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Parovel, una storia di vino lunga 120 anni

Nuova generazione Parovel

Poco prima di arrivare a Bagnoli della Rosandra si passa davanti alla ex “Grandi Motori Trieste”, la fabbrica di motori per navi più grande d’Europa. 530.000 m² di stabilimento, un gigante di cemento impressionante. Sembra che l’antico luogo natio della principessa Rosandra sia stato inghiottito da quell’orrida architettura industriale, rovinando per sempre quel lembo di Carso così ricco di suggestione. Inevitabilmente sale un po’ di sconforto ma è questione di un attimo perché ti basta pensare che a pochi chilometri di distanza ti aspetta la famiglia Parovel e subito l’animo si rasserena.

Una famiglia di grande cultura vinicola e olearia quella dei Parovel, addirittura tra i pionieri dell’attività agrituristica.  Nel 1898 Pietro Parovel  iniziò la sua attività assieme alla moglie Ana e i loro sei figli partendo dal piccolo borgo di Caresana Mačkolje, frazione del comune di San Dorligo della Valle, in provincia di Trieste; a Caresana, tutt’ora il cuore pulsante della famiglia, iniziò anche la loro attività di ospitalità nella tipica “Osmiza”. Sarà poi Zoran Parovel, assieme alla moglie Cvetka, negli anni settanta del secolo scorso, a gettare le basi per la creazione dell’attuale azienda che oggi vanta una storia lunga 120 anni. Infine toccherà ai fratelli Elena ed Euro, figli di Zoran e Cvetka, completare l’opera, facendo in modo che il nome Parovel venga riconosciuto nel mondo non solo per il vino ma anche per la produzione dell’olio Tergeste D.O.P.

La casa della famiglia Parovel a Caresana

Elena, bellezza e brio tutto carsolino, si occupa dell’area commerciale e delle relazioni esterne, mentre Euro, tipo davvero unico (conoscerlo di persona vale il viaggio) è l’enologo di casa. Vitovska e Terrano sono i figli naturali di queste terre, ma la famiglia Parovel ha una predilezione particolare per la Malvasia Istriana, amore che parte da lontano e che ha trovato terreno fertile nella passione di papà Zoran, per questo vitigno, quando ancora non era di moda.
Zoran ha avuto anche il merito e l’intuito commerciale, assieme a  Danilo Lupinc viticoltore di Prepotto, di essere fra il primo a commercializzare i vini in bottiglia sul Carso e a Trieste, puntando su un’enologia che garantisse la pulizia e la qualità, utilizzando per le fermentazioni cemento e poi acciaio. La famiglia Parovel, con lo spirito di innovazione che l’ha sempre contraddistinta, ha fondato anche il primo frantoio privato in provincia di Trieste nella vicina zona artigianale di Dolina, ora sede di tutta la loro produzione olivicola.

L’azienda Parovel, è anche molta attenta alla promozione culturale: spesso in cantina, oltre alle degustazioni e alle cene a tema, si organizzano spettacoli teatrali, concerti, mostre d’arte.  Trovo sempre molto affascinante e rasserenante questo connubio tra arte e vino, questo amore smisurato per la terra e per i suoi frutti, questo amore per un mondo rurale ancora possibile.

Due parole sui vini Parovel

Vitovska, Terrano, Refosco o l’uvaggio di Malvasia istriana e Glera sono sempre un gran bel bere, ma sono due i vini di Parovel che annovero tra i miei bianchi del cuore, la Malvasia Poje Barde e il Matos Nonet Barde. Per la Malvasia, ho avuto il privilegio di assaggiare l’annata 2015 sorseggiandola con i piedi a mollo dentro il torrente Rosandra. Un assaggio indimenticabile per una Malvasia unica che nella Val Rosandra acquisisce particolari note fumè e saline che la  rendono immediatamente riconoscibile. E poi c’è il Matos Nonet Barde, attualmente disponibile nell’annata 2013, uvaggio da vitigni Malvasia Istriana (60%), Sauvignon (30%), Semillon (10%). Questo vino originariamente si chiamava solo Matos, perché voleva essere un vino un po’ particolare, un po’ matto. L’idea in realtà, richiamava un modello di lavoro antico, legato alle tradizioni e alla cultura del vino che si faceva da queste parti. Diventò poi Matos  Nonet perché alla presentazione della prima annata suonò all’evento il “nonetto” del paese in cui ha origine la famiglia Parovel. La festa riuscì benissimo e la musica fu talmente piacevole che si decise di legare il nome del vino a quel gruppo di musicisti  del paese. La macerazione sulle bucce qui è davvero usata da Euro con sapiente maestria, tanto da allontanarlo dagli stereotipi del genere; completa l’opera quel 10% di uva Semillon, attaccata da muffe nobili come la Botrytis Cinerea, in grado regalare uno dei vini più intensi e romantici che arrivano dall’area giuliana.


Fonte: http://www.lastanzadelvino.it/feed/


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