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    Advini – risultati 2023

    Quando a ottobre abbiamo scritto dei dati semestrali di Advini avevamo spiegato la cura da cavallo che il management si era proposto dopo i terribili risultati semestrali (4% calo organico delle vendite, 4 milioni di perdite nette). Ebbene, gli obiettivi non sono stati raggiunti neanche lontanamente: l’obiettivo di tenere le vendite stabili è stato mancato, visto che sono a 287 milioni, -4%); il ripianamento della perdita di 4 milioni non si è realizzato, visto che invece di guadagnarne 4 per compensare ne hanno persi altri 10, per un totale di 14 milioni. Infine, l’obiettivo di ridurre il debito, che era di 167 milioni a fine semestre, non è stato raggiunto, visto che è salito a 174 (era 151 milioni nel 2022). Quindi un secondo semestre disastroso, ovviamente determinato dall’eccezionale debolezza delle esportazioni francesi di vino, anche se i dati lasciano poco spazio alle interpretazioni: in quasi tutti i mercati Advini fa peggio del resto dei vini francesi. -5% in UK contro -1%, -5% in Scandinavia contro -2%, -24% in Asia contro -12%, -14% in Canada contro -7%. Si salvano gli USA, -0.9% per Advini, -1.6% per le esportazioni francesi. La cura da cavallo continua e gli obiettivi sono i seguenti per il 2024: calo del debito di 15 milioni con taglio degli investimenti e miglioramento del capitale circolante di 10 milioni, possibile dismissione di cespiti non critici all’attività, circa 9 milioni di euro di taglio dei costi. Nessuno obiettivo commerciale. Le azioni in borsa sono calate ulteriormente nella parte finale del 2023 e ora Advini ha un valore di mercato inferiore a 60 milioni, con 174 milioni di debito… la situazione si fa pesante. Passiamo a un breve commento dei dati.

    Le vendite calano del 4% a 286 milioni, di cui il 48% in Francia (-2%) e il 52% all’export, quindi 149 milioni e un calo del 6%. La crescita organica è negativa del 4% (come nel primo semestre), l’impatto dell’acquisizione in Sud Africa è positivo per il 2%, i cambi sono negativi per il 2%.
    I margini tengono a livello industriale, anche grazie all’ulteriore incremento del peso dei marchi propri sulle vendite , dal 34% al 41% delle vendite, ma i costi operativi si sentono molto sull’EBITDA (-36% a 14 milioni, margine dal 7.6% al 5.1%) e l’aggiunta degli ammortamenti del Sud Africa porta l’utile operativo a -2 milioni di euro.
    Il resto per arrivare ai 14 milioni di perdita lo fanno l’esplosione degli oneri finanziari per via dei maggiori tassi e del maggiore stock di debito e circa 4 milioni di oneri straordinari che l’anno scorso erano meno della metà.
    Il debito sale da 151 a 174 milioni, con 10 milioni di investimenti (11 lo scorso anno), nessuna acquisizione e dividendi/riacquisti di azioni proprie di 1.6 milioni contro 3 dell’anno precedente. Il debito su EBITDA sale da 7 a 12 volte. Urge prendere provvedimenti.

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    Advini – risultati primo semestre 2023

    I progressi visti negli ultimi 2 anni nei conti di Advini sono rapidamente scomparsi con il rallentamento del primo semestre 2023 (crescita organica -4%, fatturato totale -1% grazie alle acquisizioni), cui si somma la svalutazione dello Zar sudafricano dove l’azienda ha investito molto e il rialzo dei tassi di interesse che batte su un debito non certo basso se proporzionato ai profitti (circa 9 volte l’EBITDA). Advini si trova dunque a fronteggiare un ulteriore giro di taglio dei costi con l’obiettivo che il secondo semestre possa ripianare le perdite maturate nel primo (circa 4 milioni di euro), portare a un calo del debito (anche grazie alla gestione del circolante e arrivare ai 300 milioni di fatturato, soglia già praticamente raggiunta nel 2022 (298). Passiamo a una breve analisi dei dati.

    Le vendite calano dell’1% a 140 milioni di euro, a causa di un -3.8% a livello organica, un contributo negativo dai cambi dell’1.7% e il “secondo pezzo” dell’aggiunta di Kleine Zalze in Sud Africa che ha portato 6.5 milioni, +4.6%.
    Advini (che non fornisce suddivisioni geografiche delle vendite) è andata meglio del mercato in UK/Irlanda (+7% contro +3%), Francia (+8% contro 0%), mentre ha perso quote nei paesi Scandinavi (stabile), in Asia/Oceania (-9%), in Canada (-17%, in un mercato peraltro in calo del 14%) e USA (un tonfo del -22% su un mercato in crescita del 4%).
    I costi delle materie prime sono costati 4 milioni di euro in più causa inflazione, oltre a 1 milione di aggravio sui costi del personale e 0.6 milioni sui costi energetici. La svalutazione dello Zar è costata 1 milione, mentre l’incremento dei tassi di interesse è costata quasi 2 milioni di euro in più.
    Mettendo insieme tutti questi pezzi si arriva al quadro che vedete qui sotto: un margine operativo lordo sceso da 11 a 7.4 milioni, in parte aiutato dal continuo incremento delle vendite dei marchi propri (saliti al 36% del fatturato e al 57% dell’EBITDA), un utile operativo in pareggio (anche a causa dei maggiori oneri finanziari dal nuovo perimetro di consolidamento) e una perdita netta di 4 milioni di euro.
    A livello finanziario le cose non vanno bene. Le rimanenze di magazzino crescono di oltre 10 milioni in un anno e il debito che stava a 144 milioni a giugno 2022 e 151 milioni a dicembre 2022, balza a 167 milioni. I dividendi pagati sono stati 3 milioni.

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    Advini – risultati 2022

    Le acquisizioni continuano a spingere il fatturato di Advini, che ormai ha raggiunto quota 300 milioni di euro, ma non premiano i margini, che restano su livelli moderati, circa l’8% per l’EBITDA e il 3% per l’utile operativo. In particolare, nel 2022 è entrata a far parte del perimetro di consolidamento dell’azienda vinicola francese la sudafricana Kleine Zalze, che ha portato circa 14 milioni di fatturato e 8 milioni di bottiglie (se fate la divisione vi accorgete del posizionamento del marchio…). Siccome il fatturato è passato da 280 a 209 milioni di fatturato, evidentemente l’operazione ha spiegato quasi completamente la crescita del 2022. A impattare sul gruppo, come vedremo nel corso dell’anno anche per altre aziende, sono stati anche gli incrementi di costo che hanno vanificato gli sforzi per aumentare l’efficienza, oltre che l’andamento peggiore del mercato del gruppo nel mercato domestico (-5% nell’offtrade contro -2% del mercato) e anglosassone (-11% contro +6% del mercato). A causa dei 14 milioni spesi per l’acquisizione l’indebitamento sale da 140 a 151 milioni di euro, “nascondendo” una generazione di cassa di circa 9 milioni di euro per l’anno, prima dei dividendi. Per il 2023, la buona vendemmia e gli investimenti realizzati lasciano ben sperare, anche se l’azienda non fornisce particolari obiettivi economico finanziari. E intanto le azioni sono calate a 20 euro, per una capitalizzazione di mercato di soli 80 milioni di euro. Passiamo a un breve commento.

    Le vendite 2022 sono salite a 298 milioni di euro, a fronte di una crescita organica dell’1% e di un contributo dell’acquisizione del 5%, per un totale di +6.3%. A compensare gli impatti negativi del mercato francese e anglosassone sono venuti in aiuto i progressi nel mercato americano, salito del 16%.
    A livello di margini e mix del fatturato crescono di 2 punti percentuali i vini a marchio proprio, che nel 2022 sono stati il 34% del fatturato e il 47% del margine lordo e il 56% dell’EBITDA.
    L’impatto dell’inflazione e degli investimenti commerciali è stato circa 7 milioni di euro, per un EBITDA stabile, un utile operativo salito da 9 a 10 milioni (+13%) ma un utile netto calato da 4 a 3 milioni per via dell’aumento del costo del debito.
    Il rapporto di indebitamento resta circa costante a 6.7 volte l’EBITDA contro 6.3 dell’anno scorso, mentre come dicevamo il debito a 151 milioni di euro risente dell’acquisizione (14.3 milioni) e del pagamento di dividendi e riacquisto di azioni proprie (3 milioni di euro in tutto). LEGGI TUTTO

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    Advini – risultati 2020

    Fonte: Advini
    Dunque, Advini ha chiuso il 2020 con risultati piuttosto deludenti, a mio parere. Però la presentazione di questi risultati parla di una gestione operativa efficace, un perimetro di attività che si è difeso bene e ovviamente di un rafforzamento della liquidità. Evidentemente questo rafforzamento deriva dall’aver fatto altro debito e quindi, più cassa ma più debito. Per intenderci, le vendite calano del 7% e l’utile netto passa da +4 milioni a -3 milioni. Advini è un’azienda in una “via di mezzo” tra i vincitori nello scenario COVID, cioè quelli esposti alle vendite al supermercato e dirette ai clienti a distanza (leggi internet), e i perdenti, quindi aziende che vendono vini con destinazione ristoranti e in genere di alto livello. I nuovi obiettivi 2023 sono di arrivare a 300 milioni di vendite, quindi +20% rispetto al 2020, 9% di EBITDA, quindi 27 milioni contro l’attuale 17 milioni e una generazione di cassa di 10 milioni di euro all’anno. Nel corso degli oltre 10 anni in cui abbiamo seguito le vicende di Advini abbiamo visto numerosi piani ambizioni susseguirsi, nessuno dei quali sinora ha raggiunto i risultati sperati. Passiamo ai numeri.

    Le vendite calano del 7% a 249 milioni di euro, con un andamento stabile tra il primo e il secondo semestre. Il fatturato in Francia cala del 5% a 140 milioni mentre le esportazioni sono scese del 10% a 108 milioni.
    Il “focus” di Advini va peggio essendo più esposto all’Horeca e alle esportazioni. La divisione marchi propri vede un calo importante sia del fatturato (-24% a 79 milioni di euro) che dell’EBITDA (praticamente dimezzato da 14.6 a 7.7 milioni di euro), il che in parole povere significa che la divisione “vin et service” cioè quella a minore valore aggiunto in realtà ha salvato i conti del 2020.
    A livello di EBITDA consolidato le cose non vanno troppo male, visto che si passa da 18 a 17 milioni di euro, un calo dell’11% tutto concentrato nel primo semestre. I dolori vengono sotto, con un forte incremento delle svalutazioni di merci e crediti verso clienti che non pagheranno più, la mancanza di proventi straordinari e le tasse, che invece nel 2019 erano state a credito. Risultato finale: un utile operativo che resta intorno al pareggio sia nel primo che nel secondo semestre e l’ultima riga che passa da utile (3 milioni) del 2019 a una perdita bella rotonda di 4.4 milioni, quasi tutta concentrata nel primo semestre.
    Dal punto di vista finanziario, Advini ha stoppato il pagamento dei dividendi, comperando qualche azione propria (0.4 milioni) e ha tagliato i dividendi a zero. L’anno chiude con un incremento del debito di 4 milioni di euro, da 144 a 148 milioni.

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    Advini – risultati primo semestre 2020

    Advini ha chiuso il primo semestre con un bilancio in pareggio e un calo del 7% del fatturato. Possiamo dunque dire che le cose non siano andate troppo male, grazie alla forte esposizione del gruppo alla distribuzione rispetto alla ristorazione, dove peraltro si è incentrata la strategia di crescita degli ultimi anni. Il punto forte di questi numeri è nella generazione di cassa: Advini è riuscita a mantenere il livello di debito che aveva a fine anno, e dunque il confronto con giugno 2019 è molto favorevole. Il punto debole è invece nel calo pesante dei propri marchi che erano quasi arrivati al 40% del fatturato e sono ora ricrollati a circa un terzo. Da questo dato si comprende molto bene come sia andata l’attività dei vini di alta gamma, per loro natura più rivolti verso la ristorazione. Il messaggio del management resta positivo: visti i dati di “uscita” dal semestre (giugno e luglio), l’attesa è di migliorare nel secondo semestre. Ma di obiettivi non ne vengono forniti. Passiamo ai numeri.

    Il fatturato del primo semestre cala del 7% a 122 milioni di euro. L’azienda non fornisce un quadro chiaro delle vendite per mercato (pur lamentandosi dei dazi introdotti da Trump per i vini francesi).
    Fornisce invece la quota di fatturato con i marchi propri rispetto ai marchi di terzi. Il bilanciamento passa da 39/61 a 32/68. Questo significa che i marchi propri sono calati da 51 a 39 milioni di euro (-24%) a vantaggio delle private label che invece sono cresciute da 80 a 83 milioni di euro (+4%).
    Nonostante questo il margine industrial non è calato molto, dal 38% al 37%. Scende invece di più il margine operativo lordo (dal 6.4% al 4.6%), per via dell’incidenza maggiore dei costi fissi commerciali e generali. In valore assoluto la contrazione è del 23% a 5.6 milioni di euro.
    Con l’incremento degli ammortamenti, l’utile operativo è in pareggio e in fondo al bilancio il dato è anch’esso leggermente negativo.
    Meglio vanno le cose dal punto di vista della cassa. L’azienda ha un debito di 142 milioni di euro, contro 174 milioni di euro a fine giugno 2019 e 145 milioni di euro a fine anno 2019 (ma il fine è strutturalmente un buon momento per prendere la misura del debito). Contribuiscono a questo risultato una generazione di cassa di 5 milioni di euro, l’assenza di pagamenti di tasse, ma soprattutto circa 2.5 milioni di euro di calo del capitale circolante. Nella parte di investimenti, sono stati ceduti attivi per 1 milione di euro.
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    Joint venture La Collina dei Ciliegi e Advini

    Massimo Gianolli e Antoine Leccia, rispettivamente presidente La Collina dei Ciliegi e presidente del Cda Advini SA.
    Alleanza franco-italiana in nome del vino. Da giovedì 9 luglio, Italia e Francia, le due superpotenze vitivinicole da sempre competitor sui mercati internazionali, fanno squadra con la costituzione della newco Advini Italia Spa, partnership strategica tra Advini SA e La Collina dei Ciliegi Srl, l’azienda vitivinicola di Grezzana in Valpantena, guidata da Massimo Gianolli.
    La mission di Advini Italia, società di diritto italiano (51% Advini e 49% La Collina dei Ciliegi), si articola su più assi strategici, tra cui il posizionamento delle etichette dei fine wine de La Collina dei Ciliegi – l’Amarone, le collezioni “Classica” e “Riserve”, e i nuovi cru del Super Valpantena – nell’horeca degli oltre 100 Paesi dove opera la rete distributiva di Advini; l’ingresso, sul mercato italiano, di una selezione dei prodotti di Advini, con i suoi 2.300 ettari di proprietà e 28 aziende tra tenute, Chateaux e cantine nei migliori terroir d’Oltralpe e del Sudafrica. Prevista infine la distribuzione in Italia e all’estero dei vini con etichetta “Borgo dei Ciliegi”, una nuova linea di prodotti che, partendo dalle principali zone di produzione del Veneto, si potrà estendere progressivamente a tutte le aree a maggiore vocazione vitivinicola italiana.
    Tra gli asset strategici di Advini Italia, anche l’enoturismo, con la proposta di un’offerta ricettivo-turistica legata al vino, che mette in rete Ca’ del Moro Wine Retreat – il resort de La Collina dei Ciliegi – nel percorso esperienziale di Advini, con i suoi 6 resort e 5 ristoranti immersi nei vigneti di Francia e Sudafrica.
    “Quella con Antoine Leccia, Presidente di Advini – ha dichiarato il presidente de La Collina dei Ciliegi, Massimo Gianolli – è   innanzitutto un’amicizia nata tre anni fa: abbiamo effettuato un’approfondita fase di studio dei mercati, creato un team di lavoro coeso nella consapevolezza comune che la carta vincente sui mercati internazionali sia quella di fare sistema. A maggior ragione oggi, in un contesto congiunturale che rischia di appiattire i valori della qualità e dei brand, è fondamentale mettere a fattor comune chi questi valori li ha sempre perseguiti, determinando il successo del vino nel mondo. Il nostro legame con la vitivinicoltura francese – ha concluso Gianolli – viene da lontano e guarda al futuro, non solo con questa importante partnership commerciale con Advini, ma anche con il progetto vitivinicolo del SuperValpantena che abbiamo realizzato ad Erbin con il fondamentale contributo, tra gli altri, di due scienziati agronomi francesi tra i più affermati al mondo, Lydia e Claude Bourguignon grazie all’intuizione del nostro vice presidente, Christian Roger”.
    Per il presidente del Cda di Advini SA, Antoine Leccia: “Ho fatto questa scelta perché amo l’Italia: l’arte, il bon vivre, le persone, i piccoli borghi, il cibo, il vino; la qualità di vita. Da quando ho incontrato Massimo Gianolli ho pensato che il momento di agire era arrivato. Advini Italia ci permetterà di lanciare il Borgo dei Ciliegi e la Collina dei Ciliegi nel mondo dove AdVini SA è già presente in oltre 100 mercati; inoltre sarà il veicolo per distribuire i vini pregiati di AdVini sul mercato italiano, fra cui: Maison Champy Burgundy, Chateau Beaulieu Provence, Chateau Patache d’Aux Bordeaux, Ken Forrester South Africa. Il programma per il futuro è ambizioso e prevede una graduale espansione partendo dal Veneto per ampliare il portfolio, inserendo le principali denominazioni italiane”.
    La guida di Advini Italia è affidata ad Antoine Leccia, presidente e a Massimo Gianolli, amministratore delegato. Il Consiglio di amministrazione, inoltre, è composto anche da 7 consiglieri, manager delle due realtà: Christian Roger, Jean-Pierre Durand, Lionel Ehrmann, Olivier Tichit, Stefano Falla, Gianluca Cittadini e Luca Gaudiano.
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    Advini Sa. Con 286,6 milioni di euro di fatturato nel 2019 (+3,7%) e circa 850 dipendenti, Advini è uno dei principali gruppi enoici in Francia specializzato nella produzione e commercializzazione del vino. L’export rappresenta più del 40% del fatturato. La società opera attraverso 7 unità di vendita e marketing dislocate in Canada, Usa, Regno Unito, Svezia, Sudafrica, Cina e Hong Kong. Con il Club Francais du Vin, Advini è operativa anche sul digitale multicanale con vendita on line e un concept store a Parigi rivolto a turisti e a professionisti del settore (www.advini.com).
    La Collina dei Ciliegi. 53 ettari, di cui 30 a vigneto, 9 etichette suddivise in due collezioni (Classica e Riserve), più di 220 riconoscimenti internazionali tra concorsi e guide, 160.000 bottiglie prodotte e un fatturato complessivo di circa 2 milioni di euro. È l’istantanea della Collina dei Ciliegi, che ad oggi ha investito a Erbin (Valpantena, Verona) oltre 15 milioni di euro. Tra gli asset della cantina, quello turistico con il Ca’ del Moro Wine Retreat, ma anche la vendita di Amarone en primeur e il progetto del SuperValpantena, il vino extra doc a bacca rossa e bianca, che sarà nel bicchiere prossimamente (www.lacollinadeiciliegi.it). LEGGI TUTTO

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    Advini – risultati 2019

    La metamorfosi di Advini è continuata nel secondo semestre 2019, con qualche scossone in più rispetto al passato. Diciamo subito che i numeri sono meno convincenti di quelli del primo semestre, anche se è chiaro che il business non sta andando così bene, soprattutto sulla parte on-premise (o Ho.Re.Ca.) francese, che ha visto un calo […] LEGGI TUTTO

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    Advini – risultati primo semestre 2019

      Advini finalmente comincia a raccogliere I frutti della strategia di crescita fatta di acquisizioni (l’ultima in Sud Africa) e diversificazione dell’attività con ecommerce e servizi legati al vino. Le vendite del semestre sono cresciute come non era mai capitato negli ultimi anni, +9%, di cui un sano +7% a parità di cambi e di […] LEGGI TUTTO