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    Casentino segreto: Poggiotondo tra arte, vino e natura

    Ho conosciuto Lorenzo Massart, proprietario di Poggiotondo, al Vinitaly di molti anni fa. Non fu soltanto il vino a sorprendermi, ma l’uomo che lo raccontava. Rimasi folgorato dal suo Vinsanto del Chianti Collefresco, che allora – come oggi – continua ad essere uno dei più buoni mai prodotti in Toscana, quindi nel mondo. Ma rimasi colpito anche da Lorenzo stesso: avvocato, pittore, vignaiolo e agricoltore, un uomo eclettico e generoso, capace di mescolare ironia e passione come pochi altri. In un territorio poco noto alla viticoltura toscana come il Casentino, riusciva a tirar fuori vini di straordinario carattere.

    Siamo a Subbiano, nord di Arezzo. Qui, nel cuore di una valle che la maggior parte dei toscani associa più al paesaggio e alla gastronomia che al vino, Lorenzo ha scelto di dar vita al suo progetto. L’azienda di famiglia, acquistata nel 1973, poggia su terreni argillosi e galestrosi, in posizione collinare: il luogo ideale per ospitare sangiovese e canaiolo, con piccoli tocchi di malvasia e trebbiano. È qui che Lorenzo e la moglie Cinzia Chiarion hanno deciso di scommettere su un sogno: produrre vino e olio di qualità, senza compromessi, restando fedeli alle radici del Casentino.

    Lorenzo Massart

    I vini di Poggiotondo sono figli autentici di questa filosofia, che riflettono la personalità di chi li produce. Poggiotondo, il rosso che porta il nome dell’azienda, è forse il prediletto di Lorenzo: diretto, ruvido, sincero, maturato solo in cemento, senza mai vedere il legno. “In Toscana non dobbiamo scimmiottare i francesi – dice – il nostro compito è far parlare il Sangiovese”. Le Rancole, marchio storico della cantina, affina invece in parte in piccole botti e riposa poi a lungo in bottiglia, offrendo un’espressione più elegante. A queste etichette si affianca il C66, creato da Cinzia: un blend di sangiovese e merlot, morbido e avvolgente, ma il capolavoro resta il Vinsanto, custodito in una suggestiva sala con i caratelli, memoria liquida del tempo che scorre lento.

    Cinzia Chiarion

    Accanto al vino, l’olio: oltre 800 ulivi – molti dei quali moraiolo – raccolti a mano e moliti in giornata. Cinzia se ne occupa con cura quasi maniacale, portando in bottiglia un extravergine che riflette la stessa autenticità dei vini.

    Poggiotondo non è solo un’azienda: è un microcosmo. Ci sono gli asini sardi, simbolo gentile e testardo della tenuta, presenti fin dagli anni Sessanta. Ci sono gli amici, i giornalisti, i curiosi che ogni anno partecipano alla vendemmia, trasformata in rito di condivisione. E soprattutto c’è Lorenzo, che con il suo carattere ribelle non ha mai cercato scorciatoie. Cresciuto tra i campi di Poggiotondo, con una passione precoce per gli animali e la vita all’aria aperta, ha sempre mantenuto uno sguardo curioso e indocile. Avvocato di professione, ma anche pittore autodidatta e viaggiatore instancabile, ha trasformato il suo paradiso casentinese in un luogo dove natura, arte e vigna convivono senza confini. I suoi quadri, astratti e sgargianti, riflettono la stessa energia vitale che si ritrova nei vini: diretti, sinceri, liberi da compromessi. Lorenzo è un uomo che sfugge alle definizioni, e Poggiotondo non è solo un’azienda agricola, ma la proiezione della sua personalità eclettica. A distanza di trentacinque anni dall’inizio di questa avventura, Poggiotondo è una realtà consolidata. Non un colosso, ma un presidio di autenticità. Una voce che testimonia come il Casentino, terra finora laterale nella mappa del vino toscano, possa diventare un orizzonte nuovo, una frontiera capace di regalare emozioni vere.

    Chi entra a Poggiotondo non trova solo una cantina: trova un mondo che profuma di galestro e di mosto, di olio appena franto e di stalle con gli asini. Trova Lorenzo e Cinzia, due personalità complementari che hanno scelto di difendere un territorio con la forza delle loro idee. E trova vini che non ammiccano a mode o mercati, ma che parlano la lingua più pura: quella della passione.

    I vigneti, la vendemmia, la cantina

    Poggiotondo conta poco più di quattro ettari di vigne, tutte nel cuore del Chianti. Qui il terreno è quello tipico del Casentino, ricco di galestro, e le vigne affondano le radici tra sangiovese, canaiolo, trebbiano e malvasia, con qualche nuovo impianto più recente accanto a filari storici che superano i cinquant’anni.

    La vendemmia è sempre manuale, fatta a inizio ottobre con cassette piccole per rispettare ogni grappolo. È un lavoro paziente e lento, che precede l’ingresso in cantina: qui l’uva viene vinificata in vasche di cemento o vetrocemento, un materiale caro a Lorenzo perché conserva freschezza e autenticità. Il legno si usa solo quando serve, mai per mascherare il vino. A Poggiotondo ogni dettaglio è pensato per esaltare il carattere della vallata.

    I vini di Poggiotondo

    C66 2022È il vino di Cinzia, pensato “da una donna per le donne”, ma non solo. Nasce da sangiovese con una piccola parte di merlot, ed è il più morbido della famiglia: vellutato, avvolgente, con sfumature scure e speziate che il legno rende eleganti senza eccessi. È un rosso che guarda lontano, capace di conquistare chi cerca armonia e profondità.

    Poggiotondo 2022È il cuore pulsante dell’azienda, il vino che più racconta Lorenzo. Sangiovese e canaiolo, maturati in cemento, senza legno. Diretto, schietto, con il frutto nitido e una freschezza che invita alla beva. È un Chianti che non ha bisogno di orpelli, compagno ideale della tavola quotidiana, sincero come la terra da cui nasce.

    Le Rancole 2022È la memoria storica dell’azienda: il primo Chianti imbottigliato in Casentino. Anche qui dominano sangiovese e canaiolo, con un leggero passaggio in legno che dona complessità senza mai coprire il carattere del vino. Più strutturato e profondo del Poggiotondo, ha eleganza, stoffa e un respiro che lo rende capace di sorprendere anche dopo anni.

    Vinsanto del Chianti Collefresco 2016Il gioiello di Poggiotondo, prodotto in poche bottiglie. Da malvasia e trebbiano appassiti e lasciati riposare per anni nei piccoli caratelli, nasce un vino dal colore ambrato e luminoso, che profuma di frutta secca, miele e scorza d’arancia. Dolce ma mai stucchevole, ha una freschezza che bilancia la ricchezza. Un sorso che sembra catturare il tempo e racchiuderlo in un bicchiere. LEGGI TUTTO

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    Mondial des Vins Extrêmes: quando la viticoltura diventa resistenza e bellezza

    C’è un filo che unisce la fatica delle mani sui pendii più ripidi, le radici che si aggrappano alla roccia e le bottiglie che arrivano sulle tavole del mondo. È il filo della viticoltura eroica, quella che nasce in luoghi difficilmente accessibili, tra terrazze strappate alla montagna, vigneti in forte pendenza o appezzamenti isolati su piccole isole. Una viticoltura dove ogni lavorazione richiede sforzi, dedizione e pazienza fuori dal comune, tanto da renderla davvero “eroica”.

    Il Mondial des Vins Extrêmes, giunto quest’anno alla sua 33ª edizione, continua a celebrare e valorizzare proprio questo patrimonio unico. Nelle giornate di degustazione svoltesi a Sarre, in Valle d’Aosta, oltre 1000 vini provenienti da più di 20 Paesi hanno raccontato storie di resistenza, biodiversità e passione.

    “Di anno in anno – ha sottolineato il Presidente del CERVIM Nicola Abbrescia – il Mondial des Vins Extrêmes ci ricorda quanto la viticoltura eroica sia stimolante e affascinante. I vignaioli che prendono parte al concorso affrontano vendemmie sfidanti e territori unici, creando vini di qualità e carattere”.

    Il concorso è organizzato dal CERVIM – Centro di Ricerca, Studi, Salvaguardia, Coordinamento e Valorizzazione per la Viticoltura Montana, con il patrocinio dell’OIV (Organisation Internationale de la Vigne et du Vin) e l’autorizzazione del Ministero dell’Agricoltura, della Sovranità Alimentare e delle Foreste. Il Mondial des Vins Extrêmes fa parte di VINOFED, la Federazione Internazionale dei Grandi Concorsi Enologici.

    I vini ammessi

    Per selezionare i vini, degustatori esperti, quali tecnici (enologi), esperti degustatori e giornalisti di settore provenienti da tutto il mondo, si riuniscono in commissioni composte da 5 degustatori ciascuna, che tramite un apposito sistema informatico, utilizzato per la prima volta in Italia, proprio al concorso Cervim, valutano i diversi vini, suddivisi in 9 diverse categorie, esprimendo un giudizio, dapprima singolo in base al colore, la limpidezza, l’olfatto e il gusto, che sommati tra loro danno origine al giudizio finale.

    La particolarità del Mondial des Vins Extrêmes dovuta principalmente alla varietà dei vini in degustazione, prodotti per lo più da vitigni autoctoni, caratterizzati da terroir unici che segnano in modo particolare i profumi e i sapori e che rendono il Mondial des Vins Extrêmes unico nel panorama dei concorsi enologici mondiali, richiama l’interesse degli esperti che numerosi ogni anno si candidano per partecipare alle selezioni di luglio.

    Nicola Abbrescia – Presidente del CERVIM

    I vini presentati vengono divisi in 9 categorie:

    1 – vini bianchi tranquilli annate 2024, (con residuo zuccherino fino a 6 g/l);2 – vini bianchi tranquilli annate 2023 e precedenti, (con residuo zuccherino fino a 6 g/l); 3 – vini bianchi tranquilli semidolci (con residuo zuccherino da 6,1 a 45 g/l);4 – vini rossi tranquilli annate 2023 e 2024;5 – vini rossi tranquilli annate 2022 e precedenti;6 – vini rosati tranquilli;7 – vini spumanti;8 – vini dolci (con residuo zuccherino superiore a 45,1 g/l);9 – vini liquorosi.

    Sono ammessi esclusivamente i vini DOC/DOP e IGT/IGP. Non sono ammessi al concorso i vini da tavola (come da regolamento ministeriale).

    I premi

    Al termine delle degustazioni viene stilata la classifica finale, in base al punteggio acquisito vengono ripartiti i premi suddivisi in Gran Medaglia d’Oro, Medaglia d’Oro e Medaglia d’Argento, oltre a ulteriori premi speciali destinati al miglior vino e alla miglior cantina per Paese partecipante, il miglior vino in assoluto, il miglior vino biologico e/o biodinamico, il miglior vino prodotto nelle piccole, il miglior Giovane produttore (al di sotto dei 35 anni), la miglior Donna produttrice, uno destinato alla Regione viticola partecipante con il maggior numero di vini, ed un premio dedicato al miglior vino prodotto da uve franco di piede .

    Premio VINOFED, assegnato in tutti i concorsi enologici aderenti alla Federazione dei Grandi Concorsi Enologici Mondiali, verrà attribuito al miglior vino secco che ha ottenuto il miglior punteggio del concorso. Nel caso in cui il premio VINOFED coincida con il GRAN PREMIO CERVIM, il premio verrà assegnato al secondo vino classificato.

    Il risultato complessivo della 33ª edizione parla chiaro: 77 Grandi Medaglie d’Oro e 221 Medaglie d’Oro assegnate da commissioni internazionali, insieme a 17 Premi Speciali che hanno messo in luce territori e produttori d’eccellenza. Dalla Mosella alle Canarie, dai Pirenei alla Calabria, i vini premiati testimoniano un mosaico di vitigni autoctoni e terroir irripetibili, spesso a rischio di scomparsa.

    Tra le novità, la prima partecipazione dell’Albania, premiata con due Medaglie d’Oro, segno che il concorso continua ad allargare i suoi confini e a essere sempre più globale.

    Accanto ai vini, spazio anche ai distillati con la quinta edizione di Extreme Spirits International Contest, che ha visto primeggiare ancora Tenerife con il Brumas de Ayosa Vermut Blanco 2024, affiancato dal Perù con il Pisco Viña De Los Campos Mosto Verde Italia.

    Ma oltre ai numeri e alle medaglie, il Mondial des Vins Extrêmes è soprattutto un atto di riconoscenza verso chi coltiva l’impossibile. Perché la viticoltura eroica non è soltanto un settore agricolo: è un patrimonio culturale e paesaggistico che ci ricorda quanto vino e territorio siano inseparabili. Non è un caso che questa manifestazione si svolga proprio in Valle d’Aosta, terra di vette e castelli, dove i vigneti salgono arditi verso le montagne e rendono tangibile il senso di una viticoltura che non conosce scorciatoie.

    L’elenco completo dei vincitori è consultabile sul sito ufficiale www.mondialvinsextremes.com LEGGI TUTTO

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    Mondial des Vins Extrêmes 2025, CERVIM annuncia i migliori vini eroici

    77 Grandi Medaglie d’Oro e 221 Medaglie d’Oro assegnate tra gli oltre 1000 vini in concorso: è questo l’esito delle commissioni di degustazione riunitesi nei giorni scorsi a Sarre (Aosta) per la 33esima edizione del Mondial des Vins Extrêmes. Per l’unico concorso enologico al mondo dedicato alla viticoltura di montagna, in forte pendenza o nelle piccole isole e organizzato annualmente da CERVIM – Centro di Ricerca, Studi, Salvaguardia, Coordinamento e Valorizzazione per la Viticoltura Montana, il 2025 segna anche un’importante novità: la partecipazione per la prima volta dell’Albania, premiata con due Medaglie d’Oro.“Di anno in anno, di edizione in edizione, il Mondial des Vins Extrêmes ci ricorda quanto la viticoltura eroica sia stimolante e affascinante – dichiara il Presidente del CERVIM Nicola Abbrescia –. I vignaioli che prendono parte al nostro concorso internazionale affrontano vendemmie sfidanti e territori unici, creando vini di qualità e carattere. La quota di oltre 1000 etichette e il debutto dell’Albania, piccolo ma interessante produttore con forte potenziale di crescita, confermano come questa competizione sia globale e in continua espansione”.
    Accanto alle medaglie sono stati assegnati anche 17 Premi Speciali: il Gran Premio CERVIM e il Premio VINOFED al DOP Valle de Güímar Brumas de Ayosa Blanco Seco 2024 di SAT Viticultores Comarca de Güímar (Arafo, Tenerife), il vino che ha ottenuto il miglior punteggio in assoluto e il miglior vino secco della competizione. Il Premio Speciale CERVIM è andato alle aziende vitivinicole Terres des Templiers (Banyuls Sur Mer, Pirenei Orientali), Weingut Reis – Feine Weine! (Briedel, Mosella), La Crotta di Vegneron Coop. Agricola (Chambave, Valle d’Aosta), SAT Viticultores Comarca de Güímar (Arafo, Tenerife) e Domaine Jean-René Germanier (Vetroz, Cantone Vallese). Si sono aggiudicati il Premio Eccellenza CERVIM l’AOP Banyuls Traditionnel Fauve 2014 di Terres des Templiers, il Moselgold Riesling Fruchtig Süß 2021 di Weingut Reis – Feine Weine!, il Calabria IGT Santa Trada 2024 di Casa Vinicola Criserà Srl, il DOP Valle de Güímar Brumas de Ayosa Tinto Joven 2024 di SAT Viticultores Comarca de Güímar e l’AOC Valais Amigne de Vétroz Mitis 2022 di Domaine Jean-René Germanier. Il Premio CERVIM Futuro è stato assegnato a Federico Broglia, il miglior giovane viticoltore alla guida di Domaine Valleise (Arnad, Valle d’Aosta). Il Premio CERVIM Piccole Isole è andato all’IGT Terre Siciliane Grotta dell’Oro 2024 di Azienda Agricola Hibiscus (Ustica, Sicilia), il Premio Donna CERVIM a Maria Antonietta Melis che insieme alle sorelle Emanuela e Roberta conduce l’azienda Eminas SSA (Mamoiada, Sardegna), quindi il Premio CERVIM Originale al vino prodotto con uve di varietà a piede franco DOP Islas Canarias Conatvs Airam 2024 di Bodegas Conatvs (Lajares, Fuerteventura) e, infine, il Premio Mondial des Vins Extrêmes alle Isole Canarie, la zona viticola che ha partecipato con il maggior numero di referenze.
    In contemporanea si è svolta la quinta edizione di Extreme Spirits International Contest, concorso internazionale dedicato ai distillati da vinacce, fecce e vino che si propone di valorizzare anche le rispettive zone di produzione. Ottimi i risultati ottenuti: tra i 61 distillati in gara, provenienti da Italia, Spagna e Perù, sono state infatti attribuite 20 Grandi Medaglie d’Oro e 2 Premi Speciali. Si è aggiudicato il Gran Premio Extreme Spirits il distillato che ha ottenuto il miglior punteggio assoluto, il Valle de Güímar Brumas de Ayosa Vermut Blanco 2024 di SAT Viticultores Comarca de Güímar (Arafo, Tenerife), mentre ha vinto il Premio Eccellenza Extreme Spirits il Pisco Viña De Los Campos Mosto Verde Italia di Productora Viña De Los Campos SAC (Lima, Perù) come miglior distillato di vino.
    L’elenco completo dei risultati è disponibile sul sito www.mondialvinsextremes.com. La cerimonia di premiazione si terrà sabato 22 novembre durante Vins Extrêmes 2025, salone internazionale dei vini da viticoltura eroica, in programma il 22 e il 23 novembre al Forte di Bard (Aosta). LEGGI TUTTO

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    Dopo 21 anni Camera di Commercio di Verona trasferisce marchi collettivi vini della Valpolicella al consorzio

    Storico passaggio di testimone per la principale denominazione rossa del Veneto. Dopo 21 anni la titolarità dei marchi collettivi e di certificazione “Amarone”, “Amarone della Valpolicella”, “Recioto della Valpolicella”, “Valpolicella Ripasso”, “Valpolicella” si trasferisce dalla Camera di Commercio di Verona al Consorzio per la tutela dei vini Valpolicella. L’accordo di cessione, siglato con atto notarile due giorni fa e ufficializzato oggi nel corso di una conferenza stampa presso la Prefettura di Verona riunisce così la gestione delle denominazioni di origine – istituzionalmente in capo ai Consorzi su autorizzazione ministeriale – e quella dei marchi collettivi e di certificazione, strumenti indispensabili per la registrazione e la tutela sia in Italia che nei mercati internazionali, soprattutto  extra Ue. Trasferiti anche i marchi d’impresa “Vino di Ripasso” e “Ripasso” e il marchio collettivo e di certificazione “Recioto”, quest’ultimo cointestato anche alla Camera di commercio di Vicenza (che ne detiene il 50% assieme alla Camera di Commercio di Verona).“Dal 2004, su richiesta dell’allora governance del Consorzio, abbiamo sostenuto l’attività di tutela della denominazione provvedendo a registrare i marchi collettivi nelle principali destinazioni dei grandi Rossi della Valpolicella – ha dichiarato il componente di giunta della Camera di Commercio di Verona, Carlo De Paoli -. Una funzione, quella della registrazione dei marchi, che rientrava nelle prerogative camerali, da cui scaturì una alleanza che, in tutti questi anni, ha contribuito a salvaguardare l’identità e l’autenticità dei vini tutelati e promossi dall’ente consortile. Oggi il contesto è profondamente mutato. A fronte di una crescente esigenza di sorveglianza e difesa, la Camera di Commercio ha convenuto di cedere i marchi collettivi in portafoglio, assicurando così al Consorzio un più ampio e diretto, oltre che strategico, raggio di azione”.
    “L’accordo con la Camera di Commercio segna un passaggio decisivo per il Consorzio – ha spiegato il presidente del Consorzio per la tutela dei vini Valpolicella, Christian Marchesini -. La titolarità dei marchi collettivi della nostra denominazione ci consentirà di essere ancora più incisivi sul fronte della tutela. Un’attività determinante e imponente anche nei numeri: dal 2018 ad oggi, infatti, il Consorzio ha destinato oltre 1,2 milioni di euro per osteggiare e impedire la contraffazione, l’utilizzo improprio dei nomi dei nostri vini e l’Italian sounding  sia nel nostro Paese che all’estero, per un complessivo di 176 vertenze, tra cause concluse e in corso. Tra i casi chiusi con successo, quelli nei confronti dei marchi svedesi “Casa Marrone” e “Casa Marrone Appassimento”, nonché “Passorone” e “Ronepasso” che hanno portato nelle casse del Consorzio una somma a titolo transattivo di circa 1 milione di euro, che sarà investita in promozione”.
    Nelle cause di tutela l’Amarone risulta il vino più soundizzato (20 casi solo nel 2024).  Negli anni le attività congiunte di sorveglianza, condotte mensilmente anche dal Consorzio,  hanno sventato la registrazione e disposto il ritiro dal commercio di molti prodotti su tutti i mercati. In particolare in Cina con le etichette di “A Ma Luo Ni” e “Annamarone”, “Emporio Amarone” in Brasile, “Amaronauta” in Italia, “San Vincenzo dell’Amarone”, “Sumarone”, “La Marone” e “Primarone” in territorio Ue. In Francia non sono sfuggite alla vigilanza le etichette di “Gran Marone” e “Granmarone” e negli Stati Uniti quelle di “Amarina” e “Calpolicella”. Ostacolate e vietate anche le referenze “Valpolicella Riposto” in Norvegia e “Shiraz Metode Ripasso” in Australia.
    Tra i prossimi step a carico del Consorzio entro fine anno, quello della trascrizione dell’avvenuta cessione dei marchi da parte della Camera di Commercio con conseguente intestazione della titolarità su tutti i mercati attualmente coperti dalla registrazione dell’ente camerale. Dall’Italia all’Unione europea, dal Canada all’Australia, dalla Cina agli Stati Uniti fino al Sudafrica, all’Argentina, al Giappone e alla Nuova Zelanda per 41 Paesi, di cui 27 in Unione europea e 14 extra Ue. LEGGI TUTTO

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    Guida Vini d’Italia 2026: i “Tre Bicchieri” vanno a sette Soave

    Sono ben sette le aziende produttrici di Soave che si sono aggiudicate quest’anno i prestigiosi Tre Bicchieri della Guida Vini d’Italia 2025 edita da Gambero Rosso. Una conferma che giunge nel pieno della vendemmia e che fa del Soave un punto di riferimento tra le denominazioni bianchiste d’Italia.
    Sulla scia di quanto emerso ad Appuntamento Soave, l’evento curato dal Consorzio di tutela e recentemente tenutosi al Circolo Ufficiali di Verona, dove tra gli operatori è emersa per il Soave l’espressione “great now, great later”, anche tra i vini vincitori dei Tre Bicchieri si evince tra le righe che ad essere premiata è stata la doppia anima che caratterizza il Soave: “eccellente adesso, eccellente con un po’ di evoluzione in bottiglia”.
    Freschezza e longevità sono quindi gli elementi che emergono nel panel dei premiati i cui vigneti, equamente distribuite all’interno delle differenti sottozone produttive della denominazione, si trovano sia su suolo vulcanico sia su suolo calcareo, pronti in entrambi i casi a vincere la sfida della longevità.
    Ecco le aziende:
    Soave Classico Calvarino 2023 – Leonildo Pieropan
    Soave Classico Campo Vulcano 2024 – I Campi
    Soave Classico Le Battistelle 2023 – Le Battistelle
    Soave Classico Monte Carbonare 2023 – Suavia
    Soave Classico Monte Calvarina La Capelina 2024 – Franchetto
    Soave Superiore Roncà Monte Calvarina Runcata 2023 – Dal Cero – Tenuta Giacobbe
    Soave Superiore Il Casale 2023 – Agostino Vicentini
    «Va certamente fatto un plauso a tutte le aziende perché questi risultati sono una importante conferma per la nostra denominazione – sottolinea Cristian Ridolfi, Presidente del Consorzio di Tutela del Soave – e mettono in luce come oggi il Soave stia interpretando i canoni della qualità a ritmi importanti. Ci troviamo infatti di fronte ad un vino contemporaneo e versatile, con una stilistica ben definita e un asse centrale attorno al quale ruotano in maniera equipollente eleganza, equilibrio, intensità. Un vino che oggi ha tutte le carte in regola per intercettare il gusto del consumatore contemporaneo, italiano ed internazionale, che tende a prediligere vini bianchi sapidi, freschi e dal moderato contenuto alcolico». LEGGI TUTTO

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    Zagrea e l’utopia del piede franco

    Dalla conferenza di Villa Campolieto nasce una guida visionaria per riscrivere la narrazione del vino.

    Ci sono momenti in cui il vino smette di essere semplice oggetto di degustazione e torna ad assumere il ruolo di ponte tra storia e futuro. La recente Conferenza Nazionale sulla Viticoltura a Piede Franco, svoltasi l’8 settembre a Villa Campolieto, ha avuto proprio questo significato: non soltanto un incontro di addetti ai lavori, ma un invito a ripensare le radici stesse della viticoltura.

    Il piede franco è l’immagine più nitida di ciò che la vite era prima della fillossera, la pratica più ancestrale, fragile e al tempo stesso resistente, che custodisce un patrimonio genetico e culturale unico. Una viticoltura che non ha conosciuto l’innesto e che, nelle sue “oasi” di resistenza — sabbie, suoli vulcanici, terreni ostili al parassita — continua a regalarci vini che raccontano un rapporto diretto, non mediato, tra pianta e terroir.

    Roberto Cipresso

    Non a caso, durante la conferenza, è stata annunciata la nascita di Zagrea – Ungrafted, la prima guida internazionale dedicata esclusivamente ai vini da piede franco. Un progetto che non si limita a classificare etichette, ma che vuole sostenere la ricerca scientifica e alimentare la creazione di un protocollo integrato per la salvaguardia di questa forma di viticoltura. Una guida “inattuale” — come l’ha definita Gaetano Cataldo, ideatore dell’iniziativa e fondatore di Identità Mediterranea — nel senso nietzschiano del termine: controcorrente, visionaria, capace di guardare al futuro proprio perché affonda le radici nel passato.

    Fragilità e forza del piede franco

    “Fragile ma autentico”: così lo ha definito Roberto Cipresso, winemaker di fama internazionale, ricordando come l’assenza di innesto renda la vite più esposta ma, allo stesso tempo, più trasparente nella sua relazione con il suolo. Una trasparenza che si traduce in vini dal carattere netto, dalla mineralità vibrante, capaci di restituire il paesaggio geologico e umano che li ha generati.

    Gaetano Cataldo

    Anche altri relatori hanno sottolineato il valore di questa viticoltura “al limite”. L’agronomo Gaetano Conte ha evidenziato la sorprendente resistenza della vitis vinifera pre-fillosserica a siccità, calcare e salinità; Mariano Murru, direttore enologico di Argiolas, ha ricordato il ruolo della Sardegna come “continente viticolo” dove ancora oggi il piede franco resiste su superfici significative. La professoressa Teresa Del Giudice ha invece messo in guardia dal rischio di confinare questa pratica in un ambito meramente museale: il piede franco deve entrare a pieno titolo nel sistema agricolo contemporaneo, connesso anche al turismo, all’economia rurale e alle strategie di destination management.

    Un atto politico e culturale

    La viticoltura a piede franco non riguarda solo la genetica della vite o la biodiversità: è un tema che tocca identità, economie locali, paesaggio, resilienza al cambiamento climatico. È anche un’occasione per interrogarsi sul nostro modo di vivere il vino. “Non può esserci amore per il vino se non c’è rispetto per il piede franco”, ha ricordato Cataldo, riportando l’attenzione sul legame profondo tra il Mediterraneo e la vite, tra radici culturali e radici vegetali.

    La sfida, oggi, è non ridurre il piede franco a semplice feticcio di autenticità, ma trasformarlo in leva per una nuova narrazione del vino. Una narrazione che sappia coniugare ricerca scientifica, valorizzazione dei borghi, sostenibilità e inclusione, generando economie alternative per le aree interne e fragili del Paese.

    Guardare oltre

    Da Villa Campolieto non è uscita soltanto l’idea di una guida, ma la prospettiva di una commissione scientifica multidisciplinare chiamata a elaborare linee guida per la difesa e la valorizzazione di questa viticoltura. Archeologia, antropologia, agronomia, economia agraria, enologia: il piede franco chiede uno sguardo trasversale, capace di integrare competenze e visioni.

    In questo senso, l’iniziativa non appare come un nostalgico ritorno al passato, bensì come un gesto profondamente contemporaneo: un atto di resistenza e di futuro. Perché, se è vero che senza radici non c’è crescita, il piede franco ci ricorda che anche nel vino l’autenticità non è mai un lusso, ma una necessità. LEGGI TUTTO

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    Storico Tre Bicchieri Gambero Rosso: per la prima volta un Pinot Grigio delle Venezie DOC conquista il massimo riconoscimento

    Un traguardo che segna un nuovo capitolo per la più estesa denominazione italiana.Il Pinot Grigio delle Venezie DOC BiancoGrigio 2023 della linea TesiRare di Italo Cescon è il primo vino della sua tipologia a ottenere i Tre Bicchieri nella guida Vini d’Italia 2026 del Gambero Rosso, premiando la visione di una famiglia e proiettando l’intero territorio sotto una nuova luce qualitativa.Questo risultato è il frutto del progetto “TesiRare”, il laboratorio di ricerca con cui la terza generazione della famiglia Cescon esplora le massime potenzialità del Pinot Grigio, con l’obiettivo di definire un nuovo standard stilistico per un vitigno simbolo del Made in Italy, partendo dal cuore del territorio trevigiano.
    «Questo premio è una vittoria che va oltre i cancelli della nostra azienda; è un messaggio potente e di orgoglio per tutta la DOC delle Venezie, per noi motivo di immensa soddisfazione e uno stimolo a continuare su questa strada», afferma Domenico Cescon, titolare assieme alle sorelle Gloria e Graziella.
    Aggiunge Federico Giotto, fondatore della Giotto Wine Listeners e consulente dell’azienda: «Questo risultato dimostra come un approccio quasi sartoriale, basato su ricerca e rispetto della materia prima, possa portare a vertici qualitativi assoluti anche nella più estesa denominazione d’Italia. Il progetto TesiRare ha svelato l’anima complessa ed elegante del Pinot Grigio e questo premio ne è la più alta conferma».
    Il BiancoGrigio TesiRare nasce da una fermentazione in legno di secondo passaggio e una lenta evoluzione in cemento. Questo processo scolpisce un profilo sensoriale unico: una freschezza verticale e sapida, una consistenza materica e un finale iodato di rara persistenza.
    La filosofia del progetto si riflette nel design: l’etichetta, preziosa e disegnata a mano, riporta le fasi lunari a sottolineare il valore del tempo, ingrediente fondamentale che scandisce il lento affinamento del vino. Ogni bottiglia diventa così un pezzo unico, testimone di un percorso di valore.
    L’azienda Italo Cescon, fondata nel 1957 e oggi guidata dalla terza generazione, è un’interprete di riferimento del Pinot Grigio, esportato in 42 Paesi. La produzione unisce tradizione artigianale, spinta all’innovazione e una filosofia sostenibile.
    SCHEDA TECNICA – BIANCOGRIGIO TESI RARE 2023

    Denominazione: Pinot Grigio delle Venezie DOC
    Annata Premiata: 2023
    Vitigno: 100% Pinot Grigio
    Certificazione: Biologico
    Vinificazione: Pressatura soffice, fermentazione in legno di secondo passaggio e successiva evoluzione in vasche di cemento per circa 10 mesi. Sosta in bottiglia minima di un anno prima della messa in commercio.
    Gradazione Alcolica: 13,5% vol.
    Numero di Bottiglie Prodotte: 9.500 LEGGI TUTTO

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    Grüner Veltliner 2023 di Cantina Valle Isarco nella Top Best Buys 2025 di Wine Enthusiast

    Il Grüner Veltliner 2023 di Cantina Valle Isarco è uno dei vini Best Buys 2025, la classifica del magazine americano Wine Enthusiast dedicata ai vini che arrivano sullo scaffale americano sotto i 20 dollari, ma con un punteggio superiore a 90 su 100, inaugurando, come da tradizione, l’uscita delle grandi Top 100 della critica internazionale. E se al primo posto in assoluto c’è il californiano Cabernet Sauvignon 2023 di Method, e al secondo posto, un vino ungherese, il Siller Zweigelt 2022 di Kristinus Borbirtok, 17 sono i vini italiani in classifica, e solo due del Trentino Alto Adige: il Grüner Veltliner 2023 di Cantina Valle Isarco si è posizionato al 30mo posto della classifica, preceduto solo da quattro vini italiani prodotti in altre regioni.«Siamo molto soddisfatti di questo riconoscimento – afferma il direttore generale di Cantina Valle Isarco, Armin Gratl –. È un premio importante che conferma l’alta qualità della nostra produzione e la validità della nostra filosofia, che punta a proporre vini accessibili, anche nelle linee premium, come Adamantis e Granit. Un riconoscimento che va anche al lavoro di tutti i 135 soci che, lo ricordiamo, praticano una viticoltura eroica: in Valle Isarco le vigne partono da 500 metri a Chiusa per toccare quota 1000 metri di altitudine, una situazione già questa estrema a cui si aggiunge la pendenza molto ripida che arriva fino al 60%. Per questo le vigne sono al 90% terrazzate, se così non fosse sarebbe impossibile lavorarci, naturalmente totalmente a mano senza alcuna meccanizzazione».
    In Alto Adige il Veltliner, vitigno originario dell’Austria, viene coltivato quasi esclusivamente in Valle Isarco. Data la quasi totale scomparsa dell’originario “Frühroter Veltliner”, oggi si coltiva pressoché esclusivamente il Veltliner Verde. Questo vitigno predilige i terreni più profondi, fertili e caldi che trasmettono al vino quelle caratteristiche che lo rendono una vera rarità nel panorama enologico dell’Alto Adige. Il Grüner Veltliner 2023 di Cantina Valle Isarco (in vendita al prezzo di 11,80 euro) cresce su ripidi pendii ad altitudini che arrivano fino a 750 metri di quota, ha un profumo intenso, fruttato, con rimandi alla mela verde, ma anche speziato, con un tocco caratteristico del varietale di pepe bianco; al sorso è gradevolmente minerale, con un’acidità vivace e una beva fresca e di grande piacevolezza.
    Ma non è finita qui perché è dell’ultima ora la notizia che il Kerner Aristos, vino simbolo della cantina, è stato insignito con i Tre Bicchieri dalla guida Vini d’Italia 2026 del Gambero Rosso. LEGGI TUTTO