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    Mack & Schuhle Italia – risultati 2024

    Quando si guarda il grafico qui sopra con l’evoluzione delle vendite, si capisce da subito che Mack & Schuhle Italia è una “mosca bianca” nel panorama vinicolo italiano. La crescita imponente ha origine dal 2016, quando l’imprenditore locale (famiglia Angelillo) cede la metà dell’azienda al distributore tedesco omonimo, che introduce i vini nei mercati della GDO europea e non solo. Dai 12 milioni di fatturato del 2016, M&S Italia oggi un colosso da 206 milioni, +19%, e destinato a un ulteriore passo in avanti nel 2025. Ovviamente tanta crescita in così poco tempo è compatibile con un modello di business molto leggero (un capitale investito di meno di 30 milioni di euro) e un’attività prettamente commerciale e di imbottigliamento. I principali marchi di M&S Italia, per chi non li conoscesse (e devo essere onesto, mi ci metto) sono Novantaceppi, Zardetto, Grapur, Ca’ di Prata, Villa Frattina e Genevitis.
    Passiamo a un’analisi più dettagliata dei numeri 2024.

    Le vendite sono cresciute del 19% a 206 milioni di euro. Secondo il prezioso blog di Anna di Martino (link), sono state vendute 62 milioni di bottiglie, circa il 5% in più del 2023 il che comporterebbe quindi un prezzo medio di 3.3 euro, +13%.
    Dal punto di vista geografico, M&S Italia ha realizzato un fragoroso +59% in Italia, toccando 61 milioni di fatturato, che ha compensato il calo del 10% in Europa. Sono poi da quest’anno state esplicitate le vendite nel Regno Unito, 31 milioni, il che però rende difficile analizzare la performance degli altri mercati.
    A fronte di questa crescita molto tumultuosa i margini restano piuttosto limitati, anche se in crescita. Nel 2024, il margine EBITDA è salito dal 3.0% al 3.8%, quindi da 5.3 a 7.8 milioni di euro. Di questo circa lo 0.3% è derivato da un migliore margine sugli acquisti, mentre è stata la minor crescita dei costi per servizi a determinare il miglioramento del margine. Il bilancio chiude con un utile netto di 2.2 milioni di euro, esattamente in linea con quello del 2023 per via di maggiori ammortamenti, oneri finanziari ma soprattutto per la mancanza di alcune plusvalenze che avevano sostenuto il bilancio nel 2023.
    Nonostante gli ottimi risultati operativi, l’indebitamento sale leggermente, da 24 a 28 milioni di euro, il che corrisponde a 2.4 volte l’EBITDA (comunque meno dei 3.3x del 2023, grazie alla crescita dell’EBITDA appunto). Il tutto è dovuto a un ulteriore assorbimento di capitale circolante di 5 milioni (dopo i 15 del 2023) e nonostante gli investimenti siano stati veramente limitati (circa 0.3 milioni di euro).

    Se siete arrivati fin qui……ho un piccolo favore da chiedervi. Sempre più persone leggono “I Numeri del Vino”, che pubblica da oltre dieci anni tre analisi ogni settimana sul mondo del vino senza limitazioni o abbonamenti. La pubblicità e le sponsorizzazioni servono per aiutare una missione laica in Perù. Per fare in modo che questo lavoro continui e resti integralmente accessibile, ti chiedo un piccolo aiuto, semplicemente prestando da dovuta attenzione con una visita alle inserzioni e alle sponsorizzazioni presenti nella testata e nella sezione laterale del blog. Grazie. Marco LEGGI TUTTO

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    Gruppo Italiano Vini (GIV) – risultati 2024

    Le vendite di GIV calano del 3% nel 2024 a 417 milioni di euro ma gli utili tengono sui livelli assoluti visti nel 2023. Il 2024 nasconde però una situazione “faticosa” per il gruppo di proprietà di Cantine Riunite. Oltre ai margini molto risicati, che sono una costante dell’azienda, nel 2024 il debito sale da 114 a 120 milioni di euro nonostante non si siano distribuiti dividendi (come in passato) ma soprattutto nonostante un livello di investimenti veramente basso. Parliamo di 4 milioni di euro di investimenti per un’azienda da 400 e più milioni di fatturato con ammortamenti di 13 milioni di euro. La causa è un significativo deterioramento del capitale circolante, con un incremento delle scorte (8 milioni di euro dopo gli 11 del 2023) e dei crediti verso clienti (18 milioni). Leggendo la tabella e guardando i grafici vi potete rendere conto dell’evoluzione storica dei numeri di GIV: il fatturato è leggermente cresciuto ma i margini sono in calo in prospettiva storica.
    Passiamo a un breve commento dei dati.

    Le vendite 2024 sono state “riviste” per eliminare gli sconti sia dal fatturato che dai costi, quindi con un impatto neutro sugli utili. Il calo rispetto al 2023 “come riportato” sarebbe del 4%, ma quello calcolato sulla medesima base è pari al 3%, con un -5% in Italia a 86 milioni e un -2% all’estero a 331 milioni di euro.
    I margini percentuali sono sostanzialmente stabili al 6% per l’EBITDA e al 3% per l’utile operativo. La dinamica dei costi mostra un miglioramento del costo del venduto, sceso dal 61% al 59% del fatturato che purtroppo è stato “mangiato” dall’aumento dei costi operativi, incluso il costo del personale cresciuto dal 14% al 15% del fatturato.
    Con oneri finanziari, ammortamenti e tasse stabili il bilancio chiude con 3.6 milioni di euro di fatturato, contro il 3.3 del 2022 e 2023.
    A livello finanziario, l’indebitamento sale da 114 a 120 milioni, contro un patrimonio netto che passa da 177 a 180 milioni di euro. L’azienda non ha distribuito dividendi e ha investito 3.6 milioni di euro, contro i 7 milioni del 2023. La combinazione di crediti, rimanenze e debiti verso fornitori ha purtroppo portato un saldo negativo di 23 milioni di euro che ha eroso completamente il flusso finanziario operativo di 28 milioni (22 milioni dopo oneri finanziari, tasse e altre componenti).
    Nessuna menzione particolare nell’andamento prevedibile della gestione sulle attese per il 2025. Avendo il gruppo una esposizione piuttosto rilevante al mercato americano, l’anno potrebbe essere particolarmente difficile.

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    Casa Vinicola Zonin – risultati 2024

    Nel 2024 Casa Vinicola Zonin ha fatto un passo in avanti sia in termini di vendite (+8% a 209 milioni) che in termini di miglioramento dei margini, dopo un 2023 piuttosto deludente, riportandosi sui livelli del 2022 ma ancora distanti dal livello raggiunto nel 2019. L’indebitamento scende leggermente (da 91 a 88 milioni, comprensivo di 7 milioni di finanziamento soci), con un rapporto di circa 5 volte rispetto all’EBITDA.
    Il 2024 è stato però soltanto il secondo anno dopo la riorganizzazione del gruppo e quindi c’è da immaginarsi ulteriori progressi a venire, anche se Zonin ha una esposizione piuttosto significativa verso gli USA. Infatti il management chiude la relazione scrivendo: “L’obiettivo del Gruppo per il 2025 rimane comunque il miglioramento della profittabilità connessa anche ad una crescita delle vendite, già intrapresa con risultati più che soddisfacenti nel 2024.”
    Passiamo a un commento più dettagliato dei numeri.

    Le vendite crescono dell’8% a 209 milioni di euro. Secondo i dati pubblicati da Anna di Martino (link), Zonin avrebbe venduto 53 milioni di bottiglie contro 48.6 del 2023, indicando quindi una crescita a volumi del 9% e un prezzo medio sostanzialmente stabile a 3.9 euro a bottiglia.
    I dati pubblicati relativamente alla suddivisione del fatturato sono molto scarni e senza confronto con l’esercizio precedente. Confrontando il bilancio 2024 con quello del 2023 si deriva un calo delle vendite italiane del 12% a 36 milioni e una crescita dei quelle estere del 13% a 173 milioni.
    I margini sono come dicevamo in miglioramento sul 2023 ma non rispetto al passato. A livello di EBITDA Zonin chiude con 18 milioni per l’8.5% rispetto ai 12.3 milioni e 6.3% del 2023 ma in linea con l’8.6% del 2022. Appare incoraggiante la ripresa delle spese promozionali, cresciute del 12% dopo il forte taglio del 2023.
    Con ammortamenti in leggera discesa, l’utile operativo aggiustato sale a 8 milioni da 1 milione dell’anno scorso, mentre gli oneri finanziari di quasi 8 milioni di euro (particolarmente alti visto un debito lordo di 103 milioni) e le partite non ricorrenti (incluso l’ammortamento dell’avviamento) portano a una perdita netta di 4.7 milioni di euro.
    Dal punto di vista finanziario, nel 2024 Zonin ha generato 3 milioni di euro di cassa, con un capitale circolante praticamente stabile e dopo aver spesato investimenti per circa 8 milioni di euro (contro 7 dello scorso anno). Come l’anno scorso, gli azionisti non hanno percepito dividendi.

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    Masi – risultati primo semestre 2025

    Masi chiude il primo semestre 2025 con ricavi in leggero calo (-3%) ma margini stabili, peraltro sui livelli molto bassi dello scorso anno. Due però sono le novità più importanti del gruppo: primo, l’investimento nel nuovo visitor center Monteleone 21 è finalmente terminato ed è stato aperto a maggio 2025. Secondo, l’azienda ha raggiunto (anche se non reso pubblico) un accordo di rifinanziamento del debito con le banche, che era stata la ragione per rimandare di una settimana la pubblicazione di questi dati.
    L’azienda è stata in questi ultimi 2-3 anni tra l’incudine e il martello, ossia con la necessità di terminare due importanti investimenti (uno produttivo e uno per il centro visitatori) e un contesto di mercato oggettivamente non semplice, soprattutto per il segmento per cui Masi è più conosciuta (vini rossi molto corposi). Lo sforzo per contenere la crescita del debito (32 milioni, contro i 34 di 12 mesi fa) è molto evidente nella gestione del capitale circolante, sceso di 9 milioni (sui 12 mesi, in parte grazie alla cessione pro-soluto di crediti) e dal mancato pagamento di dividendi.
    Le azioni di Masi sono quotate in Borsa a un valore di circa 4 euro (per circa 130 milioni di valore) e hanno reagito positivamente a questo annuncio, ma soltanto l’8% del capitale è nelle mani degli investitori borsistici. Infine, per quando riguarda il futuro, Masi anticipa un incremento delle vendite “high single digits” nel terzo trimestre anche se avvisa che sembra essere originato da un incremento delle scorte dei distributori e non da un migliore andamento del mercato sottostante. Non ci sono considerazioni sul nuovo centro visitatori ma ovviamente immaginiamo dal secondo semestre un impatto positivo e soprattutto un calo degli investimenti tale da ridurre anche il livello di debito.
    Bene passiamo a un commento più dettagliato dei numeri.

    Le vendite calano del 3% a 29 milioni nei 6 mesi con due dati che spiccano: il primo è il tracollo dell’Italia, -11% a 8.4 milioni (minori vendite Horeca menzionate), e il secondo meno comprensibile, è il calo dell’8% dei vini classici a 8 milioni, che a nostro avviso sono quelli con il minor prezzo e il maggior costo per l’azienda (i vini DOC per intenderci).
    Il cambio di mix delle vendite con più top wines (+3%) ha aiutato i margini che sono risaliti un pochino (67% il gross margin, dove stava nel 2019 per la prima volta da quel momento). L’EBITDA chiude a 3.9 milioni contro il 3.8 aggiustato dell’anno scorso, l’utile netto del semestre è in pareggio.
    Dal punto di vista finanziario, l’indebitamento scende da 34 a 32 milioni di euro, nonostante altri 3.6 milioni di investimenti (ben oltre gli ammortamenti di 2.2 milioni), grazie all’attenta gestione del circolante che ha generato ben 9 milioni di euro negli ultimi 12 mesi (assorbiti 2 milioni nel semestre in particolare, ma si tratta di un andamento stagionale), come dicevamo sopra.

    Se siete arrivati fin qui……ho un piccolo favore da chiedervi. Sempre più persone leggono “I Numeri del Vino”, che pubblica da oltre dieci anni tre analisi ogni settimana sul mondo del vino senza limitazioni o abbonamenti. La pubblicità e le sponsorizzazioni servono per aiutare una missione laica in Perù. Per fare in modo che questo lavoro continui e resti integralmente accessibile, ti chiedo un piccolo aiuto, semplicemente prestando da dovuta attenzione con una visita alle inserzioni e alle sponsorizzazioni presenti nella testata e nella sezione laterale del blog. Grazie. Marco LEGGI TUTTO

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    Argea – risultati e analisi di bilancio 2024

    I dati 2024 di Argea sono senza dubbio molto positivi. Sebbene le vendite non siano cresciute soltanto del 3.6%, di cui circa 1 punto percentuale grazie al consolidamento di Zaccagnini, i margini sono migliorati sensibilmente e il debito è calato sotto la soglia psicologica dei 100 milioni di euro, dove stava prima dell’operazione di acquisizione di MGM. Con un fatturato di 453 milioni, il gruppo è secondo in Italia dopo il conglomerato Cantine Riunite & CIV (che include GIV). L’attività del gruppo procede spedita. Nel 2024 si è finalizzata una piccola acquisizione di un marchio in Svizzera già distribuito (Enzo Bartoli) il che dovrebbe portare a un miglioramento dei margini di profitto, ed è iniziata la procedura di vendita della società distributiva russa, che sarà finalizzata nel 2025. Quest’anno Argea ha acquisito Wines Unlimited Inc., importatore USA di diverse etichette (tra cui Zaccagnini): operazione già effettuata da Herita (Santa Margherita) anni fa, che ha determinato un forte incremento dei margini sul mercato locale. Leggendo la relazione sembrerebbe di capire che l’operazione sia costata circa 40 milioni di euro. Le previsioni 2025 indicano un ulteriore miglioramento dei margini, con una strategia che menziona anche i vini No Alcohol e la strategia di premiumizzazione di Poderi dal Nespoli.
    Passiamo a un’analisi più dettagliata dei dati con grafici e tabelle.

    Le vendite 2024 crescono del 3.6% a 453 milioni di euro. Come abbiamo calcolato nel bilancio 2023, l’impatto dei “12 mesi” di Zaccagnini del 2024 rispetto al periodo di consolidamento più limitato del 2023 è di circa 5 milioni, ossia l’1% del fatturato. Le vendite italiane calano dell’8% a 41 milioni, quelle estere crescono del 5% a 413 milioni. Dal 2024 Argea distingue vendite EU (ex Italia), 160 milioni, e resto del mondo, 253 milioni.
    I margini come dicevamo sono in crescita, essenzialmente grazie al minor costo degli acquisti, passati dal 68% al 65% del fatturato, mentre le spese per servizi crescono dal 13% al 14% delle vendite e il personale resta stabile intorno al 7%. L’EBITDA del 2024 raggiunge quota 69 milioni di euro, +12%, per un margine del 15% dal 14% del 2023. Come sapete l’utile operativo e l’utile netto sono fortemente influenzati dall’ammortamento dell’avviamento. Se lo “togliamo”, l’utile operativo passa da 49 a 56 milioni (dall’11.1% al 12.5% del fatturato). L’utile netto segna una perdita di 7 milioni rispetto ai 16 del 2023, ma come dicevamo appena sopra gli oltre 30 milioni di ammortamenti “farlocchi” distorcono non di poco la lettura.
    La parte finanziaria vede un debito di 97 milioni, in discesa dai 121 del 2023. Già nel 2023 avevamo espresso apprezzamento per la gestione finanziaria (debito stabile con l’acquisizione di Zaccagnini in mezzo), e quest’anno lo rifacciamo. Il magazzino scende di 10 milioni di euro, gli investimenti sono sotto controllo al 3% del fatturato, l’azienda non ha pagato dividendi e dunque i 24 milioni di generazione di cassa netta sono andati tutti a riduzione del debito e in preparazione dell’operazione di acquisizione dell’importatore americano.

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    Herita (era Santa Margherita) – risultati e dati di bilancio 2024

    Santa Margherita S.p.a. ha pubblicato per la prima volta il proprio bilancio con la nuova denominazione sociale diventata “Herita S.p.a.”. L’esercizio  2024 mostra un leggero leggero calo sia per le vendite (-3% a 248 milioni) che per l’utile netto (41 milioni). Nonostante questo, Herita ha mantenuto una generazione di cassa particolarmente interessante, che ha consentito di pagare un buon dividendo (25 milioni) ma soprattutto di acquistare il 5% di Ca’ del Bosco (per 11 milioni) portando la partecipazione nel secondo marchio più importante del gruppo al 65%. Il debito è rimasto invariato a 138 milioni, un livello perfettamente compatibile con i margini dell’azienda, a 1.7 volte l’EBITDA.
    L’operazione di acquisto di questo 5% mette in luce l’elevato valore della partecipazione. L’azienda è stata valutata poco meno di 300 milioni di euro (di cui 223 milioni di valore azionario), che corrisponde a un multiplo di 5.6 volte le vendite e 16 volte l’EBITDA. Gli alti margini (35% EBITDA), la presenza di un magazzino molto rilevante (57 milioni di euro al costo di produzione) e di un patrimonio fondiario rilevante sono certamente fattori che hanno influenzato la valutazione della quota.
    Passiamo a un’analisi più dettagliata dei numeri.

    Le vendite consolidate calano del 3% a 248 milioni, con un calo leggermente meno marcato per i prodotti finiti a -2.6%. All’interno di questa categoria le vendite in Italia sono in calo dell’1.7%, le esportazioni sono scese del 4.3%).
    Non disponiamo delle vendite per marchio ma per entità legale, che non sono pienamente sovrapponibili, visto che Herita (Santa Margherita) SpA distribuisce anche alcuni dei marchi del gruppo. Le vendite di Ca’ del Bosco sono in calo dell’1% a 52 milioni, Pile e Lamole nel Chianti cresce del 7%, mentre Ca’ Maiol (Lugana) perde il 20% a 6 milioni riflettendo i minori volumi prodotti a causa degli eventi meteorologici avversi subiti nell’annata vendemmiale precedente.
    I margini sono in leggero calo essenzialmente a causa della diminuzione del fatturato. Il valore aggiunto scende dal 47% al 46.3% mentre l’EBITDA o MOL scende da 85 a 80 milioni (-6%) con un margine che passa dal 33% al 32%. Ammortamenti e oneri finanziari sono stabili (i secondi grazie alle rettifiche su cambi) e l’aliquota fiscale scende di un paio di punti al 22%, il che consente di mantenere l’utile a 41 milioni, in calo soltanto del 4% sul 2023. A questo contribuisce anche l’impatto dei minori interessi di minoranza derivanti dall’incremento della quota in Ca’ del Bosco.
    Il debito è stabile a 138 milioni di euro, corrispondente a 1.7 volte l’EBITDA (1.6x nel 2023). Il flusso di cassa si è attestato a 60 milioni di euro ed è praticamente stato interamente ridistribuito tra il dividendo (25 milioni, sarà stabile anche quest’anno e corrisponde a poco più del 60% dell’utile), l’investimento nella quota di Ca’ Del Bosco (11 milioni), gli investimenti (stimiamo circa 15-16 milioni, considerando che solo Herita e Ca’ del Bosco ne hanno fatti 12) e un leggero incremento del capitale circolante (+5 milioni) dovuto soprattutto all’aumento delle rimanenze (+10).

    Dati in formato testo disponibili nella sezione Solonumeri.

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    Veneto – produzione di vino e superfici vitate 2024 – dati ISTAT

    Siccome già capisco che nonostante le ripetute richieste non riuscirò a ottenere i dati di AGEA da ISMEA oppure i dati di produzione delle DOC, penso sia ora di rompere gli indugi e partire con le analisi regionali della produzione di vino con i dati molto dettagliati (ma stimati) forniti da ISTAT. Cominciamo con il Veneto, la regione più importante che rappresenta il 22% della produzione 2024 (e il 31% di quella di vini bianchi soltanto).
    Nell’ambito di una produzione nazionale in recupero del 13% a 48.7 milioni di ettolitri nel 2024, i vigneti veneti hanno prodotto 10.7m/hl di vino, un dato stabile rispetto al 2023. Entrambi i dati sono peraltro molto vicini alle medie del decennio precedente. Il Veneto sta diventando sempre più una regione di vini bianchi, grazie alla spinta del Prosecco, che hanno raggiunto l’83% della produzione totale, il massimo storico. Quello che va notato in questi dati, però, è un ulteriore calo della penetrazione dei vini DOC rispetto ai vini IGT: essendo la regione un forte contributore di vini di media qualità probabilmente le recenti tendenze di mercato hanno richiesto uno spostamento verso prodotti di fascia prezzo più moderata.
    Bene, passiamo a un’analisi più dettagliata nel resto del post con tutte le tabelle e grafici, mentre trovate tutti i numeri in formato testo da scaricare nella sezione Solonumeri.

    Come dicevamo sopra, la produzione 2024 veneta è stabile rispetto al 2023. Se però guardiamo alla media 2014-23, il Veneto nel 2024 è a +3%, l’Italia è a -1%.
    Dei 10.7m/hl prodotti, secondo ISTAT 8.83m/hl sono di vino bianco, +3% sul 2023 e +7% sulla media storica. All’interno dei bianchi i vini DOC sono in leggero calo a 6.9m/hl mentre tutto l’incremento viene dai vini IGT che passano da 1.4 a 1.7m/hl, compensando un ulteriore uscita dai vini da tavola, 0.2m/hl.
    Nel segmento dei vini rossi la produzione scende invece dell’8% a 1.85m/hl, addirittura il 15% sotto la media storica. Nel segmento, i vini DOC scendono a 0.85m/hl e gli IGT crescono del 7% a 0.9m/hl, con un trend simile a quello dei vini bianchi dal punto di vista delle categorie.
    Proprio nelle categorie si vede questo spostamento verso l’IGT, che cresce del 18% sull’anno scorso ma resta circa il 3% sopra la media storica, essenzialmente per le produzioni molto elevate del periodo 2013-2016 incluse nella media decennale. Per i vini DOC veneti il 2024 vede un calo della produzione a 7.7m/hl, -3% ma ancora +8% sulla media storica.
    In fondo al post trovate poi i dati sulle superfici vitate e sulla produzione di uva. La superficie totale è 94600 ettari secondo ISTAT, +2%, con tutte le province in terreno positivo fatta eccezione per la Verona, in cui viene rilevato un calo del 2% a 28.05mila ettari. Treviso è la provincia con la maggior superficie, 42mila ettari e +3% sul 2023.
    Vi lascio ai grafici e alle tabelle

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    Masi – risultati 2024

    di Marco Baccaglio

    Masi archivia senza ombra di dubbio il peggiore anno da quanto analizziamo i conti (2014). Sebbene le vendite abbiano tenuto, i margini sono ulteriormente calati, scendendo sotto il 4% a livello operativo, e il peso del maggiore debito (i forti investimenti continuano) ha portato il bilancio a chiudere in leggera perdita, cosa mai capitata nemmeno nello scellerato 2020. La storia degli ultimi anni è stata quella di continui investimenti, soprattutto nella brand house Monteleone21, che sembra essere pronta per l’apertura al grande pubblico nel 2025. In questo senso, e pur considerando che Masi ha un posizionamento difficoltoso se consideriamo Valpolicella-Amarone (vini rossi, grado alcolico elevato), ci sono le premesse per vedere una inversione della tendenza negativa degli ultimi anni (vedendo anche un secondo semestre migliore) e un rientro dalla situazione debitoria che ha raggiunto quota 27 milioni (36 compreso IFRS16), rispetto ai 16 dello scorso anno e ai circa 9 del 2019, anno precedente alla crisi del Covid.
    Passiamo a commentare qualche numero insieme con grafici e tabelle.

    Le vendite sono stabili a 67 milioni, con un primo semestre in calo del 9% e un secondo semestre a +10%. Masi ha avuto un anno eccellente in Canada (dopo un paio di anni bui), portando il fatturato del Nord America a +11% (22 milioni), mentre ha perso terreno in Europa (-7% a 21 milioni) ed è rimasta stabile in Italia (21 milioni).
    Dal punto di vista dei prodotti, i top wines calano dell’8% a 18 milioni, i premium wines (che includono Campofiorin) sono in leggera crescita (+2%) a 31 milioni, mentre i classical wines con una crescita dell’8% (18 milioni) tornano al livello del 2022, che è anche il più elevato da quando osserviamo i dati.
    Il gross margin è stabile al 60%, per un valore di 40 milioni di euro. Con i costi operativi in crescita del 4%, di cui un +2% deriva dai costi straordinari. L’EBITDA riportato cala dunque del 16% a 6.1 milioni (-6% a 6.8 milioni senza le partite straordinarie) e l’utile operativo scende a 1.8 milioni (2.4 milioni aggiustato), con una perdita netta di 1 milione. Gli ammortamenti stabili indicano che l’ammortamento del nuovo centro visitatori non è ancora partito in pieno.
    Dal punto di vista finanziario, Masi ha un debito finanziario di 27 milioni, +11 milioni rispetto al 2023, e sta rinegoziando un allungamento delle scadenze con il sistema bancario. Ovviamente, data l’enorme dote di attivi fissi (vigneti, immobili e via dicendo) non è un dato particolarmente preoccupante, anche se chiaramente gli investimenti degli ultimi anni si sono fatti sentire (11 milioni nel 2024, probabilmente il “colpo finale” per completare il centro visitatori). I dividendi pagati agli azionisti sono scesi da 2 milioni a 1 milione di euro, mentre il capitale circolante ha determinato un assorbimento di 4 milioni, nonostante il magazzino stabile, a causa dell’aumento dei crediti verso clienti per il buon andamento delle vendite del secondo semestre.

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