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    Esportazioni di vino Italia – aggiornamento primo semestre 2025

    Le esportazioni italiane di vino nel primo semestre 2025 sono praticamente stabili a 3867 milioni di euro con un calo dei volumi di circa il 3% a 10.3 milioni di ettolitri. L’andamento è perfettamente allineato tra vini in bottiglia e spumanti, con l’unica differenza che gli spumanti hanno volumi stabili rispetto a un -3% per i vini. Al di là dell’analisi del resto del post, penso valga la pena di “anticipare” qualche considerazione che faremo nel post sulle esportazioni di vino mondiali: forse per la prima volta dal 2018 le esportazioni italiane non vanno “decisamente meglio” del totale. Guardando ai dati ancora parzialmente incompleti, il trend mondiale è stato circa -1% a valore e -2% a volume. La differenza è veramente marginale. La seconda considerazione è più editoriale: questa era l’ultima serie di dati sul vecchio e glorioso “coeweb” di ISTAT. Dal prossimo mese si passa quello nuovo, più potente ma meno immediato. La maggior parte delle tabelle (di più del solito) e dei grafici (di meno) che vedete oggi sono già “nel nuovo sistema”. Buona proseguimento della lettura.

    Le esportazioni calano dello 0.5% nel primo semestre a 3867 milioni di euro, con un -0.4% dei vini in bottiglia e dei vini spumanti a 2527 milioni e 1075 milioni rispettivamente e -1.2% per sfusi e altri prodotti.
    A fine semestre gli USA sono ancora in crescita del 7% a 988 milioni, con una graduale decelerazione negli ultimi mesi (giugno +3%). La Germania è stabile a 573 milioni, mentre il Regno Unito cala del 6% a 370 milioni. A livello semestrale, il Canada diventa il quarto mercato con un incremento dell’8% a 198 milioni, superando la Svizzera, stabile a 190 milioni. Come vedete la tabella è più lunga del solito, grazie al nuovo sistema ed è ordinata in base alle esportazioni degli ultimi 12 mesi. Nell’allungamento potete notare il dimezzamento delle esportazioni in Russia a 76 milioni, decimo mercato, e il calo del 18% della Cina a 34 milioni.
    Per i vini fermi in bottiglia, direi che la considerazione più interessante è l’ottimo andamento del Canada, in crescita del 15% a 167 milioni, che a livello annuo supera il Regno Unito, penso nella prima volta da quando guardiamo i dati, ossia 20 anni circa. Le esportazioni di vino fermo nel Regno Unito sono calate del 5% a 187 milioni
    Per i vini spumanti, di cui ci occupiamo più espressamente nel prossimo post, le esportazioni sono ancora sostenute dal Prosecco, che cresce di un timido 1%, mentre le esportazioni di Asti (-12%) e degli altri spumanti DOP (-5%) sono entrambi in calo.

    Se siete arrivati fin qui……ho un piccolo favore da chiedervi. Sempre più persone leggono “I Numeri del Vino”, che pubblica da oltre dieci anni tre analisi ogni settimana sul mondo del vino senza limitazioni o abbonamenti. La pubblicità e le sponsorizzazioni servono per aiutare una missione laica in Perù. Per fare in modo che questo lavoro continui e resti integralmente accessibile, ti chiedo un piccolo aiuto, semplicemente prestando da dovuta attenzione con una visita alle inserzioni e alle sponsorizzazioni presenti nella testata e nella sezione laterale del blog. Grazie. Marco LEGGI TUTTO

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    Produzione vini DOC e DOCG per denominazione – dati 2023

    Il post di oggi è uno di quelli “costosi” perché ha comportato almeno 15 ore di lavoro (grazie a Perplexity, altrimenti sarebbero ben di più) per l’aggiornamento dei dati e numerosi solleciti a ISMEA per ottenere la pubblicazione dei dati. Stiamo parlando della produzione di vini DOC (ma affronteremo anche gli IGT) aggiornati al 2023, vesto che il precedente aggiornamento era fermo al 2020. Aggiungiamo dunque tre anni. Le classifiche che trovate nel post sono anche replicate in formato testo nella sezione Solonumeri del blog in questa pagina.
    A titolo informativo, vi dico che la somma della produzione 2023 delle DOC coperte dal database è di circa 16.2 milioni di ettolitri, mentre secondo AGEA la produzione di vini DOC 2023 è stata di 19.8 milioni di ettolitri, quindi abbiamo un grado di copertura dell’82% circa. Tra le grandi DOC mancanti a mio parere ci sono sicuramente due grandi DOC venete, Delle Venezie e Verona, visto che il Veneto è coperto per circa 6.1m/hl contro le dichiarazioni di 8.6.
    Ad ogni modo, i dati che leggiamo in queste classifiche ci dicono che il 2022 è stato probabilmente l’anno di picco per il valore delle DOC italiane (le prime 10 organicamente hanno raggiunto 2.2 miliardi di euro, per poi scendere a 1.9 miliardi), che il Prosecco ha raggiunto i 42mila ettari di vigneto nel 2023, che se sommati a Conegliano e Asolo diventano 54mila, quindi più del doppio della DOC Sicilia e 3 volte il Chianti e Chianti Classico.
    Dopo questo lungo preambolo è ora di entrare nel post e guardare i dati più in dettaglio, con tutte le tabelle in formato grafico (e, di nuovo, in formato testo nella sezione Solonumeri).

    La prima DOC italiana per produzione è Prosecco, con una produzione 2023 di 4.6 milioni di ettolitri, leggermente sotto i 4.8 del 2022 ma una crescita importante negli ultimi anni, visto che la produzione 2016 era di 3.0 milioni di ettolitri.
    La seconda DOC nel 2023 è stata Sicilia con 818mila ettolitri, poi Montepulciano d’Abruzzo con 795mila, Conegliano Valdobbiadene Prosecco con 693mila e Asti con 687mila. Segue la denominazione Chianti con 621mila, che se sommata al Chianti Classico diventa 881mila, quindi teoricamente la prima DOC rossa italiana (se combinata, di nuovo).
    Dopo aver constatato il “dominio” degli spumanti in termini produttivi (grandi volumi = grandi opportunità di promozione ed economie di scala), per arrivare alla prima DOC bianca ferma dobbiamo scendere alla nona denominazione, Soave, con 273mila ettolitri. La seconda DOC bianca è Lugana con 208mila ettolitri.
    Se ci spostiamo dalla produzione in numero a quella in valore, le gerarchie cambiano. Le tre grandi DOC spumantistiche prendono i primi tre posti, Prosecco con 942milioni di euro (erano 1145 nel 2022), Conegliano Valdobbiadene con 205 milioni e Asti con 123 milioni. Viene poi l’Amarone della Valpolicella (115 milioni) e il Valpolicella Ripasso (110 milioni), Alto Adige (99 milioni), Barolo (90 milioni), Chianti Classico e Chianti (82 e 80 milioni rispettivamente) e Brunello di Montalcino (76 milioni). Per quasi tutti, valori in calo rispetto al 2022, secondo quanto calcolato da ISMEA.

    Dati in formato testo disponibili nella sezione Solonumeri.

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    L’andamento degli indici Liv-ex – aggiornamento 2024/25

    Come di solito intorno a questo periodo dell’anno, facciamo il punto sull’andamento dei prezzi dei vini di alta qualità utilizzando gli indici Liv-Ex. Quest’anno devo però ringraziare Liv-Ex, nelle persone di Gianpaolo Paglia e Grace Geldard, perché da inizio 2025 il post mensile del loro blog con le quotazioni dei principali indici è diventato privato per i sottoscrittori e… grazie a loro sono riuscito ad ottenere i dati che potete leggere qui.
    La discesa dei prezzi è continuata per tutto il 2024 e per i primi sei mesi del 2025, nessuno escluso. Guardando ai dati in euro e per il 2024 e con riferimento all’indice più “ampio”, il Liv-Ex Fine Wines 1000, i prezzi sono scesi dell’8% in media (-12% in sterline), con la Borgogna a -12%. Il calo è continuato nei primi mesi del 2025: a giugno il calo è stato di un ulteriore 7% (sempre tradotto in euro, altrimenti sarebbe il 5%), con Borgogna e Bordeaux protagoniste in negativo. In questo contesto i vini italiani sono calati meno della media, -3% nel 2024 e -6% nei primi sei mesi di quest’anno e l’indice italiano a 399 è ora molto vicino al 410 dell’indice generale (base sempre 2023).
    Bene, passiamo a un’analisi più dettagliata con tutte le tabelle e i grafici nel resto del post.

    L’indice Liv-Ex Fine Wines 1000 è sceso del 12% in sterline e dell’8% in Euro e ha continuato la discesa nel 2025, con un calo ulteriore del 5% in sterline e del 7% in euro (anche se con qualche segno di stabilizzazione verso la fine del semestre).
    Il calo dei prezzi dal picco sono nell’ordine del 27% per l’indice generale ma diventano -32/33% per Borgogna, Rodano e Champagne. Per Bordeaux il calo è del 26% mentre i vini italiani sono scesi dal picco del 13%, ragion per cui hanno “recuperato” il terreno perso nella fase di salita dei prezzi.
    A livello di prezzi assoluti, la Borgogna guida ancora con un indice di 600 in sterline, il che significa che i prezzi sono sestuplicati dal 2003 a questa parte (ossia +9% annuo composto…). Viene poi lo Champagne a 488 (quindi quasi moltiplicato 5) e poi i vini italiani che hanno fatto circa moltiplicato 3.5 dal 2003 ad oggi, il che significa una crescita media annua del 6%.
    Come notavo sopra i cali più marcati si sono verificati nei primi mesi del 2025, mentre i dati più recenti mostrano una attenuazione del trend negativo e addirittura un piccolo segno positivo per i vini italiani in luglio, il cui indice in euro chiude a 405 contro 411 per il Liv-Ex Fine Wines 1000.
    Buona consultazione! LEGGI TUTTO

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    Guido Berlucchi – risultati 2024

    Dopo 7 anni di crescita consecutivi, nel 2024 Berlucchi segna un leggero calo delle vendite (-2% a 53 milioni) e, in misura più accentuata, dei margini di profitto che tornano in valore assoluto al livello (molto soddisfacente peraltro) del 2022 dopo che nel 2023 avevano raggiunto un livello record. Va detto che tale andamento è perfettamente speculare a quello di Ca del Bosco, che nel 2024 ha segnato un calo delle vendite dell’1% e un margine operativo lordo con la medesima traiettoria: in calo sul 2023 e in linea con il 2022. Non abbiamo ancora i dati di Ferrari Trento. Tornando a Berlucchi, il bilancio mostra anche un incremento degli oneri finanziari, che porta a una chiusura con un utile di 4.6 milioni di euro (dai 7.1 del 2023 e 5.8 del 2022) e a un indebitamento finanziario netto di 54 milioni, rispetto ai 53 dello scorso anno, anche se quest’ultimo andamento è legato a un esborso di 5 milioni di euro per acquistare una quota residua dello 0.004% della società Agricola della Franciacorta (probabilmente legato a qualche accordo precedentemente siglato).
    Passiamo a un breve commento dei dati, con l’avvertenza che il bilancio non è consolidato e che i commenti sull’andamento della gestione economico finanziaria sono limitati all’osso (spostando l’attenzione sui successi di marketing). In altre parole, se dobbiamo pubblicare il bilancio, facciamolo dando meno informazioni possibili. Comprensibile, non condivisibile.

    Le vendite calano del 2% a 53 milioni di euro, di cui -1.8% in Italia (50.1 da 51) e -3.5% (3.3 milioni) all’estero. Le vendite delle altre tenute del gruppo che non sono consolidate sono state circa 7.3 milioni nel 2024 (8.9 nel 2023) ma calcoliamo che di queste 3 milioni circa siano “intragruppo” (ossia acquisti di Berlucchi), per cui se dovessimo immaginare un fatturato consolidato potremmo puntare verso 58 milioni.
    I margini sono in calo rispetto al record del 2023. Il MOL scende da 12.6 a 9.9 milioni di euro, dal 23% al 19% del fatturato, ossia in linea con il 2022. Di questi 4 punti di margine inferiore, 1.5 vengono dagli acquisti, 1.3 dal personale (+7% in valore assoluto) e 1.8 dagli altri costi operativi.
    Con ammortamenti stabili e oneri finanziari in crescita da 1.3 a 1.8 milioni, l’utile netto cala da 7.1 a 4.6 milioni, sotto anche il livello di 5.8 del 2022.
    Dal punto di vista finanziario l’indebitamento è leggermente cresciuto ma bisogna tenere conto dell’acquisizione di 5 milioni di euro, per cui sarebbe in effetti calato di 4 milioni senza l’operazione, con investimenti poco inferiori a 2 milioni, nessun dividendo e un capitale circolante molto ben sotto controllo.

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    Cava – produzione e vendite, aggiornamento 2024

    I numeri 2024 dello spumante spagnolo Cava sono piuttosto controversi, siccome mettono in luce un deciso calo delle spedizioni (-14% a 218 milioni di bottiglie) che non è nemmeno lontano parente del dato riportato dalla dogana sulle esportazioni degli spumanti spagnoli. Il problema è che stiamo parlando del prodotto che rappresenta quasi l’80% dello spumante spagnolo esportato (circa 400 milioni di euro rispetto ai 526 dichiarati). Ad ogni modo, il consorzio Cava riporta questi numeri che ho deciso ugualmente di pubblicare.
    La ragione del calo, secondo alcuni documenti trovati sul web, sarebbe il cambio di strategia di Freixenet, il più importante produttore della denominazione, che ha cambiato la politica commerciale in Germania (passata da 31 a 11 milioni di bottiglie), destinando altri prodotti a quel mercato per dirottare il Cava su altri mercati. Visto che la denominazione ha subito un calo totale di 35 milioni di bottiglie, l’operazione sembra non avere avuto un grande successo. Il principale mercato è così diventato il Belgio, dove comunque le spedizioni sono calate dell’8%. L’unico paese “spumantista” dove le spedizioni sono cresciute è stato di fatto il Giappone.
    Ultimo appunto prima di entrare in un commento più dettagliato: continua a crescere il prodotto biologico, mentre sembra essersi fermato lo sviluppo della variante rosata.

    Secondo il DOP Cava Regulatory Board, le spedizioni di Cava sono calate del 14% nel 2024 a 218.1 milioni di bottiglie, di cui 78 milioni sono rimaste in Spagna, -4%, 75 milioni sono andate nel resto d’Europa (-23%) e 65 milioni nel resto del mondo (-11%).
    I dati sono dunque negativi su tutta la linea. Come dicevamo il Belgio diventa il primo mercato con 20 milioni di bottiglie (-8%), gli USA calano del 5% a 18 milioni, il Regno Unito cala del 12% a 16 milioni, la Svezia è stabile a 12.5 milioni e poi viene la Germania che perde 20 milioni di bottiglie, attestandosi a 11 milioni, -64%. Il sesto mercato è il Giappone con 10 milioni di bottiglie.
    Dal punto di vista della segmentazione del prodotto, il Cava “base” di 9 mesi di invecchiamento cala del 13% a 196 milioni di bottiglie, quello Riserva scende del 21% a 18 milioni, mentre il Gran Riserva è stabile a 4 milioni di bottiglie.
    Infine, il Cava Rosato cala dal 9.3% delle spedizioni al 8.3% (vedere grafico) mentre continua ad aumentare la penetrazione del prodotto biologico, salito di altri due punti percentuali al 17% del totale.

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    Esportazioni di vino Italia – aggiornamento maggio 2025

    Il dato di maggio segna un valore quasi stabile per le esportazioni di vino italiane, dopo due mesi piuttosto negativi (quasi -5%), il che consente di chiudere i primi 5 mesi dell’anno a -1% per 3208 milioni di euro, con un volume calato del 4% a 8.5 milioni di ettolitri.
    I dettagli mostrano una “normalizzazione” a livello geografico, dopo i forti scossoni di marzo e aprile, occorsi in concomitanza con le discussioni sui dazi. Gli USA si stabilizzano (+3%), mantenendo un passo positivo da inizio anno (+6%), sono leggermente negativi Germania e Regno Unito, va sempre molto bene il Canada mentre si riprendono le spedizioni in Russia. Anche per le categorie a forte valore aggiunto il dato di maggio è perfettamente allineato allo scorso anno, con una migliore tenuta dei volumi per i vini spumanti rispetto ai vini fermi.
    Passiamo a un breve commento dei dati.

    Le esportazioni di maggio sono scese dello 0.7% a 699 milioni di euro, per un saldo di 3208 nei primi 5 mesi dell’anno (-1%) e di 8109 milioni (+2%) in ragione d’anno.
    I volumi sono scesi del 5% a 1.87 milioni di euro nel mese per un saldo di -4% sui primi 5 mesi dell’anno (8.5m/hl) e un dato sugli ultimi 12 mesi di 21.5 milioni di ettolitri.
    I dati per categoria mostrano un valore stabile per i vini fermi e un calo dell’1% per gli spumanti, che quindi non cambia il saldo da inizio anno, negativo per circa l’1% per entrambe le categorie. Sui 12 mesi i vini spumanti beneficiano ancora dell’andamento positivo del secondo semestre del 2025 e viaggia a +5%.
    Dal punto di vista geografico, gli USA dopo un calo del 9% in aprile segnano +3% a maggio e chiudono i primi 5 mesi in crescita del 6% a 839 milioni. La Germania cala del 6% a maggio ma chiude i primi 5 mesi quasi stabile a 479 milioni, mentre il Regno Unito scende del 5%, in linea con il dato dei mesi precedenti, che quindi segna un -6% a 298 milioni di euro. Il Canada sale del 15% e chiude i 5 mesi in crescita del 10% a 159 milioni di euro.
    Fermandoci ai dati dei 5 mesi, la Svizzera è a 165 milioni (sopra il Canada ma solo per una questione di distribuzione mensile degli acquisti), stabile, poi viene la Francia a 131 milioni (+2%), l’Olanda a 105 milioni (+2%) e la Russia a 61 milioni (-45% ma con un mese di maggio molto positivo).
    Nel segmento specifico degli spumanti, il dato di maggio del Prosecco è stabile, mentre calano le altre categorie. Per quanto riguarda i mercati, va segnalato l’andamento negativo della Germania nei primi 5 mesi, -12%.

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    Vranken Pommery – dati di bilancio 2024

    Chiudiamo il giro dei risultati 2024 delle aziende dalla Champagne con Vranken Pommery, la quale, pur essendo il secondo produttore per volume dell’area è anche quello con i margini di profitto più limitati (utile operativo al 12% delle vendite rispetto al 19% di Lanson e al 27% di Laurent Perrier). SI tratta anche del produttore di Champagne con una qualche diversificazione: dei 304 milioni di vendite (-10% nel 2023), 263 sono relativi allo Champagne (-9%), 22 milioni sono relativi ai vini rosati della Camargue (-20%) e altre 18 si riferiscono al Porto e a altri vini (-13%).
    Nonostante la performance commerciale non sia stata soddisfacente, ci sono un paio di puntualizzazioni da fare: primo, il calo della divisione Champagne sarebbe stato il 6% senza la selezione distributiva che il gruppo ha fatto per eliminare i mercati meno profittevoli. Secondo, il 2024 come vedrete dalle tabelle è un anno di calo in valore assoluto di vendite e utili (l’utile netto è arrivato al pareggio…), ma si vede il lavoro di taglio dei costi e il risultato della selezione di cui sopra. Infatti, il margine operativo lordo e l’utile operativo sono stabili al 16% e 12% rispettivamente. Il problema resta il debito enorme dell’azienda che se da un lato è pienamente coperto dal valore delle scorte di Champagne, dall’altro è pur sempre pari a 13 volte l’EBITDA….
    Passiamo a un breve commento in dettaglio con grafici e tabelle allegate.

    Vranken Pommery chiude il 2024 con vendite in calo del 10% a 304 milioni. Della performance per tipo di prodotto abbiamo detto sopra, mentre per mercato succede il contrario che gli altri, forse per via della selezione della distribuzione: la Francia e il resto del mondo vanno male, -14% e -13% rispettivamente, il resto d’Europa cala ma molto meno, -3%.
    La selezione della distribuzione si vede sul margine sul costo del venduto (tipicamente fatto per la maggior parte di costi variabili) che sale dal 28% al 29% delle vendite, 89 rispetto a 95 milioni dell’anno precedente e che consente di assorbire l’impatto delle minori vendite sui costi fissi, talchè sia l’EBITDA che l’utile operativo restano stabili in termini relative e calano del 10% circa come le vendite.
    Il problema di Vranken Pommery sono i 654 milioni di debito, che se da un lato sono coperti dal valore delle scorte (658 milioni), dall’altro generano oneri finanziari importanti, 34 milioni di euro nel 2024 rispetto ai 29 del 2023 ma soprattutto rispetto ai 18-20 che si registravano quando i tassi erano più bassi. E tutto questo porta l’utile netto a 1 milione di euro rispetto ai 35 di utile operativo.
    Gli azionisti hanno ricevuto 7 milioni di euro di dividendo nel 2024: considerato che il debito è calato di 2 milioni significa che si sono distribuiti circa l’80% della cassa generata.

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    Laurent Perrier – risultati e analisi di bilancio 2024

    Come ben sapete Laurent Perrier è la più profittevole, capitalizzata e performante tra le aziende quotate che si occupano di Champagne, ovviamente ad esclusione della portaerei di LVMH (di cui peraltro si continua a parlare di un possibile disimpegno). Eppure, il 2024 non è stato un buon anno nemmeno per LP, che ha sofferto il terzo calo consecutivo dei volumi (-6%, in linea con le spedizioni della denominazione per il periodo corrispondente (aprile2024-marzo2025). Dal picco di spedizioni di 12.3 milioni di bottiglie del 2021 siamo dunque scesi a 9.6 milioni nel 2024 (marzo 2025). La differenza di quest’anno è che il calo dei volumi non si accompagna a un miglioramento del prezzo-mix, che per la prima volta peggiora, con il peso dell’alta gamma che passa dal 44.6% al 42% dei volumi. Ne consegue un esercizio che vede un calo delle vendite del 7% (tutto concentrato in Europa), margini in decisa contrazione e debito in salita, anche per effetto del capitale circolante e dell’inizio di un piano di riacquisto di azioni. Ovviamente stiamo parlando di cali e “peggioramenti” che si confrontano gli anni d’oro post Covid. Se li confrontiamo con il pre-Covid 2019, il discorso cambia in modo radicale. Nel 2019 Laurent Perrier aveva un utile netto di 41 milioni, contro i 76 di oggi, e un debito di 277 milioni, contro i 216 (pre-IFRS16) di oggi.
    Le azioni di Laurent Perrier quotano circa il 18% sotto il prezzo di un anno fa nel momento in cui scrivo (5 luglio) e sono scese del 7% da inizio anno. Un risultato simile a Lanson BCC, di cui abbiamo recentemente analizzato i dati, e allineato a Vranken Pommery, di cui leggerete nei prossimi giorni.
    Passiamo a commentare i dati con grafici e tabelle.

    Le vendite annuali calano del 7% a 283 milioni, combinando un -17% nel primo semestre e un +4% nel secondo semestre (151 milioni). Il calo è concentrato nel resto d’Europa (-15%, 123 milioni), mentre la Francia cala soltanto del 3% e il resto del mondo è invece addirittura cresciuto del 2% a 105 milioni. La dinamica del secondo semestre nonostante la comparazione più facile vede sempre l’Europa perdere l’8%, mentre la Francia rimbalza del 16% e il resto del mondo accelera a +26%.
    I margini sono sotto pressione. Il margine sul costo del venduto scende dal 63% al 60% e nonostante il taglio dei costi operativi del 3-4%, l’utile operativo cala del 21% a 76 milioni per un margine che scende dal record storico del 2023 del 32% al 27% del 2024. Con oneri finanziari in leggera crescita e una tassazione stabile al 25% dell’utile pre-tasse l’utile passa da 64 a 48 milioni di euro.
    Dal punto di vista finanziario, il debito sale da 187 a 216 milioni dopo aver pagato 12 milioni di dividendi e aver ricomprato azioni per 6 milioni di euro. Quindi, dopo queste “uscite volontarie” l’anno si chiude con un deficit di 10-11 milioni di euro, essenzialmente guidato dal capitale circolante (in particolare il magazzino in salita di 35 milioni di euro).

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