominata da Antinori, che dei 395 milioni di fatturato ne “trattiene” 239, ossia il 60% (come vedete dal grafico). Aziende come Argea, che principalmente comprano vino sfuso e lo imbottigliano, hanno una componente di valore aggiunto rispetto al fatturato molto più limitata, intorno al 22% in questo caso, e fanno ovviamente un altro mestiere, pur vendendo vino ugualmente. La seconda azienda per valore aggiunto è comunque CR/CIV/GIV, nonostante il suo stato di cooperativa “ibrida”, mentre vengono poi Herita (Santa Margherita), Argea appunto e Frescobaldi.

    Se siete arrivati fin qui……ho un piccolo favore da chiedervi. Sempre più persone leggono “I Numeri del Vino”, che pubblica da oltre dieci anni tre analisi ogni settimana sul mondo del vino senza limitazioni o abbonamenti. La pubblicità e le sponsorizzazioni servono per aiutare una missione laica in Perù. Per fare in modo che questo lavoro continui e resti integralmente accessibile, ti chiedo un piccolo aiuto, semplicemente prestando da dovuta attenzione con una visita alle inserzioni e alle sponsorizzazioni presenti nella testata e nella sezione laterale del blog. Grazie. Marco More

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    I dati finanziari cumulati 2023 delle aziende di spumanti – Rapporto Mediobanca

    Chiudiamo l’analisi dei dati finanziari cumulati delle aziende vinicole italiane elaborato dall’Area Studi Mediobanca con il “campione” di 58 aziende produttrici di vini spumanti. Come è lecito attendersi, i dati sono migliori di quelle del campione generale, vista la dinamica leggermente migliore del fatturato 2023 (+1% contro il leggero calo), soprattutto considerando l’eccezionale crescita degli ultimi anni, e una leggera ripresa dei margini dopo il dato in forte calo del 2022. Anche per le aziende spumantistiche troviamo un significativo incremento della leva finanziaria, pur restando sotto la media generale (2.1 volte l’EBITDA contro 2.8x per il totale), da legare sia al forte incremento degli investimenti (6% delle vendite contro una media del 5% dei 5 anni precedenti) che del capitale circolante netto, legato in questo caso all’incremento delle rimanenze.
    Bene, le prospettive 2024 delineate dal rapporto sono di un leggero incremento del fatturato (2% circa) a fronte della previsione di fatturato stabile per il campione nel suo complesso, che secondo i budget delle aziende potrebbe accelerare nel 2025 al +4%… sempre che abbiano fatto i conti dopo le turbolenze relative ai dazi.
    Passiamo a un’analisi dettagliata con tabelle e grafici.

    Le 58 aziende specializzate negli spumanti sono cresciute dell’1% a 2.95 miliardi di euro, con un incremento medio annuo rispetto al 2018 ribasato del 6%, che si compone di un +8% per le esportazioni e di un comunque eccellente +5% per le vendite italiane, che anche nel 2023 rappresentano il 60% del totale
    I margini sono in miglioramento, anche se visti in prospettiva storica si confrontano con un 2022 molto negativo. Il margine industriale cresce dal 15.5% al 16.3%, pur restando sotto il 17.5-18% record dell’epoca Covid e si porta dietro un incremento dell’EBITDA o MOL del 6% a 280 milioni, margine 9.5%, e un utile operativo di 175 milioni, 5.9%, di nuovo 1 punto sotto il quasi 7% dell’epoca Covid.
    A differenza del campione generale alcuni proventi non ricorrenti hanno supportato la gestione finanziaria (che ha mostrato oneri finanziari raddoppiati) e determinato quindi una crescita più marcata dell’utile netto, che è stato di 147 milioni di euro, dai 132 del 2022 e in linea con i 148 del 2021.
    Chiudiamo con un cenno alla struttura finanziaria. Il debito sale da 479 a 581 milioni, per un rapporto sull’EBITDA che va da 1.8 a 2.1 volte, quindi un incremento meno marcato del campione generale, soprattutto grazie alla migliore crescita dell’EBITDA. Come dicevamo sopra, gli investimenti cresciuti di 50 milioni a 175 milioni e il forte incremento delle rimanenze di magazzino, +108 milioni, sono alla base della maggiore leva finanziaria.
    Vi lascio ai grafici e alle tabelle.

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    I dati finanziari cumulati delle aziende vinicole 2023 – Rapporto Mediobanca

    I risultati 2023 delle 154 aziende vinicole italiane con oltre 20 milioni di fatturato analizzate dal rapporto Area Studi Mediobanca hanno avuto un 2023 stabile a livello operativo, con un deterioramento dell’utile netto e della redditività per gli azionisti essenzialmente dovuto all’incremento del debito e di conseguenza degli oneri finanziari. Le conclusioni sono quasi le medesime della scorsa settimana, quando abbiamo analizzato il campione totale (255 aziende) che includeva anche le cooperative. Senza di esse il fatturato è andato leggermente meglio, i margini sono rimasti stabili, mentre la leva finanziaria è salita in virtù di maggiori investimenti e di un marcato peggioramento del capitale circolante netto.
    Le prospettive non sono purtroppo rosee. Le indicazioni preliminari di Mediobanca dicono che il fatturato 2024 è rimasto stabile, mentre le aspettative per il 2025 sono per una crescita molto leggera nella migliore delle ipotesi. Sarà dunque importante rivolgere l’attenzione ai costi, e in particolare a quelli gestibili, come il costo del personale che nel 2024 è cresciuto a un passo ben superiore a quello delle vendite.
    Passiamo avanti con il commento dei numeri, tabella e grafici.

    Le vendite delle 154 aziende incluse nel campione sono rimaste stabili, con un andamento uguale per Italia ed export, coerente con il dato ISTAT relativo alle esportazioni. Se confrontiamo i 6.2 miliardi di fatturato con il dato ribasato di 5 anni deriviamo una crescita delle vendite annua del 4%, fatta di +3.9% in Italia e +4.4% all’estero.
    Il margine industriale è migliorato dal 23% al 23.6%, ma il progresso è stato mangiato da un incremento del costo del personale del 4.6%, costato lo 0.4% di margine che porta quindi l’EBITDA sulle vendite a un progresso più limitato, dal 13.9% al 14.1%, per un valore di 873 milioni, comunque il più elevato del campione. Anche in questo caso se allarghiamo lo sguardo a 5 anni, vediamo che le aziende vinicole italiane hanno guadagnato in produttività (a differenza del 2023), visto che a fronte di un incremento annuo del 5.6% del margine industriale, il valore aggiunto cresce del 6.3% annuo, implicando un incremento più moderato del costo del personale. L’utile operativo è stabile al 9.2% vista la crescita dell’incidenza degli ammortamenti.
    L’utile netto del campione cala da 375 a 331 milioni. Il dato qui è più difficile da “giudicare” visto che intervengono una serie di componenti non ricorrenti. Quello che è chiaro è che gli oneri finanziari sono cresciuti di 40 milioni di euro a 57 milioni, e questo spiega quasi in toto il calo degli utili.
    Questo incremento degli interessi passivi ci ricollega alla parte finanziaria: l’indebitamento finanziario netto sale da 1.4 a 2 miliardi di euro, per un rapporto con l’EBITDA di 2.3 (da 1.6). Il capitale investito cresce da 8.6 a 9.4 miliardi per via dei crescenti investimenti (393 milioni nel 2023, il 6.4% del fatturato, livello più alto dal 2018) ma anche del capitale circolante. Pur rimanendo molto ben patrimonializzato (debito/patrimonio 0.3), il settore ha visto quindi un incremento della leva finanziaria, probabilmente anche legato al maggiore dinamismo della parte acquisizioni. More

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    I dati finanziari cumulati del settore vino 2023 – Rapporto Mediobanca

    Il rapporto sul settore del vino prodotto da Area Studi Mediobanca è da sempre un punto di riferimento e un appuntamento fisso del blog per il rigore e la completezza dell’analisi. Ringrazio Gabriele Barbaresco e il suo gruppo di lavoro (che ho recentemente conoscuito di persona) per averlo condiviso anche quest’anno. In questo post analizziamo i dati cumulati di 255 aziende vinicole con oltre 20 milioni di fatturato, seguiranno quelli delle aziende non cooperative e delle aziende specializzate nel segmento degli spumanti.
    Dopo il balzo del 2022, nel 2023 il fatturato delle aziende vinicole italiane non è cresciuto (-0.1%), anche se il calo dei costi delle materie prime ha consentito un robusto miglioramento del margine industriale (di quasi 1 punto percentuale). Il risultato finale è di un utile netto in calo, eroso scendendo nel conto economico dall’aumento del costo del personale (+646 addetti, +4% il loro costo), degli ammortamenti (+4.6%) ma soprattutto degli oneri finanziari (maggiore debito per via di investimenti e acquisizioni).
    Anche dal punto di vista finanziario, dopo anni estremamente virtuosi, il debito e i rapporti di indebitamento crescono (2.8x debito netto su MOL da 2.3x), per via dell’aumento delle scorte, dei maggiori investimenti (e riteniamo acquisizioni).
    Cosa dice il rapporto sul 2024? Beh, i dati preliminari parlano di un altro anno con vendite stabili, anche se le previsioni indicano un miglioramento più deciso dei margini, che consentirebbe un incremento degli utili del 10% circa.
    Passiamo a un’analisi più dettagliata dei dati con tabelle e dati.

    Le vendite delle 255 aziende (di cui 82 cooperative, 154 aziende italiane e 19 estere) sono rimaste stabili a 11.7 miliardi, con un perfetto bilanciamento Italia-estero entrambi a 5.8-5.9 miliardi.
    I margini sono leggermente cresciuti, con un incremento del valore aggiunto del 4.3% a 2.28 miliardi di euro, per un margine del 19.5%. Con un incremento del costo del personale del 4.3% (addetti +3.3% a 20487), il MOL (o EBITDA in senso lato) è cresciuto del 4.3% anch’esso a 1.23 miliardi, mentre l’incremento degli ammortamenti del 4.6% ha portato l’utile operativo a un +4% a 722 milioni di euro, per un margine del 6.2% rispetto al 5.9%, ancora sotto il 6.6% “record” del 2021. La voce più negativa è quella degli oneri finanziari, praticamente raddoppiati, che si sono mangiati la crescita dell’utile operativo, portando a un utile netto di 412 milioni, in calo del 19% sul dato del 2022.
    Passando alla parte finanziaria, il debito finanziario netto cresce in modo marcato, da 2.7 a 3.4 miliardi di euro, passando da 0.28 a 0.34 volte il patrimonio e da 2.3 a 2.8 volte l’EBITDA. Sebbene si tratti di rapporti molto moderati, soprattutto considerando la dotazione fondiaria dell’attività, si tratta del primo cambio di tendenza da diversi anni. Oltre all’aumento del capitale circolante (soprattutto legato alle scorte di magazzino, da 3.2 a 3.6 miliardi di euro), si è registrato un incremento degli investimenti (da 591 a 665 milioni di euro, dal 5% al 5.7% del fatturato), anche legato al crescente consolidamento del settore.
    Bene, vi lascio alle tabelle e ai grafici.

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    Indebitamento e leva delle principali aziende vinicole – dati Mediobanca 2023

    Dati in formato testo disponibili nella sezione Solonumeri.

    Ultima puntata del lavoro sul rapporto Mediobanca. Parliamo oggi di debiti e di leva finanziaria delle principali aziende vinicole italiane. La prima cosa da dire è che i debiti di queste 24 aziende analizzate sono cresciuti del 23% nel 2023, diciamo pure il ritmo più sostenuto “di sempre”. La ragione è semplice: siamo di fronte a un processo di consolidamento del settore dove si stanno creando alcuni poli (IWB, Argea per esempio) in alcuni casi guidati dal private equity, e nel 2023 in particolare, Antinori si è portata a casa una grande azienda vinicola americana (Stag’s Leap Wine Cellar), facendo crescere in modo importante il suo debito (e a conti fatti, il 90% dell’incremento del debito del campione è proprio da associare ad Antinori). Questo non significa un peggioramento degli indici di bilancio, in quanto il maggiore debito è stato parzialmente compensato dal maggior patrimonio e dai maggiori utili operativi. Certamente nel 2023 questo maggiore debito si è combinato a tassi di interesse più elevati e ha quindi determinato un impatto negativo sugli utili che abbiamo potuto apprezzare nei dati commentati nelle scorse settimane. Bene, nel ricordarvi che le tabelle incluse nel post si riferiscono esclusivamente alle aziende con oltre 100 milioni di euro di fatturato, vi invito a proseguire nella lettura.

    Le 24 aziende analizzate hanno visto crescere il loro debito da circa 2.1 a 2.5 miliardi di euro nel 2023, a fronte di diverse operazioni di consolidamento.
    I debiti come riportati dal rapporto Mediobanca di Antinori sono cresciuti da 209 a 630 milioni di euro (per intenderci l’indebitamento finanziario netto da bilancio è pari a circa 400 milioni, ma l’ordine di grandezza è corretto) per l’acquisizione di cui sopra e Argea segna anch’essa un incremento.
    Per quanto riguarda tutte le altre aziende notiamo debiti sostanzialmente stabili o in leggero calo.
    In termini di rapporto con il patrimonio, la cooperativa La Marca mostra il rapporto più elevato a 3.3 volte, seguita da Mack & Schuhle a 2.1 e Schenk a 1.6.
    Se lo rapportiamo al valore aggiunto troviamo di nuovo le cooperative in cima alla classifica, ma questo è ovviamente relativo al loro modello. Se escludiamo le cooperative, Zonin ha il rapporto più elevato a 3.2, seguita da Argea a 3 e IWB a 2.9. Casualmente sono proprio queste tre aziende che hanno iniziato un percorso di consolidamento con l’ingresso di capitale non familiare (quotazione in borsa o private equity). Pur realizzando l’importante acquisizione, Antinori ha mantenuto un rapporto di 2.2 volte il valore aggiunto.

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    Settore vino contro settore bevande – dati Mediobanca 2022/23

    Riprendiamo oggi una analisi a mio parere piuttosto interessante che si basa sui dati pubblicati da Area Studi Mediobanca, ossia il confronto tra il settore del vino e quello delle bevande (alcoliche e non) italiane, per quanto riguarda tutta una serie di indicatori economico-finanziari.
    Avvertenze: l’analisi arriva al 2023 per le bevande e ancora al 2022 per il vino (salvo per che per le vendite) e andiamo indietro di circa 10 anni (anche se potremmo raddoppiare!). Secondo, l’analisi include tutto il settore vino e quello senza le cooperative, che è secondo il mio parere quello da guardare.
    Bene, cosa si ricava dal post? Direi quanto segue. Primo, che la crescita del settore del vino e di quello delle bevande è stata equivalente nei 10 anni, anche se il settore del vino è stato meno influenzato nel periodo del Covid. Nel periodo più recente, le aziende vinicole sono cresciute meno di quelle delle bevande, probabilmente per la loro maggiore esposizione alle esportazioni, che sono rallentate in modo importante. Secondo, i margini di profitto delle aziende vinicole sono migliorati rispetto al passato, sia in valore assoluto sia rispetto a quelli del settore delle bevande. Il valore dell’eccellenza del vino italiano comincia a filtrare nei dati economici. Dall’altro lato, fare vino richiede più investimenti che fare bevande e dunque quando si passa dai margini di profitto (quanto si guadagna rispetto a quanto si vende) al ritorno sul capitale (quanto si guadagna rispetto a quanto si investe) il confronto diventa più sottile, anche se lo svantaggio storico delle aziende vinicole sembra non vedersi più. Infine, la struttura finanziaria delle aziende vinicole è migliorata in proporzione a quello del settore delle bevande nel corso degli anni.
    Bene passiamo a una analisi dei dati corredata da grafici e tabella riassuntiva.

    Il settore delle bevande analizzato da Mediobanca ha chiuso il 2023 con un fatturato del 27% superiore a quello del 2019, quindi “pre-Covid” rispetto a un incremento del 21% delle vendite delle aziende vinicole, sempre recensite dal rapporto di Area Studi Mediobanca. Tale differenza si è creata da un’uscita più veloce dal Covid per le bevande (che avevano peraltro subito un impatto negativo più marcato). Per il 2023 le bevande sono cresciute del 4% contro un dato stabile per il settore vinicolo.
    I margini sono in miglioramento per il settore vinicolo, anche se mancano i dati 2023. Prima del Covid le aziende vinicole (ex cooperative) avevano un margine del 9.2%, erano al 9% nel 2022, quando invece il settore bevande era passato dal 7.2% al 6.2% (prima di recuperare al 7.2% nel 2023).
    Il ritorno sul capitale vede ancora il settore bevande avvantaggiato, in un contesto di ritorni calanti durante il periodo del Covid. Le bevande erano al 7.5% nel 2022 contro il 7.2% delle aziende vinicole e hanno recuperato 1 punto nel 2023. Riteniamo lo stesso non sia capitato alla aziende vinicole.
    Infine, il rapporto di indebitamento, debito su EBITDA (o MOL). Qui il trend è più chiaro: le aziende vinicole erano più indebitate (circa 2x contro 1.5x per le bevande) nel 2019, il rapporto è perfettamente allineato a 1.6x nel 2022.

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    Utili, margini e ritorno sul capitale delle principali aziende vinicole – dati Mediobanca – aggiornamento 2023

    Dati in formato testo disponibili nella sezione Solonumeri.

    Seconda puntata dell’elaborazione dei dati del rapporto Mediobanca sulle principali aziende italiane, che include le aziende con oltre 100 milioni di fatturato. Oggi ci concentriamo su qualche indicatore più particolare, come il capitale investito, i margini e il ritorno sul capitale. Nel 2023 si sono realizzate alcune aggregazione aziendali che hanno spostato un po’ l’asticella per alcune aziende, come Antinori e Argea. Nei dati aggregati a fronte di una crescita delle vendite del 5%, il valore aggiunto è cresciuto dell’8%, l’utile operativo del 6%, mentre l’utile netto è calato del 15%. Vari fattori sono da considerare, quali acquisizioni non completamente consolidate, aumento del costo del debito (e maggiore debito, +23%), ammortamenti delle differenze di consolidamento e via dicendo, per spiegare il calo degli utili.
    Non è sicuramente la fotografia del settore (quella invece la dà il rapporto Mediobanca di aprile), ma di quella parte del settore in cima alla piramide che sta portando avanti le aggregazioni aziendali. Antinori resta il punto di riferimento in quanto a margini di profitto e entità del capitale investito, mentre perde qualche punto in termini di ritorno sul capitale, dove continua ad eccellere Santa Margherita.
    Passiamo ai dati di dettaglio, inclusi grafici e il grafico animato dell’evoluzione del capitale investito.

    Le 24 aziende vinicole incluse nel campione di quest’anno (oltre 100 milioni di fatturato) hanno generato un utile operativo di circa 400 milioni di euro, che corrisponde a un margine del 7% sul fatturato (le cooperative sono comprese nel calcolo). Il capitale investito è invece cresciuto del 10% a 7.2 miliardi di euro il che determina un ritorno del 5.6% circa.
    Come dicevamo sopra Antinori primeggia sia per utile operativo in valore assoluto, che per margine sulle vendite e capitale investito mentre viene penalizzata quando si guarda al ritorno sul capitale, dove aziende meno integrate verticalmente, come Santa Margherita, sono meglio posizionate.
    Se guardiamo alla dinamica dell’utile operativo su un orizzonte di 5 anni e restringiamo il campo alle grandi aziende, IWB a +22% annuo e Argea a +12% sono certamente da evidenziare, mentre in valore assoluto Antinori, Santa Margherita e Frescobaldi (che tra l’altro cresce dell’11% annuo dal 2018…) restano in vetta.
    In termini di capitale investito, Antinori è arrivata a una scala completamente diversa rispetto alle altre aziende. La somma del capitale proprio e dei debiti finanziari del rapporto Mediobanca dice 2.1 miliardi circa 4 volte il livello delle altre aziende che arrivano intorno a 500 milioni di euro.
    Questo elevato capitale investito (da legare alle recenti acquisizioni, quella americana in particolare) ha però un impatto negativo sul ritorno sul capitale, che per Antinori “torna nella media” tra il 5% e 6%, quando Frescobaldi resta intorno al 10% e Santa Margherita viaggia sul 14%.

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    Classifica fatturato e valore aggiunto delle aziende vinicole italiane 2023 – fonte: Area Studi Mediobanca

    Dati in formato testo disponibili nella sezione Solonumeri.

    Grazie ai dati di Area Studi Mediobanca, integrati con qualche bilancio scaricato, presentiamo oggi la graduatoria delle maggiori aziende vinicole italiane per fatturato e, ancora più rilevante, per valore aggiunto. Rispetto agli scorsi anni, il rapporto di Mediobanca ha un “taglio” a 100 milioni invece che a 50 milioni di fatturato, il che implica un accorciamento della nostra classifica da circa 30-35 a 25 aziende.
    Fatta questa premessa, cosa ci dice questa classifica? Sicuramente che il settore si sta consolidando, grazie ad alcune aziende come Argea, Italian Wine Brands e Mack & Schuhle. Oggi abbiamo 24 aziende con oltre 100 milioni di fatturato. Lo vediamo anche dalla crescita del fatturato di queste aziende, +5%, che è chiaramente superiore al trend organico del 2023.
    Dobbiamo anche sottolineare che per la prima volta un’azienda italiana ha fatto un grosso investimento fuori dall’Italia: Antinori con Stag’s Leap Wine Cellar ha ulteriormente rafforzato la sua posizione di principale azienda italiana del settore in termini di valore aggiunto, pur con un significativo incremento del debito.

    La classifica del fatturato vede dunque primeggiare CantineRiunite/CIV/GIV come al solito ma ritrova Argea e Italian Wine Brands come numero due e numero tre. Quella del valore aggiunto (a mio parere, la vera classifica…), dopo Antinori trova nel 2023 Santa Margherita, Cantine Riunite/CIV/GIV e Frescobaldi, essenzialmente senza variazioni rispetto al 2022.
    Passiamo a un commento più dettagliato con tutte le tabelle e i grafici animati.

    Il cumulato delle principali 25 aziende vinicole italiane ha registrato un fatturato di 5.7 miliardi di euro, +5% sul 2022, con un valore aggiunto cumulato di circa 1.18 miliardi di euro, cresciuto dell’8% sul 2022 per un margine del 21%.
    Rispetto all’anno scorso si aggiunge nella classifica Mack & Schuhle, la Cantina Sociale di Soave ha cambiato nome in Cadis 1898 e abbiamo aggiunto di nostra iniziativa ai dati originali di Mediobanca Tenute Piccini, oltre che alle solite Santa Margherita e Lunelli.
    In termini di fatturato, le crescite più importanti tra le grandi aziende nel 2023 sono quelle di Antinori (+9%) e Italian Wine Brands (+10%) entrambe legate alle acquisizioni che hanno realizzato, mentre “entrano” nel club delle aziende con oltre 200 milioni di fatturato Mack & Schuhle e Collis Veneto WG con crescite di fatturato molto significative grazie alle aggregazioni che stanno realizzando.
    Il valore aggiunto è però la classifica che più considero veritiera per definire la rilevanza delle aziende. L’aspetto commerciale (vendite) è importante ma la dimensione “industriale” di un’azienda si misura con quello che “aggiunge” al prodotto, ossia il valore aggiunto, cioè il fatturato meno tutte le componenti che sono state acquistate all’esterno. In questa classifica regna incontrastato il gruppo Antinori (perché così dovremmo ormai chiamarlo) con 225 milioni, poi Santa Margherita con 120 milioni, Cantine Riunite con 119 e Frescobaldi con 93. I “consolidatori” del settore Argea e IWB sono quinto e sesto, con 89 e 63 milioni rispettivamente.
    Vi lascio ai dati.

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