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    La valutazione delle aziende vinicole – aggiornamento 2024

    Buongiorno. Il lavoro di oggi riguarda la valutazione delle aziende vinicole quotate, con I prezzi rilevati intorno al 15 gennaio e i multipli di mercato proiettati al 2024 e al 2025 secondo le stime degli analisti. Come sapete il 2023 è stato un anno eccellente per le borse mondiali, con crescite superiori al 20%. In questo contesto, se consideriamo il valore azionario cumulato del nostro campione (che è fatto dalle medesime aziende dell’anno scorso) troviamo un risultato nettamente meno positivo, circa +6%. Quindi la prima considerazione è che il settore del vino ha avuto un 2023 meno positivo che in altri settori (comprensibile, visto che i grandi temi del 2023 sono stati i tassi di interesse che hanno favorito le aziende del settore finanziario e la tecnologia, che ha supportato le “magnifice 7” americane). Nonostante questo, le valutazioni sembrano essere in leggera crescita. Le aziende della Champagne sono quotate a 2.9 volte le vendite, erano 2.7 lo scorso anno, le aziende internazionali stavano a 5.0 volte le vendite sono ora a 5.2 volte (ma senza Constellation Brands si scende da 4 a 3 volte), quelle europee (Schloss Wachenheim, Advini, IWB e Masi) stanno a 1.3 volte le vendite contro 1.2 volte lo scorso anno. Il 2024 è un anno molto più incerto: il crollo dell’inflazione farà calare i tassi di crescita (che per le aziende sono “nominali”), le valutazioni sembrano piuttosto elevate. Vedremo. Per ora se siete interessati nella tabella all’interno trovate altri grafici e la tabella con tutti i numeri.

    Il campione analizzato include le seguenti aziende quotate: Lanson BCC, Vranken Pommery e Laurent Perrier per lo Champagne; Constellation Brands, Treasury Wine Estates, Concha y Toro, Duckhorn, Vintage Wine Estates (senza multipli perchè quasi fallita) e Delegat per le aziende extraeuropee; Schloss Wachenheim, Advini, Italian Wine Brands e Masi per l’Europa. Se ne trovate altre fatemi sapere!
    Le aziende europee sono poco rappresentate e presentano multipli a forte sconto rispetto a quelle internazionali, anche a causa della loro dimensione contenuta (e quindi minore liquidità e interesse da parte degli investitori) e dei minori margini. Un’azienda focalizzata sul vino di qualità come Masi ha un margine del 9% atteso per il 2024, la Duckhorn in USA ha una margine del 29% (e un valore di mercato di 1 miliardo contro 150 milioni), il che vi fa rendere conto della differenza.
    Dunque il campione più rappresentativo è certamente quello americano. C’è dentro Constellation che ormai ha poco a che fare con il vino. Se facessimo un esercizio “escluso Constellation”, arriviamo a dei multipli di circa 3.2 volte le vendite per un margine operativo medio del 24%. Le 4 piccole europee in confronto stanno a 1.3 volte le vendite e hanno un margine del 7% quindi… è vero che le aziende europee sono valutate poco, è altrettanto vero guadagnano molto di meno…

    Se siete arrivati fin qui……ho un piccolo favore da chiedervi. Sempre più persone leggono “I Numeri del Vino”, che pubblica da oltre dieci anni tre analisi ogni settimana sul mondo del vino senza limitazioni o abbonamenti. La pubblicità e le sponsorizzazioni servono per aiutare una missione laica in Perù. Per fare in modo che questo lavoro continui e resti integralmente accessibile, ti chiedo un piccolo aiuto, semplicemente prestando da dovuta attenzione con una visita alle inserzioni e alle sponsorizzazioni presenti nella testata e nella sezione laterale del blog. Grazie. Marco LEGGI TUTTO

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    Duckhorn – risultati 2023 e prevision 2024

    I risultati 2023 di Duckhorn non hanno deluso le aspettative che il management aveva fornito: le vendite sono cresciute dell’8% a 403 milioni di dollari, l’EBITDA rettificato è andato oltre gli obiettivi a 145 milioni di dollari, +13% ma l’utile netto è salito un po’ meno delle attese a causa dell’incremento del costo del debito, +9% a 77 milioni. Purtroppo, il valore delle azioni si è più che dimezzato nel giro di un anno. Forse, oltre al fatto che gli investitori si aspettavano qualcosa di più, il colpo più secco (da un’analisi ex post) è venuto dalle indicazioni per il 2024 (luglio 2024), che indicano una crescita delle vendite e dell’EBITDA soltanto del 5-6% (quindi: margini stabili) e un utile netto stabile, a causa presumibilmente dell’incremento del costo del debito. Ora, tornando alle azioni, quando scrivevamo lo scorso anno le azioni stavano a 22 dollari, prima dei risultati erano tra 12 e 13 dollari e ora sono crollate a 10 dollari. Quindi al 3 ottobre, le azioni Duckhorn restituivano una valorizzazione di mercato di 1.2 miliardi di dollari, che diventano 1.4 miliardi con il debito. Tradotto in multipli sugli obiettivi 2024, stiamo parlando di 15 volte gli utili (oltre 30 lo scorso anno), 9 volte l’EBITDA (22x un anno fa) e 3.3 volte le vendite (quasi 8 lo scorso anno). Una valutazione decisamente più “umana”, soprattutto per un’azienda che ha buoni marchi (vedere all’interno), ben gestita ma che comunque compra il 90% delle uve all’esterno (e quindi non ha valore nelle vigne, o quasi), essendo quindi sottoposta a pressioni inflazionistiche. Bene, questo è il quadro, passiamo a un’analisi più dettagliata dei risultati.

    Le vendite a luglio 2023 salgono dell’8% a 403 milioni, grazie all’incremento dell’11% del segmento “ingrosso”, mentre le vendite dirette sono cresciute soltanto del 3%.
    L’incremento dei prezzi e del mix ha portato un +2.6%, mentre i volumi sono cresciuti del 5.6% nel 2023, contro il +1% e +9% registrato nell’anno precedente.
    I margini sono migliorati: il margine lordo passa dal 50% al 53.5%, il margine EBITDA dal 34% al 36% (ma resta sopra il 40%+ di qualche anno fa, quando peraltro l’azienda era metà di adesso). L’utile netto rettificato passa da 71 a 77 milioni, causa la risalita degli oneri finanziari, da 7 a 12 milioni.
    A livello finanziario gli investimenti sono balzati da 45 a 72 milioni, “mangiando” completamente la cassa generata dall’attività, passata da 69 a 70 milioni (anche a causa del forte incremento del magazzino). Pur non avendo pagato dividendi agli azionisti, il debito resta stabile, passando da 220 a 227 milioni di euro. Non un buon segno, particolarmente di fronte al rallentamento della crescita che il management ha previsto per il 2024.

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