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L’Appennino e il sangiovese dall’animo inquieto

Mi viene da pensare sempre ai boschi che ti avvolgono mentre ti avvicini all’agriturismo di Emilio, sul crinale del Monte Trebbio, che veglia sulla valle del Montone ad est e su quella del Tramazzo ad ovest. Là in fondo si stende sul fiume il paese di Modigliana. Lassù tra i tronchi di castagni, carpini , faggi e roverelle ci ho camminato con mio fratello, in un pomeriggio uggioso, respirando la fine dell’estate scorsa e l’arrivo dell’autunno. Un autunno ancora lontano stavolta, ma che queste giornate finalmente più fresche mi insinuano nell’animo. Un autunno che ritrovo nei vini che ho stappato, diversi giorni fa, e che ho assaggiato, e riassaggiato al passare dei giorni, entrando in contatto, ascoltandoli e lasciandoli parlare.

Sono vini che assomigliano a chi li produce. Il buon Emilio, orso appenninico, per stazza e per atteggiamento. Sembra solitario e sulla difensiva, ma quando legge nei tuoi occhi la sincerità che ci ha insegnato la natura, allora si concede con tutta la sua generosità. E così sono i suoi vini, per vero. Badia Raustignolo, in due annate, entrambe uscite da poco, in contemporanea, 2008 e 2011. I vini de Il Pratello non hanno sequenze temporali logiche o precostituite, attendono il ritmo del proprio evolvere, e l’ascolto di Emilio, che quando li sente maturi gli apre le porte della cantina per condividerli con chi avrà voglia di mettersi, a sua volta, ad ascoltarli.

Il sangiovese in queste bottiglie mantiene la sua anima, a tratti scorbutica, a tratti scura come l’ombra del bosco durante il temporale, che poi esplode luminosa come un pomeriggio assolato sul crinale, nel cielo terso che fa vedere fino all’Adriatico. Se lasci il sentiero comune, ti addentri nel bosco, tra i tappeti di foglie ed i rami spezzati, ti puoi imbattere in tappeti di muschio e bollate di funghi, cortecce scorticate da cervi e caprioli, carcasse di cinghiali svuotate prima dai lupi e poi da uccelli e insetti coprofagi. E ruderi di rifugi abbandonati, fiori selvatici come inaspettate macchie di colore nella penombra. Nel mistero di un percorso sempre nuovo dove si mescolano mura ed uscite, finestre e sipari, ti senti libero ed imprigionato, contrasto che è forse dicotomia della vita. Ma sto divagando. Questi vini hanno il muscolo nerboruto delle camminate in montagna e il profumo delle stesse. Nel Badia Raustignolo 2011 c’è un’asprezza ancora non domata, di tannino a tratti severo, ma appagante nella serata giusta, con una carne adeguata (l’ho provato, vi giuro). E c’è una traccia di camino spento insieme al ricordo di frutti scuri, ancora freschi nel loro sapore. Altra pasta nel B.R. 2008, l’evoluzione si fa spezia e lapis, sangue e pellame, scorze e cortecce, ma il sorso è più docile, avvolge in velluto, scorre innervato ed espande un tepore, come le belle giornate di ottobre. Due facce dissimili ed eppure parenti, due annate diverse, come ognuna del resto. Come ogni essere umano, come ogni essere vivente. Come ogni bicchiere, che dentro ci trovi un po’ tutto, e un po’ niente. Basta saper ascoltare. E vivere.


Fonte: https://www.iltaccuvino.com/category/regioni/feed/


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