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    Antinori – risultati e analisi di bilancio 2022

    Antinori sta definitivamente ampliando i propri orizzonti. Le ramificazioni dell’azienda toscana vanno ben oltre i confini regionali (ultima arrivata Jermann nel 2022) e a partire dal 2023, ben oltre a quelli nazionali con l’importante investimento che a giugno è stato compiuto per acquisire l’85% della californiana Stag’s Leap (il 15% era già di proprietà del gruppo). Per questo motivo, associare le produzioni storiche di Marchesi Antinori con i dati consolidati di Antinori non è più corretto, come non lo è associare quelli del bitter Campari alla Campari. I dati 2022 che commentiamo oggi sono molto positivi: le vendite sono cresciute del 21% a 323 milioni, i margini di profitto toccano livelli mai conosciuti prima, se escludiamo le partite contabili di rivalutazione dei marchi che hanno gonfiato gli ammortamenti. L’utile netto consolidato sale a 81 milioni di euro, gli investimenti restano molto sostenuti a oltre il 15% del fatturato e nonostante questo la struttura finanziaria migliora ulteriormente, con una cassa netta salita da 151 a 239 milioni di euro, grazie anche all’attenta gestione del capitale circolante. Le previsioni contenute nel bilancio indicano un obiettivo di crescita delle vendite (a parità di perimetro) del 3%, dopo un avvio di anno leggermente in calo anche a causa della ridotta disponibilità di prodotti. Come dicevamo sopra, Stag’s Leap sarà un vero e proprio “salto”, come dice la parola, non del cervo  però, ma dalla regina delle aziende vinicole italiane.

    Le vendite consolidate sono cresciute del 21% a 323 milioni di euro. A tale risultato hanno contribuito circa 270 milioni di vendite di prodotti (vino in bottiglia per Antinori, attraverso la distribuzione), in crescita del 17%, circa 15 milioni di vendite “accessorie” di uva e vino, 25 milioni provenienti dalla ristorazione e vendita diretta delle tenute (+64%, fortemente influenzato dalle dinamiche Covid), 7 milioni dalle attività di ospitalità (+61%).
    I dati consolidati per mercato indicano una crescita del 19-20% in Italia e Europa e un recupero più marcato nel mercato americano, +49%, dopo due anni difficili. Nel resto del mondo le vendite crescono del 9%.
    I margini sono in forte recupero. A livello EBITDA, Antinori raggiunge il 47% per un valore assoluto di 151 milioni, +30%. L’utile operativo sale del 48% a 103 milioni, dopo aver spesato 49 milioni di ammortamenti di cui un buon 20 milioni stimiamo siano legati alle rivalutazioni dei marchi ai fini fiscali.
    Con un paio di milioni di oneri finanziari (essenzialmente perdite sulle coperture cambi) e una tassazione apparente a livello consolidato al 18% (20% nel 2021), l’utile netto di pertinenza del Gruppo tocca 81 milioni.
    La posizione finanziaria netta consolidata sale a 239 milioni (positiva), quindi +88 milioni, molto simile all’utile netto. A ciò contribuiscono circa 4 milioni di calo del capitale circolante, mentre gli investimenti sono stati di 56 milioni (senza rilevanti acquisizioni, 5 milioni contro i 45 milioni del 2021 dovuti all’acquisizione di Jermann) e 5.3 milioni di dividendi, rispetto ai 3 milioni del 2021.

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    Esportazioni italiane di vino per regione e tipologia – aggiornamento primo semestre 2023

    Completiamo l’analisi delle esportazioni semestrali con i due spaccati per regione di appartenenza delle aziende (coerente con il dato totale di export) e per sottocategoria (in questo caso coerente con il dato del solo vino imbottigliato). Nel primo caso emerge l’andamento debole dei vini piemontesi, toscani, la stabilità delle esportazioni venete e l’ottimo andamento dei vini del TrentinoAltoAdige, della Lombardia, sempre rimanendo sulle aree più rilevanti, dell’Emilia Romagna. Se invece andiamo più a fondo nella categoria del vino in bottiglia, alcune evidenze cambiano, come quella dei vini rossi piemontesi DOP che si confermano in crescita (lo stesso non si può dire per quelli toscani, per esempio, e ancora di più per quelli veneti). Il “downtrading” è piuttosto evidente: i vini DOP calano del 3%, quelli IGP del 5%, mentre i vini comuni salgono del 7%, con un dato totale del vino in bottiglia a -2% circa. Tabelle, ulteriori commenti e grafici nel resto del post.

    I vini in bottiglia calano del 2% a 2.53 miliardi di euro. Le esportazioni di vino DOP sono in calo del 3% a 1.45 miliardi, con i bianchi quasi stabili e i rossi (ben più pesanti) a -4%. I vini IGP calano del 5%, con la medesima dinamica: i vini rossi sono a -8% e essendo ben più pesanti vanificano l’incremento del 5% dei bianchi. I vini da tavola, o non classificati, sono invece in crescita del 7%. I vini varietali sono praticamente una categoria “non pervenuta”, visto che rappresentano solo il 2% del totale.
    Le esportazioni regionali vedono un buon andamento della Lombardia (+13%), del Friuli Venezia Giulia (+13%), del Trentino Alto Adige (+9%) dell’Emilia Romagna (+7%) e dell’Abruzzo (+11%). Sono invece in calo più del dato generale del -2% il Piemonte (-3%) e la Toscana (-8%). Il Veneto, principale esportatore con 36% del totale è quasi stabile.
    Un conto diverso emerge se si confronta il 2023 con il 2019, a livello semestrale. Qui a fronte di un dato generale in crescita del 25%, sono i vini delle regioni meno rilevanti numericamente a crescere di più, mentre sia Piemonte che Toscana sono a +21%, il Veneto è a +25%.
    Vi lascio ai grafici e alle tabelle.

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    I numeri della viticoltura biologica in Italia – aggiornamento 2022

    Le superfici bio certificate in Italia sono rimaste stabili nel 2022 a circa 104mila ettari, mentre sono scresciute significativamente quelle in conversione, da 25mila a 32 mila ettari. Questi sono i principali dati forniti bel rapporto “Sana” pubblicato da Sinab, e che trovate anche in prospettiva storica e scaricabile nella sezione Solonumeri del blog. Il potenziale e la domanda di questi prodotti resta alta, anche se il 2022 è il primo anno in cui non si assiste a una crescita. Ora, non abbiamo accesso ai dati spaccati per convertito/in conversione però è chiaro che il dato “fuori linea” è quello della Toscana dove il dato cala di 2400 ettari, -10% circa. Per quanto riguarda invece il resto d’Italia, con qualche eccezione (Lazio e Piemonte) i dati sono alla peggio stabii, ma per la maggior parte positivi. In termini relativi spicca il +19% del Friuli Venezia Giulia (che però resta una delle regioni con meno vitigno bio in termini relativi) e il +20/22 di Sicilia e Trentino Alto Adige. Proprio in Sicilia troviamo la maggior penetrazione del vitigno bio: il 49% circa della superficie vitata, contro il 23% per il totale italiano. Passiamo a un’analisi più dettagliata.

    La superficie totale bio è aumentata di 7540 ha tra il 2021 e il 2022, passando da 128127 ha a 135667 ha, ossia +6%. La superficie effettiva bio è invece rimasta pressoché invariata, con una lieve crescita di 268 ha (+0.3%). Quindi tutto l’incremento si deve alla superficie in conversione bio ha registrato un aumento di 7271 ha (+29.6%) riportantdosi sopra quota 30mila ettari dopo tre anni (2019-20-21) tra i 23-25mila ettari.
    Tra le regioni, la Sicilia ha avuto il più grande incremento assoluto, con 6332 ha in più rispetto al 2021 (+20%). La Sicilia è anche la regione con la maggiore superficie bio in valore assoluto, con 37650 ha nel 2022, pari al 28% del totale nazionale e a quasi il 50% della superficie regionale.
    Per rilevanza, le superfici bio sono poi dislocate in Toscana, 23mila ettari ma in calo del 9% sul 2021 (quando però fece un balzo molto importante). I vitigni bio sono comunque il 40% del totale regionale e a livello italiano rappresentano una quota del 17%.
    La terza regione per rilevanza è la Puglia con 19300 ettari, in crescita del 6% ma con una penetrazione decisamente più bassa delle due regioni precedenti, circa il 27%.

    Vi lascio ai grafici e tabelle.

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    Investire in vino – analisi dei rendimenti del Sassicaia nel tempo

    Fonte: CellarTracker e CruWorldWine
    Articolo co-pubblicato sulla piattaforma Liquinvex
    Analizziamo oggi i dati relativi al Sassicaia degli ultimi anni utilizzando due fonti gratuite sul valore dei vini: Cellartracker, dove potete trovare il prezzo medio di acquisto e il valore delle aste delle varie annate, e quelli di Cru World Wine, che offre una fonte alternativa di valutazione (coerente ma non esattamente allineata a Cellartracker) e anche il giudizio delle annate dalle guide.
    Bene, da questi dati possiamo fare qualche analisi e trarre qualche conclusione. Innanzitutto, direi che quando consideriamo i giudizi delle guide, come per esempio “96” dovremmo probabilmente partire da 80, visto che sotto 80 si definisce di solito un vino che ha dei difetti e non vale nemmeno la pena di essere considerato. Quindi un 96 tradotto nei buoni vecchi voti della pagella è assimilabile a un 8, ossia (96-80)/2. Adottando questo metodo con i dati di CWW, troviamo la valutazione delle annate di Sassicaia come segue. Una annata insufficiente, il 2002, qualcuna poco sopra la sufficienza (2003, 2005, 2007, 2014) e poi tutte annate sopra il 7. Guardando il grafico viene da pensare che i giudizi delle guide siano stati con il tempo più benevoli, ma forse il secondo decennio del secolo è stato migliore del primo. Non ho bevuto abbastanza Sassicaia per dirlo (purtroppo).
    Proseguiamo nel resto del post…

    Possiamo poi cercare di capire se si sono mai persi soldi a comprare il Sassicaia. Secondo i dati di Cellartracker non esiste un singolo anno in cui il valore attuale della bottiglia è sotto il prezzo medio di acquisto. Ora, anche qui bisogna fare due considerazioni: più passa il tempo più il vino dovrebbe valere, almeno fino a un certo punto. Secondo: il prezzo medio di acquisto delle bottiglie non riflette quello di quando il vino è stato rilasciato ma è una media degli acquisti nel tempo. Quindi, risultato: come vedete dalla tabella (che parte da molto lontano, 1985) il “guadagno” in valore assoluto tende ad essere maggiore nelle annate passate che in quelle attuali. Giusto direi. Però se ho comprato un 1986 al prezzo medio di acquisto, diciamo due anni dopo l’annata di produzione, e l’ho tenuto per 35 anni… fare +32% significa annualizzato fare circa l’1% annuo. Quindi se “annualizziamo” tutti questi dati, abbiamo un quadro dove i rendimenti sugli anni passati sono nell’ordine del 3% (medio), mentre salgono nelle annate recenti in quanto a fronte di buoni guadagni rispetto al prezzo medio di acquisto.

    Terza analisi: esiste una correlazione tra il valore e il giudizio delle guide? Beh, mettendo a confronto questi rendimenti annui una piccola correlazione si trova anche se gli esperti mi metterebbero a tacere, perché “non statisticamente significativa”. Ad ogni modo vero è che le due annate migliori di sempre (2016 e 2019) sono quelle con il rendimento annuo più elevato, anche per le ragioni di cui sopra. Se però invece del rendimento ponderato per il tempo mettete semplicemente la differenza tra i valori di acquisto e di mercato, allora il grafico cambia direzione e questo vi dice che il valore del tempo è importante almeno tanto quanto l’annata.
    Quale è dunque la lezione che traiamo da tutti questi dati? Prima lezione. Se i prezzi di acquisto sono quelli di Cellartracker (e sono medie), a comprare il Sassicaia nessuno ha buttato via i soldi (men che meno se lo ha bevuto probabilmente!!!). Seconda lezione. Esiste un valore “del tempo” nella rivalutazione dei vini ma non sembra più forte di quello del giudizio dell’annata. Quindi comprare grandi annate e tenerle per qualche anno sembrerebbe la ricetta giusta. Terza lezione… che cosa posso dirvi, secondo me i vini restano delle bevande, quindi da bere…

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    Toscana – produzione di vino e superfici vitate 2022 – dati ISTAT

    Mentre si rincorrono le stime sulla produzione vinicola 2023, prevista in significativo calo (da livelli molto elevati degli ultimi anni), continuiamo il nostro viaggio tra le regioni italiane più significative (e per le quali i dati ISTAT e MIPAAF sono compatibili) parlando della Toscana. Come per il Piemonte, la Toscana rappresenta soltanto il 4-5% della produzione di vino italiana, ma ha una forte connotazione alla qualità (65% circa DOC, 25% IGT e solo 10% vino comune) e ai vini rossi (85% circa), questi ultimi da molti considerati un posto “dove non stare” nei prossimi anni. I dati 2022 mostrano un recupero della produzione rispetto al 2021 (+12%), con un dato comunque leggermente inferiore alla media decennale. A livello provinciale nel 2022 si rileva un andamento migliore per la provincia di Firenze che non per la provincia di Siena (+14% contro +5% rispettivamente). A titolo informativo, il dato rilevato dal MIPAAF è di 2.34 milioni di ettolitri, quindi del 4% circa inferiore a quello ISTAT, e la variazione sul 2021 è del 14% secondo MIPAAF rispetto al +12% rilevato da ISTAT. Passiamo a un’analisi più dettagliata.

    La produzione di vino in Toscana è aumentata del 12% tra il 2021 e il 2022, passando da 2.19 a 2.44 milioni di ettolitri. Questa crescita è stata superiore alla media nazionale, che è stata del 6%. Tuttavia, la produzione toscana è rimasta inferiore alla media del decennio precedente (2,529 mila ettolitri, -4%).

    La produzione di vino rosso ha rappresentato il 78% del totale nel 2022 e l’andamento rispetto ai dati storici è coerente con il -4% di sopra. Entrambe le tipologie hanno registrato un aumento rispetto al 2021, ma il vino bianco ha avuto una crescita maggiore (18% contro 11%).
    La produzione di vino DOC in Toscana è nel 2022 il 64% del totale a 1.56 milioni di ettolitri, con un incremento del 6% sul 2021 ma del 6% circa sotto il dato decennale. Il vino IGT è stato il 26% del totale (+21% a 642mila ettolitri), in linea con il dato decennale. ISTAT dunque calcola che sia stato il vino comune a crescere di più nel 2022, +27% e +8% sulla media decennale, per un totale di 240mila ettolitri.
    Un occhio alle sottocategorie colore/categoria ci fornisce un’indicazione aggiuntiva: sono stati i vini bianchi DOC (-5%) a frenare la categoria, mentre i DOC rossi, ben più rappresentativi, sono cresciuti del 7% e sono stati soltanto il 2% sotto la media storica. Il contrario succede nella categoria degli IGT dove i bianchi sono cresciuti molto di più sia sul 2021 (+29% contro +19%) che in prospettiva storica (+42% contro -7%), forse a indicare uno spostamento dei bianchi da DOC a IGT.
    Infine, trovate i dati provinciali, dominati dalle province di Firenze e Siena, che insieme rappresentano il 60% della superficie vitata toscana.
    Buona consultazione!

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    Il valore della produzione di vino in Italia – dati ISTAT 2022 per regione

    Istat ha pubblicato in giugno l’aggiornamento 2022 sul valore della produzione di vino ai prezzi di base, cresciuto del 10% a 4.6 miliardi di euro essenzialmente grazie al contributo delle regioni delle regioni del mezzogiorno, in crescita di oltre il 20%. Il dato va però “preso con le molle” perché il 2022 è un anno di inflazione elevata e, in effetti, se invece dei dati nominali che vedete nelle tabelle passiamo ai dati reali (ossia “concatenati ai prezzi 2015”), il segno “+” scompare e il dato 2022 è stabile rispetto al 2021 (3.75 miliardi di euro, se consideriamo i prezzi 2015). Seppur ci saranno delle revisioni sui dati del’ultimo anno, il senso è chiaro. Il 2022 non è stato un anno di crescita per il vino italiano. Il secondo punto che emerge comparando i dati del vino con i dati dell’agricoltura è che dal 2019 il valore della produzione vinicola cresce meno di quello dell’agricoltura in generale. In altre parole, se negli anni fino al 2018 il vino cresceva di peso sul totale agricoltura fino al 16%, negli ultimi quattro anni è gradualmente calato fino al 12.4%. È un ulteriore segnale (oltre alle esportazioni) che il settore del vino va bene ma non così tanto bene (o forse meglio di altri segmenti della nostra produzione agricola più in ombra). Passiamo a commentare qualche dato, con dettaglio regionale, insieme.

    Il valore della produzione di vino in Italia ai prezzi correnti di base è stato di 4.6 miliardi di euro secondo i dati ISTAT pubblicati a giugno 2023. Di questi, 0.7 miliardi sono nel Nord Ovest (-8%), 1.7 miliardi nel Nord Est (+7%), 0.8 miliardi nel centro Italia (+16%) e 1.1 miliardi nel Mezzogiorno (+22%).
    L’andamento su base decennale segna un +5% annuo e vede sempre il NordEst (+6%) e il Mezzogiorno (+7%) davanti alle altre zone (NordOvest +2% e Centro +3%).
    Dal punto di vista regionale i numeri diventano ancora più dettagliati e “volatili”. Se teniamo lo sguardo sul lungo termine, 10 anni su base annua, Sardegna (+10%), Puglia (+9%), Liguria, Abruzzo, Veneto (tutte intorno al +7%) e FriuliVeneziaGiulia (intorno a +6%) sono le regioni in cui il valore della produzione è cresciuto maggiormente.
    Le regioni del Nord Ovest con Lombardia (+1%), Piemonte e Valle d’Aosta (+2%), insieme al Lazio (+2%) sono invece le regioni secondo Istat dove la crescita è inferiore, mentre solo in una regione (Basilicata) viene rilevato un dato negativo.

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    Frescobaldi – risultati e dati di bilancio 2022

    Nel 2022 Frescobaldi ha toccato quota 155 milioni di euro di fatturato (+19%) ma ha soprattutto raggiunto i margini più alti della sua storia con un rapporto EBITDA su fatturato del 40% e utile operativo su fatturato del 30%. Il ciclo di investimenti è ripreso dopo lo stop del Covid, con ben 27 milioni di investimenti (17% delle vendite) e qualche acquisizione “di contorno”, ma ciò non ha impedito di migliorare ulteriormente la posizione finanziaria, che a fine 2022 raggiunge una cassa netta di 37 milioni di euro. In particolare, Frescobaldi ha investito circa 10 milioni di euro per espandere la superficie vitata. Le previsioni contenute nel bilancio per il 2023 sono molto succinte, ma contengono comunque un messaggio positivo (“Nonostante l’incertezza presente e futura sull’evoluzione del contesto economico globale, per il momento l’attività del Gruppo prosegue senza particolari problemi da segnalare”). Nel 2023 vedremo l’impatto dell’acquisizione della Tenuta Calimaia nel territorio di Montepulciano, con 70 ettari di vite, di cui non si conosce ancora il prezzo (lo sapremo tra un anno…). Passiamo all’analisi dei dati. LEGGI TUTTO

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    ll consumo di vino in Italia – dati 2022 per regione e classi di età

    Eccoci al secondo post, forse il più letto della storia del blog, dove analizziamo l’andamento dei consumi di vino (penetrazione sulle fasce di popolazione in Italia). Le serie cominciano a essere piuttosto lunghe e si prestano ad analisi curiose. Per esempio: il 60% dei settantenni in Italia beve vino, quando ne avevano circa 62 di anni (quindi 7 anni fa) erano sostanzialmente gli stessi, mentre quando ne avevano 57 erano il 65%, indicando questo che il periodo “pericoloso” di quando ti dicono che non puoi più bere è quando giri la boa dei 60 anni. A parte le curiosità, i dati sono incoraggianti, visto che l’incremento della penetrazione di consumo osservato negli ultimi anni (circa 3 punti tra il 2012 e il 2022) è più marcato nelle generazioni giovani, +5 punti per la fascia 20-24 anni, +6 punti per quella 25-34 anni, +5.5 punti per quella 35-44. Possiamo dire che solo la fascia 55-59 anni (nella quale sto per entrare, sigh) vede una penetrazione in calo. Più penetrazione di consumo non significa più consumi in assoluto, attenzione: il dato del 55% è la media del pollo tra bevitori abituali in calo e bevitori saltuari in crescita, il che significa che in realtà più persone bevono ma meno spesso. ISTAT non fornisce dati sui quantitativi consumati. Il post contiene poi le tabelle sul consumo regionale e per categoria di centro abitato. Noterete come nei piccoli comuni, dove si concentra il consumo abituale, la penetrazione cala, mentre cresce nei grandi centri abitati, dove il “bere fuori casa” è più comune. Le regioni del nord sono sempre in testa nelle graduatorie di penetrazione, con una menzione speciale per il nord-est del paese, mentre al sud immagino per questioni climatiche ma anche di reddito pro-capite il consumo resta molto meno diffuso. Intanto, nuove pagine dedicate nella sezione Solonumeri con i dati completi e scaricabili. Passiamo a una breve analisi dei dati. LEGGI TUTTO