More stories

  • in

    Produzione e consumo di vini rossi (dati 2000-2021) – rapporto OIV

    Proseguiamo l’analisi numerica dai dati forniti da OIV nel suo interessante rapporto in prospettiva storica sulla produzione e consumo di vino nel mondo, con un’analisi più dettagliata relativa ai vini rossi. Come sapete la categoria è “in declino”, nel senso che tra il 2000-2004 e il 2017-21 la produzione è passata dal 48% al 43% del totale mondiale, ossia da 129 a 113 milioni di ettolitri. I dati di consumo “mimano” questa trasformazione, con un consumo sceso, secondo le statistiche OIV da 119 a 115 milioni di ettolitri annui (i numeri non si parlano ma… così è). L’Italia resta il maggior produttore mondiale di vini rossi sia in percentuale media degli ultimi anni (17% del totale) che in valore assoluto per il 2021, circa 20 milioni di ettolitri. Per nostra fortuna, gli USA restano il maggior consumatore mondiale della categoria, con 11.5 milioni di ettolitri e questo ci protegge per certi versi. Però se guardate il grafico vi accorgerete quanto la Francia sia riuscita a “ridirigere” la sua produzione dai rossi alle altre categorie, essendo passata dal 22% del totale mondiale al 14% (Italia dal 19% al 17%). La Spagna forse è messa peggio di tutti essendo cresciuta dal 12% al 14% del totale, anche se il contesto è quello di un calo della produzione nel tempo. Essendo poi l’Italia soltanto il 7% del consumo mondiale, il nostro export copre il 10% circa della produzione 2021 di vini rossi. Bene, tanti dati, vi invito a proseguire nella lettura!

    Il consumo mondiale di vini rossi è stimato da OIV nel periodo 2017-21 a 115 milioni di ettolitri. Se prendiamo la suddivisione del consumo sul periodo la Cina primeggia (13% dei consumi), superando la Francia (10%) e gli USA (9%). In realtà visto quanto successo di recente, gli USA nel 2021 sono il primo consumatore a 11.5 milioni di ettolitri (niente %… OIV…), la Cina è seconda con 9.8m e la Francia scende a 9.1, preceduta dalla Germania.
    In termini di penetrazione del consumo, la Cina segnava nel 2021 il 92% dei consumi nel vino rosso, seguita dall’81% del Cile e dal 70% circa degli altri paesi chiave dell’America latina, Argentina e Brasile. Poi il 67% del Giappone.
    Passando alla produzione, i dati medi indicano il 17% della produzione mondiale 2014-21 in Italia, il 14% in Francia e Spagna, l’8% in Cina, il 6-7% ciascuno in Argentina e Cile. Se prendiamo il 2021 in modo isolato, l’Italia sembrerebbe avere un ruolo ancora più rilevante, con 20 milioni di ettolitri, contro i 14 della Spagna e i “soli” 12 della Francia, che sembra dunque essersi maggiormente adattata a questa tendenza.
    Questo ci porta agli “sbilanci” tra consumi e produzione: l’Italia deve esportare 10 milioni di ettolitri o più, fonte di uno sbilancio 2021 tra 19.8 prodotti e 9 consumati. Se c’è un problema ce l’hanno anche gli spagnoli, bevono 5.6 e producono 14.4, quindi non sono distanti, mentre la Francia che produce 12 e beve 9 è molto meglio messa. Se volete, i dati sono anche in percentuale nel grafico qui allegato.
    Buona consultazione!

    Se siete arrivati fin qui……ho un piccolo favore da chiedervi. Sempre più persone leggono “I Numeri del Vino”, che pubblica da oltre dieci anni tre analisi ogni settimana sul mondo del vino senza limitazioni o abbonamenti. La pubblicità e le sponsorizzazioni servono per aiutare una missione laica in Perù. Per fare in modo che questo lavoro continui e resti integralmente accessibile, ti chiedo un piccolo aiuto, semplicemente prestando da dovuta attenzione con una visita alle inserzioni e alle sponsorizzazioni presenti nella testata e nella sezione laterale del blog. Grazie. Marco LEGGI TUTTO

  • in

    I consumi di vino nel mondo per tipologia (2021) – studio OIV

    OIV ha prodotto un ottimo studio (scaricabile qui) che analizza in prospettiva storica l’evoluzione della produzione e del consumo di vino per colore, che ci consentirà di fare qualche post specifico nelle prossime settimane. Oggi parliamo di consumi di vino e per la prima volta (mi sembra), OIV ci fornisce una prospettiva storica a livello mondo per colore e a livello nazionale. Il valore aggiunto del mio lavoro di oggi è di “mischiare” i numeri di OIV per costruire un quadro del tipo di vino consumato nei principali mercati. E così si scopre i cinesi bevono praticamente solo vino rosso (dati 2021), gli americani e gli italiani sono quelli che più apprezzano i vini bianchi (55-60% dei consumi) e che in Francia per esempio si bevono più vini rosati che non vini bianchi (l’avreste mai detto?). Ad ogni modo, lo studio conferma il declino strutturale dei vini rossi nei consumi di vino, sostituito principalmente dai vini bianchi e in parte dai vini rosati. Passiamo a un’analisi dettagliata dei numeri.

    OIV ha calcolato che i consumi di vino medi 2017-21 sono stati di 239 milioni di ettolitri, rispetto ai 232 rilevati nella media 2000-2004, quindi con un leggero incremento (3%) nell’arco di… 17 anni prendendo il punto medio dei due periodi considerati.
    Il consumo di vino rosso è passato in questo lasso di tempo da 119 a 115 milioni di ettolitri, quindi dal 51% al 48% dei consumi totali, mentre il consumo dei vini rosati è cresciuto da 20 a 23 milioni di ettolitri, ossia dall’8.7% al 9.5% del totale. Sono i vini bianchi che però hanno avuto il più forte sviluppo (e in questo si considerano anche gli spumanti, attenzione), passando dal 40% al 42.2% dei consumi totali, ossia da 93 a 101 milioni di ettolitri in totale.
    Lo studio poi fornisce tutta una serie di classifiche di consumo e produzione per colore che analizzeremo in futuro. Noi abbiamo preso i dati e li abbiamo re-impacchettati come dicevo prima per ricostruire i consumi per nazione. Così si riesce a spaccare i 33 milioni di ettolitri consumati in USA nel 2021: ben 18 sono di vino bianco, contro 11 di vino rosso, 55% contro 35%, e il restante 10% è vino rosato, segmento in cui gli americani sono i secondi consumatori mondiali in valore assoluto, terzi dopo Francia e Regno Unito in termini relativi.
    L’Italia è a forte vocazione vini bianchi, il 59% dei consumi, 14 dei 24 milioni che si ricava sommando i pezzi, mentre i vini rosati hanno poco successo (soltanto il 4%). In Francia invece sono preponderanti i vini rossi, il 39% del totale, ma i vini rosati con 7 milioni di ettolitri consumati e il 33% del totale sono più importanti dei vini bianchi (28% del totale).
    Vi lascio ai dati, noterete la forte vocazione al consumo di vini rossi dell’Argentina (70%), piuttosto che il bilanciamento quasi perfetto tra rossi e bianchi del mercato inglese e tedesco

    Se siete arrivati fin qui……ho un piccolo favore da chiedervi. Sempre più persone leggono “I Numeri del Vino”, che pubblica da oltre dieci anni tre analisi ogni settimana sul mondo del vino senza limitazioni o abbonamenti. La pubblicità e le sponsorizzazioni servono per aiutare una missione laica in Perù. Per fare in modo che questo lavoro continui e resti integralmente accessibile, ti chiedo un piccolo aiuto, semplicemente prestando da dovuta attenzione con una visita alle inserzioni e alle sponsorizzazioni presenti nella testata e nella sezione laterale del blog. Grazie. Marco LEGGI TUTTO

  • in

    Le superfici vitate bio nel mondo – dati 2021 FiBL & IFOAM

    FiBL & IFOAM hanno pubblicato il rapporto 2023 sulle superfici bio mondiali, aggiornato al 2021. Il totale assomma a 510mila ettari, ossia il 7.5% della superficie vitata mondiale (come riportato). I totali non tornano quando si sommano le superfici effettivamente bio di 377mila ettari e quelle in conversione di 95mila ettari, ma questi sono i dati come riportati, probabilmente a causa delle numerose caselle vuote. Vi avverto anche che per quanto riguarda l’Italia il dato 2001 riportato in tabella dal rapporto è 104mila ettari (totali, quindi comprese in conversione) e dunque diverso da quello di Sinab, che abbiamo recensito nel 2021 essere di 126mila ettari totali, di cui 101mila convertiti (molto simile ai 104mila del rapporto) ma senza i 24mila ettari in conversione. Se aggiungessimo questi 24mila al conto totale si raggiungerebbe il totale di 534mila ettari. Ad ogni modo, la principale nazione per superfici bio nel mondo resterebbe comunque la Spagna con 142mila ettari, seguita dalla Francia con 136mila ettari (dato non aggiornato e con un ammontare importante “in conversione”, essendo uguale a quello del 2020) e verrebbe poi comunque l’Italia con 104mila del rapporto (o 126mila secondo Sinab). In termini di penetrazione sul totale, lasciando fuori le nazioni poco rilevanti, la prima nazione per penetrazione è la Francia con il 19% (secondo Sinab nel 2021 in Italia 21%), seguita dalla Svizzera con il 17% e dall’Italia con il 15%. Passiamo a una breve analisi dei dati.

    La superficie vitata mondiale biologica è stimata da FiBL & IFOAM a 510mila ettari nel 2021, pari al 7.5% della superficie mondiale, con un progresso dello 0.2% e di 6mila ettari rispetto al 2020, quando i numeri erano 504mila e 6.7%.
    Forse per via della “deviazione” sul dato italiano a cui mancano circa 22mila ettari, dopo una progressione da 30-40mila ettari all’anno nel 2021 si registra un deciso rallentamento.
    In termini di esposizione per continenti, dei 510mila ettari 435mila sono in Europa, 49mila in America, 15mila in Asia, 6mila in Oceania e 5mila in Africa.
    Se guardiamo agli ettari vitati bio già certificati soltanto, secondo il rapporto sono 377mila nel mondo, di cui 105mila in Spagna, 104mila in Italia e 79mila in Francia. In questa “subveduta” l’Italia sembra essere quella con il ritmo di crescita più marcato secondo lo studio (circa 10mila ettari all’anno), mentre il dato spagnolo sembra avviarsi verso una stabilizzazione. Come detto sopra, i dati francesi sono essenzialmente uguali a quelli del 2020.
    Va sempre ricordato che il conto degli ettari francesi ha anche a che fare con i vigneti per il Cognac e l’Armagnac che “falsano” un po’ tutti i conti quando si parla di vino soltanto.

    Se siete arrivati fin qui……ho un piccolo favore da chiedervi. Sempre più persone leggono “I Numeri del Vino”, che pubblica da oltre dieci anni tre analisi ogni settimana sul mondo del vino senza limitazioni o abbonamenti. La pubblicità e le sponsorizzazioni servono per aiutare una missione laica in Perù. Per fare in modo che questo lavoro continui e resti integralmente accessibile, ti chiedo un piccolo aiuto, semplicemente prestando da dovuta attenzione con una visita alle inserzioni e alle sponsorizzazioni presenti nella testata e nella sezione laterale del blog. Grazie. Marco LEGGI TUTTO

  • in

    La valutazione delle aziende vinicole – aggiornamento 2024

    Buongiorno. Il lavoro di oggi riguarda la valutazione delle aziende vinicole quotate, con I prezzi rilevati intorno al 15 gennaio e i multipli di mercato proiettati al 2024 e al 2025 secondo le stime degli analisti. Come sapete il 2023 è stato un anno eccellente per le borse mondiali, con crescite superiori al 20%. In questo contesto, se consideriamo il valore azionario cumulato del nostro campione (che è fatto dalle medesime aziende dell’anno scorso) troviamo un risultato nettamente meno positivo, circa +6%. Quindi la prima considerazione è che il settore del vino ha avuto un 2023 meno positivo che in altri settori (comprensibile, visto che i grandi temi del 2023 sono stati i tassi di interesse che hanno favorito le aziende del settore finanziario e la tecnologia, che ha supportato le “magnifice 7” americane). Nonostante questo, le valutazioni sembrano essere in leggera crescita. Le aziende della Champagne sono quotate a 2.9 volte le vendite, erano 2.7 lo scorso anno, le aziende internazionali stavano a 5.0 volte le vendite sono ora a 5.2 volte (ma senza Constellation Brands si scende da 4 a 3 volte), quelle europee (Schloss Wachenheim, Advini, IWB e Masi) stanno a 1.3 volte le vendite contro 1.2 volte lo scorso anno. Il 2024 è un anno molto più incerto: il crollo dell’inflazione farà calare i tassi di crescita (che per le aziende sono “nominali”), le valutazioni sembrano piuttosto elevate. Vedremo. Per ora se siete interessati nella tabella all’interno trovate altri grafici e la tabella con tutti i numeri.

    Il campione analizzato include le seguenti aziende quotate: Lanson BCC, Vranken Pommery e Laurent Perrier per lo Champagne; Constellation Brands, Treasury Wine Estates, Concha y Toro, Duckhorn, Vintage Wine Estates (senza multipli perchè quasi fallita) e Delegat per le aziende extraeuropee; Schloss Wachenheim, Advini, Italian Wine Brands e Masi per l’Europa. Se ne trovate altre fatemi sapere!
    Le aziende europee sono poco rappresentate e presentano multipli a forte sconto rispetto a quelle internazionali, anche a causa della loro dimensione contenuta (e quindi minore liquidità e interesse da parte degli investitori) e dei minori margini. Un’azienda focalizzata sul vino di qualità come Masi ha un margine del 9% atteso per il 2024, la Duckhorn in USA ha una margine del 29% (e un valore di mercato di 1 miliardo contro 150 milioni), il che vi fa rendere conto della differenza.
    Dunque il campione più rappresentativo è certamente quello americano. C’è dentro Constellation che ormai ha poco a che fare con il vino. Se facessimo un esercizio “escluso Constellation”, arriviamo a dei multipli di circa 3.2 volte le vendite per un margine operativo medio del 24%. Le 4 piccole europee in confronto stanno a 1.3 volte le vendite e hanno un margine del 7% quindi… è vero che le aziende europee sono valutate poco, è altrettanto vero guadagnano molto di meno…

    Se siete arrivati fin qui……ho un piccolo favore da chiedervi. Sempre più persone leggono “I Numeri del Vino”, che pubblica da oltre dieci anni tre analisi ogni settimana sul mondo del vino senza limitazioni o abbonamenti. La pubblicità e le sponsorizzazioni servono per aiutare una missione laica in Perù. Per fare in modo che questo lavoro continui e resti integralmente accessibile, ti chiedo un piccolo aiuto, semplicemente prestando da dovuta attenzione con una visita alle inserzioni e alle sponsorizzazioni presenti nella testata e nella sezione laterale del blog. Grazie. Marco LEGGI TUTTO

  • in

    Domaine Armand Rousseau – dati di bilancio 2022

    Sono riuscito a trovare i bilanci di Domaine Armand Rousseau e ho deciso di pubblicarli perché rappresentano un punto di eccellenza che raramente ho visto nella mia ultra-trentennale carriera di analista. Il domaine in questione fa probabilmente i vini più buoni che io abbia mai bevuto. Ho anche la fortuna di avere qualche bottiglia in cantina. Secondo il loro sito corporate hanno 15.3 ettari nelle più belle vigne della Borgogna di Gevrey-Chambertin e Wikipedia parla di 65mila bottiglie prodotte ogni anno, il che quadra abbastanza con il concetto di produzione di qualità elevatissima. Bene, nel 2022 (anno chiuso a luglio), Domaine A Rousseau ha toccato un fatturato di 13 milioni di euro (equivalente a circa 200 euro a bottiglia venduta), ha dei margini che credo pochi abbiano visto in un bilancio (83% margine EBITDA, 60% margine netto) salvo scomodare aziende immobiliari, una posizione di cassa che cresce vertiginosamente di anno in anno, praticamente nessun credito verso i clienti (anzi il dato è “negativo” visto che i clienti pagano in anticipo per avere i suoi vini) e un andamento che negli ultimi anni ha chiaramente incorporato il grande momento dei vini borgognoni: fatturato x2.5 dal 2015 al 2022, utili x3.0. Con l’avvertenza che la quantità di dati a disposizione è limitata (poche note al bilancio, nessuna suddivisione delle vendite o dei costi), vi invito a proseguire la lettura se interessati.

    Nel 2022, ovvero 2021/22 il Domaine ha toccato un fatturato di 13.3 milioni di euro, in crescita del 2.4% circa, se guardiamo agli ultimi 5 anni il fatturato è esattamente raddoppiato per un tasso di crescita annuo del 15% circa.
    I margini sono da record. L’azienda ipotizzo non abbia costi “esterni” salvo quello di acquistare le materie secche (bottiglie, tappi, etichette) e dunque di questi 13.3 milioni di euro se ne consuma meno di 1 milione (che comunque sono 14 euro per bottiglia…) e si arriva a un margine lordo del 93%, poi poco più di 1 milione di costo del personale (+5% nel 2022) e un EBITDA di 11 milioni (margine 83%) e un utile operativo di poco inferiore (margine 81%). Nessun onere finanziario, 27% di tasse, utile netto 7.9 milioni di euro, ossia il 60% del fatturato.
    La posizione finanziaria è molto solida, il capitale circolante è fatto soltanto da un paio di milioni di euro di magazzino, visto che i crediti verso clienti sono inferiori agli anticipi che i clienti pagano per accaparrarsi le bottiglia, non abbiamo il dato sugli investimenti. Nel 2022 la cassa netta tocca i 40 milioni di euro, +7 sui 33 del 2021 e dunque molto coerente con gli 8 milioni di euro di dividendi e considerando un piccolo dividendo distribuito agli azionisti (famiglia: quinta generazione).
    Giù il cappello (“Chapeau” in lingua originale). Vi lascio ai grafici e alla cartina dei vigneti, tratta dal loro sito internet.

    Se siete arrivati fin qui……ho un piccolo favore da chiedervi. Sempre più persone leggono “I Numeri del Vino”, che pubblica da oltre dieci anni tre analisi ogni settimana sul mondo del vino senza limitazioni o abbonamenti. La pubblicità e le sponsorizzazioni servono per aiutare una missione laica in Perù. Per fare in modo che questo lavoro continui e resti integralmente accessibile, ti chiedo un piccolo aiuto, semplicemente prestando da dovuta attenzione con una visita alle inserzioni e alle sponsorizzazioni presenti nella testata e nella sezione laterale del blog. Grazie. Marco LEGGI TUTTO

  • in

    Laurent Perrier – risultati primo semestre 2023

    Laurent Perrier ha riportato dei buoni dati a fine settembre 2023, segnando un calo delle vendite dell’1% a 158 milioni ma un miglioramento dei margini (al loro massimo storico), che ha consentito un incremento dell’utile netto semestrale del 5% a 39 milioni. Dico che sono dati buoni perché il semestre sequenzialmente precedente, il secondo 2022, aveva mostrato tendenze molto più preoccupanti, con un calo del fatturato del 13% e dell’utile del 20%. La strategia incentrata sul valore continua, infatti questo leggero calo delle vendite si compone di un -13% di volume (5.4 milioni di bottiglie) e di un +9% del prezzo mix (28 euro per botitglia), anche se la quota delle bottiglie ad alto valore non sale e resta al 46% circa delle vendite dopo il balzo degli anni scorsi. Le prospettive non sono delle migliori, con i volumi di Champagne in calo e, bisogna anche ammetterlo, il fatto che questi dati sono stati supportati da una campagna agraria veramente felice, senza la quale gli utili sarebbero andati nella medesima direzione delle vendite. Resta il fatto che Laurent Perrier è probabilmente l’azienda quotata della Champagne meglio gestita. Passiamo a un breve commento dei dati.

    Le vendite sono calate del 1% a 158 milioni, con un incremento del 4% in Francia a 32 milioni, un calo del 3% in Europa a 68 milioni e un valore stabile a 58 milioni nel resto del mondo.
    I margini sono migliorati dal 59% al 63% a livello industriale, anche se stimiamo che circa la metà del progresso sia dovuto a componenti non ricorrenti, mentre continuano gli investimenti promozionali, con le spese commerciali a +10% sul semestre corrispondente.
    L’utile operativo raggiunge 57 milioni, +8% e il 36% delle vendite, a fronte di un EBITDA di 61 milioni nel semestre, +9% e 39% delle vendite. Nonostante oneri finanziari in crescita e con una tassazione stabile al 27%, l’utile netto tocca quota 39 milioni, +5% e il 24% delle vendite.
    Dal punto di vista finanziario, l’azienda ha 204 milioni di debito a fronte di 682 milioni di euro di magazzino, dunque un livello particolarmente basso. Nel corso del semestre ha investito 5 milioni (erano 3 nel primo semestre 2022) e ha pagato 12 milioni di dividendi. Il debito è cresciuto di 28 milioni anche per via del forte incremento del capitale circolante, da 522 milioni a fine anno a 581 milioni a fine settembre.

    Se siete arrivati fin qui……ho un piccolo favore da chiedervi. Sempre più persone leggono “I Numeri del Vino”, che pubblica da oltre dieci anni tre analisi ogni settimana sul mondo del vino senza limitazioni o abbonamenti. La pubblicità e le sponsorizzazioni servono per aiutare una missione laica in Perù. Per fare in modo che questo lavoro continui e resti integralmente accessibile, ti chiedo un piccolo aiuto, semplicemente prestando da dovuta attenzione con una visita alle inserzioni e alle sponsorizzazioni presenti nella testata e nella sezione laterale del blog. Grazie. Marco LEGGI TUTTO

  • in

    Vranken Pommery – risultati primo semestre 2023

    In attesa dei dati di Laurent Perrier, che chiude a settembre, analizziamo oggi i dati del primo semestre di Vranken Pommery. Sono buoni numeri, coerentemente con quanto visto durante il 2021. Anche se la crescita delle vendite rallenta (+5% nel primo semestre 2023, contro +7% nel secondo semestre 2022 e +20% nel primo semestre 2022), i margini sono in continuo miglioramento. Ciò che appare ancora più sorprendente è che Vranken Pommery ha mantenuto la sua indicazione su tutto l’anno di un +5% di fatturato. Alla luce della preoccupante evoluzione delle esportazioni di Champagne al rientro dalle vacanze, potrebbe esserci il rischio che l’obiettivo sia mancato. Ad ogni modo, per completare il quadro del primo semestre, purtroppo i progressi a livello operativo (quasi raddoppio dell’utile operativo) sono completamente vanificati dall’incremento degli oneri finanziari che alla fine portano a una perdita netta di 2 milioni, molto simile al 2022, anche se meglio che in passato. Il debito di “anno in anno” è stabile a 700 milioni, con un leggero calo del magazzino, altro segno che le cose potrebbero andare meglio. Passiamo a qualche dato e grafico in più nel resto del post.

    Le vendite di 118 milioni crescono del 5%, grazie a un +6% dello Champagne a 111 milioni e nonostante un calo del 10% dei vini delle sabbie a 7 milioni. Dal punto di vista geografico, sono le vendite fuori Europa a guidare il business, con una crescita del 22% a 30 milioni, mentre Francia (+3% a 42 milioni) e resto d’Europa (-3% a 45 milioni) si compensano.
    I margini sono in miglioramento soprattutto a livello industriale vista la stabilità dei costi esterni, mentre il costo del personale cresce in linea con le vendite. Ne risulta un margine operativo lordo (EBITDA) di 19 milioni, 16% delle vendite e +38% e un utile operativo di 11 milioni, contro 6 dello scorso anno. Purtroppo questi 5 milioni in più sono mangiati dagli oneri finanziari e dunque l’utile netto resta sottozero.
    A livello finanziario, pur non pagando dividendi, il debito non è sceso “di anno in anno”, quindi giugno contro giugno e resta sui 700 milioni. Il magazzino scende leggermente e quindi i rapporti di indebitamento restano piuttosto elevati (anche se in miglioramento in rapporto agli utili), a 1.7 volte debito su patrimonio (da 1.9) , 1.1 volte debito su magazzino (stabile) e 12 volte l’EBITDA degli ultimi 12 mesi (contro 14x).
    Vi lascio alle tabelle e ai grafici.

    Se siete arrivati fin qui……ho un piccolo favore da chiedervi. Sempre più persone leggono “I Numeri del Vino”, che pubblica da oltre dieci anni tre analisi ogni settimana sul mondo del vino senza limitazioni o abbonamenti. La pubblicità e le sponsorizzazioni servono per aiutare una missione laica in Perù. Per fare in modo che questo lavoro continui e resti integralmente accessibile, ti chiedo un piccolo aiuto, semplicemente prestando da dovuta attenzione con una visita alle inserzioni e alle sponsorizzazioni presenti nella testata e nella sezione laterale del blog. Grazie. Marco LEGGI TUTTO

  • in

    Sul perché lo Champagne sarà sempre di più un vino da collezione

    L’ascesa dei prezzi dei vini pregiati è probabilmente arrivata a un punto di stabilizzazione dopo gli eccessi degli ultimi anni. È però vero che alcune zone vinicole mondiali continuano a crescere nelle cantine dei collezionisti di vino. Il caso dello Champagne, che oggi analizziamo più in dettaglio, è uno di questi. Pur essendo un vino spumante (perdonate il sostantivo al limite del volgare), Champagne è un po’ una categoria a sé stante come lo è, come posso dire, Moncler nei piumini o Rolex negli orologi. E il valore nel tempo dello Champagne è stato a lungo sottostimato, per una combinazione di stereotipi, per esempio che i vini spumanti vanno bevuti giovani perché le “bollicine” si perdono nel tempo. Se invece provate a lasciare vent’anni una bottiglia di ottimo Champagne in cantina posso dirvi che avrete una buona probabilità di bere un grande vino. Forse la sottostima deriva anche dal fatto che si tratta di un vino storicamente molto legato alla celebrazione di eventi (si ricorda l’enorme picco di vendite registrato per festeggiare la fine del millennio, che qualcuno aveva anche scambiato per la fine del mondo). Invece oggi il discorso si è ribaltato. Un grande aperitivo ha nello Champagne probabilmente la sua espressione più elevata e l’evoluzione del gusto (e della cucina) ha portato gradualmente a un consumo più diffuso all’interno dei pasti. L’articolo continua…

    Fu così che il numero degli Champagne nella classifica del Liv-Ex crebbe cresciuto gradualmente ma costantemente nel corso degli anni, tanto da contarne nove nella classifica dei “100” nel 2022. E di questi nove, ben tre, Dom Perignon, Louis Roederer e Krug sono addirittura classificati nei primi 10 posti lo scorso anno. Alcuni di questi come Salon, Dom Perignon o Roederer sono addirittura sempre stati nella classifica del Liv-Ex da quando la guardiamo (2011), con una posizione media di tutto rispetto, all’interno dei primi 50 in media nel periodo.
    E i prezzi, sono cresciuti di conseguenza, anche se come sta capitando per tutti i vini pregiati, l’andamento nel corso del 2023 è stato negativo. Nel caso degli Champagne, dopo aver moltiplicato per quasi 8 volte i prezzi dal 2003 a ottobre 2022, i prezzi sono scesi del 20% circa negli ultimi 12 mesi. L’incremento è sempre molto importante rispetto allo storico (circa 7 volte a fine ottobre 2023 rispetto a gennaio 2023) ma il calo è più marcato di altre categorie, come i vini di Borgogna (-16%), Bordeaux (-12%) o i grandi vini italiani (-6%).
    Viene quindi da domandarsi se è il momento di comprare. Alcuni segnali il mercati “adiacenti” come il mercato azionario ci sono: l’inflazione rallenta, le banche centrali sono meno propense a ulteriori rialzi dei tassi di interesse (anzi qualcuno inizia a speculare che tra qualche mese si comincerà a ribassarli) e il mercato azionario riprende fiato dopo un fine estate difficile. Il mercato dei grandi vini potrebbe a un certo punto beneficiarne. E nel caso dello Champagne dobbiamo sempre ricordarci che i cinesi non sono ancora arrivati, e quando arrivano loro di solito fanno piazza pulita.
    Quindi, difficile dire se stiamo ancora afferrando un coltello mentre cade (come si dice nel gergo borsistico), ma certamente la categoria dello Champagne è destinata a ricoprire un ruolo importante nel panorama dei grandi vini da collezione.

    Se siete arrivati fin qui……ho un piccolo favore da chiedervi. Sempre più persone leggono “I Numeri del Vino”, che pubblica da oltre dieci anni tre analisi ogni settimana sul mondo del vino senza limitazioni o abbonamenti. La pubblicità e le sponsorizzazioni servono per aiutare una missione laica in Perù. Per fare in modo che questo lavoro continui e resti integralmente accessibile, ti chiedo un piccolo aiuto, semplicemente prestando da dovuta attenzione con una visita alle inserzioni e alle sponsorizzazioni presenti nella testata e nella sezione laterale del blog. Grazie. Marco LEGGI TUTTO