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    Vendite di vino per denominazione nella GDO Italiana – aggiornamento 2023

    Presentiamo oggi I dati relative alle vendite di vino nella GDO per denominazione, come comunicate da Circana. In termini generali, il 2023 è stato un anno di calo dei volumi del 3% circa e di un incremento in euro del 2.5%, spumanti inclusi. Ne deriva un incremento di prezzo del 5.6%. I dati relativi alle DOC (il 42% del totale) sono praticamente uguali per l’andamento in euro, con un effetto volume più negativo (-3.5%) e un incremento dei prezzi più marcato. Le 15 categorie di vino qui analizzate totalizzano circa 1 miliardo di euro di vendite rispetto ai 3 miliardi totali della GDO nel 2023. Come potete vedere dalle tabelle, il Prosecco è di gran lunga il vino più venduto, a oltre 350 milioni di euro (in passato si considerava solo la categoria frizzante in questa analisi), seguito dal Chianti e dal Vermentino. Proprio il Vermentino, insieme a Montepulciano, Prosecco, Primitivo e Negroamaro sono le denominazioni più dinamiche del 2023, in crescita tra il 5% e il 10%, mentre è negativo l’andamento del Lambrusco, della Bonarda e del Muller Thurgau. Facendo un passo indietro e guardando agli ultimi 5 anni ed escludendo il Prosecco sono chiaramente tre le tipologie in crescita: Vermentino, Negroamaro e Primitivo. L’analisi prosegue con le tabelle complete degli ultimi anni con l’annotazione che i dati prima del 2022 sono concatenati in base alle variazioni percentuali comunicate nel corso del tempo, mentre per i volumi la serie è discontinua a causa di un cambio nelle categorie.

    Con 47 milioni di litri (-1.5%) e 352 milioni di euro di vendite (+4.8%) il Prosecco è di gran lunga la tipologia di vino più venduta in Italia nella grande distribuzione organizzata. Il suo rilevamento in questo contesto è partito soltanto nel 2022, per cui non abbiamo dati storici coerenti prima del 2021.
    Il Chianti si mantiene la prima denominazione di “vino fermo” in Italia con un leggero incremento delle vendite nonostante il calo del 5% dei volumi venduti, mentre è il Vermentino il vero fenomeno di crescita nel mercato, +6.5% a 74 milioni nel 2023 con un incremento anche dei volumi del 2% a 10.4 milioni di litri.
    Perde ulteriormente terreno il Lambrusco, fino a prima del Covid indiscutibilmente il secondo vino fermo venduto in Italia. Nel 2023 il calo è del 3% a 59 milioni di euro con un pesante calo dei volumi, quasi il 10% a 15.8 milioni di litri.
    Lasciano stare i dati stabili dello Chardonnay, vale la pena chiudere con un paio di commenti. Il primo sui dati del Montepulciano, che ha ripreso a crescere, +7% nel 2023, probabilmente anche grazie al prezzo particolarmente conveniente (l’unico rimasto sotto i 4 euro al litro).
    Il secondo riguardo ai vini pugliesi Primitivo e Negroamaro, che rappresentano i vini rossi con la maggiore crescita (ovviamente tra quelli più venduti), +10% e +8% rispettivamente. Il ritmo degli ultimi anni è altrettanto impressionante (+10% e +13% rispettivamente annuo sugli ultimi 5 anni).

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    Canada – consumi e mercato del vino, dati 2021/22

    Dopo qualche anno di assenza, torno in queste vacanze pasquali sui dati di consumo di vino canadesi, che sono riportati da Statistics Canada in modo molto puntuale anche se “ritardato”. Parliamo oggi infatti dei dati a giugno 2022 (per i 12 mesi precedenti). Le prospettive sembrano cambiare negli ultimi anni: se il mercato continua a crescere di anno in anno in valore (8.2 miliardi di dollari canadesi, +2%, 5.6 miliardi di euro), l’andamento dei volumi segna il passo nel 2022 (-4%, 5.16 milioni di ettolitri), con un calo marcato dei vini rossi, ma in parte anche dei vini bianchi, a vantaggio dei vini spumanti (e con una piccola crescita dei vini rosati). Ora, questa tendenza va anche a svantaggio dei prodotti locali, che ovviamente sono poco esposti alla produzione di vini spumanti (solo il 12% dei consumi), rispetto a quella dei vini bianchi (39%) e rossi (26%). Infine, dopo un temporaneo incremento durante gli anni del Covid e quelli immediatamente precedenti, la quota del vino sulla spesa totale dei canadesi in bevande alcoliche (26 miliardi di dollari canadesi) torna a scendere al 31.3%. Bene, nel resto del post trovate tabelle dettagliate degli ultimi anni e un commento completo.

    Il consumo di vino in Canada scende del 4% in volume nel 2021/22 a 516 milioni di litri, mentre cresce del 2.1% in valore a 8.19 miliardi di dollari canadesi.
    Il mercato resta fortemente orientato sui vini rossi, che rappresentano il 52% della spesa in vino, seguita dai vini bianchi al 33%, dai vini spumanti all’8% e ai vini rosati con il 4%. In volume, i vini rossi scendono al 50% dei consumi, i bianchi salgono al 38%, i vini spumanti sono il 5% e i vini rosati sono il 3%.
    Le tendenze di medio termine sono allineati a quanto dicevamo nel commento sopra. I vini rossi sono stabili in valore nel 2021/22 ma crescono ancora del 2% annuo sui 5 anni, a 4.28 miliardi di dollari, mentre in volume scendono del 6% a 2.58 milioni di ettolitri (stabili sui 5 anni).
    I vini bianchi crescono dell’1.5% nel 2021/22 a 2.7 miliardi ma rallentano rispetto ai 5 anni, ancora a +3%. In volume i consumi scendono del 3.2% a 1.97 milioni di ettolitri, ma restano a +1.4% annuo sui 5 anni.
    La crescita più forte è sui vini spumanti, che toccano quota 624 milioni di dollari, +21% nel 2021/22 e con un ritmo di crescita del 9% annuo sui 5 anni. Anche sui consumi in volume i dati sono molto positivi: +15% nel 2021/22 a 25 milioni di litri, +6% annuo dal 2016/17.
    Infine, i vini rosati crescono del 7% in valore e del 4% in volume nel 2021/22 e forti del balzo dell’anno precedente hanno dei tassi di crescita importanti sui 5 anni, +12% a valore e +9% annuo a volume.

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    I principali ecommerce italiani di vino – dati 2022

    Dopo il boom del Covid, riproponiamo i dati dei principali ecommerce di vino italiani, come disponibili dai bilanci acquistati al Registro delle Imprese, relativi al 2022. La lista non è ovviamente esaustiva ma include quelli che mi pare siano i principali operatori per dimensione nel mercato. Il 2022 è stato un anno negativo per tutti dal punto di vista commerciale, con un calo di vendite nell’intorno del 20% rispetto al picco del 2021, causa normalizzazione dalle restrizioni del Covid. È stato però anche un anno in cui i margini sono migliorati (leggi meno sconti ai clienti) e ci si è avvicinati al punto di sostenibilità economica, che però non è stato raggiunto da nessun operatore salvo che per Bernabei, la cui struttura è però non interamente chiara. Un’altra considerazione che appare evidente dai dati (numerose tabelle disponibili all’interno del post) è che la volontà dei soci di investire in queste aziende ne ha determinato in larga parte la spinta commerciale. I soci hanno messo oltre 50 milioni in Tannico dal 2016 a questa parte, inclusi quelli per l’acquisizione francese, e nel 2022 le vendite erano a 70 milioni, quasi 20 sono quelli messi in Vino.com e l’azienda è la seconda in Italia con 35 milioni di fatturato. Bene procediamo con l’analisi all’interno dove trovate dettaglio di fatturati, margini, utili e perdite, contributi dei socie e peso del magazzino sul fatturato.

    Tannico è il leader italiano nell’ecommerce di vino se consideriamo l’acquisizione francese, con 70 milioni di fatturato. Resta il leader italiano per le vendite in Italia con 30 milioni nel 2022, mentre come entità legale sarebbe in teoria stato superato da Vino.com sia nel 2021 (43 a 33 milioni) che nel 2022 (35 contro 32).
    Ad ogni modo, il 2022 è stato un anno di calo per tutti. -5% per Tannico senza l’acquisizione (2x con Ventealaproprieté), -20% per Vino.com, -28% per Bernabei, -10% per Xtrawine, -5% per Callmewine.

    I margini sono migliorati per tutti e sono mediamente il 28% del fatturato: stiamo parlando di quello che resta dopo il costo del venduto e prima dei costi di spedizione e magazzino. Il margine più elevato è di Tannico (31%), il più basso quello di Xtrawine (26%). Tutti salvo Bernabei, chi più chi meno, continuano a perdere soldi a livello di utile netto come potete vedere dalla tabella sotto, partendo dagli 8 milioni di perdita di Tannico fino alla più moderata di 1 milione di Callmewine e Xtrawine (che però sono molto più piccole).
    Trovate poi una tabella con l’apporto dei soci per Tannico (51 milioni), Vino.com (19 milioni), Callmewine (4 milioni) e Xtrawine (1 milione) dal 2016 a questa parte.
    E, per finire, un indicatore interessante sull’efficienza di questi operatori: il peso del magazzino a fine anno sulle vendite. Come vedete il più efficiente e l’unico in miglioramento sembra Vino.com con soltanto l’8% mentre Tannico sale al 20% probabilmente per l’acquisizione di Ventealaproprieté che han un modello diverso. Il calo del fatturato visto nel 2022 determina per tutti gli altri operatori un appesantimento del magazzino relativamente al fatturato.

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    I prezzi all’origine del vino – aggiornamento 2023 – dati ISMEA

    Il lavoro di oggi riguarda I prezzi dei vini all’origine come riportati da ISMEA, fonte di questi dati. Il loro andamento è ovviamente legato alle dinamiche vendemmiali, anni ricchi portano a prezzi bassi e annate avare come l’ultima portano a una tensione dei prezzi. La principale osservazione del post di oggi è proprio quella relativa all’incremento dei prezzi osservato nella parte finale del 2023, a fronte di una media annua che nel suo complesso ha visto prezzi leggermente inferiori al 2022. Lo è però soprattutto per la categoria dei vini comuni, che “escono” dal 2023 con un prezzo del 40% superiore a quello dell’anno scorso (vedere tabella e grafico), mentre la situazione è molto più stabile per i vini di qualità e IGT, i cui prezzi erano in proporzione più elevati di quelli dei vini comuni a fine 2022 e sono ora, sempre in proporzione, più bassi. Vi includo poi la tabella con i prezzi medi delle denominazioni del 2023, che si sono mossi nell’ambito di un trend generale in calo del 2% circa, guidato dalla diminuzione dei prezzi dei vini bianchi (-5%) e da vini DOC/DOCG rossi invece stabili. Passiamo a una breve analisi dei dati, che trovate completi nel post. Tutti i numeri scaricabili nella divisione Solonumeri.

    Con un indice uguale a 100 per i prezzi del 2010, ISMEA calcola che i prezzi dei vini all’origine siano stati 157 in media nel 2023, leggermente meno del corrispondente dei prezzi agricoli in generale, che ha chiuso a 168. Quindi, dopo anni in cui il vino mostrava un “pricing power” superiore agli altri prodotti agricoli (fine 2021 come vedete in tabella: 147 vini, 131 prodotti agricoli), l’ondata inflazionistica del 2022-23 ha ribaltato la situazione, vedremo se stabilmente.
    Nell’ambito dei vini, in media il 2023 ha visto tendenze coerenti: -2% per i vini in generale, +2% per i vini comuni, -2% per i vini DOC/DOCG, -3% per i vini IGT. Quello che è invece più importante è il dato “di uscita”: i vini comuni hanno avuto un’impennata negli ultimi mesi del 2023, e sono a 202, ossia il doppio del 2010, mentre i vini DOC e IGT non sono stati influenzati dalla scarsa vendemmia 2023.
    Infine vi riporto le tabelle dei prezzi medi DOC/DOCG bianchi e rossi, che forse meriterebbero un post a parte. Bianchi in media calanti, e segnalo Marsala, Prosecco, San Severo e Alcamo; rossi invece stabili secondo l’indice ISMEA, con crescite per Valpolicella, Etna, Lago Di Caldaro e in misura un po’ inferiore Barbaresco, Friuli Grave Cabernet, Castelli Romani e Barbera del Monferrato. Cali invece tra i rossi per Castel del Monte (-16%), Chianti (-15%), Dolcetto (-14%).
    I prezzi in assoluto vedono il Brunello di Montalcino sfiorare i 1000 euro a ettolitri, con il Barolo a 910 euro e tra i bianchi tre denominazioni intorno ai 300-350 euro per ettolitro: Conegliano Valdobbiadene, Cortese di Gavi e base spumante Trento DOC.

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    Il consumo di vino in USA – aggiornamento Wine Market Council 2021-22

    Diciamolo subito: senza l’intelligenza artificiale non avrei mai trovato questo materiale del Wine Market Council.
    Il Wine Market Council dicevo appunto sviluppa statistiche sulla struttura dei consumi americani di vino. Come potete immediatamente leggere dalle statistiche soltanto un terzo degli americani consuma vino, mentre quasi il 40% non beve niente o quasi niente. Ci troviamo dunque di fronte a un mercato grande ma “diverso” da quelli vicini a noi. Innanzitutto, per gli americani il consumo “abituale” non è giornaliero. Soltanto il 7% di quel 33%, quindi il 2% degli americani beve vino giornalmente. È più da intendere come abitudine settimanale (la metà dei bevitori) o anche meno che settimanale (circa il 45%). C’è poi un tema di fasce di età, che invece accomuna credo tutti i paesi del mondo: i giovani bevono meno vino e più bevande alcoliche, forse per le abitudini della loro età (e allora si trasformerà), ma forse anche per stili di consumo diversi. Così si scopre che a fronte del 40% circa di americani 70enni o più che bevono vino, meno del 30% della fascia 21-29 anni lo fa. Il tutto nell’ambito di un consumo di vino che in % alla popolazione totale è arrivato nel 2021 al minimo degli ultimi anni (la storia arriva al 2015), con un calo sia dei consumatori abituali che di quelli sporadici (il che differisce dai nostri mercati in cui i primi scendono e gli altri salgono). Ah, ultima cosa non meno importante: le donne consumano più vino che gli uomini, non viceversa come da noi! Bene, se vi interessa l’argomento nel resto del post ci sono ulteriori dettagli, grafici e tabelle.

    Il consumo di bevande alcoliche in USA copre il 72% della popolazione oltre 21 anni, ossia 251 milioni di americani. Di questi, il 10% beve raramente, il 29% beve bevande alcoliche che non sono vino, il 15% beve vino ma non più di una volta al mese, mentre il rimanente 18% beve vino con una frequenza almeno settimanale.
    Soltanto il 2.3% della popolazione americana in età compatibile con il consumo di bevande alcoliche beve vino con una frequenza giornaliera. Giusto per confronto, se leggete i post relativi a Francia e Italia trovate questa penetrazione all’11% e al 17% rispettivamente.
    I bevitori abituali di vino (quindi “settimanali”) sono poi in proporzione all’età dal 16% della popolazione giovane al 23% della popolazione di ultra70enni. Lo stesso in realtà vale per quelli sporadici (“mensili o meno”), dal 13% dei giovani al 16% degli anziani.
    Altre considerazioni sembrano essere interessanti: gli astemi sono meno tra i giovani che tra gli anziani: 20-25% contro 37%. Come già sappiamo guardando i nostri dati, i giovani bevono “altre bevande alcoliche”: il 35% del totale contro il 14% del totale.
    Chiudo con un paio di considerazioni ulteriori altrettanto interessanti: in USA sono più le donne che gli uomini a bere vino (28% contro 38%), mentre dal punto di vista della provenienza, soltanto gli ispanici bevono meno vino (ma più altre bevande, presumibilmente birra).

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    Produzione e consumo di vini rosati (dati 2000-2021) – rapporto OIV

    L’OIV ha spesso guardato al segmento dei vini rosati con dei focus speciali. Ci ritorniamo sopra oggi, sempre grazie ai dati OIV ma relativi al loro rapporto annuale che ha coinvolto tutte le categorie di vino e che potete trovare scorrendo i post degli ultimi giorni. I vini rosati sono senza dubbio una categoria in crescita, ma con un “footprint” un’orma ancora molto concentrata e con una rappresentatività molto limitata: 10% dei consumi e 8% della produzione nella media secondo OIV 2017-2021, per un totale poco sopra i 20 milioni di ettolitri. Però con un trend positivo, essendo passati dall’8.7% al 9.5% del consumo mondiale, da 20 a 23 milioni di ettolitri tra il 2000-2004 e il 2017-2021. Come vedrete dai grafici e dalle tabelle che seguono il segmento dei vini rosati è guidato chiaramente da Francia e USA per quanto riguarda i consumi e si aggiunge la Spagna quando si considerano i dati produttivi, mentre l’Italia ha posizioni marginali, intorno o meno del 4% sia per quanto produciamo che per quanto beviamo. Il primo grafico vi aggiunge una curiosità: quanto è il vino rosato in proporzione al vino totale. E qui leggiamo l’Uruguay davanti a tutti (avrei immaginato vini rossi in preponderanza, viste le carni che hanno), ma anche come già citato in precedenza che i francesi bevono secondo OIV più vino rosato che vino bianco. I dati 2021 aggiungono una seconda cuiriosità: i francesi sembrerebbero produrre meno vino rosato di quello che bevono, mentre gli americani al contrario sono in surplus: quasi un “controsenso” nel contesto normale del vino mondiale! Bene, passiamo a una breve analisi dei dati.

    Secondo OIV, nel 2014-2021 il 32% del vino rosato mondiale è prodotto in Francia, una quota in crescita relativa nel tempo, visto che era il 27% nel 2007-13 e il 24% nel 2000-2006. Questo aumento di quota è andato a discapito degli spagnoli, scesi al 19% del totale mondiale dal 26% inizio secolo, mentre gli USA si sono mantenuti poco sotto il 20%. L’Italia come dicevamo è lontana, rappresenta solo il 5% del totale mondiale.
    Se guardiamo ai dati 2021 in particolare e in ettolitri, la Francia ha prodotto 6.5 milioni di ettolitri, la Spagna 3.7, gli USA 3.4 e l’Italia poco più di 1.
    Passando al consumo, la Francia guida con il 37% del totale mondiale nel 2014-21 (più basso di inizio secolo ma in ripresa rispetto al 2007-13), poi gli USA stabili nel tempo al 14%, i tedeschi intorno all’8%, gli inglesi al 6% e gli italiani al 4%. Di nuovo passando ai dati in ettolitri 2021, OIV stima che i francesi abbiano bevuto 7.6 milioni di ettolitri (nota bene: più di quello che hanno prodotto!), gli USA 3.2 (nota bene: meno di quello che hanno prodotto, unica categoria del vino in cui sono “autosufficienti”), i tedeschi 1.7 e gli inglesi 1.6.

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    Consumo di vino in Francia (dati 2022) – confronto con Italia e focus sui giovani

    Fonte: France AgriMer
    Le indagini sui consumi di vino destano sempre il mio interesse, sia per capire le differenze tra diverse culture, sia soprattutto per capire se e quanto il settore del vino sarà soggetto a un declino nel lungo termine. Il rapporto sui consumi di vino in Francia è costruito in modo simile a quello italiano e sottolinea un calo strutturale nel consumo di vino, soprattutto nel segmento dei giovani. Il confronto con i dati italiani mette però in luce importanti differenze. Innanzitutto il consumo di vino in Francia è più diffuso che in Italia: il 63% dei francesi beve vino contro il 55% degli italiani. In secondo luogo, la preoccupazione del calo della penetrazione tra i giovani francesi non si vede nel mercato italiano. Come mai? Il consumo di vino tra i giovani in Francia viene da % elevatissime: nel 2015 il 67% dei giovani tra 18 e 24 anni consumavano vino contro il 40% degli italiani. È ovvio che ora sono scesi al 54%, mentre in Italia da una base più bassa si è saliti grazie al consumo sporadico (e credo al prosecco e agli aperitivi) al 45%. Idem per la fascia di 25-34 anni (35 per i francesi, ma fa niente): loro partivano dal 72%, noi dal 54% della popolazione nel 2015, loro hanno perso 5 punti e noi ne abbiamo guadagnati 4. Dunque tirando le fila, sembra chiaro che i francesi bevono di più (il 81% beve bevande alcoliche contro il 66% in Italia) e che dunque avranno più da perdere in futuro, anche se c’è un numero che non torna nel ragionamento: soltanto l’11% dei francesi beve vino tutti i giorni contro il 17% degli Italiani. Passiamo a qualche dato in più.

    Il rapporto sul consumo di vino e bevande alcoliche confronta i dati 2022 con il 2015, mostrando un incremento dal 33% al 37% delle persone che non bevono vino in Francia, mentre i consumatori regolari sono scesi dal 16% all’11% della popolazione. Sono anche in calo quelli che i francesi chiamano “sporadici frequenti”, dal 21% del 2015 al 19%, mentre crescono gli “sporadici rari”, dal 30% al 32%.
    Ovviamente l’età dei consumatori è un fattore importante (e perdonerete il copia-incolla brutale del grafico). I non consumatori sono inversamente proporzionali all’età (salvo a età avanzate, per motivi di salute), il contrario per i consumatori. Vedrete però che chi consuma vino tutte le settimane è meno del 30% della popolazione in tutte le fasce di età.
    Il confronto con l’Italia che proponiamo nell’apertura è particolarmente interessante e mostra chiaramente come il consumo di vino sia più radicato in Francia che in Italia, soprattutto mi viene da dire tra i giovani. Le percentuali di consumo sono molto diverse anche nel 2022, nonostante la convergenza: il 54% dei francesi tra 18 e 24 anni consuma vino contro il 45% degli italiani, il 67% contro il 59% dei 25-34enni. Dall’altra parte è anche vero che secondo le indagini ISTAT il 17% degli italiani beve ancora vino tutti i giorni, mentre secondo l’istituto francese France Agrimer questa abitudine è propria soltanto dell’11% dei francesi.

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    Produzione e consumo di vini bianchi (dati 2000-2021) – rapporto OIV

    Il segmento del vino bianco sta prendendo sempre più spazio col passare degli anni, insieme ai vini rosati. OIV calcola che il suo consumo sia passato dal 40% al 42% tra il 2000-2004 e il 2017-2021 su un totale a sua volta passato da 232 a 239 milioni di ettolitri. Il che significa da 93 a 101 milioni di ettolitri nel giro di… 17 anni diciamo. La produzione si è mossa di conseguenza, passando dal 46% al 49% del totale mondiale, ossia da 124 a 131 milioni di ettolitri (qui bisogna ricordare che parte del vino bianco viene utilizzato per produrre brandy, cognac e via dicendo e nel totale prodotto c’è questo contributo di circa 30 milioni di ettolitri, mentre non viene giustamente incluso nella parte dei consumi). La seconda cosa da ricordare quando si guardano questi numeri è che il vino spumante fa parte della categoria del vino bianco e quindi viste le abitudini di consumo degli ultimi anni… aiuta. Essendo l’Italia il maggior produttore mondiale di vino anche nel segmento del vino bianco siamo in cima alla classifica per quanto riguarda la produzione, 29 milioni di ettolitri nel 2021 puntuale e il 21% circa della produzione media mondiale 2014-2021, davanti a Francia, Spagna e USA. Nel segmento del consumo sono proprio gli americani a essere cresciuti nel corso degli anni, seguiti da noi italiani, dai tedeschi e poi dai francesi. Bene, passiamo a una breve analisi dei dati.

    La fotografia della produzione 2021 di vini bianchi vede l’Italia al vertice con 29 milioni di ettolitri, seguita dalla Francia con 18, Spagna 17 e poi USA a 13. Vengono poi Sud Africa, Argentina e Germania nell’intorno dei 6m/hl. Questa gerarchia si ripresenta immutata anche guardando le % medie 2014-2021 (su un totale non dichiarato), con Italia al 21%, Francia al 15%, Spagna al 14% e USA all’11%.
    Nei consumi è evidente invece la “scalata” americana, dove sono passati dal 13% del consumato mondiale nel 2000-2006 al 19% nel 2014-2021, con l’Italia che ha perso quota negli anni centrali del 2007-13 per poi stabilizzarsi al 13% del consumo mondiale, la Germania stabilmente all’8% del totale e poi la Francia che perde gradualmente quota nel tempo scendendo al 7% del totale mondiale. Il dato in ettolitri relativo al 2021 dice USA 18 milioni, Italia 14, Germania 8 e Francia 6.6, stesso livello del Regno Unito all’incirca.
    Mettendo tutto insieme si ripresenta il “surplus” produttivo italiano (21% della produzione, 13% dei consumi 2014-21), ma anche Francese (15% contro 7%) e soprattutto spagnolo (14% contro 4%). In questo caso, e a differenza di quanto commentato per i vini rossi, la situazione appare meno preoccupante, proprio per la presenza nel totale del vino spumante, una categoria che segue logiche parzialmente differenti da quelle del vino fermo.

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