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Luigi Moio a Etna Days 2024: Il vino non è un liquido, è un vettore culturale

Nel mio recente articolo su “La stanza del vino”, ho ricordato la bella edizione di “Blend Simmetrie enoiche 2024” e riflettuto sulla complessità che il comparto vitivinicolo si trova ad affrontare oggi. Tra le sfide principali, vi sono la contrazione dei consumi, un salutismo spesso esasperato e l’uso di un linguaggio astruso e iper-tecnico. Tuttavia, nonostante il futuro del vino sia spesso dipinto con toni cupi, c’è un aspetto fondamentale che continua a rendere questa bevanda unica e immortale: il suo profondo legame con la cultura.

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Il vino è una bevanda che va oltre la semplice degustazione; è un mezzo per esplorare luoghi e tempi diversi. I terroir di grande espressività possono imprimere un’impronta unica nel vino, la cui degustazione permette di viaggiare nello spazio (luogo) ma anche nel tempo quando si assaggiano vecchie annate, e questa magia di collegarsi ad un luogo attraversando il tempo, è solo prerogativa del vino.

Un concetto simile è stato espresso da Luigi Moio, presidente dell’Organizzazione Internazionale della Vigna e del Vino (OIV), durante gli Etna Days, organizzati dal Consorzio Etna Doc che si stanno svolgendo in questi giorni a Castiglione di Sicilia. Il prof. Moio ha evidenziato come il settore del vino stia attraversando un momento difficile, anche a causa di una mancata trasmissione intergenerazionale del significato culturale del consumo di vino.

Ha osservato che le nuove generazioni, attratte dalla mixology, si stanno allontanando dal vino pur assumendo più alcol rispetto alle generazioni precedenti. Paradossalmente, il vino è spesso penalizzato nel dibattito su alcol e salute, mentre altre bevande alcoliche sfuggono a questa critica.

Secondo il prof. Moio, c’è una grande responsabilità da attribuire alla comunicazione, che è troppo spesso confusionaria e contraddittoria. “Non possiamo dire che il vino fa bene perché c’è l’alcol”, ha spiegato, “ma ci sono altri argomenti che distinguono il nostro mondo e che accomunano il prodotto con i territori e la loro storia”. Il prof. Moio ha concluso sottolineando che il vino “non è un liquido, è un vettore culturale. Bere un calice di Etna è un atto culturale, e la forza della sua denominazione è data dall’identità costruita attorno al Vulcano”.

Queste riflessioni mettono in luce come, nonostante le numerose sfide che il settore vitivinicolo si trova ad affrontare, il vino mantenga il suo ruolo di elemento culturale di grande valore. Non è solo una bevanda, ma un simbolo di identità territoriale, storia e tradizione. Ogni bottiglia racconta una storia unica: dai terroir che ne determinano le caratteristiche organolettiche, alle persone che con passione e dedizione ne curano la produzione, fino ai momenti conviviali che il vino accompagna, favorendo connessioni umane e sociali.

In questo contesto, è fondamentale che il mondo del vino sia difeso e valorizzato non solo per le sue qualità intrinseche, ma anche per i significati profondi che porta con sé. Diventa necessario, quindi, ripensare il modo in cui il vino viene comunicato alle nuove generazioni. Serve un approccio che vada oltre il linguaggio tecnico e che riesca a trasmettere l’essenza del vino come esperienza sensoriale, culturale ed emotiva, capace di legare insieme storia, geografia, e tradizioni locali.


Fonte: http://www.lastanzadelvino.it/feed/


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