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    Classifica fatturato e valore aggiunto delle aziende vinicole italiane 2024 – fonte: Area Studi Mediobanca

    Presentiamo oggi la classifica delle 25 maggiori aziende vinicole italiane. Sono 25 perché sono quelle che “emergono” dal rapporto “Le Principali Aziende Italiane” pubblicato la scorsa settimana da Area Studi Mediobanca. Sono anche quelle che superano il taglio del rapporto, che è a 100 milioni di euro di fatturato.
    I dati che vedete nel grafico sopra danno una percezione migliore, a mio avviso, di quello che è stato il 2024. Prima di tutto, per un fatto tecnico: nelle “prime” aziende ci sono quelle che crescono e non quelle che calano uscendo dalla lista, quindi la classifica presenta quello che in inglese si chiama “survivorship bias”. In secondo luogo, perché il dato cumulato, soprattutto per il fatturato, è il risultato di pochi risultati eccellenti, parzialmente guidati dalle acquisizioni (soprattutto Antinori), e di diverse aziende che invece hanno mostrato dati in controtendenza.
    In altre parole, la matematica dice che il fatturato è cresciuto del 3% (dopo il +5%) nel 2023, ma solo la metà delle aziende ha avuto una crescita nel 2025. Invece, è andata meglio quando si guarda ai dati finanziari, visto che il valore aggiunto è migliorato del 9% sul 2023.
    Dal punto di vista delle vendite, Cantine Riunite/CIV/GIV domina incontrastata (seguita da Argea e Italian Wine Brands), mentre dal punto di vista del valore aggiunto, che è la vera classifica secondo il mio punto di vista, a dominare è Antinori, seguita comunque da Cantine Riunite/CIV/GIV.
    Bene, nel resto del post trovate tutte le tabelle e ulteriori grafici (compreso quello animato). Tutti i dati in formato “copia-incollabile” sono nella sezione Solonumeri.

    Il fatturato cumulato delle 25 principali aziende vinicole con fatturato sopra i 100 euro è cresciuto del 3% nel 2024 a 5,9 miliardi di euro, mentre il valore aggiunto è balzato del 9% a 1,3 miliardi di euro.
    Dal punto di vista del fatturato, CR/CIV/GIV sono davanti a tutti con 666 milioni di euro, ma in calo dell’1% e in progresso molto limitato anche considerando 3 e 5 anni fa. Argea, invece, cresce del 4% e si conferma la seconda azienda per fatturato con 453 milioni di euro, mentre Italian Wine Brands è la terza azienda con 402 milioni, ma registra un calo del 6%. La quarta azienda è Antinori, con 395 milioni, che nel 2024 ha beneficiato del contributo dell’acquisizione americana per tutto l’anno. Chiude al quinto posto Caviro, con 385 milioni e un calo del 9%.
    La classifica secondo il valore aggiunto, che vi ricordo è la differenza tra il fatturato e gli acquisti esterni e quindi misura in qualche modo quanto è stato aggiunto in termini monetari nel processo di produzione, è come da sempre dominata da Antinori, che dei 395 milioni di fatturato ne “trattiene” 239, ossia il 60% (come vedete dal grafico). Aziende come Argea, che principalmente comprano vino sfuso e lo imbottigliano, hanno una componente di valore aggiunto rispetto al fatturato molto più limitata, intorno al 22% in questo caso, e fanno ovviamente un altro mestiere, pur vendendo vino ugualmente. La seconda azienda per valore aggiunto è comunque CR/CIV/GIV, nonostante il suo stato di cooperativa “ibrida”, mentre vengono poi Herita (Santa Margherita), Argea appunto e Frescobaldi.

    Se siete arrivati fin qui……ho un piccolo favore da chiedervi. Sempre più persone leggono “I Numeri del Vino”, che pubblica da oltre dieci anni tre analisi ogni settimana sul mondo del vino senza limitazioni o abbonamenti. La pubblicità e le sponsorizzazioni servono per aiutare una missione laica in Perù. Per fare in modo che questo lavoro continui e resti integralmente accessibile, ti chiedo un piccolo aiuto, semplicemente prestando da dovuta attenzione con una visita alle inserzioni e alle sponsorizzazioni presenti nella testata e nella sezione laterale del blog. Grazie. Marco LEGGI TUTTO

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    Il commercio mondiale di vini sfusi – aggiornamento 2024

    Aggiorniamo oggi l’analisi del commercio mondiale di vini sfusi, con i dati riportati da UN Comtrade, al momento aggiornati a 75 paesi esportatori, che già comprende tutti i maggiori paesi. Il 2024 è stato un anno di ripresa per questa categoria di prodotti, dopo anni di declino. Il valore stimato del commercio di vini sfusi è di circa 2.6 miliardi di euro per un volume di circa 34 milioni di ettolitri, entrambi in ripresa nell’intorno del 10% (9% a valore, 13% a volume per il dato puntuale, ma da prendere con le molle). In questo contesto, la Spagna mantiene una salda leadership, particolarmente quando si parla di volumi (11 milioni di ettolitri dei 34), mentre risale al secondo posto nel ranking a valore la Nuova Zelanda, che supera di nuovo l’Italia (era già successo nel 2022). Va peraltro specificato che le esportazioni di vino sfuso neozelandesi sono piuttosto particolari, visto che avvengono a un prezzo al litro di circa 2.6 euro, contro 0.5 euro della Spagna, 0.7-0.8 euro di Italia e Australia e 1.4 euro della Francia.
    Per gioco e per controllare a che punto siamo con l’intelligenza artificiale, alla fine del post e in carattere italico vi riporto il commento di ChatGPT 5 avendogli “sottoposto” i grafici del post, il commento dell’anno scorso e chiesto di riprodurre un commento aggiornato a quest’anno. L’elaborazione nella versione “deep research” e senza internet browsing ha richiesto 17 minuti e il risultato… mannaggia non è niente male, soprattutto se gli si dice di seguire il tuo stile…
    Passiamo intanto a un commento più specifico dei dati presentati, che provengono dal database UN Comtrade, come ben sapete.

    Le esportazioni mondiali di vini sfusi si sono riprese nel 2024, ritornando a 2.6 miliardi di euro, +9% sul 2023, ma sostanzialmente allineate al livello del 2021-22, quando si era verificato un forte calo rispetto al periodo pre-Covid.
    I volumi che sono invece molto difficili da tracciare in quando per alcune nazioni sono mancanti sono di circa 34 milioni di ettolitri, contro i 30 milioni del 2023 che però dovrebbero essere stati un po’ superiori per la mancanza di alcuni dati.
    Come dicevamo la leadership è saldamente in mano agli spagnoli, che nel 2024 hanno esportato per 10.7 milioni di ettolitri e 511 milioni di euro, sostanzialmente in linea con il 2023.
    Il paese con il maggiore progresso è la Nuova Zelanda, risalita al secondo posto con 349 milioni di euro di export, anche se soltanto 1.35 milioni di ettolitri di vino, mentre l’Italia viene al terzo posto con 304 milioni di euro, praticamente lo stesso livello raggiunto anche dall’Australia (300), entrambe a 3.5-4.0 milioni di ettolitri.
    Vi lascio alle tabelle e al commento dettagliato sotto di ChatGPT, chissà che un giorno mi sostituirà!!!

    Eccoci all’appuntamento annuale con il post sul commercio mondiale dei vini sfusi. Cominciamo subito con le conclusioni. Se il mercato globale del vino nel 2024 è rimasto pressoché stagnante, il mondo dei vini sfusi lo è stato ancor di più, con solo un lieve rimbalzo rispetto al 2023. I volumi esportati sono stimati intorno ai 34 milioni di ettolitri (erano oltre 40 milioni nel periodo pre-Covid) e il valore complessivo intorno ai 2.6 miliardi di euro, in ripresa rispetto ai 2.4 miliardi scarsi del 2023 ma ancora ben al di sotto dei 3.2–3.3 miliardi degli anni immediatamente precedenti la pandemia. I protagonisti di questo mercato si confermano gli spagnoli, con quote di mercato a valore stabilmente sopra il 20%, seguiti da Italia, Nuova Zelanda e Australia attorno al 11–13% ciascuno. Questi quattro Paesi insieme coprono quasi il 60% del valore totale, e per arrivare a circa due terzi basta aggiungere il ~9% del Cile, quinto maggiore esportatore.
    Passiamo a un commento più in dettaglio con tabelle e grafici tratti dai dati UN Comtrade. In base ai dati di oltre 90 nazioni, le esportazioni mondiali di vino sfuso nel 2024 ammontano a circa 2.6 miliardi di euro, in aumento del 9% su base annua rispetto al 2023【18†】. Si tratta di un parziale recupero dopo il calo registrato l’anno precedente, ma il trend di fondo rimane negativo: dal 2018 ad oggi il valore si è ridotto di quasi un quarto. In termini di volume, le esportazioni 2024 si collocano attorno ai 34 milioni di ettolitri, leggermente sopra i ~32 milioni stimati per il 2023, ma lontani dai circa 41 milioni del 2019. Dunque il 2024 segna un piccolo rimbalzo (+5–6% in volume) senza tuttavia riportare il commercio di vino sfuso ai livelli pre-Covid.
    Dominatore assoluto si conferma la Spagna, con circa 550 milioni di euro di vino sfuso esportato nel 2024 (stima ~21% del totale mondiale) e un volume intorno a 12.9 milioni di ettolitri, cioè circa il 37–38% del volume globale. Dopo anni di contrazione, gli spagnoli hanno beneficiato di una vendemmia più abbondante, aumentando nel 2024 sia il volume (+21% circa) sia il valore (+8–9%) delle esportazioni rispetto all’anno precedente. Ciò nonostante, le performance della Spagna restano inferiori ai picchi pre-pandemici e il trend di lungo periodo rimane di lieve flessione. Il prezzo medio di realizzo degli sfusi spagnoli resta tra i più bassi, fattore che contribuisce al loro primato quantitativo ma anche a un valore unitario inferiore alla media.
    Ci sono poi italiani e australiani con volumi annui intorno ai 3.5–4 milioni di ettolitri ciascuno. Per l’Italia il dato 2024 (circa 3.7 milioni di hl) segna un calo significativo rispetto agli anni scorsi – complici le scarse vendemmie recenti – mentre l’Australia dopo un periodo di stabilità ha visto ridurre le spedizioni a circa 3.5 milioni di hl (era ~4.3 nel 2023). I valori a confronto restano simili: circa 300 milioni di euro sia per l’Italia (304 milioni, praticamente invariato sul 2023, e circa -5% rispetto al 2019) sia per l’Australia (300 milioni, in crescita dell’8% sul 2023 e appena sotto i livelli del 2019)【20†】. In altre parole, l’Italia mantiene le posizioni in valore nonostante esporti meno volume – segno di prezzi in aumento – mentre l’Australia mostra un piccolo recupero di valore dopo il crollo seguito al 2018. Entrambi i paesi restano però ben distanti dai livelli di fine anni 2010 (in termini di trend a valore annuo, circa -4–5% medio dal 2018).
    Insieme a questi si colloca la Nuova Zelanda, che si conferma l’esportatore “di lusso” nel campo dei vini sfusi. Nel 2024 ha esportato circa 349 milioni di euro in valore (+18% sul 2023) a fronte di un volume esiguo, attorno a 1.1 milioni di ettolitri. Questo significa un prezzo medio per ettolitro quasi quadruplo rispetto a quello italiano. La Nuova Zelanda adotta infatti precise strategie di imbottigliamento nei luoghi di consumo consentite dai disciplinari, spedendo all’estero vini sfusi di alta gamma (ad esempio Sauvignon Blanc) che vengono confezionati direttamente nei mercati di destinazione. Il boom del 2024 riporta l’export neozelandese ai massimi storici (circa +7% rispetto al 2019), dopo la flessione registrata nel 2023 per via di una vendemmia precedente meno favorevole. In termini di quota, la Nuova Zelanda arriva a rappresentare oltre il 13% del valore mondiale, avvicinandosi e in parte superando l’Italia nel podio dei maggiori esportatori a valore.
    Chiude il gruppo di testa il Cile, con circa 230 milioni di euro di export di sfuso nel 2024 (poco meno del 9% del mercato mondiale) e un volume stimato di 3.5 milioni di ettolitri. I cileni hanno mantenuto sostanzialmente stabile il valore rispetto al 2023 (+1% circa), nonostante volumi leggermente in calo, grazie a un incremento dei prezzi medi. Rispetto al periodo pre-Covid il Cile rimane però in difficoltà: il valore esportato è ancora inferiore di circa il 7% rispetto al 2019 e i volumi risultano in contrazione continua negli ultimi anni, complice una serie di vendemmie scarse e una maggiore domanda interna.
    Tra gli altri esportatori principali vale la pena menzionare il Sud Africa, le Stati Uniti e la Francia. Il Sud Africa, con circa 130 milioni di euro nel 2024 (circa 5% del totale), mostra segnali di recupero dopo anni difficili: le esportazioni sono risalite del +9% in valore sul 2023, pur restando lievemente sotto i livelli del 2019. Gli USA e la Francia contribuiscono ciascuno per circa il 6–7% del valore globale: entrambi questi paesi hanno avuto un andamento altalenante, con un forte aumento delle spedizioni di sfuso nel 2023 seguito da un ridimensionamento nel 2024. Infine, si segnalano le crescite di alcuni esportatori emergenti (seppur da volumi ridotti) come Slovacchia e Ungheria, che hanno approfittato di nicchie di domanda rimaste scoperte – ad esempio, la Slovacchia ha più che raddoppiato il proprio export di sfuso nel 2024. Complessivamente, il 2024 traccia dunque un quadro di leggero recupero per il commercio mondiale di vini sfusi, senza però invertire la tendenza pluriennale di contrazione sia nei volumi che nei valori rispetto al periodo pre-pandemico.
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    Australia – esportazioni di vino 2024

    Ogni tanto capita di dimenticarsi di scrivere un post… questa è una di quelle. Abbiamo commentato della ripresa delle esportazioni di vino dell’Australia nel 2024 grazie alla riapertura della Cina, con un aumento di circa il 30% a 2.7 miliardi di dollari australiani, che corrispondono a circa 1.8 miliardi dei nostri euro. Proprio la Cina è passata da 14 a 877 milioni di dollari, e da 15 a 816 mila ettolitri, quindi di fatto rappresentando ben più dell’incremento totale delle esportazioni (+863 milioni esportati verso la Cina, +618 milioni le esportazioni totali). Il tutto si spiega con la “compensazione” di Hong Kong, passata da 302 a 172 milioni, probabilmente usata come “testa di ponte” per entrare in Cina, e forse anche dalla Thailandia, dove si sono persi altri 15 milioni di esportazioni. Detto questo, non sono andate bene le esportazioni verso gli USA (-8%), ma anche quelle verso il Regno Unito (-2%), che resta il secondo mercato per il vino australiano dopo la “ripresa” della Cina.
    Piccolo aggiornamento su cosa sta succedendo nel 2025: nei primi 6 mesi le esportazioni sono calate di circa il 3% (-9% in Euro).
    Passiamo a un’analisi più dettagliata dei numeri.

    Le esportazioni di vino australiane sono cresciute del 30% a 2.67 miliardi di dollari australiani nel 2024, per un incremento dei volumi esportati da 6.25 a 6.63 milioni di ettolitri, dunque +6%.
    La forte ripresa delle esportazioni si concentra nel segmento dei vini in bottiglia, cresciuti del 40% da 1.47 a 2.06 milioni di dollari australiani, mentre i vini sfusi sono a +6%, da 492 a 519 milioni di dollari, con i restanti 88 milioni di altri prodotti, +2%.
    La Cina è tornata a essere il principale mercato, dopo la fine delle restrizioni alle esportazioni, con 877 milioni di export, ancora sotto il dato di 1.0-1.1 miliardi di dollari registrato prima del Covid. Va detto che il mercato cinese si è fortemente ridimensionato negli ultimi anni, per cui questi 877 milioni sono in effetti un dato particolarmente rilevante (la Cina ha dichiarato importazioni per 1.5 miliardi di euro, quindi 2.2 miliardi di dollari australiani, il che significa che gli australiani si sono ripresi di punto in bianco un terzo del mercato.
    Le esportazioni verso il Regno Unito calano del 2% a 391 milioni, mentre gli USA sono in calo più marcato, -8% a 360 milioni. Il quarto mercato è Hong Kong, sceso del 43% a 172 milioni dopo la riapertura cinese, un dato molto coerente con i circa 150 milioni che si registravano prima della “distorsione”.
    Ultima annotazione: l’Australia resta un mercato del tutto marginale per i vini spumanti. Le esportazioni di questi prodotti hanno rappresentato soltanto il 2% del totale, ossia circa 57 milioni di dollari locali.

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    Canada – consumi e mercato del vino, dati 2023/24

    Le vendite di vino in Canada nel 2023-24 (luglio-giugno) sono rimaste stabili a 7.8 miliardi di dollari canadesi, ma sono calate in modo marcato in quantità, passando da 5.0 a 4.8 milioni di ettolitri. Si tratta di un andamento molto simile a quello degli altri mercati sviluppati. Dopo la parentesi del Covid, che ha di fatto aumentato temporaneamente i consumi, il declino strutturale dei consumi di vino è ripreso, forse in modo ancora più marcato e anche in paesi che fino a qualche anno fa erano considerati delle “oasi di crescita”. Il Canada era uno di questi. Il calo dei volumi del 2023-24, -5%, riguarda tutte le categorie ma come già si nota anche in Italia o in Francia è soprattutto un problema dei vini rossi, a cui il consumatore canadese è storicamente molto esposto, per la prima volta in questa rilevazione sceso sotto il 50% del totale sia per volume che per valore. Per fortuna, sia nostra che dei nostri colleghi francesi, i canadesi continuano a comprare vini esteri, che rappresentano stabilmente oltre il 70% degli acquisti.
    Passiamo a un breve commento dei dati.

    Le vendite di vino in Canada nel 2023/24 sono state stabili a 7.85 miliardi di dollari canadesi. Sono invece calati del 4.8% i volumi venduti, da 5.0 a 4.76 milioni di ettolitri, il che implica un incremento del valore medio al litro, da 15.7 a 16.5 dollari.
    In realtà il dato nasconde un trend molto peggiore per i vini rossi, i quali perdono il 2.4% in valore a 3.9 miliardi di dollari e ben il 7% in volume, scendendo a 2.3 milioni di ettolitri.
    La categoria più performante sono stati i vini bianchi, che pur perdendo il 2% in volume (1.91 milioni di ettolitri) guadagnano il 3% in valore, toccando il loro massimo storico di quasi 2.8 miliardi di euro.
    Sono invece negativi sia in valore che in volume i dati degli spumanti (-1% e -3% rispettivamente) e quelli dei vini rosati (-3% e -7%) dopo che la categoria ha toccato il picco nel 2021-22. Va detto che il Canada resta un mercato fortemente ancorato ai vini fermi, visto che lo spumante resta soltanto all’8% degli acquisti.
    Una ultima annotazione va fatta relativamente all’andamento del vino nei confronti del settore degli alcolici: il suo peso è rimasto invariato al 30% del totale, dopo il leggero deterioramento degli ultimi anni (era al 32% prima del Covid). E anche all’andamento dei prodotti locali rispetto ai prodotti importati: il Canada si mantiene sui livelli di sempre: 70% import e 30% prodotti locali.

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    Produzione di vino Italia 2024 – dati AGEA contro dati ISTAT

    Il post di oggi riassume i dati sulla produzione di vino in Italia del 2024 confrontando i dati di ISTAT (che storicamente abbiamo usato qui) che quelli prodotti da AGEA. Questo post è reso possibile dal fatto che AGEA, a partire dal 2023 (io me ne sono accorto un anno in ritardo), ha pubblicato la sua tabella di produzione di vino con suddivisione regionale e per tipologia. Prima del 2023, i dati di AGEA venivano utilizzati per una tabella riassuntiva nel sito del Ministero dell’Agricoltura (ora MASAF) con un dettaglio molto “alto” per macroregione e quindi di scarso valore.
    La differenza tra i dati AGEA e quelli ISTAT è che i primi sono derivanti dalle “dichiarazioni di produzione” degli operatori (quindi un dato in gergo “bottom-up”) mentre invece quelli di ISTAT derivano dalla rilevazione dei suoi uffici locali, che invece fanno riferimento ad altre fonti (camere di commercio e via dicendo).
    Le due rilevazioni sono sempre più divergenti. Se prima 2019 si osservava un divario medio del 2% circa e al massimo del 5%, negli ultimi tre anni le rilevazioni ISTAT sono del 10% circa superiori a quelle di AGEA.
    Ora chi ha ragione?

    Dati in formato testo disponibili nella sezione Solonumeri.
    Il dato di AGEA è sicuramente giusto “per difetto”. Ossia, il dato di AGEA rappresenta il vino prodotto e dichiarato. Vi ricordo però che l’economia reale è differente dall’economia dichiarata. A tale proposito, ISTAT è solita rettificare i suoi dati per l’economia cosiddetta “sommersa”, o come meglio definita “non osservata”. Nel PIL 2023 per esempio il 10.2% del totale e si riferisce a sotto-dichiarazione dei ricavi, lavoro irregolare, affitti non dichiarati, mance, droga, contrabbando, prostituzione e via dicendo.
    Viene dunque da chiedersi se il dato AGEA è veramente quello giusto o se una parte della produzione di vino può sfuggire alla rilevazione. Io sono dell’avviso che una parte sfugga, anche se la mia supposizione si scontra con un piccolo problema: non in tutte le regioni e tutte le categorie la stima ISTAT è superiore alla rilevazione AGEA, come invece dovrebbe essere.
    Per esempio, nel 2024 secondo ISTAT in Piemonte si sono prodotti 2.2m/hl di vino, mentre secondo AGEA sono 2.7m/hl e in Veneto 10.7m/hl contro 11.7m/hl di AGEA. Invece, in aree dove anche secondo ISTAT l’economia sommersa è nettamente superiore alla media, come il mezzogiorno (16% contro il 10% nazionale) anche la produzione di vino che ISTAT inserisce nelle sue tabelle è nettamente superiore a quella di AGEA. Nel caso specifico del 2024, il 30% in più 18.2m/hl rispetto a 14.0m/hl. Al contrario, la produzione di vino del Nord Italia è molto più simile tra le due fonti, anzi secondo ISTAT è il 5% più bassa.
    Esiste anche un divario tra le categorie produttive. La differenza nel segmento dei vini DOC è molto meno marcata (ISTAT il 4% in più di AGEA) mentre è intorno al 10% per i vini da tavola e varietali e sale al 18% nel caso dei vini IGT.
    Nella sezione Solonumeri trovate la produzione di vino per anno con la dicitura “I” se il dato viene da ISTAT e “M” per il dato di AGEA, adottato dal Ministero.
    In conclusione, sono molto contento che anche AGEA abbia cominciato a rendere pubblici i suoi dati, spero che lo faccia anche a luglio 2025, come è stato fatto il 1 luglio 2025 (produzione 2024) e il 25 luglio 2024 (produzione 2023). Sarebbe auspicabile che ISTAT prendesse questi dati “ufficiali” e li confrontasse con le sue evidenze per produrre un dato (inclusivo della parte “non osservata”) di qualità superiore.

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    Lunelli (Ferrari)– risultati e analisi di bilancio 2024

    Che ci crediate o meno, Lunelli è l’azienda di cui analizziamo il bilancio con il maggior numero di visite (1051 contro 963 per Antinori e 763 per… Tannico) e quindi è necessario fare un buon lavoro! Per questo motivo ho deciso di acquistare sia il bilancio Lunelli che quello Ferrari, in modo da riconciliare una incongruenza sul fatturato di Ferrari, che negli anni precedenti veniva esposto come “lordo” mentre da quest’anno lo vedete come “netto” (ossia coerente con i fatturati delle altre aziende che guardiamo).
    Il 2024 è stato un anno di leggero calo per le vendite del gruppo Lunelli (-6%) e, in misura più contenuta per Ferrari (-2.6%), mentre il calo di Bisol è allineato a quello medio del gruppo. Dopo un 2023 difficile, i margini sono invece in ripresa, con un EBITDA di 27 milioni al 19% del fatturato, mentre la mancanza di proventi finanziari straordinari determina una normalizzazione dell’utile netto, 12 milioni, dopo i 26 milioni dello scorso anno.
    Se il gruppo è entrato nel 2025 con risultati solidi, l’attenzione degli amministratori è al contenimento dei costi per fronteggiare un contesto di mercato, soprattutto (ma non solo) domestico che resta difficile e a cui il gruppo è esposto in modo rilevante.
    Passiamo a un breve commento dei numeri con tabella e ulteriori grafici.

    Il fatturato consolidato cala a 138 milioni di euro, di cui 92 milioni sono Ferrari e 26 milioni sono Bisol. Le vendite italiane sono in calo del 7% a 110 milioni, quelle estere scendono del 2% a 27 milioni di euro. Ferrari ha avuto un calo dei volumi dell’8% a 5.7 milioni di bottiglie a fronte di un fatturato calato del 3%, quindi con un miglioramento del prezzo-mix del 5%.
    L’EBITDA passa da 26 a 27 milioni, dal 17.7% al 19.4% del fatturato, grazie al contenimento dei costi e al miglioramento del mix delle vendite (Ferrari è più profittevole della media), mentre l’utile operativo di 10 milioni beneficia dell’assenza di svalutazioni straordinarie presenti nel 2023, quando era sceso a 6 milioni. Al contrario, vengono a mancare circa 17 milioni di proventi straordinari e dunque l’utile netto torna a 12 milioni dai 26 del 2023.
    Se guardiamo al dettaglio, l’utile netto di Ferrari passa da 9.3 a 8.8 milioni, la perdita di Bisol cala leggermente a 0.8 milioni, mentre le Tenute Lunelli hanno perso 1.8 milioni di euro (1.4 milioni nel 2023).
    A livello finanziario, l’indebitamento finanziario netto sale da 44 a 50 milioni di euro, completamente compensato dal valore delle partecipazioni, salito da 111 a 114 milioni. L’azienda ha investito 17 milioni di euro contro 19 del 2023, in linea con gli ammortamenti, mentre ha distribuito 8 milioni di dividendi (contro 6.5 del 2023).

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    I principali ecommerce italiani di vino – dati 2024

    Il 2024 è stato un altro anno difficile per i principali operatori ecommerce specializzati nel segmento del vino. Qui sopra vedete la somma di ricavi (-2%), margine lordo sulle vendite (-3%) e perdita netta (+15%) di cinque di questi che abbiamo analizzato: Tannico (venduta giusto la settimana scorsa), Vino.com, Bernabei, Xtrawine e Callmewine. Ovviamente si tratta di una lista non esaustiva, anzi se qualcuno di voi ha da segnalarmi altri ecommerce “più rilevanti” sarò felice di aggiungerli.
    È anche vero che non è andata male per tutti. In questo post mi sento di menzionare Vino.com, che dati alla mano è riuscita a invertire il trend negativo del fatturato e a tornare in pareggio tagliando i costi. Continua l’andamento negativo (e i contributi dei soci per tenere in piedi) Tannico, che resta il più grande ecommerce, con 60 milioni di fatturato (-7%). Infine, un’ultima considerazione proprio sui contributi dei soci: tutte e 4 le piattaforme pure qui analizzate (Tannico, Callmewine, Vino.com e Xtrawine) hanno ricevuto contributi dai soci (per un totale di circa 19 milioni di euro), mentre per IWB l’online è una divisione di una grande entità e non sono certo di come sia strutturato Bernabei: avendo il più basso margine sulle vendite (21%) ed essendo l’unico non in perdita, non riesco bene a capire come sia strutturato.
    L’analisi prosegue con la tabella di dettaglio per tutti gli operatori nel resto del post.

    Nel 2024 il dato cumulato del fatturato cala del 2.3%, che diventa 1.4% se ricomprendiamo anche IWB. Tannico resta leader con 60 milioni, -7%, poi viene Bernabei, 31 milioni e l’unico in crescita importante (+10%), Vino.com è il terzo con 28 milioni.
    Se guardate la tabella vedete chiaramente che i margini si sono stabilizzati. Vino.com è il più profittevole in termini di “ricarico di vendita” visto che ha un margine del 35%, poi Tannico al 30% e Callmewine e Xtrawine al 26-27%. Come dicevamo sotto Bernabei è al 21%…
    Salvo Bernabei che non è mai andato sotto zero e Vino.com che ha raggiunto il pareggio nel 2024, gli altri tre perdono soldi. Appare preoccupante soprattutto Tannico, passata da 11 a 17 milioni (aggiustato) anche se questo dato si ricollega a un cambio di perimetro di consolidamento (che verrà ridivisa con la vendita da Campari/LVMH a Castel Freres della sola parte italiana). Xtrawine riduce leggermente le perdite, Callmewine resta intorno ai 2 milioni di perdite annue.
    Il livello dei magazzini peggiora leggermente, ma questo è anche dovuto al fatturato in calo. Tannico ha il magazzino più elevato di tutti, il 23% del fatturato, anche se in termini di giorni magazzino è allineato a Callmewine e Xtrawine, ossia circa 280 giorni (260 Callmewine, 300 Xtrawine). In questo contesto, sono Vino.com con l’11% del magazzino sulle vendite (120 giorni) e Bernabei con l’8% (140 giorni) ad avere l’andamento migliore.
    Capitolo finale relativo ai contributi dei soci. Nel 2024 sono stati contribuiti 5 milioni a Vino.com, 10 milioni a Tannico, 1.4 milioni a Callmewine e 2.3 a Xtrawine. Da quando ho cominciato a guardare questi bilanci, Tannico ha ricevuto 72 milioni (32 per fare l’acquisizione di Valap), Vino.com 28, Callmewine 5.4 e Xtrawine 3.6.

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    Fantini Group – dati di bilancio 2024

    Fantini Group ha compiuto un altro significativo passo avanti nella riduzione del debito derivante dal leverage buy out del 2020. Nel 2024, nonostante un calo delle vendite (-4.4% a 83 milioni), l’incremento dei prezzi di vendita (+3%) grazie allo spostamento del mix verso vini a prezzo più elevato e la riduzione dei costi di produzione ha avuto un forte impatto positivo su margini (EBITDA dal 22% al 27%) e sulla generazione di cassa, che è stata di 13 milioni di euro. Con un debito su EBITDA di 1.6 volte l’azienda controllata dal private equity Platinum (80%) è tornata a una struttura finanziaria molto sana, e potrebbe essere pronta a compiere il prossimo passo. Il 2025 dovrebbe essere un altro anno positivo, anche vista l’esposizione marginale al mercato americano e, secondo la relazione degli amministratori, un andamento in ripresa del mercato europeo (dopo un 2024 pessimo).
    Passiamo a una breve analisi dei dati.

    Le vendite calano del 4.4% a 82.6 milioni di euro, a causa del calo del 9% in Europa, principale mercato per Fantini, scesa da 63 a 57 milioni. Tutti gli altri mercati sono stati in crescita, a partire da Italia e America (entrambi +10%) e Asia (+6%). L’azienda ha specificato che le vendite verso la GDO sono leggermente salite (+1%).
    I costi di produzione hanno fatto la differenza, con costi delle materie prime vinicole stabili e cali nel prezzo di quelle secche come vetro, cartoni e via dicendo, il margine lordo è salito dal 46% al 51% del fatturato. Questo balzo ha più che compensato il calo delle vendite e ha assorbito l’incremento del costo del personale (+4%) e delle altre spese operative (+8%). L’EBITDA rettificato è quindi salito da 19.2 a 22.7 milioni, l’utile operativo è passato da 17 a 20 milioni. Con oneri finanziari stabili ma tasse in leggera crescita (dal 30% al 33%), l’utile netto passa da 4.5 a 6.8 milioni.
    Fantini Group non ha effettuato investimenti rilevanti nel 2024 (2.2 milioni). Questo, insieme al buon controllo del capitale circolante (in calo di circa 1 milione), agli ottimi risultati (generazione di cassa di 15 milioni contro 10-11 dell’anno precedente) e all’assenza di dividendi ha consentito di tagliare il debito da 50 a 37 milioni di euro, che corrisponde a una leva di 1.6x, contro 2.6x dell’anno scorso e rispetto al picco di circa 4 volte dopo il riassetto azionario, quando il debito era salito a circa 74 milioni.

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