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    Lanson BCC – risultati primo semestre 2020

    Dopo aver analizzato il semestre di Vranken, siamo psicologicamente pronti a leggere quelli di Lanson, altra azienda della Champagne con un andamento strutturalmente negativo degli utili e delle vendite, che potete ben apprezzare nel grafico qui sopra esposto, simile a quello di Vranken, dove vedere l’evoluzione negli anni (fino al primo semestre annualizzato) delle vendite, del margine lordo e del valore del magazzino. Anche per Lanson si evidenzia questa divaricazione tra il fatturato e il valore del magazzino (se riportate il magazzino “al prezzo di vendita” si arriva a 3.5-4 anni di fatturato equivalente in casa) che per ora è “attivo patrimoniale”, ma a un certo punto potrebbe anche diventare un sintomo di scarsa salute finanziaria. Il primo semestre è ovviamente andato male, ma meno che per Vranken, con un fatturato in calo del 7%. Due sono i componenti che lo hanno supportato: le vendite francesi, rimaste quasi stabili (-4%) e lo sviluppo dell’azienda nel mercato asiatico, dove di fatto non era quasi presente e dove si registra dunque un +77%. I margini peggiorano, soprattutto a livello di gross margin, segno che il mix di prodotti venduti è peggiorato rispetto allo scorso anno. Ovviamente nessuna indicazione relativa al futuro. Passiamo ai numeri.

    Le vendite calano del 7% a 74 milioni, il dato più basso da quando guardiamo l’azienda, con un contributo di 42 milioni della Francia, -4% in un mercato dove secondo il consorzio i volumi di vendita di Champagne sono calati del 29%. In Europa le cose vanno un po’ peggio, -13% a 26 milioni, ma comunque non troppo male, dato che sempre secondo il consorzio le vendite a volume sono calate del 31%. L’America si dimezza ma valeva poco, l’Asia quasi raddoppia ma anche lei era irrilevante. Gli amministratori spiegano che le cose sono andate meglio del mercato grazie alla forte esposizione alla grande distribuzione del gruppo.
    I margini sono in calo, soprattutto a livello di margine industriale, passato dal 45% al 40% nel semestre (da 36 a 29 milioni di euro) per via del minor prezzo di vendita dei prodotti. A livello di EBITDA e di utile operativo il tutto viene parzialmente compensato dal taglio dei costi, inclusi i benefici degli schemi di supporto governativi per la crisi del COVID. L’EBITDA cala quindi soltanto di 1 milione a 3 milioni (margine 4%), l’utile operativo passa da 0 a 1 milione di perdita, e la perdita netta sale da 1 a 2.6 milioni. Poteva andare molto peggio.
    La struttura finanziaria resta stabilmente indebitata, per usare un gioco di parole. In realtà il debito cala di 2 milioni sullo scorso anno, a 545 milioni, mentre il valore del magazzino giugno-su-giugno sale di 4 milioni di euro. Si arriva a questo risultato con un forte taglio degli investimenti nel primo semestre (da 5 a meno di 3) e con il taglio a zero dei dividendi (erano 3.5 milioni l’anno precedente).
    Se siete arrivati fin qui……ho un piccolo favore da chiedervi. Sempre più persone leggono “I Numeri del Vino”, che pubblica da oltre dieci anni tre analisi ogni settimana sul mondo del vino senza limitazioni o abbonamenti. La pubblicità e le sponsorizzazioni servono per aiutare una missione laica in Perù. Per fare in modo che questo lavoro continui e resti integralmente accessibile, ti chiedo un piccolo aiuto, semplicemente prestando da dovuta attenzione con una visita alle inserzioni e alle sponsorizzazioni presenti nella testata e nella sezione laterale del blog. Grazie. Marco LEGGI TUTTO

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    Vranken Pommery – risultati primo semestre 2020

    Su Vranken Pommery ho perso un turno dato che non ho commentato i dati 2019. Recupero con il primo semestre 2020 in cui si accentua in modo netto il calo delle vendite (-26%), che persiste da ormai due o tre anni. I margini nel semestre sono stati in realtà abbastanza “resistenti” nel senso che l’azienda […] LEGGI TUTTO

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    Cavit – risultati 2019/20

    Proprio nell’anno in cui il settore del vino italiano vive un anno difficile, Cavit presenta un bilancio (a maggio 2020) che cresce sotto tutte le dimensioni, grazie a due acquisizioni messe a segno negli ultimi mesi e che contribuiranno anche per il prossimo esercizio fiscale, all’interno di un più ampio accordo con la Cantina di […] LEGGI TUTTO

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    Delegat Group – risultati 2020

    Dopo anni di forti investimenti, il business di Delegat è decollato e anche nel 2020 (dati a fine giugno) ha fornito risultati stupefacenti: è diventato il primo esportatore di vino della Nuova Zelanda con 3.3 milioni di casse e un buon bilanciamento geografico, ha realizzato 60 milioni di dollari neozelandesi di utile netto, battendo del […] LEGGI TUTTO

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    Enoitalia – risultati 2019

    Enoitalia è balzata in avanti nella classifica delle aziende vinicole italiane (nel 2019 sesta per fatturato) con un costante incremento delle vendite, che hanno sfiorato i 200 milioni di euro. Nel 2019, inoltre, a migliorare in modo importante sono anche stati i margini, che le hanno consentito di posizionarsi a ridosso della “top ten” italiana per valore aggiunto. Enoitalia ha un posizionamento di prezzo medio-basso, con una produzione di 109 milioni di bottiglie per 199 milioni di fatturato. Dal sito internet si evince che è la più grande azienda italiana privata per volumi prodotti e la seconda per produzione di Prosecco. Dalla relazione degli amministratori scopriamo che ha una forte esposizione al canale “offpremise” (80%) rispetto al canale “onpremise” o Ho.Re.Ca. (20%), il che dovrebbe aiutarla nel contesto della crisi COVID. Infine, è un’azienda con una forte vocazione internazionale, con il 78% del fatturato fuori dall’Italia. Per tornare alla nostra passione, i numeri, nel 2019 a fronte di 199 milioni di fatturato, il valore aggiunto è stato 24 milioni (a testimoniare un basso grado di integrazione verticale nella fase agricola, gestita da 200 partners), l’utile operativo è balzato a 10 milioni di euro (dopo qualche anno di margini in calo) e l’azienda è riuscita a generare 6 milioni di euro di cassa per gli azionisti (di cui 2.6 andati a dividendo e i restanti a riduzione del debito), grazie anche a una attenta gestione del capitale circolante. Passiamo ai numeri e ai dettagli.

    Le vendite di 199 milioni sono principalmente realizzate in Europa, con 129 milioni di euro, mentre l’Italia rappresenta il 22% del fatturato (43 milioni di euro).
    I margini hanno cambiato faccia nel 2019 dopo diversi anni di stabilità con una caduta proprio nel 2018 in occasione del forte incremento dei prezzi della materia prima vino. Nel 2019, comunque, Enoitalia ha realizzato un valore aggiunto rettificato di 24 milioni di euro (12% delle vendite), e un utile operativo caratteristico di 10.3 milioni, il 6% del fatturato. Con poco debito e dunque quasi niente oneri finanziari l’utile netto è stato di 6.7 milioni, il livello più elevato crediamo di sempre, sicuramente più di quello realizzato nei tre anni precedenti messi insieme.
    Dal punto di vista finanziario Enoitalia si caratterizza per una struttura del capitale circolante molto efficiente, con un forte contributo dei fornitori che hanno tempi di incasso molto lunghi, il che consente all’azienda di finanziare completamente il magazzino e le dilazioni ai clienti. Quindi senza capitale circolante, il capitale investito resta molto basso, intorno a 40 milioni… il che significa che un rapporto vendite su capitale investito di 5 volte… un rigiro molto alto. Il debito nel 2019 scende da 10 a 7 milioni di euro, nonostante investimenti saliti da 5 a 7 milioni di euro, e dividendi passati da 2.1 a 2.6 milioni di euro.
    Bene, vi lascio a tabelle e grafici.

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    Tannico – risultati 2019

    Da quest’anno facciamo rientrare anche Tannico nella lista delle aziende legate al mondo del vino che seguiamo annualmente sul blog. Dopo anni di finanziamenti da parte dei soci che hanno costantemente coperto le perdite, “sacrificio” per fare acquisire una scala sempre più importante alla piattaforma, come forse avrete letto Tannico ha da quest’anno un azionista eccellente con il 49% del capitale. Si tratta di Campari, il leader italiano nel mondo degli spiriti, che da diversi anni ha deciso di uscire dal mondo del vino per dedicarsi agli aperitivi e ai superalcolici. In realtà ha mantenuto un piede in questo mondo con gli spumanti (Riccadonna e Cinzano, tra gli altri). Comunque, restando su Tannico, la piattaforma ha raggiunto nel 2019 20 milioni di fatturato e c’è da scommettere che nel 2020 farà un balzo significativo, dato che il business online ha avuto uno sviluppo importante con il COVID. È un’azienda con ampi spazi di miglioramento, vista la scarsa presenza fuori dall’Italia, che invece alcuni altri operatori (come Xtrawine per esempio) hanno sviluppato con molto successo. Sotto questo punto di vista, Campari può aiutare, ricevendo in cambio il know-how del mondo dell’ecommerce che il colosso, al pari dei suoi concorrenti internazionali, non ha mai guardato con particolare attenzione nel passato. Ma passiamo all’analisi dei dati di Tannico, che si caratterizza per una struttura particolarmente agile, senza capitale investito, senza capitale circolante (il magazzino viene finanziato dalle dilazioni dei fornitori) ma anche con poca leva operativa, dato che le perdite (e i versamenti da parte dei soci) continuano ininterrotte da diversi anni.

    Il fatturato 2019 ha toccato 20.3 milioni di euro, di cui 18.8 sono in Italia, 0.9 milioni sono in Europa e solo 0.6 milioni sono nel resto del mondo. La crescita 2019 è stata del 38%, dopo quattro anni cresciuti a forza del 40-50% in più all’anno.
    Il margine sul venduto si è mantenuto abbastanza stabile negli anni tra il 26% e il 28%, 27% nel 2019, mentre sono cresciuti praticamente quasi al medesimo ritmo delle vendite (3x negli ultimi 3 anni) i costi per i servizi (2.5x) e i costi del personale (2.3x), il che ha determinato il persistere di un utile operativo leggermente sotto la parità.
    La struttura finanziaria si mantiene molto solida, con una cassa netta di 2.9 milioni nel 2019, ma 2.7 nel 2018 e 3.7 nel 2017. Tannico non investe ed è riuscita a crescere addirittura generando cassa dal capitale circolante (circa 0.5 milioni di euro all’anno). Il problema è che con costi superiori alle vendite ha assorbito ogni anno tra 1-1.2 milioni di euro di cassa. Gli azionisti hanno contribuito con 1.5 milioni di euro di prestiti soci nel 2019, mentre nel 2016 e nel 2017 erano intervenuti con due aumenti di capitale per un totale di 6.8 milioni di euro.
    Vedremo se nel 2020 con il boom di vendite del COVID la struttura finanziaria resterà in equilibrio.

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    Utili, margini e ritorno sul capitale delle principali aziende vinicole – aggiornamento 2019

    Proseguiamo l’analisi dei bilanci 2019 delle aziende vinicole tratti dal rapporto Mediobanca con la parte sugli utili, sui margini e sul capitale investito e sul ritorno generato. Come per il post precedente vi presento un grafico “dinamico” che mostra l’andamento del capitale investito contabile nel settore negli ultimi 15 anni. Potete notare che la leadership di Antinori in termini di valore aggiunto, utili e margini emerge da un costante reinvestimento degli utili che ha portato il capitale investito 2019 a oltre il doppio della seconda azienda italiana, Zonin (dopo aver incamerato le tenute di famiglia nell’azienda). Antinori dunque guida queste classifiche da anni, con un valore aggiunto sul fatturato superiore al 60% (quindi “fa in casa” molto di quello che fattura) e un margine quindi superiore al 30%, contro il 23-24% di Santa Margherita e Frescobaldi, che seguono. Antinori ha un buon ritorno sul capitale ma da questo punto di vista non rappresenta il livello più elevato in Italia : il suo 10% è superato da Santa Margherita ma anche da diverse altre aziende vinicole con strutture più snelle come Martini, Botter, Villa Sandi e Enoitalia (giusto per citarne alcune).

    Come accennavamo l’altro giorno, il 2019 è stato un anno di miglioramento dei margini più che di incremento delle vendite. Il valore aggiunto totale del campione delle aziende qui esposte ha generato 1050 milioni di valore aggiunto su 4.8 miliardi di vendite, quindi con un margine del 22% circa, quando invece nel 2018 i margini unitari erano leggermente calato. Il miglioramento si è ribaltato anche sull’utile operativo, cresciuto a 384 milioni di euro, oltre il 10% rispetto all’anno precedente e con un margine che si avvicina all’8% delle vendite, il livello decisamente più elevato degli ultimi anni.
    Come vedete dalle classifiche, Antinori è largamente davanti a tutti in termini assoluti e in termini relativi alle vendite, seguita da Santa Margherita e da Frescobaldi. Nella classifica di quest’anno entra anche Farnese vini, ora recensita da MBRES.
    Vi lascio alle tabelle e alle classifiche, facendovi notare come sempre le due matrici, che mostrano il posizionamento delle aziende in termini di  margine operativo (quanto del fatturato resta come utile) contro ritorno sul capitale (quanto rende l’investimento nell’azienda) e il ritorno sul capitale rispetto al valore assoluto del capitale investito. In questa seconda tabella, che trovate subito sotto il blocco di testo verde, potete apprezzare come alcune aziende con un ritorno molto elevato in realtà hanno un capitale investito molto limitato, il che implica un risultato operativo in valore assoluto limitato.
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    Classifica fatturato e valore aggiunto delle aziende vinicole italiane 2019 – fonte: Mediobanca

    Il 2019 sarà per qualche anno il punto di riferimento nel mondo delle aziende , di un livello di vendite e di utili a cui si tornerà gradualmente dopo la pandemia. Per questo motivo, i dati di Mediobanca Research di quest’anno resteranno per diverso tempo “importanti”. Sarà difficile fare delle classifiche veritiere nel 2020 e probabilmente anche nel 2021, quando le gerarchie note saranno pesantemente influenzate da temporanei spostamenti tra i canali di vendita e andamenti volatili dei diversi mercati. Probabilmente la classifica cambierà anche nella sua composizione:bisogna immaginare che alcune aziende si fonderanno per far fronte alla crisi.
    Tornando ai nostri dati, un paio di annotazioni e una novità. Annotazioni: i dati di CAVIRO non ci sono perchè nel 2019 hanno fatto un esercizio di 8 mesi invece che di 12 e quindi i numeri non sono rilevanti. MBRES ha invece deciso di mostrare il consolidato CR/CIV e GIV insieme, che quindi mettiamo, come anche nelle tabelle ritrovate lo spaccato delle due (la somma dei due non corrisponde al consolidato per una serie di elisioni da consolidamento).
    Novità: beh, la vedete. Ho cominciato a esplorare la possibilità di sostituire i grafici “granitici” di Excel con delle nuove app che li fanno online e li riproducono sul blog. Ci sono anche delle nuove modalità di visualizzazione qui allegate dove vedete la storia tra il 2004 e il 2019 di questi dati. Avere una serie storica profonda aiuta!
    Venendo ai dati, il 2019 come potete vedere è stato un buon anno, soprattutto dal punto di vista dei margini. Il dato generale vede un aumento delle vendite del 2% circa ma una crescita del 10% del valore aggiunto, che riflette anche il recupero dopo la decelerazione vista nel 2018 per via del costo delle materie prime. La leadership è sempre saldamente in mano a CR/CIV/GIV dal punto di vista del fatturato, ma come sapete chi scrive pensa che la classifica giusta sia quella in base al valore aggiunto: e allora il ranking vede Antinori come principale azienda, seguita da CR/CIV/GIV e da Santa Margherita. Passiamo a commentare qualche dato.

    Nel 2019 ci sono state 20 aziende con un fatturato superiore ai 100 milioni di euro nel settore del vino in Italia, quasi tutte con un andamento positivo delle vendite. Tra queste, vale la pena di sottolineare il forte incremento di fatturato di Botter e di Enoitalia, entrambe nell’ordine del 10%, mentre il calo di Zonin è più dovuto alla base di confronto che non a un andamento commerciale negativo. Per CR/CIV/GIV le vendite sono state 608 milioni, in calo dell’1% rispetto al 2018, mentre Antinori ha riportato un incremento del 5% circa.
    Se invece guardiamo al valore aggiunto, i dati sono molto più positivi, con particolare riferimento ad alcune aziende come Botter e Zonin che hanno cambiato gestione e azionista nel corso degli ultimi anni. L’integrazione delle tenute agricole dentro Zonin ha portato l’azienda a essere oggi la quinta in Italia per valore aggiunto, dopo Antinori, CR/CIV/GIV, Santa Margherita e Frescobaldi. Anche Ruffino ha riportato un forte incremento del valore aggiunto e presumibilmente dovrebbe essere la “settima forza” dopo CAVIRO, di cui immaginiamo dati stabili o leggermente positivi nell’anno.
    Vi lascio ai dati e ai grafici, comprese queste belle animazioni.

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