Nel post precedente, si parlava di e-commerce del vino. Non c’è dubbio che, tra le due categorie – Millennials e GenX – sono soprattutto i primi ad avere maggior dimestichezza con gli strumenti e l’ambiente digitale. Lo trovano così naturale che non hanno nessun problema a comprare online perfino vini che non hanno mai assaggiato.
Perché? Semplice: perché Amazon li ha abituati così. Ti serve una grattugia? Vai su Amazon e la cerchi, te ne mostra a dozzine: guardi le foto, i prezzi, poi ne scegli una e leggi la descrizione. E decidi se comprarla o meno.
Lo stesso procedimento avviene con la vendita del vino online: avrà successo se le schede-prodotto saranno fatte a regola d’arte. I Millennials vogliono schede descrittive, che faccia loro immaginare quale gusto potrà avere quel Nero d’Avola o quel Chianti Classico. Qui la conoscenza di tecniche SEO può fare la differenza tra successo e fallimento. Più informative, dettagliate e suggestive saranno le descrizioni dei vini, più probabile sarà l’acquisto. Le note descrittive di un vino dovranno abbondare ovunque nel web: nel sito dell’azienda, nel wine shop, nei canali social. La prima fonte d’informazione di questi consumatori è il web, trascurare la comunicazione digitale significa giocarsi le vendite, che – repetita iuvant – saranno sempre più online, e non solo negli USA. L’unica cosa che si può tralasciare di scrivere in queste schede sono i dettagli tecnici: ph, residuo zuccherino, lieviti selezionati o indigeni, con FML svolta oppure no sono cose che interessano solo ai Baby Boomers (e ai wine critics).
Questa familiarità con Internet ha però come rovescio della medaglia il fatto che i Millennials, a differenza dei gruppi di età che li precedono, non sentono la necessità di andare alla scoperta dei luoghi del vino: a loro basta aprire un browser sullo smartphone, digitare “Paso Robles+winery+CA” per trovare tutte le informazioni che cercano. E se ancora non bastano s’informano presso amici e parenti.
La visita in cantina perciò, l’enoturismo, diventa una scelta ben precisa. La meta per una giornata di relax e divertimento. Inoltre, schiacciati come sono tra cure genitoriali (di figli piccoli) e parentali (di genitori anziani), Millennials e GenX sceglieranno soprattutto quelle cantine in grado di far star bene un po’ tutti: giovani e anziani, bambini e wine lovers. Per le aziende, questo significa re-inventare l’accoglienza, trovando per la visita nuovi motivi d’interesse (e nuovi modi di promozione del vino) che non escludano nessuno, nemmeno chi non può bere (per ragioni di età o di salute).
Insomma, questo tipo di consumatori non si mostrano tanto confusi, intimiditi o disorientati dalla complessità del mondo del vino: ciò che continuiamo a interpretare come timore o senso di personale inadeguatezza (“il vino è troppo complicato e difficile per me”), è in realtà semplice disinteresse per come viene proposto.
I Millennials, i GenX, fatte salve le solite eccezioni, non vogliono essere “istruiti”, scolarizzati sul vino (come si fa, come si beve, da dove viene, che storia ha, ecc. ecc.): la solita narrativa non ha nessuna presa su di loro.
Morale? O cambiamo la narrazione, o cambiamo target di consumatori. Da qualunque parte si decida di cominciare, qualcosa va assolutamente cambiato.
Conclusioni:
– smettiamola di dire che M e GenX non bevono vino. Non è vero, lo bevono più spesso di quello che si pensa e soprattutto non solo non sembrano avere intenzione di diminuire il loro consumo, ma non hanno paura di spendere. Inoltre, nonostante siano consapevoli che il vino contiene alcol e zuccheri, continuano a considerarlo più salutare di altre bevande alcoliche (all’interno di un adeguato e coerente stile di vita).
Anziché limitarsi ad aspettarli sulla soglia delle cantine, è il mondo del vino che deve andare incontro ai suoi consumatori, facendosi trovare (fisicamente) in tutte quelle occasioni, anche le meno tradizionali, in cui le persone si trovano per rilassarsi, divertirsi, star bene con gli amici. Ovviamente, è ormai data per scontata anche una presenza attiva online.
Per fidelizzare consumatori per loro stessa natura infedeli, diventa di cruciale importanza costruire con essi una solida relazione. Occorre investire tempo, soldi e risorse umane nella figura di un Virtual Brand Ambassador, una persona che sappia interagire con le persone ogni giorno, in più canali e su più piattaforme, adeguando contenuti e tone of voice a ciascuna di esse (Tik-Tok parla una lingua diversa da Facebook, tanto per dire, e si rivolge a pubblici diversi).
L’online è il presente e sarà sempre di più anche il futuro. Delle vendite, del customer care, delle relazioni, del servizio. Sottovalutarlo (procrastinandolo al mese del mai nell’anno del mai più, come in genere si fa con le cose del mondo digitale) potrebbe finire per compromettere il futuro dell’azienda stessa.
In questa veloce disamina dei principali risultati emersi dalla ricerca di WineGlass Marketing su tendenze e atteggiamenti di consumo nel vino di GenX e Millennials, ci siamo concentrati su quelli che possono essere problemi condivisi anche dai produttori di vino italiani, tralasciando altri aspetti (gestione della tasting room, wine clubs) di impatto forse minore (numericamente), almeno per adesso. Per chi fosse interessato a conoscere nel dettaglio questa ricerca, la può richiedere qui.