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    Sul perché lo Champagne sarà sempre di più un vino da collezione

    L’ascesa dei prezzi dei vini pregiati è probabilmente arrivata a un punto di stabilizzazione dopo gli eccessi degli ultimi anni. È però vero che alcune zone vinicole mondiali continuano a crescere nelle cantine dei collezionisti di vino. Il caso dello Champagne, che oggi analizziamo più in dettaglio, è uno di questi. Pur essendo un vino spumante (perdonate il sostantivo al limite del volgare), Champagne è un po’ una categoria a sé stante come lo è, come posso dire, Moncler nei piumini o Rolex negli orologi. E il valore nel tempo dello Champagne è stato a lungo sottostimato, per una combinazione di stereotipi, per esempio che i vini spumanti vanno bevuti giovani perché le “bollicine” si perdono nel tempo. Se invece provate a lasciare vent’anni una bottiglia di ottimo Champagne in cantina posso dirvi che avrete una buona probabilità di bere un grande vino. Forse la sottostima deriva anche dal fatto che si tratta di un vino storicamente molto legato alla celebrazione di eventi (si ricorda l’enorme picco di vendite registrato per festeggiare la fine del millennio, che qualcuno aveva anche scambiato per la fine del mondo). Invece oggi il discorso si è ribaltato. Un grande aperitivo ha nello Champagne probabilmente la sua espressione più elevata e l’evoluzione del gusto (e della cucina) ha portato gradualmente a un consumo più diffuso all’interno dei pasti. L’articolo continua…

    Fu così che il numero degli Champagne nella classifica del Liv-Ex crebbe cresciuto gradualmente ma costantemente nel corso degli anni, tanto da contarne nove nella classifica dei “100” nel 2022. E di questi nove, ben tre, Dom Perignon, Louis Roederer e Krug sono addirittura classificati nei primi 10 posti lo scorso anno. Alcuni di questi come Salon, Dom Perignon o Roederer sono addirittura sempre stati nella classifica del Liv-Ex da quando la guardiamo (2011), con una posizione media di tutto rispetto, all’interno dei primi 50 in media nel periodo.
    E i prezzi, sono cresciuti di conseguenza, anche se come sta capitando per tutti i vini pregiati, l’andamento nel corso del 2023 è stato negativo. Nel caso degli Champagne, dopo aver moltiplicato per quasi 8 volte i prezzi dal 2003 a ottobre 2022, i prezzi sono scesi del 20% circa negli ultimi 12 mesi. L’incremento è sempre molto importante rispetto allo storico (circa 7 volte a fine ottobre 2023 rispetto a gennaio 2023) ma il calo è più marcato di altre categorie, come i vini di Borgogna (-16%), Bordeaux (-12%) o i grandi vini italiani (-6%).
    Viene quindi da domandarsi se è il momento di comprare. Alcuni segnali il mercati “adiacenti” come il mercato azionario ci sono: l’inflazione rallenta, le banche centrali sono meno propense a ulteriori rialzi dei tassi di interesse (anzi qualcuno inizia a speculare che tra qualche mese si comincerà a ribassarli) e il mercato azionario riprende fiato dopo un fine estate difficile. Il mercato dei grandi vini potrebbe a un certo punto beneficiarne. E nel caso dello Champagne dobbiamo sempre ricordarci che i cinesi non sono ancora arrivati, e quando arrivano loro di solito fanno piazza pulita.
    Quindi, difficile dire se stiamo ancora afferrando un coltello mentre cade (come si dice nel gergo borsistico), ma certamente la categoria dello Champagne è destinata a ricoprire un ruolo importante nel panorama dei grandi vini da collezione.

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    Germania – mercato e consumi di vino – aggiornamento 2022

    Oggi guardiamo un po’ I dati dei consumi di vino e bevande alcoliche in Germania, sfruttando I dati puntualmente pubblicati dal German Wine Institute. La considerazione che in Germania si bevono sempre meno bevande alcoliche è valida anche nel 2022, anche se il ritmo di decrescita sembra essere meno accentuato che in passato. L’Istituto calcola che il calo sia di circa 1 litro, da 121 a 120 litri, questa volta però interamente concentrato nel segmento del vino fermo, stimato in calo da 20.7 a 19.9 litri pro capite. Il calo (che moltiplicato gli 80 milioni e più di tedeschi non è poco i valore assoluto, circa 0.5 milioni di ettolitri) è equamente distribuito tra vini locali e vini importati, che contano rispettivamente 9 e 11 litri pro capite circa. È invece curiosa questa tendenza verso il consumo di vini locali bianchi, a cui però non corrisponde un andamento simile per il totale del mercato, che invece resta stabile nella quota di vini rossi, mentre i vini rosati sembrano prendere qualche punto percentuale ai vini bianchi. Come dire che i tedeschi bevono sempre meno vini bianchi esteri e sempre più vini bianchi locali, e viceversa per i vini rossi. Torna poi il grafico sui canali di distribuzione del vino, che allego alla fine senza particolari commenti da fare: il mercato è dominato dalla grande distribuzione e discount, 64% del totale, con una quota di vendite online dell’11% circa e il resto distribuito tra enoteche e vendita diretta. Per ulteriori dettagli, proseguite nella lettura.

    I consumi di vino in Germania sono calati da 20.7 a 19.9 litri pro capite secondo DWI, scendendo sotto la soglia dei 20 litri per la prima volta dal 2000. Sono invece stabili i consumi di vino spumante, 3.2 litri pro-capite.
    Ora se prendo i dati per come sono quest’anno e come erano l’anno scorso arrivo a un consumo di birra stabile, da 91.7 a 91.8 litri procapite. Però il documento di quest’anno mi propone una serie di dati passati sulla birra più bassi, talchè bisognerebbe dire che il 91.8 di quest’anno si confronta con 89.4… preferisco tenermi i dati che ho, sembrano più coerenti.
    Quindi in totale sono 23 litri di vino in totale a persona contro 24 dello scorso anno. Abbiamo la suddivisione per la quota dei vini fermi, che è 11.3 litri (da 11.8) per quello importato e 8.6 litri (da 8.9 per quello locale).
    Nel vino locale la le quote bianco/rose/rosso sono 59/11/30, con i bianchi al massimo storico e i rossi al minimo storico: chiaro trend. Per il mercato totale le quote sono 40/13/47, e qui la musica cambia: i bianchi addirittura calano leggermente, i rossi sono stabili e i vini rosati crescono.

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    Francia – esportazioni di vino – dati primi 9 mesi 2023

    Non arriva un buon segnale dalle esportazioni francesi di vino di settembre, che ho quasi guardato per caso. Se I dati sono corretti (ho un piccolo dubbio sul fatto che siano completi), dopo un agosto “bruttino” a -8%, il dato di settembre segnala un tonfo del 21% (e comunque intorno al -17/18% anche rimontando un paio di dati regionali mancanti nella rilevazione di settembre). Ciò ovviamente va messo nel contesto di un andamento fino a luglio decisamente migliore di quanto ha fatto l’Italia ma rappresenta anche un segnale non positivo per quanto riguarda il nostro export (che già sta soffrendo, -1.4% nei primi 8 mesi dell’anno). Tornando alla Francia con questi due mesi terribili le esportazioni nei primi 9 mesi calano dell’1.7% a 8.9 miliardi di euro, con un forte deterioramento dal dato semestrale che segnava ancora +3%. Il rallentamento più forte è quello dello Champagne che passa da un +8% a un dato stabile (3 miliardi di euro) con i volumi che passano da -5% a -10% tra il semestre e i 9 mesi. Il “resto della Francia” che come mix è il più simile alla tipologia di export italiana è invece quello che ha subito il rallentamento minore, da -2% a -5%. Passiamo ad analizzare qualche numero insieme. I dati completi sono alla fine del post.

    Le esportazioni dei primi 9 mesi del 2023 della Francia calano dell’1.7% a 8.85 miliardi di euro, con un volume esportato di 9.5 milioni di ettolitri (-9%) e un prezzo mix di 9.33 euro al litro, positivo per il 9%.
    Il dato per lo Champagne è 3 miliardi di euro, composto da 877mila ettolitri, -10%, e un prezzo medio di export di 34.6 euro al litro, +12%. Il dato puntuale di settembre per lo Champagne è -24% per 347 milioni di euro.
    Bordeaux e Borgogna a settembre sono invece in calo del 20% e del 14% rispettivamente. Nei 9 mesi, per Bordeaux il dato è -1.4% e 1.7 miliardi di euro, con un calo del volume dell’11% e un prezzo mix in crescita dell’11% a 15 euro al litro. Per la Borgogna i dati sono ancora leggermente positivi, con un export di 1.05 miliardi di euro e +2.3%, fatto da -8% in volume e +12% in prezzo, che tocca il rimarchevole livello di 24.5 euro al litro.
    Tutto il resto cuba 3.1 miliardi di euro e cala del 5%, con una diminuzione del volume del 9% a 7.1 milioni di ettolitri e un incremento del prezzo medio del 4.6% a 4.35 euro al litro.
    Buona consultazione.

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    Il commercio mondiale di vini sfusi – aggiornamento 2022

    Il grafico qui sopra credo fornisca un quadro piuttosto chiaro dell’evoluzione del mercato mondiale dei vini sfusi, almeno dal punto di vista dei volumi: declino strutturale. Le ragioni possono essere diverse. La più evidente è forse quella della qualità, meno vino ma più buono, e questo va in bottiglia. Però la spiegazione non può fermarsi qui. Per esempio, la Nuova Zelanda esporta vino sfuso a un prezzo molto più alto della media, il che significa che lo spediscono per l’imbottigliamento locale vino sfuso. Penso che questo sia possibile grazie alla scala rilevante (tanti volumi) delle operazioni delle aziende locali, oltre che dalla mancanza di regole (sempre locali) che obblighino all’imbottigliamento locale del prodotto. I numeri del 2022 di UN Comtrade danno un valore esportato di 2.66 miliardi di euro, +6% sul 2021 ma molto meno dei 3 miliardi e più degli anni pre-Covid e un volume scambiato di 35 milioni di ettolitri, -6%, in calo da ormai qualche anno. La Spagna domina, la Nuova Zelanda cresce, l’Italia recupera nel 2022 ma resta ben sotto i livelli del passato. Passiamo a un breve commento dei principali dati.

    Con una quota di mercato del 20% del valore scambiato e del 33% del volume totale, la Spagna domina il trade mondiale di vini sfusi. Nel 2022 sono stati esportati 11.5 milioni di ettolitri per un valore di 534 milioni di euro (+11%, ma -2% annuo su 5 anni). Il prezzo medio risultante 46 euro a ettolitro contro la media di 76 vi può dare l’idea del “tipo” di leadership della Spagna, basato sull’esportazione massiccia di volumi di prodotto di qualità medio bassa.
    La Nuova Zelanda invece sta in questo post “per sbaglio”, nel senso che esportando a una media di 283 euro per ettolitro, ovviamente non sta vendendo prodotto da usare per produrre altri vini, ma sta semplicemente (immaginiamo) spedendo cisterne di vino nei mercati di destinazione per l’imbottigliamento in loco. Con 341 milioni di euro è la seconda nazione in questo segmento, con una quota di mercato del 13% e un incremento del 19% (+8% annuo dal 2017).
    L’Italia torna a essere il terzo player, con 304 milioni di vendite e 3.74 milioni di ettolitri di esportazione, al pari dell’Australia in volume che lo scorso anno l’aveva superata. I dati sono migliori del 2021 (+13% a valore) ma si inseriscono in un trend discendente (-5% annuo su 5 anni).
    Gli altri esportatori di vino sfuso sono l’Australia, con 303 milioni, ossia uguale all’Italia, il Cile con 286 milioni di euro e la Francia, più distante, con 186 milioni di euro. Nessuno di questi esportatori ha una variazione positiva sul quinquennio.

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    Esportazioni di vino Italia – aggiornamento agosto 2023

    I dati ISTAT sulle esportazioni di vino di agosto sono sostanzialmente allineati a quanto visto negli ultimi mesi, forse con qualche timido segnale di miglioramento che però essendo agosto va preso molto con le molle. Dunque le esportazioni calano del 3% nel mese (era -4/-5% nei mesi immediatamente precedenti) ma si vede un rimbalzo dei volumi +3% (in calo quasi sempre nell’ultimo anno con rare eccezioni). In valore assoluto le nostre esportazioni sono 5 miliardi di euro negli otto mesi, -1.4% rispetto a 5070 milioni lo scorso anno, quindi con una perdita di 69 milioni di euro in valore assoluto. I volumi sono 14 milioni di ettolitri, -1% con una perdita di 141 mila ettolitri. Forse il discorso è semplicistico ma un calcolo vi fa rendere l’idea di quello che sta succedendo. Se prendiamo USA e Canada insieme, fanno 1411 milioni di euro fino ad agosto, mentre lo scorso anno, stesso periodo facevano 1569 milioni. Quindi sono quasi 160 milioni in meno rispetto ai 70 circa persi a livello “mondo”. Come dire, tutto il resto cresce salvo che per il Nord America. Prima di passare ai dettagli, va notato che in agosto è stato negativo anche l’andamento degli spumanti, -1.5% nel mese, soltanto il secondo segno “-“ nell’era post Covid.

    Con 550 milioni di euro in agosto, -2.8% sul mese 2022, il commercio estero del vino italiano acuisce il calo da inizio anno all’1.4%, per 5 miliardi di euro, mentre se si valuta il dato sugli ultimi 12 mesi, i 7801 milioni restano ancora leggermente (+1%) sopra il dato corrispondente.
    I dati sui volumi sono leggermente meno negativi negli ultimi mesi, tanto che in agosto si è rivisto un incremento del 3% ma sono allineati ai valori sui primi 8 mesi (-1%) e restano più negativi sugli ultimi 12 mesi (-1.5% a 21.8 milioni di ettolitri).
    I dati di agosto sono più volatili del solito, visto i numeri più bassi. Ad ogni modo, i mercati più negativi tra “i grandi” sono certamente USA e Canada -9% e -20% nel mese, per un saldo da inizio anno di -8% e -18%. Per il resto troviamo dati piuttosto “discordanti” rispetto ai trend dei mesi precedenti, con per esempio a Russia in forte calo in agosto e a Francia praticamente stabile, contro dati molto più positivi del passato. Viceversa, Germania e Regno Unito hanno dati migliori.
    Se guardiamo alle categorie, i vini fermi in bottiglia sono in calo de 5% nel mese di agosto, e portano i saldo alla fine di agosto a -3.3%. I vini sfusi sono a +11% nel mese e a +3% da inizio anno e i vini spumanti restano su un +3% da inizio anno ma hanno un mese negativo in agosto (-1.5%).
    Vi lascio alla consultazione delle tabelle.

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    Vendite al dettaglio di vino (GDO Italia) – dati Circana, primi 9 mesi 2023

    Fonte: dati Circana rielaborati da inumeridelvino.it
    Le vendite al dettaglio di vino proseguono nel rallentamento anche nel terzo trimestre 2023, che ha visto la GDO segnare un incremento di vendite del 2%, fatto di un calo dei volumi del 3% e di un aumento dei prezzi ancora sostenuto, del 5% anno su anni. Gli spunti di riflessione non sono diversi da quelli già fatti in passato: nei vini fermi i rosati crescono più di tutti (da una base molto limitata), +5% circa, quelli bianchi sono a +3% (un po’ meglio del primo semestre), mentre quelli rossi, già più deboli che in passato passano in territorio leggermente negativo. Si tratta anche di una questione di prezzo: i vini rosati e fino ad ora quelli bianchi sono stati mediamente un po’ meno cari dei rossi. Gli spumanti mantengono un trend decisamente più sostenuto (+7%) grazie ai volumi ancora leggermente in crescita, mentre per quanto riguarda l’andamento del prezzo medio siamo all’incirca sui medesimi livelli del vino fermo, 6% contro 5%. Bene, ci avviciniamo all’ultimo trimestre, che lo scorso anno era stato il 31% delle vendite di vino fermo e il 37% delle vendite di vino spumante… come dire, un trimestre che vale un quadrimestre. E ci avviciniamo purtroppo con dei dati macroeconomici piuttosto deboli (PIL invariato nel terzo trimestre, fiducia dei consumatori bassa) e probabilmente bollette un po’ più care… vedremo a inizio febbraio. Intanto facciamo una breve analisi dei dati.

    Le vendite al dettaglio di vino nel terzo trimestre sono state 713 milioni nella GDO, +2%, con un incremento dell’1% dei vini fermi, 547 milioni, e del 6.6% degli spumanti italiani, 159 milioni di euro. Lo Champagne scende del 17% ma vale solo 7 milioni. Sui 9 mesi le percentuali sono leggermente migliori: +3% per il totale (2.1 miliardi di euro), +2.3% per i vini fermi, 1636 milioni, e +6.3% per gli spumanti 435 milioni.
    I volumi sono alla base del rallentamento di cui sopra. Calano del 3% per il totale a 1.75 milioni di ettolitri, di cui 1.5 milioni di ettolitri sono vini fermi (-3.5%). Si tratta comunque di un calo in leggera moderazione, visto che i 9 mesi sono -4% per 5.3 milioni di ettolitri.
    Nei grafici allegati trovate diversi dettagli, dove si evince dove stiamo rispetto alla base del 2019: le vendite in euro sono del 13% superiori per i vini fermi (in quasi 4 anni), del 40% più alte per i vini spumanti. I volumi di vendita sono calati del 2.5% per i vini fermi e cresciuti del 26% per i vini spumanti.
    Andando più a fondo trovate una leggera ripresa per i vini a denominazione, per quanto la categoria migliore sia stata quella dei vini IGT nel corso del 2023. I vini comuni si sono stabilizzati dopo il rimbalzo del 2022. Nel segmento degli spumanti, come vedete sono sempre gli “Charmat secchi” a guidare la crescita, ormai al +50% sul 2019. LEGGI TUTTO

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    La classificazione per fasce dei grandi vini secondo Liv-Ex – aggiornamento 2023

    Nel 1855 in occasione dell’Esposizione Universale di Parigi e per iniziativa di Napoleone III i francesi introducevano il sistema di classificazione dei vini di Bordeaux in cinque fasce di qualità, sulla base della reputazione e del costo di produzione dei vini. Questo sistema è immutato da quell’anno, se si fa l’eccezione per paio di modifiche, nel 1856 e nel 1973 (Château Mouton Rothschild passato dalla seconda alla prima fascia). Se ci pensate, una iniziativa straordinariamente lungimirante e anticipatrice dei tempi.
    L’argomento del post di oggi è la rielaborazione in chiave commerciale di questa classificazione, fatta dal Liv-ex, con due importanti differenze. La prima è che i vini non sono solo di Bordeaux ma sono tutti i vini pregiati del mondo. La seconda è che il sistema si basa su un parametro essenziale: il prezzo medio a cui questi grandi vini sono scambiati sulla piattaforma. Ovviamente, di quello che stabilirono nel 1855… non c’è rimasto molto. Partiamo con qualche considerazione.

    I vini nella classifica sono circa 296, di cui circa 200 francesi e un centinaio dal resto del mondo e dentro il resto del mondo l’Italia rappresenta i due terzi. La prima cosa curiosa in questa nuova classifica è che… non è una piramide (vedere grafico). Come mai? Se volessimo fare una vera piramide con tre lati uguali, dei 296 vini soltanto 12 finirebbero in prima fascia e… di questi 12 neanche uno dei cinque Bordeaux del 1855 finirebbe nella selezione, dominata dai vini della Borgogna. Meno che meno apparirebbero vini italiani, relegati nella seconda fascia. Dunque? Immaginerei che oltre all’opportunità commerciale di avere una prima fascia e seconda fascia “cicciottella”, non sarebbe stato simpatico mettere completamente al bando il lavoro del 1855!
    Fatto questo cappello introduttivo, guardiamo a chi sta dove. La classifica generale vede primeggiare senza troppe sorprese tre vini di Domaine de la Romanée-Conti: il Romanée-Conti, La Tâche e il Richebourg. Prezzi per bottiglia? 19500, 5500 e 4300 sterline rispettivamente. Poi viene lo Chambertin di Armand Rousseau (3700 sterline) e il primo Bordeaux, Chateau Petrus a 3351 sterline.
    Nella prima fascia ci sono otto vini italiani, sul totale di 63. Abbastanza sorprendentemente, non è il Barolo Monfortino Riserva di Giacomo Conterno a primeggiare, bensì il Barolo Pié Franco di Cappellano, con 874 sterline rispetto a 829 del Monfortino. Con questi altri tre baroli piemontesi sono presenti (il Monvigliero di GB Burlotto, il Brunate di Giuseppe Rinaldi e il Falletto Vigna le Rocche Riserva di Bruno Giacosa), mentre i vini toscani sono in totale tre: il Masseto, il Brunello di Montalcino Riserva di Biondi Santi e il Soldera Case Basse (che non è più classificato Brunello di Montalcino).
    Sono proprio il Barolo di Rinaldi e quello di Cappellano a compiere il balzo maggiore, essendo non presenti nella precedente classificazione del 2021, mentre altre nuove entrate in posizioni di primo piano sono relative ai vini di Vietti (Villero Riserva e Rocche di Castiglione), Marroneto in Toscana, Romano dal Forno in Veneto (Amarone Monte Lodoletta) e il nuovo Barolo Cerretta di Giacomo Conterno.
    Solo buone notizie? Ci sono anche alcune retrocessioni, moderate. Bartolo Mascarello, Luciano Sandrone, Chiara Boschis, Petriolo, Le Pupille, Altesino, Bibi Graetz, Elio Grasso e Sette Ponti hanno visto uno dei loro vini retrocesso di una fascia di qualità.
    Per chiudere e fare un giochetto, quale potrebbe essere la classificazione solo italiana, fatta con cinque fasce? Beh se la matematica non è un’opinione (sarò onesto, ho usato l’intelligenza artificiale per farmi dire come dividere le fasce), dei 65 vini dovrebbero essercene soltanto 3 in prima fascia e 8 in seconda. Quindi il top 3 italiano sarebbe Barolo Piè Franco di Cappellano, Barolo Monfortino Riserva di Giacomo Conterno e Masseto in Toscana.
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    Esportazioni di vino Italia – aggiornamento luglio 2023

    Per il quarto mese consecutivo le esportazioni di vino sono in calo, nel mese di luglio del 5%. A partire da giugno, a una moderata tendenza calante dei volumi (circa 2%) si è aggiunga la discesa del “prezzo-mix” per circa il 2-3% rispetto allo scorso anno che sta ribaltando il forte incremento visto negi ultimi 12 mesi anche legato all’inflazione. Come dicevamo nella newsletter di qualche giorno fa (a proposito, volete iscrivervi? Viene pubbicata solo una volta al mese! scrivetemi), il mercato più in difficoltà è il Nord America, con il Canada in calo del 17% e gli USA dell’8% nei primi 7 mesi dell’anno, e ben di più nel solo mese di luglio (-25% e -15% rispettivamente). Il danno è per ora limitato dato che le altre due colonne delle nostre esportazioni, Germania e Regno Unito, tengono appena sopra la parità e gli spumanti come categoria si mantengono in leggera crescita. Abbiamo davanti un mese relativamente tranquillo, agosto, prima del “trimestre” chiave di settembre-ottobre-novembre che sarà il banco di prova degli spumanti e certamente l’andamento del cambio non ci aiuterà, con l’indebolimento del dollaro rispetto ai livelli record del 2022.  Passiamo a un breve commento.

    Con 684 milioni di euro e un calo del 5.1% si chiude il mese di luglio per le esportazioni italiane. Da inizio anno il saldo è dunque negativo a -1.2% a 4.45 miliardi. Se guardiamo agli ultimi 12 mesi siamo a 7.81 miliardi di euro. In altre parole, se l’andamento corrente non si ribalta in una crescita nella parte finale dell’anno, l’obiettivo degli 8 miliardi appare fuori portata.
    Fino ad ora sono proprio gli spumanti che tengono, in crescita del 3.6% nel mese a 201 milioni e nei primi 7 mesi del 3.3% a 1.2 miliardi. Invece, i vini in bottiglia hanno subito un pesante calo in luglio, -10% circa, che ha portato il saldo da inizio anno a -3.1% per un valore di 2.97 miliardi di euro.
    Quali sono i paesi che contribuiscono a questo -5%? Beh, se moltiplichiamo il peso per il calo delle esportazioni ci sono tre chiari “responsabili”. Gli USA principalmente, in calo del 15% e con un peso del 22% sul totale, poi il Canada, in calo del 24% e con un peso del 5% sul totale e la Svizzera, in calo del 20% e con un peso del 4% sul totale esportato. I segni positivi sono pochi: Francia, Germania e Regno Unito nel mese di luglio.
    Nel segmento dei vini in bottiglia il discorso si ripete in termini di geografie, mentre per gli spumanti gioca a favore l’assenza del Canada tra i principali mercati e la spinta ancora importante di alcuni mercati come la Francia, il Regno Unito e l’Est Europa (Lettonia). Più dettagli nella tabella allegata.

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