Riprendo una rubrica che otto anni fa su “La stanza del vino” aveva visto Roberto Cipresso, Michele Bean e Luca d’Attoma, raccontare da angolature diverse il presente e il futuro della professione di Winemaker. L’intervista partiva dall’assunto che i Winemaker, da star indiscusse del panorama enologico nazionale e internazionale, voluti da tutti, sulla bocca di tutti, di colpo sembravano aver perso l’appeal di un tempo e, provocatoriamente, chiedevo loro se fosse possibile che i Winemaker fossero diventati solo quello che i detrattori avevano sempre sostenuto, ovvero i responsabili dell’appiattimento del livello qualitativo dei vini, secondo l’equazione stessa mano stesso vino a qualunque latitudine. Nonostante il passare degli anni, credo che queste considerazioni siano ancora attuali e pertanto ho voluto raccogliere anche il punto di vista di un enologo di fama internazionale come Umberto Trombelli, allievo del leggendario Giacomo Tachis, ecco cos’è emerso:
L’enologo è il protagonista della crescita, dello sviluppo e del sostegno del comparto vitivinicolo. Nel bene e nel male l’Enologia e gli Enologi sono il tramite attraverso cui i vini si esprimono e si diffondono. L’eccessivo protagonismo a cui sono stati esposti negli ultimi 20- 25 anni del secolo scorso era legato a varie dinamiche ma, indubbiamente, dopo lo scandalo al metanolo il settore ha avuto bisogno di crescere velocemente e di riscattarsi: i winemaker sono stati quindi i protagonisti del risorgimento del vino italiano perchè il sistema vino stesso aveva bisogno di riconoscersi in una figura professionale su cui porre la fiducia. Per promuovere un vino di qualità la “Firma” era fondamentale. Una volta però riemersi dal baratro, crescendo tutti in qualità e valorizzando i territori, il nostro vero valore aggiunto, si è reso necessario riportare al proprio posto i produttori sul palcoscenico. L’Azienda vitivinicola è tornata visibile; giustamente, dico io, perché investe, spendendo e rischiando i propri capitali.
Oggi, finalmente l’enologo è rientrato nei ranghi ma non per questo ha perso l’importanza che il suo ruolo ha in tutti i rami del settore mentre i casi di vini “ Firmati” diventano magari espressione di stima e di fiducia reciproca. La figura del consulente è preminente;quasi tutte le Case vinicole di una certa dimensione si affidano ad un enologo consulente esterno sia per avere un supervisore, sia per avere un contatto continuo con gli aggiornamenti scientifici, tecnologici, di mercato e sia per non chiudersi in sé stessi. Ogni enologo ha una personale e specifica preparazione tecnica da cui derivano diverse competenze; la specializzazione incombe. Non tutti possono offrire un supporto a 360 gradi per cui molte figure di enologo ricoprono ruoli meno apparenti ma altrettanto strategici. Personalmente ho ricoperto per molti anni il ruolo di Direttore tecnico di cantina per alcune Aziende di media e grande dimensione: da ciò derivano le mie competenze che offro come consulente esterno potendomi occupare in prima persona della produzione e dell’economia aziendale. Con le competenze che ho acquisito, per esempio, oltre alla figura di wine maker, posso partecipare alla programmazione viticola, alla progettazione di cantine o all’organizzazione del personale o degli acquisti.
Ritornando alla tua domanda, in un punto fai riferimento alla responsabilità degli Enologi nell’aver procurato un appiattimento dei vini. Ritengo sia un’accusa fatta da detrattori superficiali che poco hanno studiato sul Vino in genere. Ci si dimentica che solo da 70 anni si è iniziato a produrre vini per soddisfare le richieste commerciali; prima il vino era un bene primario della dieta italiana, un apporto calorico importante di autoconsumo. In due sole generazioni siamo riusciti a crescere, ad affondare e a riemergere: non credo che si possano sostenere certe teorie conoscendo il tema. Certamente non siamo né santi né profeti, i personaggi ambigui esistono ma condannare una categoria per aver appiattito la qualità mi sembra esagerato. Non dobbiamo dimenticarci che il mercato del vino è globale, la produzione di vino generalizzata; non siamo i primi, i Francesi lo sono; siamo i maggiori produttori e non si può pensare che tutto il vino italiano possa essere venduto a prezzi altissimi. Le richieste commerciali sono svariate e divise su fasce di prezzo/qualità e il vino italiano, poichè tanto, le deve ricoprire tutte. Pensare di competere solo con la Francia e superarla anche in fama è un bel sogno, un progetto stimolante ma non possibile a meno che non si riduca drasticamente la produzione nazionale marginandola solo alle zone altamente vocate e non si cominci una politica commerciale unitaria e univoca: comunque obbligatoria anche oggi!
Il consumo di vino, oggi sempre più legato alle mode, si sta focalizzando su vini naturali, biologici, biodinamici: si è inventata l’arte di fare i vini come Natura crea ma credo che tutto ciò, rimarrà una nicchia di mercato che non ritengo capace di soverchiare le strategie né di offuscare l’importanza degli enologi. Sono vini che lasciano il tempo che trovano, alcuni anche pericolosi perché più ricchi di sostanze tossiche oltre all’alcool o i solfiti: basti pensare alle ammine biogene, all’acido acetico, all’acetaldeide. Gli stessi Millennials, i nuovi consumatori di vino, elaboreranno un loro “Gusto” che maturerà prendendo coscienza dei difetti dei vini allontanandoli. In ogni caso non tutto viene per nuocere: riconosco che lo sviluppo della coltivazione biologica e il desiderio di produrre vini con meno solfiti ma soprattutto meno elaborati, abbia scosso il settore in modo positivo portando tutti i protagonisti a cercare nuove soluzioni tecniche qualificando il settore.
Umberto Trombelli
Umberto Trombelli nasce a Molinella (BO) nel 1964, nipote di un commerciante di vini, ed è il padre che lo avvicina a questo mondo. Si iscrive così presso la Scuola Enologica di Alba (Piemonte) e consegue il diploma sessennale nel 1984. Appena diplomato si trasferisce a Londra come addetto alla gestione delle attività promozionali dell’enoteca I.C.E..
Dopo alcune collaborazioni con piccole cantine toscane, Umberto a soli 25 anni ha la possibilità di entrare nel team di enologi guidati dal leggendario Giacomo Tachis, padre del “Rinascimento del vino italiano”.
Grazie a Tachis, Umberto ha l’opportunità di essere presentato a Massimo Bernetti, proprietario della cantina Umani Ronchi nella regione Marche: qui, ricoprendo il ruolo di direttore tecnico, inizia la sua esperienza insieme a Tachis sviluppando il famoso vino “Pelago” contribuendo così ad un innalzamento del livello qualitativo dell’intera produzione del vino delle Marche.
Altrettanto stimolante si rivela l’amicizia appena nata con Stefano Dezi a Servigliano , dove Umberto contribuisce a valorizzare i vini ” Solo” e ” Regina del Bosco”, inseriti successivamente nelle classifiche tra i migliori vini di quel territorio.
Nel 2003 Umberto si trasferisce in Toscana presso la Fattoria La Vialla ad Arezzo, Azienda leader nella coltivazione biologica e ,in seguito , biodinamica, specializzandosi in breve nella produzione dei vini Chianti, Vin Santo, Spumanti e Supertuscans.
Contemporaneamente, avendo raggiunto una notevole esperienza e conoscenza nella vinificazione, Umberto si mette in proprio e inizia la sua attività di Enologo consulente.
Diventa curatore di alcuni uomini d’affari italiani, aristocratici, imprenditori, visionari che hanno affidato a Umberto i propri terroir perchè potesse valorizzarli al meglio.
Inizia nelle Marche con la progettazione, la costruzione della cantina “Il Pollenza” e la nascita dei vini di Brachetti Peretti ; conosce la famiglia Adami e inizia ad occuparsi della tenuta “Ronco Delle Betulle” nel Friuli ; Diego Della Valle, Imprenditore- stilista proprietario della griffe ” Tod’s” lo nomina enologo della sua tenuta “Campus Viola di Incisa Valdarno” ;il Barone Vincenzo Ciani Bassetti lo richiede per la sua cantina a Roncade, nella regione Veneto; Nicola Santoleri, indimenticato produttore di Guardiagrele nel Chietino, con cui instaura una profonda amicizia, si lascia guidare da Umberto nel definire il terroire di Crognaleto Montepulciano d’Abruzzo; conduce per mano la famiglia Baldi a Staffolo nel loro ritorno alla terra a La Staffa dove emerge il Verdicchio “ Rincrocca”; i milanesi Cavallaro, trapiantati a Rosora si avvalgono della sua esperienza nel creare il loro Cru di Verdicchio “ Crocetta”; la famiglia Bianchi a Crotone lo chiama per affinare i loro vini da uve autoctone calabresi quali il Gaglioppo, il Magliocco, il Pecorello e le varietà denominate Greco.
Nel 2009 Umberto è sempre più autonomo e Giacomo Tachis , che stava per lasciare l’attività di Enologo per motivi personali , lo chiama per sostenerlo in Sardegna alla Cantina di Santadi, ed anche alla Cantina Agripunica , con i suoi vini Barrua e Montessu, della quale lo stesso Tachis era socio fondatore con il Marchese Incisa Della Rocchetta e Antonello Pilloni.
Umberto accetta questa nuova impresa nell’Isola e , dopo il pensionamento di Tachis , nel 2010 diventa Wine maker ufficiale contribuendo alla costante crescita nei consensi delle due cantine sarde. Oggi Umberto si sta dedicando anche all’attività di Consulente in Toscana, a
Montepulciano , dove collabora attivamente con Fattoria della Talosa e Vecchia Cantina di Montepulciano, capisaldi del territorio dove si sviluppa il Vino Nobile.
Definisce il suo percorso enologico solo una goccia nel mare e, per questo, con i propri clienti, con i colleghi e le università è sempre alla ricerca di nuove vie, sperimentazioni e risposte a domande complesse che rappresentano vere e proprie sfide.
Ph tratte dal sito www.umbertotrombelli.it