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    Chapel Down – risultati 2024

    Se oggi parliamo di Chapel Down, il leader della produzione di spumanti inglesi, è perché la revisione strategica di qualche mese fa che avrebbe dovuto portare alla revoca della quotazione dalla borsa inglese non ha avuto successo. Detto in altre parole: nessuno se l’è comprata e quindi si va avanti con i soldi che ci sono cercando di tirare la cinghia perché la combinazione di investimenti in nuove vigne (122 acri nel 2024 per arrivare a oltre 1000) e l’incremento del vino in invecchiamento sta portando il debito su livelli più elevati del budget.
    Ad aggravare la situazione ci troviamo a commentare un bilancio 2024 che alla cieca mai si attribuirebbe a un’azienda con una prospettiva così brillante (obiettivo: 1% del mercato dello Champagne nel 2025, ossia 3 milioni di bottiglie): le vendite sono calate del 5%, l’EBITDA si è più che dimezzato, l’utile operativo è in pareggio e si è passati da un leggero utile a una leggera perdita.
    Il titolo ha sofferto nell’ultimo anno (-35%) pur riprendendosi un po’ nel 2025. Il valore di borsa è di circa 80 milioni di sterline. Le prospettive per l’anno non sono state comunicate, anche se si parla di una buona partenza d’anno.
    Passiamo a un’analisi più dettagliata dei numeri.

    Le vendite calano del 5% a 16.3 milioni di sterline, di cui il 2% dovuto all’uscita dal segmento degli spiriti (e un pezzettino anche dovuto al fatto che gli inglesi avevano beuto tanto per l’incoronazione di re Carlo nel 2023!!!). Chapel Down specifica che i dati sono molto migliorati nel quarto trimestre, che ha segnato un +10%. La principale ragione del calo (anche dei margini che vediamo dopo) è il forte calo della distribuzione (offtrade) che ha ridotto le scorte, -20% a 6.8 milioni, mentre le vendite nel canale ontrade (bar e ristoranti) sono cresciute del 16%, così come le vendite dirette e l’ecommerce (+13%), con le due categorie a rappresentare una buona metà del fatturato.
    I margini sono in calo, anche escludendo il milione di sterline speso nella review strategica. Tra le altre ragioni, spicca un maggior peso di vini fermi nel mix di vendite, dovuta all’eccezionale volume del raccolto del 2023, insieme al fatto che nel 2024 sono stati venduti prodotti del 2022 che avevano un costo unitario molto elevato. Alla fine, il margine lordo scende dal 52% al 48%, l’EBITDA dal 32% al 15% delle vendite (con dentro costi straordinari e i costi di marketing che continuano a crescere), l’EBIT come dicevamo va a 0 e la perdita netta è di 1 milione.
    Dal punto di vista finanziario, gli stock di vino salgono di 4 milioni, viene perso un altro milione nel capitale circolante, e con gli investimenti in nuove vigne (2.5 milioni), il debito sale da 1 milione a 9 milioni di sterline, cui se ne aggiungono altri 10 di affitti IFRS16. Proprio questo incremento di 8 milioni del debito è il problema di Chapel Down, visto che può contare su linee di credito piuttosto limitate (20 milioni) e quindi bisogna invertire il trend.

    Se siete arrivati fin qui……ho un piccolo favore da chiedervi. Sempre più persone leggono “I Numeri del Vino”, che pubblica da oltre dieci anni tre analisi ogni settimana sul mondo del vino senza limitazioni o abbonamenti. La pubblicità e le sponsorizzazioni servono per aiutare una missione laica in Perù. Per fare in modo che questo lavoro continui e resti integralmente accessibile, ti chiedo un piccolo aiuto, semplicemente prestando da dovuta attenzione con una visita alle inserzioni e alle sponsorizzazioni presenti nella testata e nella sezione laterale del blog. Grazie. Marco LEGGI TUTTO

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    Lanson BCC – dati di bilancio 2024

    di Marco Baccaglio
    Gli effetti del calo delle esportazioni di Champagne del 2024 si vedono molto chiaramente nel bilancio di Lanson BCC, che analizziamo oggi. Le vendite sono calate del 6%, gli utili hanno segnato -35%, rispetto a valori che nel 2022 e 2023 (con cui è il confronto) decisamente fuori dal normale soprattutto dal punto di vista dei margini. Il secondo semestre ha però segnato nel caso di Lanson una stabilizzazione del fatturato (+3% dopo il -20% del primo semestre), che è un buon segno, anche se i margini sono scesi ancora. Come sempre ci sono poche indicazioni circa l’evoluzione della gestione, anche se le esportazioni di Champagne di inizio 2025 non sono per niente incoraggianti. Se poi guardiamo indietro negli anni al periodo pre-Covid, Lanson è in una situazione decisamente migliore, con buoni margini e un rapporto tra scorte e debito gradualmente migliorato.
    Proseguiamo l’analisi nel resto del post con grafici e tabelle.

    Le vendite 2024 di 255 milioni sono in calo del 6%, appesantite dal -15% nel mercato europeo (il Regno Unito viene citato per gli eccessi di stock nel mercato) a 105 milioni e nonostante la tenuta in Francia, +1% a 126 milioni. In Asia, -22%, va anche peggio ma il mercato è marginale (10 milioni).
    Il margine lordo tiene su livelli molto elevati in prospettiva storica, 49%, sebbene più basso del 51% del 2023, 125 milioni di euro contro 140. La buona gestione dei costi operativi (personale -4% e costi operativi totali in calo del 7%) consente di contenere il calo dell’EBITDA al 15%, per 57 milioni. Poi più sotto con ammortamenti in crescita del 4%, e oneri finanziari che passano da 10 a 16 milioni, c’è poco da fare: l’utile netto crolla del 35% a 24 milioni, ma resta comunque ben sopra quello che si era visto pre-Covid. Va notato che il calo dell’utile era stato molto più marcato nel primo semestre (-68%) che nel secondo (-20%).
    A livello finanziario, il debito sale da 502 a 518 milioni con un valore delle rimanenze stabile a 582 milioni di euro. Quindi una lettura leggermente negativa, con un peggioramento del capitale circolante (27 milioni), un livello comunque sostenuto di investimenti (11 milioni contro 9 milioni di ammortamenti) e una remunerazione dei soci di 7.4 milioni di euro (quasi tutto dividendo) contro gli 8.8 milioni del 2023 (dove gli acquisti di azioni proprie avevano avuto un forte impatto).

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    AdVini – risultati 2024

    La società francese ha chiuso i conti del 2024 con un calo del 3% dei ricavi a 278m milioni di euro, ma con un incremento dell’EBITDA del 27% a 18 milioni di euro, per un margine sulle vendite del 6,6%, rispetto al 5,1% del 2023 ed al 7,2% della media dei sette anni precedenti.
    Con un ritardo di un anno, il management è riuscito nella sua opera di ristrutturazione della base costi, almeno a livello operativo. Infatti, è vero che la società è tornata in utile dopo la perdita di 14 milioni di euro del 2023, ma l’utile netto è stato solo simbolico a circa 0,2 milioni di euro, non certo soddisfacente.
    Inoltre, il debito netto rimane su livelli molto elevati (a circa 158 milioni di euro), pari a ben 8,6 volte il suo rapporto con l’EBITDA, mentre il ritorno sul capitale investito rimane molto modesto (2,4%) e quindi inferiore al costo del capitale stesso. Anche in rapporto al capitale proprio, il debito è molto elevato a pari al 210% (dal 226% del 2023 e ad una media inferiore al 150% nei precedenti quattro anni).

    Certamente, il contesto commerciale non è stato favorevole, visto che il mercato del vino in Francia nella GDO è sceso del 3,4%, le esportazioni di vini francesi sono calate del 3% (a 10,9 miliardi di euro) e la stessa produzione vinicola è calata di ben il 18% a meno di 37 milioni di ettolitri.
    AdVini ha fatto meglio in alcuni mercati, come Europa del Nord, Asia e Canada, ma peggio in particolare negli Stati Uniti, dove la paura dei dazi, che poi qualche mese dopo si è rivelata fondata, ha portato ad un incremento delle esportazioni, ma non di vini francesi del perimetro della società.
    Il 56% delle vendite di AdVini è stato dedicato all’export, con una crescita del 3,6% prima dell’effetto cambi, ed il restante 44% è stato destinato al mercato francese.
    Drammatici i dati sulla raccolta delle uve nel 2024: il maltempo ha fatto registrare cali in quasi tutte le regioni in cui il gruppo è presente, in particolare Bordeaux (-30%) e Borgogna (-60%), mentre si salvano le regioni meridionali affacciate sul Mediterraneo (Languedoc Roussillon e Provenza, pressocché stabili).
    Il titolo a metà maggio 2025 capitalizza solo 50 milioni di euro alla Borsa di Parigi e scambia controvalori giornalieri modesti (dell’ordine delle migliaia di euro), risultando quindi molto illiquido.

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    Masi – risultati 2024

    di Marco Baccaglio

    Masi archivia senza ombra di dubbio il peggiore anno da quanto analizziamo i conti (2014). Sebbene le vendite abbiano tenuto, i margini sono ulteriormente calati, scendendo sotto il 4% a livello operativo, e il peso del maggiore debito (i forti investimenti continuano) ha portato il bilancio a chiudere in leggera perdita, cosa mai capitata nemmeno nello scellerato 2020. La storia degli ultimi anni è stata quella di continui investimenti, soprattutto nella brand house Monteleone21, che sembra essere pronta per l’apertura al grande pubblico nel 2025. In questo senso, e pur considerando che Masi ha un posizionamento difficoltoso se consideriamo Valpolicella-Amarone (vini rossi, grado alcolico elevato), ci sono le premesse per vedere una inversione della tendenza negativa degli ultimi anni (vedendo anche un secondo semestre migliore) e un rientro dalla situazione debitoria che ha raggiunto quota 27 milioni (36 compreso IFRS16), rispetto ai 16 dello scorso anno e ai circa 9 del 2019, anno precedente alla crisi del Covid.
    Passiamo a commentare qualche numero insieme con grafici e tabelle.

    Le vendite sono stabili a 67 milioni, con un primo semestre in calo del 9% e un secondo semestre a +10%. Masi ha avuto un anno eccellente in Canada (dopo un paio di anni bui), portando il fatturato del Nord America a +11% (22 milioni), mentre ha perso terreno in Europa (-7% a 21 milioni) ed è rimasta stabile in Italia (21 milioni).
    Dal punto di vista dei prodotti, i top wines calano dell’8% a 18 milioni, i premium wines (che includono Campofiorin) sono in leggera crescita (+2%) a 31 milioni, mentre i classical wines con una crescita dell’8% (18 milioni) tornano al livello del 2022, che è anche il più elevato da quando osserviamo i dati.
    Il gross margin è stabile al 60%, per un valore di 40 milioni di euro. Con i costi operativi in crescita del 4%, di cui un +2% deriva dai costi straordinari. L’EBITDA riportato cala dunque del 16% a 6.1 milioni (-6% a 6.8 milioni senza le partite straordinarie) e l’utile operativo scende a 1.8 milioni (2.4 milioni aggiustato), con una perdita netta di 1 milione. Gli ammortamenti stabili indicano che l’ammortamento del nuovo centro visitatori non è ancora partito in pieno.
    Dal punto di vista finanziario, Masi ha un debito finanziario di 27 milioni, +11 milioni rispetto al 2023, e sta rinegoziando un allungamento delle scadenze con il sistema bancario. Ovviamente, data l’enorme dote di attivi fissi (vigneti, immobili e via dicendo) non è un dato particolarmente preoccupante, anche se chiaramente gli investimenti degli ultimi anni si sono fatti sentire (11 milioni nel 2024, probabilmente il “colpo finale” per completare il centro visitatori). I dividendi pagati agli azionisti sono scesi da 2 milioni a 1 milione di euro, mentre il capitale circolante ha determinato un assorbimento di 4 milioni, nonostante il magazzino stabile, a causa dell’aumento dei crediti verso clienti per il buon andamento delle vendite del secondo semestre.

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    Concha y Toro – risultati 2024

    Concha y Toro ha chiuso il 2024 con dati finanziari molto buoni, come già avevamo avuto modo di commentare alla fine del semestre. Le vendite raggiungono un nuovo record di 959 miliardi di peso (930 milioni di euro), +15%, mentre molti parametri operativi (EBITDA, EBIT) si riavvicinano ai livelli record toccati nel 2021. Il risultato è la combinazione di diversi fattori. Innanzitutto la spinta valutaria derivante dalla svalutazione del peso cileno che stimiamo abbia portato circa l’11% di maggiori vendite, senza la quale la crescita sarebbe stata del 4-5% (non male in ogni caso). Va poi considerato lo sforzo di innovazione che l’azienda sta facendo, con vini low-alcohol, nuove nicchie (vino invecchiato nelle botti del bourbon per esempio) e la focalizzazione su un paio di marchi importanti (Casillero del Diablo, circa il 38% del fatturato, e ora Don Melchor, che però rappresenta solo il 2% del fatturato).
    Le indicazioni sul 2025 sono rassicuranti, con una crescita attesa tra il 3% e l’8%. Le azioni di Concha y Toro si stanno comportando bene recentemente: nei primi 4 mesi del 2024 sono cresciute del 9%, la migliore performance tra le aziende vinicole di cui teniamo traccia (la tabella con tutte le altre è all’interno del post).
    Bene proseguiamo l’analisi con ulteriori commenti, grafici e le tabelle riassuntive.

    Le vendite 2024 sono cresciute del 14.5% a 959 miliardi di peso, che corrisponde a un incremento del 9% nel secondo semestre, dopo il +22% dei primi 6 mesi dell’anno.
    Le esportazioni sono cresciute del 17% (4% senza l’effetto cambi) a 659 miliardi, le vendite locali in USA hanno toccato 130 miliardi (+19%, +7% senza cambi), le vendite cilene di vino sono a 104 miliardi, +6%.
    I margini migliorano sensibilmente ma sono ancora sotto il record del 2021. L’EBITDA torna al 16% per 151 miliardi, con un miglioramento di oltre 4 punti percentuali, di cui 2 punti vengono dal margine lordo e altri due dalla leva operativa sulle spese commerciali, mentre l’utile operativo di 120 miliardi quasi raddoppia, per un margine che passa dall’8% (che però aveva dentro alcuni oneri non ricorrenti) al 12%. L’utile netto di 79 miliardi cresce dell’83% sul 2023, con un progresso che si è realizzato soprattutto nel primo semestre.
    A livello finanziario, Concha y Toro è riuscita a ridurre il debito del 9% circa a 355 miliardi di peso, quindi -34, per un rapporto debito su EBITDA che torna a 2.3 volte dopo la punta di 4 volte del 2023, dovuta soprattutto al forte calo dell’EBITDA.

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    Domaine Armand Rousseau – dati di bilancio 2024

    Sottotitolo: il bilancio che non c’è più.
    Circa un anno fa, scaricavo il bilancio 2023 di Armand Rousseau dalla camera di commercio francese. Aperto il file, restavo stupefatto dal fatto che alcune pagine del documento fossero state omesse, in particolare quelle relative al conto economico (vendite, utile operativo e via dicendo, per intenderci). Lascio passare un anno pensando che con i dati del 2024 avrei recuperato anche quelli del 2023 (generalmente si mette anche l’anno precedente) ma qualche giorno fa, con altrettanto stupore vedo che anche nel bilancio 2024 quelle pagine sono state rimosse. Se vi collegate al sito Pappers a questo link, potete vedere anche voi (allego print-screen dentro il post).
    Alcuni numeri ci sono (utile netto – sono obbligati a metterlo perché entra nello stato patrimoniale – , cassa e patrimonio) ma mancano quelli più interessanti, anche se non è difficili immaginarli idealmente in calo nel 2023 e in ripresa nel 2024 ma leggermente sotto il livello del 2021-22.
    Prima di addentrarci nei numeri chiave, mi domando se questa decisione sia stata colpa mia, che ho dato un po’ di pubblicità a questi dati. Se così fosse, I numeri del vino certamente non fornisce un buon servizio oggi, ma Domaine Armand Rousseau fa veramente una brutta figura.
    Passiamo ad analizzare i dati disponibili.

    Domaine AR sembrerebbe avere avuto un 2023 in calo (probabilmente a causa della scarsa vendemmia) con un utile netto a -16% a 6.7 milioni di euro ma un recupero nell’anno fiscale chiuso a luglio 2024, quando il rimbalzo del 15% ha riportato l’utile a quota 7.7 milioni, non distante dai livelli record del 2021-22.
    L’azienda continua a generare cassa in modo copioso, anche se questo non emerge dalla posizione finanziaria netta, che è rimasta nell’intorno dei 40 milioni di cassa (42 nel 2024) in quanto il Domaine ha acquistato delle partecipazioni classificate tra le immobilizzazioni finanziarie, che quindi potrebbero non essere “investimenti della cassa” ma magari altre aziende vinicole: il bilancio nulla dice salvo che questo dato che era di 1 milioni è diventato 4 nel 2023 (+3) e 9 milioni nel 2024 (+5), quindi circa 8 milioni di cassa sono andati a finire dentro lì. Va anche notato che negli ultimi due anni il capitale circolante è cresciuto a 3 milioni di euro con un magazzino che dai tipici 2-2.5 milioni di euro si sta avvicinando ai 3 milioni di euro.
    Bene, non abbiamo molto altro da analizzare, nella speranza di un bilancio 2025 con qualche dato in più!

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    Constellation Brands – risultati 2024 e previsioni 2025

    Il film dell’orrore della divisione vino di Constellation Brands continua, come quelle telenovele degli anni 80. A forza di amputare, rilanciare, ristrutturare e quant’altro, nel 2026 l’attività non porterà alcun utile operativo all’azienda, su un fatturato destinato a calare del 17-20% a livello organico, cui si aggiungerà un impatto negativo del 40% circa per la vendita di una serie di marchi a The Wine Group.
    Quindi, fatti due conti, nel 2024 la divisione vino/spiriti ha fatto 1.67 miliardi di dollari di vendite con un utile operativo di 325 milioni (20%), nel 2025 si prevede… qualcosa come 800 milioni di dollari in vendite e zero utile operativo. Poi nel 2026 si torna al 22-24% di margine (non so con quale credibilità…).
    Tornando all’operazione straordinaria appena annunciata, CBrands ha deciso di vendere una serie di marchi non più critici (anche se lo erano fino a un paio di anni fa) – ossia Woodbridge, Meiomi, Robert Mondavi Private Selection, Cook’s, SIMI e J. Rogét (spumante) – , inclusi 2700 ettari di vigneto (proprietà/affitto). Il prezzo dovrebbe essere nell’ordine dei 900 milioni di dollari, mentre CBrands ha comunicato che nei 9 mesi a partire da giugno il mancato contributo di questi marchi dovrebbe essere 613 milioni di vendite e 210 milioni di margine lordo. Annualizzando arriviamo a circa 800 milioni di vendite annue. Poi, 210 milioni di margine lordo sarebbero 274 milioni annualizzati, togliendo il 20-25% delle vendite di spese commerciali, arriviamo a circa 70-100 milioni di dollari di utile operativo, il che significa un multiplo della transazione di 9-12 volte l’utile operativo e circa 1.1 volte il fatturato.
    Passiamo ad analizzare qualche dato con grafici e tabelle.

    Nel 2024 CBrands ha chiuso l’anno in perdita a causa delle forti svalutazioni di marchi e dell’andamento negativo della divisione vino, che ha perso il 7% in vendite (1.67 miliardi di dollari), di cui 1.45 miliardi di vino a -6.6%, con un conseguente calo dell’utile operativo della divisione da 400 a 325 milioni. La birra continua ad andare bene ma la crescita sta rallentando vistosamente (e continuerà a rallentare nei prossimi due anni).

    In realtà il quarto trimestre è andato un po’ meno peggio dei precedenti, con spedizioni di vino in ripresa a 5.9 milioni di casse (+3.5%) a fronte di vendite al dettaglio ancora negative ma soltanto in modo molto leggero, -2% nel trimestre.

    Alla fine dell’anno Constellation Brands ha chiuso con un utile per azione allineato alle indicazioni date al mercato, ma come vedete dal grafico di apertura ha dato indicazioni di un calo per il 2025, essenzialmente legato all’andamento della divisione vino e alle preoccupazioni sull’andamento dell’economia americana. Per il momento l’azienda non è influenzata dai dazi nella parte più importante della sua attività, ossia le spedizioni di birra dal Messico agli USA.

    Dal punto di vista finanziario, ha chiuso l’anno con 11.4 miliardi di debito da 11.7 dell’anno scorso, ossia a 3.0 volte l’EBITDA (3.3 nel 2023), dopo aver restituito agli azionisti 1.8 miliardi in dividendi (0.7) e riacquisti di azioni (1.1).

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    Italian Wine Brands – risultati 2024

    Come annunciato con alcuni dati preliminari a febbraio, il 2024 di Italian Wine Brands si è concluso con un ulteriore importante progresso nei margini e nella generazione di cassa – già vista nel primo semestre – ottenuta nonostante un calo del 6% del fatturato (diventato più evidente nel secondo semestre, -9%) a 402 milioni. I principali dati parlano di un EBITDA cresciuto del 14% a 50.4 milioni (46.6 dopo i costi straordinari), di un utile operativo balzato del 30% a 40 milioni (36 dopo i costi straordinari) e di un utile netto di 25 milioni, 34%. Il debito scende di 25 milioni a 76 milioni, con un rapporto (incluso IFR16) di 1.8 volte l’EBITDA. Ottimi risultati, dunque, ottenuti grazie al calo di alcuni costi parzialmente fuori controllo dell’azienda (vetro, energia, materia prima vino) ma anche grazie alle sinergie di costo già previste con le acquisizioni fatte, visibili per esempio in un costo del personale stabile.
    Le prospettive del 2025 non sono state quantificate ma “qualificate”, ossia fare meglio del 2024. La struttura dei costi può migliorare ancora, l’azienda ha ora un debito tale da consentire nuove acquisizioni (e qualcosa potrebbe succedere leggendo la presentazione), alcuni trend interessanti di medio termine sono nel mirino, quali i vini low/no alcohol oppure i vini biologici in alcuni mercati. Le preoccupazioni non mancano, a cominciare dagli USA dove IWB ha anche investito in un importatore, ma che ha comunque un’esposizione dell’8%, quindi “gestibile”.
    Il titolo in borsa ha una capitalizzazione di circa 200 milioni di euro e (al 22 marzo) è cresciuto del 9% negli ultimi 12 mesi, calando invece del 9% da inizio anno.
    Grafici tabelle e ulteriori commenti nel resto del testo.

    Le vendite sono calate del 6% a 402 milioni, di euro, di cui 284 milioni sono vendite all’ingrosso (-9%), 58 milioni sono “distance selling”, ovvero B2C (-7%) e 59 milioni sono Ho.Re.Ca. (+8%). Le vendite online, incluse nel B2C sono cresciute del 5%.
    Non abbiamo un quadro completo delle vendite per area geografica totale (non sono dettagliati i ricavi B2C per mercato), ma nella divisione più importante, l’ingrosso, la volatilità per mercato è molto marcata: il Regno Unito cala del 28% a 51 milioni, la Germania -22% a 31, l’Austria -20% a 12 milioni, parzialmente compensati (totale -9%) dalla crescita in USA +13% a 26 milioni e dell’Italia +22% a 49 milioni di euro.
    Passando ai margini, l’EBITDA tocca quota 12.5%, un ottimo risultato per un’azienda che non ha quasi per niente integrazione nella fase agricola. Si torna ai livelli di 4-5 anni fa, dopo l’inflazione sui costi del vetro e dell’energia, che infatti nel 2024 sono calati. Calano anche ammortamenti e svalutazioni (10.8 contro 13.6 milioni), gli oneri finanziari (5 milioni contro 8 lo scorso anno) e così si arriva a un utile netto rettificato di 25.3 milioni, contro 19 dell’anno passato.
    Il debito scende da 101 a 76 milioni, quindi -25 milioni, dopo aver pagato circa 6 milioni di euro agli azionisti tra riacquisti azioni, dividendi e (con segno opposto) contribuzioni di capitale. Gli investimenti, forse l’unica nota che mette qualche dubbio sulla sostenibilità di una generazione di cassa così forte, sono ulteriormente calati a 5 milioni, ossia la metà degli ammortamenti (abbiamo detto 11 milioni).

    Se siete arrivati fin qui……ho un piccolo favore da chiedervi. Sempre più persone leggono “I Numeri del Vino”, che pubblica da oltre dieci anni tre analisi ogni settimana sul mondo del vino senza limitazioni o abbonamenti. La pubblicità e le sponsorizzazioni servono per aiutare una missione laica in Perù. Per fare in modo che questo lavoro continui e resti integralmente accessibile, ti chiedo un piccolo aiuto, semplicemente prestando da dovuta attenzione con una visita alle inserzioni e alle sponsorizzazioni presenti nella testata e nella sezione laterale del blog. Grazie. Marco LEGGI TUTTO