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    La produzione di vino in Italia nel 2020 – dati provvisori ISTAT

    Fonte: banca dati ISTAT
    Anche quest’anno ISTAT ha pubblicato nella banca dati la serie completa dei numeri sulla produzione di vino in Italia nel 2019. Anche se non è specificato che si tratta di un dato ancora stimato, dobbiamo aspettarci che questi numeri subiscano una piccola stabilizzazione nei prossimi mesi, e quindi li chiamiamo “provvisori” per il momento. In realtà non mi immagino grosse variazioni, soprattutto nella lettura dei numeri che si riassume in due o tre punti: primo, una produzione stabile rispetto al 2019 a sfiorare 50 milioni di ettolitri, più abbondante al nord che al sud; secondo, i vini bianchi prendono sempre più piede e sono ora il 57% del vino italiano, come potete ben apprezzare dal primo grafico animato; terzo, continua il calo del vini IGT, scesi nel giro di pochi anni dal 33% al 23% della produzione totale (secondo grafico animato, all’interno del post), sostituiti in parte dai vini DOC/DOCG, ma anche dai vini da tavola. A livello regionale e restando sulle regioni più importanti, vanno menzionati i buoni dati (rispetto alla media decennale) delle due regioni più importanti per il vino italiano, Veneto e Puglia, mentre sono largamente sotto la media storica (e l’anno scorso) i dati pubblicati relativamente alla Sicilia. Passiamo a un’analisi più dettagliata nel resto del post.Dimenticavo: tutti i dati sono sin d’ora disponibili nella sezione Solonumeri.

    Secondo i primi dati ISTAT la produzione di vino in Italia nel 2020 è stata stabile nel suo complesso rispetto al 2019 a 49.9 milioni di ettolitri e del 9% sopra la media decennale (45.6).
    Il dato si compone di un incremento del 2% dei vini bianchi (+18% sulla media storica) e di un calo del 3% dei vini rossi (in linea con la media), rispettivamente a 28.6 e 21.3 milioni di ettolitri.
    Dal punto di vista delle categorie qualitative, nel 2020 si assiste a un leggero spostamento verso i vini da tavola, +3% a 16.5 m/hl rispetto al calo dell’1% dei vini DOC (21.7 m/hl) e del 2% dei vini IGT (11.6 m/hl). Quando confrontati con la media degli ultimi 10 anni, i vini DOC e i vini comuni sono il 20% sopra la media, quelli IGT il 15% sotto.
    Anche se la vendemmia confrontata al 2019 vede un dato migliore al Nord che al Sud, i dati visti in base alle medie storiche sono da leggere diversamente. Infatti nel Mezzogiorno la produzione di 19.8 m/hl è in realtà del 12% sopra la media 2010-19, sebbene in calo anno su anno del 7%. Al Nord i 24.4 m/hl prodotti segnano invece un +7% sul 2019 e sono del 9% sopra la media. Quindi, resta il centro Italia dove la vendemmia 2020 è stata uguale sia al 2019 che alla media storica.
    La tabella delle regioni mette in luce forti volatilità per quelle piccole, ma anche qualche dato delle grandi balza all’occhio. Il Veneto resta la regione più produttiva (anche quella dove i bianchi con il Prosecco hanno la maggiore spinta) con 10.8 m/hl prodotti, +5% sul 2019 e ben il 16% sopra la media storica. La Puglia con 9.4 m/hl ha avuto una vendemmia stabile ma è del 40% sopra la media storica. Invece, nell’altro senso va sottolineata la bassa produzione in Sicilia (4.5 m/hl, -21% sul 2019 e il 10% sotto la media storica).
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    Il valore dei vigneti in Italia per denominazione – dati CREA, aggiornamento 2019

    Fonte: Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria (CREA) – sezione valori fondiari Il CREA ha aggiornato per il 2019 il suo rapporto chiamato “Esempi di valori fondiari e di canoni d’affitto” da cui è tratta questa analisi con i valori minimi e massimi riportati per una serie appunto esemplificativa di vigneti […] LEGGI TUTTO

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    Le superfici vitate bio nel mondo – dati 2018 FiBL & IFOAM

    Fonte: elaborazioni inumeridelvino.it su dati FiBL-IFOAM
    Le superfici vitate biologiche convertite o in conversione nel mondo sono cresciute del 5% circa nel 2018 per raggiungere quota 422mila ettari. Nel corso del 2018 però si assiste a un rallentamento della superficie in conversione, che cala del 7%, più che compensato da un incremento della superficie convertita che invece è salita del 10% a 276mila ettari. Siccome questa divergenza era parzialmente emersa anche nel 2017, quando la superficie in conversione cresceva solo del 2%, potremmo trovarci davanti a un primo segno di “indebolimento” del movimento bio nel mondo del vino, che abbiamo in qualche modo già visto nel nostro lavoro sui dati SINAB italiani, che trovate qui aggiornato al 2019. La Spagna primeggia e accelera, confermandosi la nazione con la più grande superficie bio nel mondo, mentre l’Italia è tra le grandi nazioni vinicole non ha nel 2018 messo a segno i progressi di cui sono stati capaci spagnoli e francesi. Per chi vuole, il post prosegue con un breve approfondimento. Vi segnalo anche che trovate le tabelle complete per nazione nella sezione Solonumeri mondo.

    Le superfici vitate biologiche nel monto hanno raggiunto 422mila ettari, +5% rispetto al 2017, con 276mila ettari convertiti (+10%) e 102mila ettari in conversione. Il totale non fa 422mila perchè come potete vedere dalla tabella alcune nazioni non riportano la suddivisione tra le due categorie, ma partecipano al totale.
    Il rapporto tra superficie in conversione rispetto alla superficie convertita scende dal 30% al 27%, un altro segnale di quanto dicevamo sopra e cioè che assistiamo a un graduale rallentamento del movimento biologico.
    La Spagna mantiene la leadership nel 2018 e allarga il gap con l’Italia, superando 113mila ettari, +6%. Anche per la Spagna si assiste a un calo della superficie in conversione, sceso da 31mila a 24mila ettari, -25%, il che lascerebbe supporre un rallentamento nel futuro.
    Per l’Italia i dati sono invece stabili (+1% a 106mila ettari) e già sappiamo che nel 2019 il dato è soltanto marginalmente meglio (109mila ettari), talchè è presumibile immaginare che la Spagna possa ulteriormente allargare il gap il prossimo anno.
    Sono invece decisamente migliori i dati della Francia, dove il movimento bio sembra più in ritardo che dalle nostre parti. La superficie totale convertita passa da 61mila a 65mila ettari, ma quella in conversione è in forte espansione, da 18mila a 29mila ettari, più della Spagna e quasi al livello dell’Italia.
    Il resto del mondo somiglia molto come dimensione a un’altra Spagna o un’altra Italia, circa 108mila ettari, con un andamento piuttosto simile di “crescita in fase di rallentamento”, che sembra essere veramente il messaggio di questo post!

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    Conegliano Valdobbiadene DOCG Prosecco Superiore – vendite e esportazioni 2019

    Fonte: inumeridelvino.it su dati del CONSORZIO TUTELA DEL VINO CONEGLIANO VALDOBBIADENE PROSECCO
    La notizia principale del rapporto 2020 (con dati 2019) è certamente l’ottima performance del Conegliano Valdobbiadene alla pandemia, con un numero di certificazioni (che poi indicano le vendite) soltanto di poco inferiore a quello del 2019 (-1%) a tutto Novembre, sostenuto dalla ripresa del mercato italiano (+7% a tutto ottobre 2020) che come vedremo dal post era calato nel 2019. Ma proprio del 2019 siamo qui a parlare oggi. Un anno strano per il Prosecco superiore, fatto di forti volatilità tra mercati e con una chiusura a +2% per i volumi e +1% per il valore. Questi 90 (+2) milioni di bottiglie e 525 milioni di euro sono la continuazione di una linea di crescita che tende ad appiattirsi dal 2016 a questa parte. Come dicevamo le vendite italiane sono state giù del 6-7% nel 2019 e secondo il consorzio ciò è il risultato della strategia di favorire le esportazioni, per cercare delle destinazioni più profittevoli per il prodotto. Può darsi che sia vero, ma se guardo questi numeri io vedo soltanto un mercato estero in fortissima crescita, il Regno Unito (+83% euro, bottiglie raddoppiate). Vedo anche che se faccio la divisione tra valore e volumi nel Regno Unito si è venduto a 4.94 euro a bottiglia, mentre in Italia si vende a 6 euro a bottiglia (ma forse il prodotto è differente). Mi fermo qui. Passiamo al commento dei dati.

    Le vendite di Prosecco superiore nel 2019 sono cresciute dell’1.2% a 525 milioni di euro per un totale di 90 milioni di bottiglie vendute di spumante, cui si aggiungono un paio di milioni di prodotto non spumante.
    Le vendite in Italia sono scese del 7% in volume e del 6% in valore, rispettivamente a 50 milioni di bottiglie e 296 milioni di euro. L’Italia rappresenta ancora il 56% del valore e il 51% del volume venduto di spumante Prosecco superiore. In ambito domestico, il calo maggiore è stranamente nella vendita diretta, calata del 9-10% sia a valore che a volume, mentre nella GDO le vendite sono in discesa del 6% a valore e del 9% a volume.
    All’estero come dicevamo grande volatilità nell’ambito di un numero totale molto positivo di +16% a valore (202 milioni) e +16% a volume (38.6 milioni di bottiglie). Se lo rapportiamo ai 1062 milioni di euro di esportazioni totali di Prosecco (ossia tutti i prodotti spumanti a base Glera), il Prosecco superiore Conegliano Valdobbiadene rappresenta il 19% del totale.
    Il dato spaccato per mercato non è però così “incoraggiante”. Il Regno Unito passa da 6.4 a 12.7 milioni di bottiglie. Se togliamo queste le esportazioni a volume sarebbero in calo del 3%. Fatto salvo per la Germania (+2%) e Austria (+6%), le esportazioni a volume sono calate in Svizzera e USA, ma anche in Canada, Scandinavia, Australia e via dicendo (tabella allegata). Dal punto di vista dei volumi la storia non cambia: senza il +83% del Regno Unito le esportazioni sarebbero calate dell’1%, con il contributo negativo della Svizzera (-10%), del Canada (-5%), dell’Australia (-10%) e di Russia e Scandinavia (-18% e -24%).
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    Mondodelvino – risultati 2019

    Mondodelvino ha riportato un deciso miglioramento dei risultati economici nel corso del 2019, in parte grazie all’assenza di componenti straordinarie negative e ha messo ordine alla struttura finanziaria attraverso l’emissione di un minibond di 15 milioni di euro. Per riassumere, nel 2019 le vendite sono cresciute del 4% a 111 milioni, margine operativo lordo tocca il 10% del fatturato, il livello più elevato degli ultimi 5 anni che abbiamo sotto osservazione e il bilancio chiude con un utile di 2.4 milioni, contro il pareggio del 2018, cui contribuiscono in modo sostanzioso il calo degli oneri finanziari (con perdite su cambi che si sono trasformati in utili su cambi, per uno scostamento anno su anno di oltre 1.5 milioni di euro) e anche il fatto che quasi tutti gli utili quest’anno sono di competenza della capogruppo e non delle minoranze. Vi invito infatti a guardare il grafico all’interno del post dove potete apprezzare quanto sia complicata la struttura del gruppo. Nel 2019 il peso dei cosiddetti “interessi di minoranza” cioè la quota parte di chi partecipa alle imprese del gruppo senza controllarle sia scesa in modo radicale sia a livello di utili (zero contro 2.4 milioni trattenuti dalla capogruppo) che a livello di patrimonio (2.2 milioni contro 8.7 del 2018, cui fanno fronte 19 milioni di patrimonio della capogruppo). Quindi, risultati migliori, e anche investimenti più elevati degli anni scorsi che in realtà determinano un leggero incremento del debito. Per quanto riguarda il 2020, dai dati dei primi mesi Mondodelvino ha fornito un quadro rassicurante con una tenuta sostanziale delle vendite. Passiamo ai dati.

    Il fatturato sale del 4% a 111 milioni di euro, non abbiamo dettaglio di quanto in Italia e quanto all’estero. Per contributore, l’entità legale MGM (che però immaginiamo distribuisca anche prodotti degli altri marchi) cresce del 2.6% a 90 milioni, mentre Barone Montalto sale a 22.6 milioni, +14%.
    A livello reddituale, i costi per gli acquisti crescono del 2.5%, i servizi del 9% e il personale del 7%, ma ciò è compensato dall’incremento degli altri ricavi, per arrivare a un valore aggiunto di 22 milioni, +17% e il 20% delle vendite, mentre l’EBITDA ricalcolato da noi tocca quota 11 milioni (+29%) e l’utile operativo più che raddoppia a 4 milioni (1.8 milioni di euro nel 2018).
    Sotto i numeri cambiano in modo importante: i cambi portano +0.8 milioni contro -0.8 dello scorso anno e già questo spiega molto del passaggio da 2.5 milioni di euro di oneri finanziari agli 0.5 milioni del 2019, mentre gli interessi di minoranza praticamente scompaiono (mentre nel 2018 si erano mangiati tutto l’utile) per arrivare a un utile netto di 2.4 milioni di euro, che gli amministratori definiscono una specie di ritorno alla normalità del gruppo.
    Dal punto di vista finanziario registriamo un incremento del debito netto da 64 a 69 milioni di euro, determinato da un forte incremento degli investimenti (da 6 a 10 milioni di euro) e con un capitale circolante stabile (clienti-fornitori-magazzino).
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    Il sondaggio di WineTourism.com sul turismo del vino e il COVID

    Fonte: WineTourism.com
    Wine Tourism ha pubblicato un interessante sondaggio tra le cantine di tutto il mondo relativamente all’impatto del COVID-19 sull’attività di turismo del vino, di cui trovate il riferimento nella fonte qui sopra. Hanno risposto circa 1203 cantine di tutto il mondo, il 12% di quelle a cui il sondaggio è stato inviato relativamente a qual’è stato l’impatto sui ricavi da turismo del vino nel 2020, a quanto sono calati i turisti internazionali, a quando pensano di ritornare ai livelli pre crisi e via dicendo. Ho pensato di riportare qualche risultato sul blog, anche considerando che i dati sono spacchettabili per nazione e, all’interno della nazione, per regione. Tra l’altro le aziende italiane sono quelle più rappresentate, il 39% del totale contro il 15% di francesi e il 10% di spagnole. Trovate quindi nel post un paio di tabelle che vi dicono che cosa hanno risposto le cantine in tutto il mondo, quelle italiane e all’interno dell’Italia quelle piemontesi, venete e toscane. Il sondaggio dice che la maggior parte delle cantine non vede un ritorno al 2019 prima del 2022 (circa il 70% delle risposte, in Italia uguale al resto del mondo), che per l’85% delle cantine il fatturato da turismo del vino è calato (quasi il 90% per le aziende italiane) e che nel 93% dei casi si sono ridotti i turisti internazionali (95% per l’Italia. Ma commentiamo qualche altro dato insieme, sempre ricordando che i risultati completi sono sul sito in questione.

    Dai grafici sull’impatto della crisi emerge un impatto maggiormente negativo in Italia rispetto all’estero sulle vendite del turismo in tenerale. In particolare, guardando i numeri si direbbe che il calo all’estero sia del 45-50% contro il 50-55% delle cantine italiane.
    A livello regionale, le cantine più colpite sembrano essere quelle venete, dove per ben il 68% delle cantine le vendite si sono più che dimezzate, contro il 58% di quelle toscane e il 52% circa di quelle piemontesi (quasi in linea con le cantine del resto del mondo, al 50%).
    Passando alla domanda sul turismo internazionale nello specifico le risposte sembrano invertirsi un pochino, il che lascerebbe intendere che il problema dell’Italia rispetto all’estero ha avuto a che fare anche con i turisti domestici e non soltanto quelli internazionali. Infatti, a fronte di un maggiore impatto negativo sul turismo del vino in generale, il calo dei turisti internazionali sembra un pochino più spostato nelle fasce meno pesanti (il 41% delle cantine vede oltre -90% in Italia contro il 47% del totale, che implica il 52% di quelle non Italiane). L’andamento più negativo da questo punto di vista è quello della Toscana dove il calo superiore al 50% è per il 76% delle cantine, mentre meno marcato sembra in Veneto (dove il totale delle cantine in calo è simile ma sono meno distribuite nella fascia del -90%) e in Piemonte.
    Infine, un accenno al ritorno alla normalità, dove c’è un consenso praticamente unanime sul 2022. Se proprio volessimo spulciare le risposte forse potremmo scorgere un po’ più di ottimismo in Veneto e in Piemonte (forse più esposte al turismo internazionale dall’Europa) che non in Toscana.

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    Esportazioni di spumante Italia – aggiornamento primi nove mesi 2020

    Fonte: inumeridelvino.it su dati ISTAT (www.coeweb.istat.it)
    L’eccessiva dipendenza dal mercato americano e inglese sta determinando un calo importante delle nostre esportazioni di spumante, da ormai qualche anno il principale fattore di crescita nel segmento. In settembre la riduzione è stata del 12%, un dato piuttosto negativo pur considerando la base di confronto non semplice. A guidare il calo a settembre è il  Prosecco (-14% in settembre), mentre prosegue lo “svuotamento” della categoria “altri spumanti DOP”. Sui primi nove mesi il dato è negativo per l’8% (1005 milioni), con un -6% del Prosecco e un -13% di tutto il resto messo insieme. Dal punto di vista dei mercati, Stati Uniti e Regno Unito che insieme sono il 45% delle esportazioni dei primi 9 mesi del 2020 sono in calo dell’8% e del 20% rispettivamente nel periodo, mentre se isoliamo il mese di settembre la riduzione è del 25-30% per entrambi i mercati. Stiamo arrivando al periodo critico dell’anno, ottobre e novembre per la categoria, quando rappresenta il 28% delle nostre esportazioni contro il 23-24% del resto dell’anno. Passiamo a commentare qualche dato insieme.

    Le esportazioni di spumante calano del 12% a settembre a 140 milioni di euro per un volume di 388mila ettolitri, -10%. Nei primi 9 mesi del 2020 il totale tocca quota 1004 milioni (-8%), mentre il volume è stabile a 2.88 milioni di ettolitri rispetto al medesimo periodo dello scorso anno.
    Nella categoria del Prosecco i dati cumulati dei 9 mesi sono un po’ meglio a -6%, mentre a settembre le cose sono andate peggio, -12%. Se messo a confronto con il resto degli spumanti, il Prosecco va meno peggio del resto nel mercato inglese e peggio del resto nel mercato americano, rispettivamente -16% contro -20% nel primo caso e -11% contro -8% nel secondo caso. Le esportazioni restano invece positive nella maggior parte degli altri mercati importanti (ma comunque secondari rispetto a questi due): Germania, Francia e Svizzera crescono nei 9 mesi del 4-5% e hanno avuto un ottimo mese di settembre.
    Per la categoria dell’Asti spumante i dati sono invece in controtendenza, +8% sia sui primi 9 mesi che in settembre. Come trovate nella tabella allegata, la geografica qui cambia, semplicemente perchè manca il Regno Unito (dove comunque le cose vanno bene). Il dato positivo è essenzialmente legato alla forte crescita nel mercato americano (+48% nei primi 9 mesi) e al buon andamento di Germania e Russia (+11/12%).
    La categoria degli altri spumanti DOP continua a calare, -22% in settembre, per un -33% sui primi 9 mesi dell’anno. Con soltanto 64 milioni di euro di export sul periodo contro 1 miliardo, è ormai una categoria marginale.
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    Esportazioni di vino italiano – aggiornamento settembre 2020

    Fonte: inumeridelvino.it su dati ISTAT (www.coeweb.istat.it)
    Non ci sono segni di rimbalzo per le esportazioni italiane di vino dai dati che emergono dal resuscitato (e apprezzatissimo) sito ISTAT per l’analisi delle esportazioni COEWEB. In settembre il calo si acuisce (-5%) solo in parte per via della crescente esposizione stagionale ai vini spumanti, ma anche per via dell’indebolimento delle esportazioni di vini fermi in bottiglia, che come abbiamo più volte commentato nei mesi scorsi è stata un’ancora di salvezza. I dati mensili possono essere fuorvianti; per esempio, potremmo anche “chiudere un occhio” su questo settembre debole dato che l’anno scorso su un mese molto positivo. Passando quindi ai nove mesi, le esportazioni scendono del 3.3%, essenzialmente per la debolezza dei mercati anglosassoni (Stati Uniti e Regno Unito) non compensati dai buoni dati di quest’anno in Germania. Passiamo a commentare i dati insieme.

    Le esportazioni calano del 5.3% in settembre a 562 milioni di euro, con un volume di 1.88 milioni di ettolitri, -4.6%. Nell’arco dei 9 mesi, il totale export in valore è 4.45 miliardi di euro, -3.3%, con un volume a -2.7% per 15.34 milioni di ettolitri.
    La categoria più penalizzata è quella degli spumanti che soffre della sovra esposizione a Regno Unito e Stati Uniti, entrambi in calo (anche al di fuori del segmento degli spumanti). Analizzeremo i dati più in dettaglio martedì sera, ma comunque per gli spumanti la decelerazione è forte (-12% in settembre) e il problema è che stiamo entrando nella parte critica dell’anno. Secondo il quotidiano francese Les Echos ci sono forti preoccupazioni per il San Silvestro 2020 dato che si stima che una frazione tra il 10% e il 25% del consumo di Champagne (dipende dai marchi) venga consumato in quella sera!
    I dati per mercato vedono un crollo in settembre dell’export negli Stati Uniti (24% del nostro export) e nel Regno Unito (11%), -22% e -20% rispettivamente, in parte compensati da una crescita del 10% in Germania (17% del totale). Questi che sono i tre principali mercati per il nostro export chiudono i 9 mesi tra il -10% (Regno Unito) e il +3% (Germania). A pesare sul dato generale è certamente il calo del 5% degli Stati Uniti determinato anche dall’indebolimento del dollaro.
    L’altra metà delle esportazioni mostra dati molto volatili come potete apprezzare dalla Cali superiori al 10% in Francia, Giappone ma anche Cina (fuori dalla tabella), parzialmente compensati dall’andamento positivo in Olanda, Belgio e in qualche paese nordico.
    Vi lascio con qualche grafico aggiuntivo, in particolare quello che vi mostra la struttura del nostro export se l’anno si chiudesse ora, quindi con il dato sui 12 mesi terminanti a settembre.
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