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    Purcari Wines – analisi di bilancio 2023

    Introduciamo oggi una nuova azienda vinicola quotata nel raggio di azione del blog. Si tratta di Purcari Wines, attiva in Est Europa con base principale in Romania, quotata nel mercato locale da qualche anno, con un fatturato atteso di circa 400 milioni di RON locali (80 milioni di euro) e un utile netto di 60 (12 milioni di euro). La sua valutazione borsistica è oggi intorno ai 600 milioni di RON (120 milioni di euro), che corrispondono a circa 10 volte gli utili attesi 2024 e 5.5 volte l’EBITDA.
    La ragione per analizzarla è che è un’azienda in forte crescita (fenomeno raro nel settore del vino…), che cercherà nei prossimi anni di uscire dai suoi confini (attualmente circa il 70% delle vendite è concentrato in Romania e Moldavia) per aggredire i mercati internazionali. L’ambizione di crescita è stata delineata lo scorso ottobre in un evento dedicato agli investitori in cui sono stati dai gli obiettivi al 2027, dopo che l’azienda ha dismesso una linea di attività non vinicola che rappresentava l’8% delle vendite e il 4% degli utili: vendite in crescita a circa 600 milioni di RON (quindi il 50% in più in 3 anni), utile netto previsto raddoppiare a 120 milioni di RON con un EBITDA di 210-230 milioni di RON dai 100 attesi nel 2024.
    Bene, passiamo a una breve analisi dei dati con grafici e tabella riassuntiva.

    Le vendite di Purcari Wines sono cresciute del 22% nel 2023 e in media del 16% dal 2019 al 2023. La Romania è stata la principale area di crescita, con un incremento annuo del 24% dal 2019 che l’ha portata a rappresentare quasi il 60% del fatturato totale e a costruire una quota di mercato del 13%. La Moldavia è il secondo mercato, con un peso del 16% del totale.
    Purcari lavora con 4 marchi. Purcari, che rappresenta il 56% delle vendite, Bostavan e Crama Ceptura il 15% circa ciascuno, Divin Baldar al 10%, oltre a un piccolo marchio Angel’s Estate che copre il 3%.
    L’azienda ha nel corso degli anni sacrificato i margini industriali per crescere. Si vede bene dalla tabella come il margine è calato dal 50% circa del 2019 al 42% del 2023. A livello di EBITDA e utile operativo è successo più o meno lo stesso, con l’EBITDA passato dal 33% al 27% e l’utile operativo dal 27% al 20%. Vero è che la crescita delle vendite è stata importante e dunque in valore assoluto l’EBITDA è passato da 65 a 100 milioni di RON tra il 2019 e il 2023, l’utile operativo da 55 a 74 e l’utile netto da 43 a 60.
    A livello finanziario il commento principale riguarda l’esplosione del capitale circolante, passato da meno di 100 milioni prima del Covid ai 260 milioni attuali, che ha assorbito la generazione di cassa. A fine 2023, Purcari Wines aveva un debito netto di circa 140 milioni, corrispondenti a 1.4 volte l’EBITDA.
    Le previsioni per il 2024 sono per una crescita delle vendite del 5-10% (15-20% per la divisione vino, cui si deve dedurre l’interruzione dell’attività non più critica) e un margine netto del 14-16%.

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    Il valore della produzione di vino in Italia – dati ISTAT 2023 per regione

    I dati sulla produzione di vino 2023 sappiamo essere stati molto negativi. Con questa premessa possiamo affrontare l’analisi di oggi, che si riferisca al valore in milioni di euro a prezzi correnti di produzione (quindi con dentro l’inflazione, elevate nel 2022, ma riferito alla materia prima) della produzione di vino stimata da ISTAT sulla base di una serie di parametri (tra cui ovviamente la produzione, ma anche i prezzi, i risultati delle aziende e via dicendo).
    Principali risultati. Il 2023 è stato un anno estremamente negativo dopo un 2022 eccezionalmente positivo. Per riassumere la storia di questi dati che trovate nella tabella è utile guardare il grafico di apertura, dove notate il grande balzo del valore nel 2022, da 4.2 a 4.8 miliardi, seguito dal crollo a 4 miliardi di euro del 2023, che è il dato censito da ISTAT più recente. Quindi -18% nel 2023 sul 2023, ma anche -4% rispetto al 2021 e in linea con il dato dei 5 anni precedenti. Si tratta di un segnale ovviamente non positivo ma da considerare nell’ambito di una vendemmia negativa, come dicevamo. Tra le aree, in termini relativi il Nord Est continua a guadagnare peso, mentre nel complesso la viticoltura sta perdendo rilevanza sul totale del valore delle coltivazioni agricole, all’11% nel 2023, ma, al di là dell’eccezionalità del 2023, in declino da ormai qualche anno.
    Passiamo a un’analisi più dettagliata con ulteriori grafici e tutte le tabelle.

    Il valore aggiunto della produzione vinicola è stato di 4 miliardi di euro nel 2023, di cui ben 1.6 miliardi nel Nord-Est (-10%), 1.15 miliardi nel Sud e Isole (-24%) e circa 0.6 miliardi ciascuno nel Nord Ovest e in Centro.
    A livello regionale il Veneto domina con 900 milioni e un calo (-10%) inferiore alla media. Il Veneto è il 23% della produzione di vino a valore e (sorpresa) il 25% a volume, indicando un valore medio leggermente inferiore alla media.
    La seconda regione è la Puglia con 500 milioni e un calo del 30% (!), rappresenta il 13% del valore prodotto (16% del volume). Vengono poi Piemonte e Toscana con il 10% circa ciascuno (ma solo il 4-5% del volume, a dimostrare il loro maggior valore “unitario”) per un valore leggermente inferiore a 400 milioni di euro.
    Tra le regioni in cui ISTAT certifica un incremento del valore della produzione vinicola spiccano la Lombardia e il Trentino Alto Adige al Nord, +6% e +2% circa, mentre l’andamento più negativo è sulla costa adriatica (Abruzzo e Marche), ma anche in Campania.
    Da ultimo l’andamento del valore aggiunto della viticoltura che aveva raggiunto un massimo del 16% nel 2018, per poi cominciare un percorso di calo fino all’11% del 2023. L’andamento è negativo in tutte le macroaree del paese, anche se nel Nord Est l’azione del Prosecco ha di molto mitigato l’entità del calo.

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    Treasury Wine Estates – risultati primo semestre 2024/25

    TWE ha annunciato la settimana scorsa i risultati del primo semestre sostanzialmente in linea con le aspettative degli analisti (, ma ha purtroppo comunicato anche che le aspettative per la fine dell’anno fiscale (giugno 2025) sono più basse di quanto precedentemente indicato. Nel dettaglio, l’obiettivo di utile operativo è stato ridotto da 780-810 milioni di dollari australiani a 780 milioni (669m 2023-24 per confronto), quindi circa il 2% sotto “la metà della forchetta”, nonostante l’incremento dei benefici attesi dall’integrazione di DAOU (acquistata un anno fa) negli USA e a causa dei minori risultati della divisione “Treasury Premium Brands”, ossia dei vini di prezzo inferiore. Proprio quel segmento di vini da cui l’azienda si era prefissa di uscire, ma che non è riuscita a vendere per la mancanza di offerte.
    Il tutto messo insieme (mancata vendita delle attività a basso margine e minori utili in prospettiva) hanno dato un colpo secco al valore delle azioni, che il giorno dei risultati ha perso il 7%. Dall’inizio dell’anno (al 15 febbraio) le azioni sono scese del 4% circa.
    Venendo ai risultati più nello specifico le vendite sono cresciute del 20% a 1.54 miliardi di dollari australiani (+5% in termini organici, quindi senza DAOU), l’utile operativo è cresciuto del 35% a 391 milioni e l’utile netto del 33% a 221 miloni. L’utile per azione cresce meno (+21%) a causa del maggiore numero di azioni (TWE ha emesso azioni per pagare i due terzi dell’acquisizione di DAOU). Debito stabile a 2.0x l’EBITDA.
    Maggiori dettagli con altri grafici e tabelle nel resto del post.

    Le vendite sono cresciute soprattutto in USA +33% a 657 milioni per l’acquisizione di DAOU e in Asia (+46% a 410 milioni) per la ripresa delle esportazioni verso la Cina, mentre il mercato domestico e la Nuova Zelanda calano del 5% e l’Europa fa -9%.
    Le vendite per divisione rispecchiano il trend: Penfolds +24% a 557 milioni essendo soprattutto asiatica, Treasury America +41% perché è solo in America, tutto il resto -8%, che è poi la roba che volevano vendere.
    In termini di volume si passa da 10.8 a 11.2 milioni di casse, con i dati positivi di Penfolds (1.5m, +15%) e TWE America (3.4m +22% con DAOU) compensato dal calo della divisione Premium (6.3, -6%).
    I margini salgono dal 23% al 25% a livello operativo grazie al mix del fatturato che si sposta verso Penfols (45% da 42%) e America (25% da 21% l’anno scorso), ma anche dai migliori margini delle due divisioni chiave dell’azienda, come vedete tra parentesi.
    La struttura finanziaria di TWE resta sul limite alto della forchetta 1.5-2.0 volte l’EBITDA che il management si è prefisso, con un debito di 1.87 miliardi di dollari australiani, parti a 2.0x l’EBITDA. Nel corso del semestre l’azienda ha avuto una ottima generazione di cassa “mangiata” dalla distribuzione agli azionisti (154 milioni più 17 di buyback) e dalla svalutazione del dollaro australiano che ha avuto un impatto piuttosto importante sulla traduzione dei debiti in dollari americani.

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    LVMH divisione vino – risultati 2024

    La divisione vino di LVMH ha archiviato un anno orribile. Le vendite sono calate dell’11% (8% in termini organici), l’utile operativo del 35%. Siamo tornati al 2019 circa come vendite e al 2015 come utili. Il Cognac è andato molto peggio che lo Champagne, sia per perdita di fatturato (-15% rispetto a -8%), ma anche in termini di perdita di margini, tanto che nel 2024 ha guadagnato di più la divisione Champagne/vini che non quella Cognac/spiriti, sia in termini assoluti che relativi. Il secondo semestre è stato anche peggio del primo per il Cognac, un po’ meno peggio per lo Champagne. Ovviamente, i mercati asiatici sono andati peggio di tutti gli altri.
    A guardare bene i dati, LVMH ha anche tagliato gli investimenti nel 2024 rispetto al passato e gli sono esplose le scorte di prodotti, con rilevanti svalutazioni di semilavorati, immaginiamo nel segmento del Cognac.
    Le prospettive non sono buone, soprattutto considerando il tenore solitamente positivo (per quanto mai quantitativo): leggere che bisogna affrontare il 2025 con pragmatismo e attenzione non è bello. A proposito, Moet & Chandon rimpiazzerà Ferrari nelle premiazioni delle gare di formula 1.
    Bene, passiamo a un’analisi più dettagliata di numeri con tutti i grafici e tabelle allegate.

    Le vendite della divisione sono calate dell’11% a 5.9 miliardi di euro, di cui 3.2 miliardi di euro di Champagne e vini, a loro volta scese dell’8%. Se restringiamo il confronto al secondo semestre, il calo del fatturato è simile, -11% a 3.05 miliardi, ma nella divisione vino e Champagne le cose sono andate un po’ meglio, -5% a 1.8 miliardi di euro.
    I volumi venduti calano del 3% nel 2024, a sottolineare il forte peggioramento anche del prezzo-mix (-8%), a 225 milioni di bottiglie. Di queste, 62 milioni sono Champagne (-7%) e 61 milioni sono vini fermi (stabili). Nel secondo semestre le vendite in volume di Champagne si sono stabilizzate, -1% a 36 milioni, mentre sono calate del 12% quelle dei vini fermi a 30 milioni di bottiglie.
    I margini sono ovviamente in forte contrazione. L’utile operativo crolla da 2.1 a 1.4 miliardi di euro in totale, -36%, con una perdita di margine di quasi 9 punti percentuali, dal 32% al 23%. La divisione Champagne e vini cala di meno, da 1.1 a 766 milioni, -30%, con un margine che passa dal 32% al 24%. Il secondo semestre è stato “drammatico”, con un calo da 1063 milioni a 579 milioni, -45%, e la divisione vino in particolare calata da 618 a 415 milioni di euro.
    Quindi, fatti due conti oggi conta più lo Champagne/vino che il Cognac/spiriti, ribaltando le gerarchie storiche.
    Abbiamo accennato sopra agli investimenti, che sono calati da 538 a 332 milioni, con una quota del 5.7% del fatturato. Va detto che gli investimenti erano stati molto elevati nel 2023… ma comunque sono sotto la media storica del 6.5% circa.

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    I prezzi all’origine del vino – aggiornamento 2024 – dati ISMEA

    Dati in formato testo disponibili nella sezione Solonumeri.
    I prezzi all’origine del vino sono cresciuti dell’11% nel 2024, contro l’1% dell’incremento dei prezzi agricoli in generale, recuperando (in parte) il calo subito nel 2023. I dati che presentiamo oggi sono la rielaborazione (ossia le media annuale) delle serie dei prezzi puntualmente aggiornati da ISMEA Mercati. Oltre a questo, nel post trovate anche la media annuale dei prezzi all’origine dei principali vini DOC e DOCG, graduatoria nella quale primeggiano i grandi vini rossi Brunello di Montalcino e Barolo, seppur con quotazioni in leggero calo rispetto allo scorso anno (soprattutto nel secondo caso).
    Guardando la tabella e soprattutto il grafico che apre il post ci sono ci si accorge che negli ultimi anni (dal 2019 in questa analisi) sono stati soprattutto i vini comuni a segnare i maggiori incrementi di prezzo, +61%, con addirittura +90% per i bianchi, mentre per i vini DOC/DOCG l’incremento cumulato nei 5 anni è inferiore al 10% e addirittura sotto il 5% per quanto riguarda i vini IGT. Ci si accorge anche che la dinamica recente dei prezzi dei vini è inferiore a quella dell’agricoltura (+20% contro +35/40%).
    Bene, fatta questa premessa, nel resto del post commentiamo tutti i dati con le tabelle riassuntive, che trovate anche nella sezione Solonumeri.

    I prezzi all’origine del vino crescono dell’11% in media nel 2024 a un valore indice di 174, ovvero il 20% in più sugli ultimi 5 anni.
    L’incremento del 2024 è principalmente legato all’incremento dei prezzi dei vini comuni, +36% nel 2024, mentre per i vini DOC/DOCG i prezzi sono rimasti stabili e per gli IGT la crescita è stata del 6%. Salvo che per i vini comuni, la dinamica dei prezzi è stata più sostenuta per i vini rossi che per i vini bianchi, un fattore strano considerando che la dinamica dei consumi si sta spostando verso i secondi.
    Ad ogni modo, fatto 100 il prezzo nel 2010, oggi i vini comuni costano alle aziende imbottigliatrici più del doppio (215) mentre i vini DOC/DOCG sono al 66% in più e quelli IGT il 50% in più, largo circa,
    Se ci muoviamo sui vini DOC/DOCG per denominazioni ci accorgiamo subito della stasi dei prezzi. Il Brunello di Montalcino cala dell’1% a 9.9 euro al litro, Barolo e Barbaresco calano del 6% (8.6 e 6.6 euro al litro rispettivamente), i vini dell’Etna sono vicino al -20%, il Nebbiolo d’Alba scende del 12% mentre il Valpolicella è a -11%.
    Anche nel segmento dei bianchi sembrano più le variazioni negative che quelle positive, anche per le denominazioni spumantistiche come Prosecco (-6%), Conegliano Valdobbiadene (-13%), con l’eccezione delle basi spumante del Trento DOC, sebbene parliamo di prezzi che sono saliti in modo importante nell’arco degli ultimi 5 anni.
    Bene, vi lascio alla consultazione delle tabelle allegate qui sotto.

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    Crimson Wine – presentazione e risultati 2023

    L’abbandono della borsa di Duckhorn mi ha spinto alla ricerca di qualche altra azienda quotata in USA per tenere traccia anche di questo mercato. Una di queste più piccole è Crimson Wines, azienda da circa 70-75 milioni di dollari di vendite, con dei marchi piuttosto famosi come Pine Ridge, Archery Summit, Chamisal, Seghesio, Double Canyon e un altro paio. Non è un’azienda “propriamente quotata”, nel senso che le azioni trattano in un mercato speciale, ma comunque riporta i risultati puntualmente. È un’azienda finanziariamente solida (posizione di cassa netta con una dotazione importante di vigneti), con un margine EBITDA nell’ordine del 10% e un’esposizione importante alle vendite dirette (circa il 40% del totale), che hanno generato non pochi problemi durante l’epoca del Covid.
    Nel corso degli ultimi anni, l’azienda ha mantenuto un volume produttivo abbastanza stabile, gradualmente riducendo la quota di prodotto derivata dai propri vigneti, passata dal 35-40% degli anni pre-Covid alla quota attuale del 20-25%. Moltiplicando il prezzo delle azioni per il loro numero si arriva a un valore di mercato di 125 milioni di dollari, che corrisponde a un valore di impresa di 120, quindi circa 1.7x volte le vendite e 15 volte l’EBITDA. Multipli che pur essendo applicati al 2023 dovrebbero essere abbastanza attendibili visto che la performance del 2024 è piuttosto simile al 2023.
    Passiamo a un commento dei principali numeri con una serie di grafici e tabelle.

    Le vendite 2023 sono calate del 2% a 72.4 milioni di dollari, a causa soprattutto del calo delle vendite dirette (“DTC”), -5% a 27 milioni. I volumi spediti sono calati del 3% a poco meno di 400mila casse, dunque il prezzo medio per cassa è cresciuto dell’1% circa a 183 dollari (per 12 bottiglie). Il calo delle vendite dirette è legato a fattori casuali (cattivo tempo in California nell’annata) ma anche a fattori stagionali, ossia, “changing consumer behaviour”, non una bella frase…
    L’azienda ha comunque mantenuto i margini di profitto, grazie agli incrementi di prezzo di cui dicevamo sopra. Il margine lordo delle vendite dirette è intorno al 66% (dal 65%), quello del ramo all’ingrosso del 37% (dal 35% del 2022).
    Considerando i costi di marketing e generali, l’utile operativo atterra a un risicato 3% delle vendite, circa 2 milioni di dollari, con un EBITDA margin del 10% circa che sottolinea un peso piuttosto importante degli ammortamenti. Nel 2023, alcune poste straordinarie positive hanno portato l’utile a 3 milioni di dollari.
    Crimson Wine ha un bilancio molto sano, con quasi 190 milioni di dollari di patrimonio netto, supportato da 116 milioni di attivi tangibili (terreni e immobili) e quasi 60 milioni di magazzino

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    Il valore dei vigneti in Francia – aggiornamento 2023

    Fonte: rapporto annuale Safer
    Il valore dei vigneti è sempre un argomento molto consultato sul blog. Dopo qualche anno di assenza torniamo a guardare l’andamento del valore dei vigneti in Francia, sulla base del rapporto Safer che si riferisce al 2023. La principale conclusione del rapporto è molto allineata a quello che abbiamo detto nei post sul valore dei vigneti italiani, e nel rapporto è molto ben rappresentata: da qualche anno il valore dei vigneti “in euro costanti”, ossia deflazionato non sta più crescendo, anzi sta diminuendo. Lo potete vedere molto bene nel grafico che ho preso dal rapporto e incollato all’interno del post. Nel caso dell’Italia, i vigneti hanno storicamente mantenuto il valore in euro costanti fino al 2021 per poi subire il colpo dell’inflazione, in Francia le cose sono andate molto meglio nel passato, ma già da prima del Covid la direzione è mutata.
    Ad ogni modo, nel 2023 un ettaro di vigna AOC in Francia valeva 153mila euro, +1.5%, oppure 82mila euro se lasciamo fuori la Champagne, +0.7%. I vigneti per il Cognac perdono il 6% del valore (crisi dei consumi in Cina e USA) a 57mila euro, gli “altri vigneti” valgono 15mila euro, -2% sul 2022. Il confronto con l’Italia è difficile, dato che noi riportiamo il valore per regione, con una media di 58mila euro, +1.0%. Se la guardiamo sul lungo termine, diciamo dal 2000 a oggi, i vigneti italiani sono cresciuti del 2% all’anno, i vigneti AOC francesi del 4% (3% se escludiamo la Champagne), gli “altri” +1%. Potremmo concludere che siamo allineati, forse un po’ meglio la Francia.
    Bene, passiamo a commentare qualche dato insieme, con grafici e tabelle.

    L’andamento più positivo del valore dei vigneti in Francia è certamente quello della Borgogna, +8% annuo tra il 2020 e il 2023 per arrivare a 238mila euro per ettaro, per quanto ancora lontanissimo dal valore di quasi 1.1 milioni a ettaro della Champagne, dove però il valore ha subito un calo nell’anno del Covid.
    Nel lungo termine (solo per le vigne AOC), tra il 2000 e il 2023 sono Borgogna e Champagne con una crescita annua del 4.3% le regioni con l’andamento più positivo, mentre Bordeaux e valle della Loira sono intorno al 2.5% e il sud della Francia è intorno al 2% annuo. L’andamento meno positivo è quello dell’est della Francia, quindi Alsazia, dove la crescita è dell’1% annuo.
    Qui sotto trovate il grafico che vi dicevo sopra, ossia l’andamento del valore dei vigneti “a euro costanti”, che vi dice che il vigneto francese AOC ha “battuto” l’inflazione, mentre lo stesso non si può dire per la linea verde, che è quella del vigneto non AOC…

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    Il valore dei vigneti in Italia per denominazione – dati CREA, aggiornamento 2023

    Dati in formato testo disponibili nella sezione Solonumeri.
    Come forse avrete letto qualche settimana fa, il post sul valore dei vigneti è una “hit” del blog. Verso la fine dell’anno, l’istituto CREA pubblica questo tabellone con i valori minimi e massimi delle terre in Italia, da cui noi estraiamo da qualche anno la parte riservata ai vigneti. Molti dei valori sono gli stessi dell’anno precedente, alcuni vengono di tanto in tanto aggiornati. Il calcolo che viene fatto qui è calcolare la “media” della variazione dei prezzi per dare un’idea non solo dei valori ma di come si muovono nel tempo.

    Per il 2023, da questo calcolo si deriva un incremento del valore delle vigne dell’1.5% rispetto al 2022, quando si era registrato un incremento del 3.8%. Con dei tassi di inflazione rispettivamente del 5.7% (2023) e 8.1% (2022), si tratta dunque del secondo anno in cui nel loro insieme i vigneti italiani non tengono il passo con la perdita di valore della moneta. E lo vedremo ancora più nel dettaglio con l’altro post derivato da CREA, dove invece che analizzare i dati per denominazione vengono analizzati per area geografica.
    Entrando nello specifico, come sempre sono le zone delle Langhe, di Montalcino e di Bolgheri a registrare i valori più significativi. Sono stati fatti degli aggiornamenti significativi (+6/8%) nella denominazioni abruzzesi, Galluccio, Avellino e di Udine, in Sardegna del Cannonau e del Vermentino, nella zona dell’Etna e nella zona di Bolgheri, dove nel giro di tre anni il valore dei vigneti è arrivato al medesimo livello di quelli di Montalcino, secondo il rapporto.
    Passiamo a un’analisi più dettagliata con grafici e la tabella riassuntiva, che vi ricordo si trova anche su Solonumeri.

    CREA recensisce valori massimi e minimi delle transazioni di terre relative anche a circa 70 denominazioni o aree vinicole specifiche.
    Come scrivevamo, nel 2023 sono state aggiornate alcune denominazioni, con un incremento medio tra l’1% e il 2%.
    Se ci focalizziamo soltanto sul 2023, le variazioni più importanti riguardano Bolgheri (valore medio tra minimo e massimo incrementato del 33%), i colli orientali del Friuli (+13%), i vigneti del Brunello di Montalcino (+9%), quelli di Chambave in Valle d’Aosta (+8%) e poi quelli del Cannonau dell’Ogliastra, di Galluccio, delle colline del Calore (BN), tutti intorno al +7%.
    Se allarghiamo lo sguardo agli ultimi 5 anni, le denominazioni (come definite da CREA) con l’incremento di valore più marcato sono state i Vigneti DOC Bolgheri (+80%), i vigneti DOC nella collina bresciana (leggi Franciacorta, +60%), i vigneti DOC Moscato nella zona di Canelli (+50%), i vigneti DOC superiore della Valtellina (+45%), i vigneti DOC nelle colline del Taburno (+33%), i vigneti Barolo DOCG bassa Langa di Alba (+33%) e i vigneti a nord di Trento (+30%).
    Se guardiamo invece ai vigneti più pregiati, espressi nei loro valori massimi troviamo i vigneti del Barolo (2 milioni per ettaro), poi quelli del Brunello di Montalcino e di Bolgheri (1 milione per entrambi), i vigneti dell’area di Caldaro (0.9 milioni) e quelli di Valdobbiadene (0.6 milioni).

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