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    AdVini – risultati 2024

    La società francese ha chiuso i conti del 2024 con un calo del 3% dei ricavi a 278m milioni di euro, ma con un incremento dell’EBITDA del 27% a 18 milioni di euro, per un margine sulle vendite del 6,6%, rispetto al 5,1% del 2023 ed al 7,2% della media dei sette anni precedenti.
    Con un ritardo di un anno, il management è riuscito nella sua opera di ristrutturazione della base costi, almeno a livello operativo. Infatti, è vero che la società è tornata in utile dopo la perdita di 14 milioni di euro del 2023, ma l’utile netto è stato solo simbolico a circa 0,2 milioni di euro, non certo soddisfacente.
    Inoltre, il debito netto rimane su livelli molto elevati (a circa 158 milioni di euro), pari a ben 8,6 volte il suo rapporto con l’EBITDA, mentre il ritorno sul capitale investito rimane molto modesto (2,4%) e quindi inferiore al costo del capitale stesso. Anche in rapporto al capitale proprio, il debito è molto elevato a pari al 210% (dal 226% del 2023 e ad una media inferiore al 150% nei precedenti quattro anni).

    Certamente, il contesto commerciale non è stato favorevole, visto che il mercato del vino in Francia nella GDO è sceso del 3,4%, le esportazioni di vini francesi sono calate del 3% (a 10,9 miliardi di euro) e la stessa produzione vinicola è calata di ben il 18% a meno di 37 milioni di ettolitri.
    AdVini ha fatto meglio in alcuni mercati, come Europa del Nord, Asia e Canada, ma peggio in particolare negli Stati Uniti, dove la paura dei dazi, che poi qualche mese dopo si è rivelata fondata, ha portato ad un incremento delle esportazioni, ma non di vini francesi del perimetro della società.
    Il 56% delle vendite di AdVini è stato dedicato all’export, con una crescita del 3,6% prima dell’effetto cambi, ed il restante 44% è stato destinato al mercato francese.
    Drammatici i dati sulla raccolta delle uve nel 2024: il maltempo ha fatto registrare cali in quasi tutte le regioni in cui il gruppo è presente, in particolare Bordeaux (-30%) e Borgogna (-60%), mentre si salvano le regioni meridionali affacciate sul Mediterraneo (Languedoc Roussillon e Provenza, pressocché stabili).
    Il titolo a metà maggio 2025 capitalizza solo 50 milioni di euro alla Borsa di Parigi e scambia controvalori giornalieri modesti (dell’ordine delle migliaia di euro), risultando quindi molto illiquido.

    Se siete arrivati fin qui……ho un piccolo favore da chiedervi. Sempre più persone leggono “I Numeri del Vino”, che pubblica da oltre dieci anni tre analisi ogni settimana sul mondo del vino senza limitazioni o abbonamenti. La pubblicità e le sponsorizzazioni servono per aiutare una missione laica in Perù. Per fare in modo che questo lavoro continui e resti integralmente accessibile, ti chiedo un piccolo aiuto, semplicemente prestando da dovuta attenzione con una visita alle inserzioni e alle sponsorizzazioni presenti nella testata e nella sezione laterale del blog. Grazie. Marco LEGGI TUTTO

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    Masi – risultati 2024

    di Marco Baccaglio

    Masi archivia senza ombra di dubbio il peggiore anno da quanto analizziamo i conti (2014). Sebbene le vendite abbiano tenuto, i margini sono ulteriormente calati, scendendo sotto il 4% a livello operativo, e il peso del maggiore debito (i forti investimenti continuano) ha portato il bilancio a chiudere in leggera perdita, cosa mai capitata nemmeno nello scellerato 2020. La storia degli ultimi anni è stata quella di continui investimenti, soprattutto nella brand house Monteleone21, che sembra essere pronta per l’apertura al grande pubblico nel 2025. In questo senso, e pur considerando che Masi ha un posizionamento difficoltoso se consideriamo Valpolicella-Amarone (vini rossi, grado alcolico elevato), ci sono le premesse per vedere una inversione della tendenza negativa degli ultimi anni (vedendo anche un secondo semestre migliore) e un rientro dalla situazione debitoria che ha raggiunto quota 27 milioni (36 compreso IFRS16), rispetto ai 16 dello scorso anno e ai circa 9 del 2019, anno precedente alla crisi del Covid.
    Passiamo a commentare qualche numero insieme con grafici e tabelle.

    Le vendite sono stabili a 67 milioni, con un primo semestre in calo del 9% e un secondo semestre a +10%. Masi ha avuto un anno eccellente in Canada (dopo un paio di anni bui), portando il fatturato del Nord America a +11% (22 milioni), mentre ha perso terreno in Europa (-7% a 21 milioni) ed è rimasta stabile in Italia (21 milioni).
    Dal punto di vista dei prodotti, i top wines calano dell’8% a 18 milioni, i premium wines (che includono Campofiorin) sono in leggera crescita (+2%) a 31 milioni, mentre i classical wines con una crescita dell’8% (18 milioni) tornano al livello del 2022, che è anche il più elevato da quando osserviamo i dati.
    Il gross margin è stabile al 60%, per un valore di 40 milioni di euro. Con i costi operativi in crescita del 4%, di cui un +2% deriva dai costi straordinari. L’EBITDA riportato cala dunque del 16% a 6.1 milioni (-6% a 6.8 milioni senza le partite straordinarie) e l’utile operativo scende a 1.8 milioni (2.4 milioni aggiustato), con una perdita netta di 1 milione. Gli ammortamenti stabili indicano che l’ammortamento del nuovo centro visitatori non è ancora partito in pieno.
    Dal punto di vista finanziario, Masi ha un debito finanziario di 27 milioni, +11 milioni rispetto al 2023, e sta rinegoziando un allungamento delle scadenze con il sistema bancario. Ovviamente, data l’enorme dote di attivi fissi (vigneti, immobili e via dicendo) non è un dato particolarmente preoccupante, anche se chiaramente gli investimenti degli ultimi anni si sono fatti sentire (11 milioni nel 2024, probabilmente il “colpo finale” per completare il centro visitatori). I dividendi pagati agli azionisti sono scesi da 2 milioni a 1 milione di euro, mentre il capitale circolante ha determinato un assorbimento di 4 milioni, nonostante il magazzino stabile, a causa dell’aumento dei crediti verso clienti per il buon andamento delle vendite del secondo semestre.

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    Concha y Toro – risultati 2024

    Concha y Toro ha chiuso il 2024 con dati finanziari molto buoni, come già avevamo avuto modo di commentare alla fine del semestre. Le vendite raggiungono un nuovo record di 959 miliardi di peso (930 milioni di euro), +15%, mentre molti parametri operativi (EBITDA, EBIT) si riavvicinano ai livelli record toccati nel 2021. Il risultato è la combinazione di diversi fattori. Innanzitutto la spinta valutaria derivante dalla svalutazione del peso cileno che stimiamo abbia portato circa l’11% di maggiori vendite, senza la quale la crescita sarebbe stata del 4-5% (non male in ogni caso). Va poi considerato lo sforzo di innovazione che l’azienda sta facendo, con vini low-alcohol, nuove nicchie (vino invecchiato nelle botti del bourbon per esempio) e la focalizzazione su un paio di marchi importanti (Casillero del Diablo, circa il 38% del fatturato, e ora Don Melchor, che però rappresenta solo il 2% del fatturato).
    Le indicazioni sul 2025 sono rassicuranti, con una crescita attesa tra il 3% e l’8%. Le azioni di Concha y Toro si stanno comportando bene recentemente: nei primi 4 mesi del 2024 sono cresciute del 9%, la migliore performance tra le aziende vinicole di cui teniamo traccia (la tabella con tutte le altre è all’interno del post).
    Bene proseguiamo l’analisi con ulteriori commenti, grafici e le tabelle riassuntive.

    Le vendite 2024 sono cresciute del 14.5% a 959 miliardi di peso, che corrisponde a un incremento del 9% nel secondo semestre, dopo il +22% dei primi 6 mesi dell’anno.
    Le esportazioni sono cresciute del 17% (4% senza l’effetto cambi) a 659 miliardi, le vendite locali in USA hanno toccato 130 miliardi (+19%, +7% senza cambi), le vendite cilene di vino sono a 104 miliardi, +6%.
    I margini migliorano sensibilmente ma sono ancora sotto il record del 2021. L’EBITDA torna al 16% per 151 miliardi, con un miglioramento di oltre 4 punti percentuali, di cui 2 punti vengono dal margine lordo e altri due dalla leva operativa sulle spese commerciali, mentre l’utile operativo di 120 miliardi quasi raddoppia, per un margine che passa dall’8% (che però aveva dentro alcuni oneri non ricorrenti) al 12%. L’utile netto di 79 miliardi cresce dell’83% sul 2023, con un progresso che si è realizzato soprattutto nel primo semestre.
    A livello finanziario, Concha y Toro è riuscita a ridurre il debito del 9% circa a 355 miliardi di peso, quindi -34, per un rapporto debito su EBITDA che torna a 2.3 volte dopo la punta di 4 volte del 2023, dovuta soprattutto al forte calo dell’EBITDA.

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    Domaine Armand Rousseau – dati di bilancio 2024

    Sottotitolo: il bilancio che non c’è più.
    Circa un anno fa, scaricavo il bilancio 2023 di Armand Rousseau dalla camera di commercio francese. Aperto il file, restavo stupefatto dal fatto che alcune pagine del documento fossero state omesse, in particolare quelle relative al conto economico (vendite, utile operativo e via dicendo, per intenderci). Lascio passare un anno pensando che con i dati del 2024 avrei recuperato anche quelli del 2023 (generalmente si mette anche l’anno precedente) ma qualche giorno fa, con altrettanto stupore vedo che anche nel bilancio 2024 quelle pagine sono state rimosse. Se vi collegate al sito Pappers a questo link, potete vedere anche voi (allego print-screen dentro il post).
    Alcuni numeri ci sono (utile netto – sono obbligati a metterlo perché entra nello stato patrimoniale – , cassa e patrimonio) ma mancano quelli più interessanti, anche se non è difficili immaginarli idealmente in calo nel 2023 e in ripresa nel 2024 ma leggermente sotto il livello del 2021-22.
    Prima di addentrarci nei numeri chiave, mi domando se questa decisione sia stata colpa mia, che ho dato un po’ di pubblicità a questi dati. Se così fosse, I numeri del vino certamente non fornisce un buon servizio oggi, ma Domaine Armand Rousseau fa veramente una brutta figura.
    Passiamo ad analizzare i dati disponibili.

    Domaine AR sembrerebbe avere avuto un 2023 in calo (probabilmente a causa della scarsa vendemmia) con un utile netto a -16% a 6.7 milioni di euro ma un recupero nell’anno fiscale chiuso a luglio 2024, quando il rimbalzo del 15% ha riportato l’utile a quota 7.7 milioni, non distante dai livelli record del 2021-22.
    L’azienda continua a generare cassa in modo copioso, anche se questo non emerge dalla posizione finanziaria netta, che è rimasta nell’intorno dei 40 milioni di cassa (42 nel 2024) in quanto il Domaine ha acquistato delle partecipazioni classificate tra le immobilizzazioni finanziarie, che quindi potrebbero non essere “investimenti della cassa” ma magari altre aziende vinicole: il bilancio nulla dice salvo che questo dato che era di 1 milioni è diventato 4 nel 2023 (+3) e 9 milioni nel 2024 (+5), quindi circa 8 milioni di cassa sono andati a finire dentro lì. Va anche notato che negli ultimi due anni il capitale circolante è cresciuto a 3 milioni di euro con un magazzino che dai tipici 2-2.5 milioni di euro si sta avvicinando ai 3 milioni di euro.
    Bene, non abbiamo molto altro da analizzare, nella speranza di un bilancio 2025 con qualche dato in più!

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    Constellation Brands – risultati 2024 e previsioni 2025

    Il film dell’orrore della divisione vino di Constellation Brands continua, come quelle telenovele degli anni 80. A forza di amputare, rilanciare, ristrutturare e quant’altro, nel 2026 l’attività non porterà alcun utile operativo all’azienda, su un fatturato destinato a calare del 17-20% a livello organico, cui si aggiungerà un impatto negativo del 40% circa per la vendita di una serie di marchi a The Wine Group.
    Quindi, fatti due conti, nel 2024 la divisione vino/spiriti ha fatto 1.67 miliardi di dollari di vendite con un utile operativo di 325 milioni (20%), nel 2025 si prevede… qualcosa come 800 milioni di dollari in vendite e zero utile operativo. Poi nel 2026 si torna al 22-24% di margine (non so con quale credibilità…).
    Tornando all’operazione straordinaria appena annunciata, CBrands ha deciso di vendere una serie di marchi non più critici (anche se lo erano fino a un paio di anni fa) – ossia Woodbridge, Meiomi, Robert Mondavi Private Selection, Cook’s, SIMI e J. Rogét (spumante) – , inclusi 2700 ettari di vigneto (proprietà/affitto). Il prezzo dovrebbe essere nell’ordine dei 900 milioni di dollari, mentre CBrands ha comunicato che nei 9 mesi a partire da giugno il mancato contributo di questi marchi dovrebbe essere 613 milioni di vendite e 210 milioni di margine lordo. Annualizzando arriviamo a circa 800 milioni di vendite annue. Poi, 210 milioni di margine lordo sarebbero 274 milioni annualizzati, togliendo il 20-25% delle vendite di spese commerciali, arriviamo a circa 70-100 milioni di dollari di utile operativo, il che significa un multiplo della transazione di 9-12 volte l’utile operativo e circa 1.1 volte il fatturato.
    Passiamo ad analizzare qualche dato con grafici e tabelle.

    Nel 2024 CBrands ha chiuso l’anno in perdita a causa delle forti svalutazioni di marchi e dell’andamento negativo della divisione vino, che ha perso il 7% in vendite (1.67 miliardi di dollari), di cui 1.45 miliardi di vino a -6.6%, con un conseguente calo dell’utile operativo della divisione da 400 a 325 milioni. La birra continua ad andare bene ma la crescita sta rallentando vistosamente (e continuerà a rallentare nei prossimi due anni).

    In realtà il quarto trimestre è andato un po’ meno peggio dei precedenti, con spedizioni di vino in ripresa a 5.9 milioni di casse (+3.5%) a fronte di vendite al dettaglio ancora negative ma soltanto in modo molto leggero, -2% nel trimestre.

    Alla fine dell’anno Constellation Brands ha chiuso con un utile per azione allineato alle indicazioni date al mercato, ma come vedete dal grafico di apertura ha dato indicazioni di un calo per il 2025, essenzialmente legato all’andamento della divisione vino e alle preoccupazioni sull’andamento dell’economia americana. Per il momento l’azienda non è influenzata dai dazi nella parte più importante della sua attività, ossia le spedizioni di birra dal Messico agli USA.

    Dal punto di vista finanziario, ha chiuso l’anno con 11.4 miliardi di debito da 11.7 dell’anno scorso, ossia a 3.0 volte l’EBITDA (3.3 nel 2023), dopo aver restituito agli azionisti 1.8 miliardi in dividendi (0.7) e riacquisti di azioni (1.1).

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    Italian Wine Brands – risultati 2024

    Come annunciato con alcuni dati preliminari a febbraio, il 2024 di Italian Wine Brands si è concluso con un ulteriore importante progresso nei margini e nella generazione di cassa – già vista nel primo semestre – ottenuta nonostante un calo del 6% del fatturato (diventato più evidente nel secondo semestre, -9%) a 402 milioni. I principali dati parlano di un EBITDA cresciuto del 14% a 50.4 milioni (46.6 dopo i costi straordinari), di un utile operativo balzato del 30% a 40 milioni (36 dopo i costi straordinari) e di un utile netto di 25 milioni, 34%. Il debito scende di 25 milioni a 76 milioni, con un rapporto (incluso IFR16) di 1.8 volte l’EBITDA. Ottimi risultati, dunque, ottenuti grazie al calo di alcuni costi parzialmente fuori controllo dell’azienda (vetro, energia, materia prima vino) ma anche grazie alle sinergie di costo già previste con le acquisizioni fatte, visibili per esempio in un costo del personale stabile.
    Le prospettive del 2025 non sono state quantificate ma “qualificate”, ossia fare meglio del 2024. La struttura dei costi può migliorare ancora, l’azienda ha ora un debito tale da consentire nuove acquisizioni (e qualcosa potrebbe succedere leggendo la presentazione), alcuni trend interessanti di medio termine sono nel mirino, quali i vini low/no alcohol oppure i vini biologici in alcuni mercati. Le preoccupazioni non mancano, a cominciare dagli USA dove IWB ha anche investito in un importatore, ma che ha comunque un’esposizione dell’8%, quindi “gestibile”.
    Il titolo in borsa ha una capitalizzazione di circa 200 milioni di euro e (al 22 marzo) è cresciuto del 9% negli ultimi 12 mesi, calando invece del 9% da inizio anno.
    Grafici tabelle e ulteriori commenti nel resto del testo.

    Le vendite sono calate del 6% a 402 milioni, di euro, di cui 284 milioni sono vendite all’ingrosso (-9%), 58 milioni sono “distance selling”, ovvero B2C (-7%) e 59 milioni sono Ho.Re.Ca. (+8%). Le vendite online, incluse nel B2C sono cresciute del 5%.
    Non abbiamo un quadro completo delle vendite per area geografica totale (non sono dettagliati i ricavi B2C per mercato), ma nella divisione più importante, l’ingrosso, la volatilità per mercato è molto marcata: il Regno Unito cala del 28% a 51 milioni, la Germania -22% a 31, l’Austria -20% a 12 milioni, parzialmente compensati (totale -9%) dalla crescita in USA +13% a 26 milioni e dell’Italia +22% a 49 milioni di euro.
    Passando ai margini, l’EBITDA tocca quota 12.5%, un ottimo risultato per un’azienda che non ha quasi per niente integrazione nella fase agricola. Si torna ai livelli di 4-5 anni fa, dopo l’inflazione sui costi del vetro e dell’energia, che infatti nel 2024 sono calati. Calano anche ammortamenti e svalutazioni (10.8 contro 13.6 milioni), gli oneri finanziari (5 milioni contro 8 lo scorso anno) e così si arriva a un utile netto rettificato di 25.3 milioni, contro 19 dell’anno passato.
    Il debito scende da 101 a 76 milioni, quindi -25 milioni, dopo aver pagato circa 6 milioni di euro agli azionisti tra riacquisti azioni, dividendi e (con segno opposto) contribuzioni di capitale. Gli investimenti, forse l’unica nota che mette qualche dubbio sulla sostenibilità di una generazione di cassa così forte, sono ulteriormente calati a 5 milioni, ossia la metà degli ammortamenti (abbiamo detto 11 milioni).

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    Sula Vineyards – presentazione e risultati 2023

    Curiosando qua e là durante le vacanze di Natale sono incappato in questa azienda indiana che produce vino che si è quotata un paio di anni fa: Sula Vineyards. Prima di entrare nei dettagli bisogna fare una premessa corposa sull’India, perché è una nazione fuori dal nostro contesto. Potrei partire parlandovi della dinamica e dimensione demografica, 1% di crescita della popolazione annua circa (ma oltre il 2% quella della popolazione urbana) per 1.5 miliardi di persone – ossia una nuova Lombardia ogni anno -; potrei menzionarvi un mercato delle bevande alcoliche da 1.2 miliardi di casse dove il vino contribuisce soltanto 4 milioni; infine, devo spiegarvi come “danno i numeri” gli indiani, visto che usano una unità di misura “INR crore” – che usiamo in tutti i grafici – che significa “10 milioni di Rupie”. Quindi quando leggete vendite di 609 INR Crore, state leggendo 609 decine di milioni di Rupie, ossia 6,090 milioni di Rupie, che sono poi 6.09 miliardi di Rupie che diviso il cambio con l’euro di circa 90 fanno circa 68 milioni di euro.
    Se vi interessa l’articolo continua…

    Fatte queste premesse, passiamo a Sula, che produce 1.1 milioni di casse di vino che… considerando le 4 che fa tutto il mercato sono tante. Essenzialmente Sula probabilmente rappresenta il 25-30% del mercato totale e, si legge nel bilancio, oltre il 60% del vino prodotto localmente.
    A differenza di quanto succede dalle nostre parti, il vino è in forte crescita e di moda, in un mercato dominato dagli spiriti e dalla birra. Sula non vende solo vino (“own brands”) ma fa anche “wine tourism”, per circa il 10% del fatturato. La quota di vini che loro chiamano “Elite&Premium” è in costante crescita, dal 68% al 75% del fatturato in qualche anno.
    L’azienda si è quotata alla borsa locale un paio di anni fa e ha un valore in borsa di circa 335 milioni di euro; considerando il debito di circa 25 milioni di euro, si arriva a 360 milioni di valore d’impresa. Confrontati con i 20 milioni di EBITDA che ha realizzato nel 2023 (marzo 2024), margine del 30%, tratta a 18 volte l’EBITDA, ossia un multiplo ormai sconosciuto dalle nostre parti. Come mai? L’azienda cresce, ha margini alti… è in India.

    Venendo ai numeri, come vedete le dimensioni sono piuttosto modeste rispetto alla dimensione potenzialmente gigantesca del mercato, dicevamo circa 13 milioni di bottiglie, con un buon valore per bottiglia (4.5 euro) escludendo la parte del turismo, che danno un fatturato di circa 60 milioni di euro. Il fatturato diventa poi 67 includendo proprio la parte turismo, dove comunque non scherzano con oltre 100 camere, 435mila visitatori nelle cantine e 172mila degustazioni.
    I margini sono eccellenti, frutto anche di una buona integrazione nella parte agricola (1120 ettari, probabilmente a coprire tra la metà e i due terzi della produzione di vino), oltre che della domanda in crescita che porta a dei buoni prezzi di vendita. Quindi il margine sulla produzione viaggia intorno al 70%, l’EBITDA al 30% e l’utile operativo al 20%. Utile netto 2023 di 93 INR Crore, che sono poi 10 milioni di euro, pari al 15% del fatturato.
    Per concludere, struttura finanziaria ribilanciata dopo la quotazione in borsa, con un debito che sta intorno a 1.2 volte l’EBITDA.

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    Purcari Wines – analisi di bilancio 2023

    Introduciamo oggi una nuova azienda vinicola quotata nel raggio di azione del blog. Si tratta di Purcari Wines, attiva in Est Europa con base principale in Romania, quotata nel mercato locale da qualche anno, con un fatturato atteso di circa 400 milioni di RON locali (80 milioni di euro) e un utile netto di 60 (12 milioni di euro). La sua valutazione borsistica è oggi intorno ai 600 milioni di RON (120 milioni di euro), che corrispondono a circa 10 volte gli utili attesi 2024 e 5.5 volte l’EBITDA.
    La ragione per analizzarla è che è un’azienda in forte crescita (fenomeno raro nel settore del vino…), che cercherà nei prossimi anni di uscire dai suoi confini (attualmente circa il 70% delle vendite è concentrato in Romania e Moldavia) per aggredire i mercati internazionali. L’ambizione di crescita è stata delineata lo scorso ottobre in un evento dedicato agli investitori in cui sono stati dai gli obiettivi al 2027, dopo che l’azienda ha dismesso una linea di attività non vinicola che rappresentava l’8% delle vendite e il 4% degli utili: vendite in crescita a circa 600 milioni di RON (quindi il 50% in più in 3 anni), utile netto previsto raddoppiare a 120 milioni di RON con un EBITDA di 210-230 milioni di RON dai 100 attesi nel 2024.
    Bene, passiamo a una breve analisi dei dati con grafici e tabella riassuntiva.

    Le vendite di Purcari Wines sono cresciute del 22% nel 2023 e in media del 16% dal 2019 al 2023. La Romania è stata la principale area di crescita, con un incremento annuo del 24% dal 2019 che l’ha portata a rappresentare quasi il 60% del fatturato totale e a costruire una quota di mercato del 13%. La Moldavia è il secondo mercato, con un peso del 16% del totale.
    Purcari lavora con 4 marchi. Purcari, che rappresenta il 56% delle vendite, Bostavan e Crama Ceptura il 15% circa ciascuno, Divin Baldar al 10%, oltre a un piccolo marchio Angel’s Estate che copre il 3%.
    L’azienda ha nel corso degli anni sacrificato i margini industriali per crescere. Si vede bene dalla tabella come il margine è calato dal 50% circa del 2019 al 42% del 2023. A livello di EBITDA e utile operativo è successo più o meno lo stesso, con l’EBITDA passato dal 33% al 27% e l’utile operativo dal 27% al 20%. Vero è che la crescita delle vendite è stata importante e dunque in valore assoluto l’EBITDA è passato da 65 a 100 milioni di RON tra il 2019 e il 2023, l’utile operativo da 55 a 74 e l’utile netto da 43 a 60.
    A livello finanziario il commento principale riguarda l’esplosione del capitale circolante, passato da meno di 100 milioni prima del Covid ai 260 milioni attuali, che ha assorbito la generazione di cassa. A fine 2023, Purcari Wines aveva un debito netto di circa 140 milioni, corrispondenti a 1.4 volte l’EBITDA.
    Le previsioni per il 2024 sono per una crescita delle vendite del 5-10% (15-20% per la divisione vino, cui si deve dedurre l’interruzione dell’attività non più critica) e un margine netto del 14-16%.

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