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    Salvatore Martinico, ritorno alle origini

    In questi tempi di forte egocentrismo, che spesso sfociano nell’ipertrofia dell’ego, capita, vivaddio, di incontrare persone come Salvatore Martinico. Di colpo senso della misura e umiltà diventano un orizzonte di normalità. Salvatore, enologo marsalese, consulente di famose cantine siciliane e con importanti esperienze nelle Langhe, a Bordeaux, in Cile e in Argentina, ventitré vendemmie, una marea di premi e riconoscimenti, quando parla di sé, della sua storia, del suo lavoro va sempre in sottrazione, laddove potrebbe aggiungere pavoneggiandosi e comunque non ruberebbe niente a nessuno. Anche quando racconta del suo nuovo progetto lo fa mantenendo i piedi per terra e ragionando in prospettiva. L’idea, in realtà, apparentemente molto semplice, tratta di un ritorno alle origini, ovvero fare il vino che porta il nome di famiglia “Martinico & Figli”, così come prima di lui aveva fatto suo padre Ciccio Martinico.

    Salvatore Martinico

    La produzione totale al momento si attesta sulle 15 mila bottiglie: 5 etichette in tutto. Grillo, Frappato e Nocera per la linea “Fra le vigne”, ovvero vini ottenuti da una attenta selezione di singoli vigneti sparsi per la Sicilia. Catarratto per la linea “Viali di Altarello” e Nero d’Avola per la linea “Viali di Menna”. Per la linea “Viali” i vini sono ottenuti dalla selezione di vigneti nelle migliori aree geografiche della Sicilia occidentale. Salvatore produrrà i vini solo nelle annate di grande qualità, non escludendo la possibilità di nuove etichette qualora ci si innamori di una nuova particella in qualche altra zona della Sicilia. Il progetto si completa con la nuova cantina che verrà ricavata nei locali che attualmente ospitano il laboratorio dell’alchimista Salvatore Martinico a Marsala.

    La degustazione

    Fra le Vigne Grillo 2022 – 2019

    Da un singolo vigneto di uve Grillo, in località Pispisa a Segesta, composto da 7.000 piante di proprietà del vignaiolo e ristoratore Leonardo Asta. Impiantato nel 2007 a 450 metri slm, il terreno è di medio impasto calcareo esposto a nord. Per l’annata 2022 raccolta delle uve è avvenuta a mano in piccole ceste il 12 settembre. Affinato in acciaio per 8 mesi. Al naso arrivano netti i profumi di fiori e note agrumate, al palato è teso, sapido, espressivo, gastronomico. Lo stupore però arriva tutto dall’annata 2019, vino profondo e cangiante, uno dei Grillo più buoni mai degustati. Nota a margine: qualche giorno dopo ho visitato il vigneto di Pispisa, il tempio di Segesta gli volge le spalle, un luogo incantevole e mistico, nulla accade per caso, mi pare dicesse un certo Carl Gustav Jung.

    Fra le Vigne Grillo 2019

    Fra le Vigne Frappato 2021

    Da un singolo vigneto di uve Frappato, in località santa Maria a Racalmuto, composto da 1.700 piante, di proprietà dei fratelli Burruano. Impiantato nel 1994 a 550 m slm, il terreno è di medio impasto calcareo con frazioni di argilla ed esposto a Sus-Ovest. La raccolta dell’uva è avvenuta a mano in piccole ceste verso la fine del mese di settembre 2021. Affinato in acciaio per 8 mesi. All’olfatto intense note di frutta rosa e delicata speziatura. Al palato arriva rotondo e con trama tannica vellutata, vino espressivo.

    Fra le Vigne Nocera 2018

    Fra le Vigne Nocera 2018

    Da un singolo vigneto di uve Nocera, in località Locco a Rodì Milici, composto da 3.000 piante, di proprietà di Alessandro salvo. Impiantato nel 2007 a 240 m slm, il terreno è argilloso con pietre calcaree esposto a Nord-Est. La raccolta dell’uva è avvenuta a mano in piccole ceste il 14 settembre 2018. Affina 12 mesi in serbatoi di acciaio inox. Ecco l’altro capolavoro di Salvatore Martinico. Al naso i profumi sono intensi: frutti di bosco, elegante speziatura e delicata balsamicità. Il sorso è profondo, arioso e armonico, un vino di grande fascino.

    Viali di Altarello Lucido 2021

    Da uve provenienti da vigneti situati a 350 metri sul livello del mare in contrada Altarello a Salaparuta. Affina in vasche di acciaio inox per 6 mesi. Naso nitido di frutta a polpa bianca e agrume. Al palato è dinamico, di buona sapidità e freschezza, altro vino particolarmente gastronomico. A partire dal 2022 verrà chiamato Catarratto e non più Lucido.

    Vigneto in località Pispisa – Segesta

    Viali di Menna Nero d’Avola 2021

    I vigneti si trovano a 250 metri sul livello del mare in contrada Menna a Salaparuta. È affinato in acciaio per 8 mesi. All’olfatto la frutta rossa, in particolare l’amarena appare nitida, con leggere nota di cioccolato e balsamica. Il palato è equilibrato, con un tannino fine, chiude con ottima persistenza.

    Philia (φιλία) è il vocabolo che il greco antico utilizzava per riferirsi all’amicizia vera e disinteressata, a quel legame fraterno che si stabilisce in un rapporto di affiatamento e di comunità di intenti. Dedicato a Pietro Di Girolamo.

    tramonto sulla Riserva Naturale Isole dello Stagnone – Marsala LEGGI TUTTO

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    Gambellara, la strada all’insegna dell’autenticità

    di Luciana Dias

    Il territorio di Gambellara sta percorrendo una significativa evoluzione grazie allo spirito di condivisione e impegno del Consorzio di Tutela Vini Gambellara, che insieme ai suoi 180 viticoltori ha puntato su un importante percorso di valorizzazione del territorio.

    Il Consorzio Gambellara è stato fondato in 1972 al fine di garantire tutela del territorio con l’obiettivo dichiarato di innalazre sempre di più la qualità dei vini e di dare all’areale la riconoscibilità che merita. A conferma di ciò, anche per salvaguardare le diverse sfaccettature dell’uva garganega, nel 2004 è stato avviato un importante progetto di zonazione che portato all’ individuazione di sei cru: Faldeo, Taibane, Monti di Mezzo, San Marco, Creari e Selva.

    La Doc Gambellara vanta anche la presenza di un Vin Santo, unico nel Veneto, mentre la DOCG Recioto di Gambellare è stata istituita nel 2008.

    La nuova generazione di produttori è sicuramente molto attenta alla tradizione, ma sta cercando di dare alla garganega una nuova veste, puntando soprattutto alla bevibilità.

    La storicità di Gambellara

    Gambellara è conosciuto per il suo suolo vulcanico formatosi 45 milioni di anni fa nel periodo eocenico. Infatti il Basalto è la roccia più presente nel territorio, interessante in questo senso è la cava geologica di basalti colonari con le sue forme esagonali davvero sorprendenti, formatasi dalla rapida solidificazione dal magma.

    La vocazione vitivinicola del territorio è storicamente comprovata dal momento che sono stati ritrovati a Montebello Vicentino i resti di una Villa Romana del I secolo d.c. con vinaia e abbondanti tracce di vinaccioli.

    Nel 1800, a Vicenza e dintorni, l’uva era già classificata secondo altitudine e esposizioni diverse dei vigneti, con una categorizzazione che oggi che può sembrare semplice, ma che evidenziava inequivocabilmente un approccio alla qualità del vino: “Vino ordinario di campagna” oppure “vino da collina fino”.

    L’Area di Gambellara è localizzata nella parte sudorientale della Lessinia, comprende 230 ettari di terreno vitato tra Doc e Docg, mentre sui terreni più collinari troviamo la zona con denominazione Classica.

    Giovanni Ponchia direttore del Consorzio Gambellara Doc

    La Garganega: l’impronta territoriale di Gambellara

    La Garganega è una delle uve più diffuse in Veneto, che a differenza di altre espressioni territoriali, sembrerebbe trovare a Gambellara il suo terroir d’elezione. Grazie a un suolo predominantemente vulcanico, presenta una sapidità e struttura quasi tannica, che rende riconoscibile il suo profilo aromatico: frutta a polpa bianca matura, pesca, albicocca, fiori bianchi e biancospino.

    La ricerca ha portato notevoli successi per la produzione del vino Gambellara, portando all’adozione di uno specifico metodo di allevamento, ovvero la pergola, introdotto già dagli Etruschi e che porta a innalzare i valori qualitativi dell’uva grazie a una minor resa, al controllo della vigoria e alla protezione dai raggi solari consentendo una maggiore ventilazione.

    Il disciplinare prevede minimo 80 % di utilizzo delle uve Garganega, anche se la maggior parte dei produttori vinifica in purezza.

    La Doc oggi conta su una produzione di 600.000 bottiglie annue, tra cui 50.000 di Vin santo, 45.000 di Recioto spumante e 10.000 di Recioto fermo e 20.000 bottiglie di Gambellara spumante.

    La famiglia Maule

    Un nuovo sguardo verso Gambellara – le cantine e i vini

    Tenuta Maule

    Situata a Selva di Montebello, la storica cantina reinterpreta il territorio grazie alla sua quinta generazione e intraprende un ambizioso progetto di rivitalizzazione delle vite, investendo in nuove tecnologie per la produzione applicando ricerche per vitigni più resistenti.

    La cantina è stata recentemente ristrutturata con un approccio ecosostenibile e con particolare attenzione all’ospitalità. Oltre alla garganega si coltivano Pinot Bianco e Durella con una impronta votata alla bevibilità

    Gambellara Classico DOC 2021

    100% Garganega

    Da vecchie vigne di 40 – 5. La raccolta è normalmente fatta ad ottobre, matura 5 mesi in vasche di acciaio con battonage. Al naso ci sono sentori di pompelmo, pera e pesca bianca, al palato un buon bilancio tra acidità e polpa, carattere persistente.

    Veneto Bianco Igt Passito di Garganega “Tarcisio” 2019

    Un bellissimo esempio di evoluzione della garganega. Il vino prende il nome dal fondatore dell’azienda Tarcisio Maule.

    Al naso presenta note di miele, caramello e una bellissima acidità che racchiude il sorso in un lungo equilibrio e retrogusto fine.

    Azienda Agricola Cavazza

    L’intraprendenza della famiglia Cavazza è sempre stata un marchio nel suo ammirevole percorso, fin dal 1928, quando Giovanni Cavazza ha investito le sue risorse in un piccolo appezzamento a Selva, e ha creato un forte legame con Gambellara e successivamente negli anni 80 anche sui Colli Berici.

    L’impegno verso il territorio oggi è raccontato dalla quarta generazione, 5 nipoti, per un’azienda a totale gestione famigliare e l’impegno verso la produzione sostenibile. Senza, naturalmente, trascurare i saperi e le tradizioni contadine.

    L’azienda continua ad evolversi verso una produzione sempre più ecosostenibile ed è infatti certificata SNPQ, grazie all’installazione di pannelli fotovoltaici.

    L’azienda sempre ha stretto un intimo legame con il territorio dedicandosi alla ricerca dei diversi cru presenti sul territorio.

    Bocara Gambellara Classico Doc 2022

    Garganega 100%

    Giallo paglierino scarico

    Naso: frutta polpa bianca

    Palato: Coerente con il naso, pera e ananas, tipica sapidità con equilibrata acidità, riassumendo in un sorso equilibrato e di pronta beva. Perfetto finale asciutto.

    Mattia Cavazza

    Creari Gambellara Classico Doc 2020

    Garganega 100%

    Creari è il nome storico dell’area, proveniente della zona di Gambellara, la Conca di Montebello con altitudine circa 240 m s.l.m

    2 giorni di contatto sulle bucce e fermentazione in vasche di acciaio inox.

    Aspetto: Giallo paglierino

    Naso: frutta tropicale ananas e frutta di polpa bianca matura

    Palato: Una percezione di frutta pesca bianca, biancospino, sambuco con lungo sorso finale alla mandorla.

    Capitel Recioto di Gambellara Classico 2008

    Il vino Recioto in Gambellara è un vino ottenuto dall’appassimento col sistema dei “picai” – I grappoli vengono attorcigliati con uno spago e “appiccati” al soffitto: – da qui il nome di questo curioso sistema di appassimento, chiamato dai produttori “picà” in dialetto veneto.

    La Torchiatura manuale avviene la prima settimana di febbraio, utilizzando un torchio antico di fine ‘800. Il mosto viene messo a fermentare e maturato per un anno in piccole botti da rovere da 225lt. Imbottigliamento dopo 2 anni e successivo affinamento in bottiglia.

    Aspetto: Color Ambrato

    Naso: Miele, confettura di albicocca, caramello.

    Palato: piacevole viscosità al palato, dimostra coerente con le note espresse al naso con note equilibrate acidità e lungo sorso. Persistente e suadente, chiude il sorso con richiamo ad un secondo.

    Nicola Dal Maso

    Azienda Agricola Dal Maso

    Il legame dei Dal Maso con la terra di Gambellara è radicato, oggi in azienda lavora la quarta generazione. I resultati ottenuti sono il riflesso del lavoro di ricerca, passione e rispetto delle tecniche vitivinicole antiche custodite gelosamente.

    Siamo a Montebello Vicentino, la cantina è inserita in un contesto rispettoso del paesaggio solcato da dolci colline nelle quali si insediano nella zona del Gambellara Classico, sin dall’ 1800, 8 ettari di vigneto.

    Questa storicità e la continua ricerca hanno consentito alla quarta generazione di Dal maso – Nicola, Anna e Silvia di ritrovarsi un patrimonio viticolo con vigne di 50 anni di media, andando a recuperare anche vigneti storici che rappresentano l’eccellenza territoriale.

    Dal Maso è presente anche nei Colli Berici con altri 17 ettari con la produzione delle uve autoctone Tai Rosso, insieme a Cabernet e Merlot, e dopo un recente acquisto di vigneti anche sul Monte Calvarina e sui Monti Lessini per la produzione dell’uva Durella.

    Gambellara “Ca’ Fischele” 2022

    Vino ottenuto da vecchie vigne di media 50 anni, provenienti da Selva, uno dei loro cru della zona di Gambellara Classica.

    Aspetto: Giallo Paglierino con riflessi dorati

    Naso: Frutti polpa bianca matura, accenni di sambuco, ananas e frutta esotica

    Palato: Rappresenta un lungo sorso, con note accentuate di pera e mela matura, con le note presentate al naso floreali. L’acidità bilanciata, lunga persistenza.

    Gambellara “Riva del Molino” 2020

    Vino ottenuto da differenti appezzamenti in diverse esposizioni dei cru della cantina. accompagna una lieve surmaturazione per accentuare la complessità dell’uva garganega, seguito da maturazione in vasche di acciaio e grandi botti di rovere.

    Aspetto: Giallo paglierino riflessi dorati

    Naso: Frutti tropicali, pesca matura e mandorla con una piacevole sapidità controbilanciano i sentori dell’acidità spiccata di questo vino gastronomico.

    Lunga persistenza e fine, grande capacità di invecchiamento.

    caratelli per l’affinamento del Vin Santo

    Gambellara Vin Santo 2007

    Una antica tecnica di affinamento del Vin Santo fatta mediante le botti originali, una lenta fermentazione naturale e successiva maturazione in caratelli da 50 litri di rovere e acacia per almeno 10 anni.

    Aspetto: Colore ambrato scuro

    Aromi: Frutta esotica candita, un delizioso, suadente invadere di profumi di datteri e caramello

    Palato: L’acidità rende interessante ogni sorso, accompagnato dai profumi sentiti al naso coerente, accompagnato dal gusto di caramello salato, grazie alla grande mineralità preservata dall’uva garganega. Suadente, invita a sorseggiare accompagnato da un sorso fine e longilineo e dimostra la longevità della garganega.

    Luca Framarin

    Tenuta Natalina Grandi

    Tra tante altre cantine presenti a Gambellara, Natalina Grandi ha sempre creduto nella cura della terra e in una produzione vitivinicola che rispettasse a pieno il territorio. Una visione chiara che dagli anni ’80 del secolo scorso ha portato all’acquisto di vari piccoli appezzamenti fino ad arrivare all’ apertura della cantina nel 1991.

    La proprietà crede fermamente nella coltivazione e produzione artigianale e questo si nota in tutti i processi aziendali, dalla cura dei vigneti fino all’imbottigliamento. Tutta la produzione è certificata biologica.

    La tenuta è situata a Monte di Mezzo, sono 10 gli ettari vitati con una decisa ’impronta territoriale, oggi condotti da Giovanni Framarin e dai suoi figli Luca, Lisa e Valentina.

    Luca Framarin, è anche il giovanissimo presidente del Consorzio di Tutela dei Vini di Gambellara, che ha come principale obiettivo l’idea di rafforzare l’identità della denominazione e promuovere la garganega vulcanica in Italia e all’estero, attraverso una produzione più sostenibile e consapevole.

    appassimento col sistema dei “picai”

    Gambellara Classico “Col di Mezzo” 2019

    Il vino che porta in etichetta il luogo di appartenenza, le uve sono raccolte nell’omonimo Cru di Gambellara, è caratterizzato da una vinificazione in vasche di acciaio seguita da una sosta di affinamento in botti di rovere francese per 7 mesi.

    Aspetto: colore giallo paglierino

    Naso: Note di biancospino e pesca bianca

    Palato: Mineralità spiccata, quasi sapido. Accompagna le note di pesca, mela e alcune erbe officinali, con un sorso piacevole che si racchiude con accenni di mandorla.

    Vitevis e l’impegno verso la Sostenibilità

    La cooperativa Vitevis nata nel 2015 dall’unione di tre Cantine vicentine – Cantina Colli Vicentini di Montecchio Maggiore, Cantina di Gambellara e Cantina Valleogra di Malo è impegnata in garantire il minor impatto ambientale possibile.

    Il Progetto di Sostenibilità “100% Carbon Neutral” coinvolge tutti i suoi 1350 soci su un territorio di 2800 ettari totali di vigneti e su ben 5 Doc del territorio Veneto.

    Coinvolgere i soci e incrementare il numero dai soci aderenti, ora più della metà certificati (Equalitas, SQNPI )permette di strutturare linee guida comuni e mettere in rete tutte le realtà, adottando metodi all’ avanguardia come ad esempio l’agricoltura di precisione: i soci tramite una app analizzando i dati di rilevazioni meteo basate sul posizionamento dei loro vigneti potranno inserire le pratiche di irrigazioni e trattamenti necessari e potranno verificare anche la vigoria e lo stress idrico delle piante.

    Gambellara per il futuro

    Il Consorzio Gambellara, grazie alla gestione attenta del Direttore Giovanni Ponchia, è un esempio di come si possa fare rete unendo pratiche tradizionali e all’avanguardia.

    Le dolci colline di Gambellara vivono una fase di grande evoluzione: oggi sono sempre più i giovani produttori che ripristinano le pratiche di vitivinicole tramandate dai loro nonni che lasciano come segno distintivo al vino l’autenticità. Essi pur interpretando questi antichi saperi donano alla garganega una nuova veste, puntando sulla bevibilità e freschezza, uno stile che è sempre più apprezzato dai consumatori, senza dimenticare, anzi tutelando e garantendo, quell’impronta territoriale propria dei vini vulcanici. LEGGI TUTTO

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    Verso l’asta “en primeur” del Barolo Vigna Gustava 2022

    di Luciano Pavesio

    Con la degustazione “en primeur” delle barrique di Barolo 2022 provenienti dalla Vigna Gustava coltivata nella collina del Castello di Grinzane Cavour svoltasi presso il Centro di Consulenza e Ricerca applicata Enosis Meraviglia di Fubine, si sono mossi i primi passi in direzione della terza edizione di “Barolo en primeur”, l’asta solidale internazionale promossa dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Cuneo in collaborazione con la Fondazione CRC Donare ETS e con il supporto del Consorzio di Tutela Barolo Barbaresco Alba Langhe e Dogliani per la raccolta di fondi a sostegno di progetti di utilità sociale.

    Un’iniziativa in netta e costante crescita come testimoniano le cifre: oltre 660.000 euro nel 2021 e 834.800 lo scorso anno quando, oltre alle quindici barrique oggetto d’asta come nella prima edizione, sono state battute per la prima volta anche una decina di lotti di bottiglie di Barolo e Barbaresco offerte da produttori del Consorzio di Tutela Barolo Barbaresco Alba Langhe e Dogliani.

    Ogni barrique corrisponde a una singola parcella del vigneto, vinificate separatamente dallo staff coordinato dall’enologo Donato Lanati per conferire ad ognuna, caratteristiche e personalità uniche, frutto della parcellizzazione della vigna in base all’esposizione, all’altitudine e all’età delle viti.

    Castello di Grinzane Cavour

    Sulla falsariga delle due precedenti edizioni, queste botticelle di Barolo 2022 verranno battute all’asta a fine ottobre, quindi circa un anno dopo la vendemmia, ma si dovrà poi attendere ancora più di due anni prima di poter entrare in possesso delle circa 300 bottiglie numerate e contrassegnate da un’etichetta unica realizzata da un artista di fama internazionale e quindi metterle eventualmente in commercio, completando così i 38 mesi di invecchiamento minimi a decorrere dal 1º novembre dell’anno di produzione delle uve, di cui 18 in botti di legno, richiesti dal disciplinare di produzione di questo vino.

    A ogni barrique verrà annesso un NFT (Non Fungible Token), certificato di autenticità digitale garantito tramite “blockchain” coniato da Antonio Galloni, critico enologico di fama mondiale e CEO di Vinous, che ogni anno valuta la qualità e le caratteristiche di questo Barolo: per le annate 2020, 2021 e di recente per la 2022, Galloni ha attribuito valori superiori ai 90 punti, a conferma della qualità ed unicità del prodotto.

    La Vigna Gustava

    La Vigna Gustava

    La Vigna Gustava sorge di fronte al Castello di Grinzane Cavour, nell’omonimo Comune, con una pendenza media del 35/40 %. Il geologo Francesco Lizio Bruno ha realizzato un’analisi del terreno della vigna, determinandone così le caratteristiche geologico-ambientali. Il terreno è composto da Marne di Sant’Agata Fossili, la formazione più comune e diffusa nella Langa del Barolo e del Barbaresco, che solitamente è composta quasi interamente da strati marnosi con poca sabbia con percentuale importante di sedimenti fini, limo e argilla. Il terreno della Vigna Gustava si è formato nell’età Tortoniana, periodo geologico compreso tra 11.6 e 7.2 milioni di anni fa, ed è caratterizzato marne argilloso-siltose grigie, talora azzurrognole, grigio biancastra in superficie, plastiche ed omogenee.

    Geologicamente con il termine marna si intende una roccia sedimentaria, più o meno compatta, talvolta scistosa, costituita da una frazione carbonatica compresa tra il 25% ed il 75% e da una restante frazione di argille. Le marne della Vigna Gustava, e più in generale quelle delle Langhe, derivano dall’antico bacino terziario piemontese, il mare che occupava la zona fino all’Era Quaternaria. 

    Il Belvedere della Vigna Gustava

    All’interno della Vigna, il geologo ha individuato 6 diversificazioni geopedologiche che suddividono la vigna in altrettante parti. Queste micro-aree si differenziano non solo per la diversa concentrazione degli elementi costitutivi, in cui prevale la presenza l’anima calcarea, a fianco del magnesio, potassio, limo, calcio e argilla, ma anche per la profondità del substrato marnoso, che va dai 70/80 cm fino ai 100/110 cm, un elemento particolarmente rilevante per la coltivazione del Nebbiolo, le cui radici possono raggiungere i sette metri di profondità (importante ricordare che la vite si sviluppa per 80% sottoterra!).

    L’analisi svolta conferma quindi la scelta dell’enologo Donato Lanati di parcellizzarla vinificando in maniera separata le barrique in base all’altitudine, all’esposizione e alla presenza di piante giovani o vecchie. 

    La provenienza dei campioni di Barolo in base alla zonazione della Vigna Gustava

    L’annata 2022 nelle Langhe

    L’annata 2022 nelle Langhe sarà ricordata come una delle più precoci e sorprendenti in assoluto: nonostante ad inizio ottobre si siano concluse le operazioni di vendemmia a causa del torrido e siccitoso andamento climatico, il Nebbiolo ha dimostrato ancora una volta una capacità di adattamento senza eguali. Fin dalle prime fasi invernali, si è assistito a una carenza di precipitazioni e clima mite.

    L’inizio della stagione vegetativa è stato in linea a livello periodico con gli ultimi anni, ma in anticipo di una settimana rispetto all’anno precedente. La mancanza di una riserva idrica nel terreno e una primavera all’insegna del bel tempo hanno contribuito a colmare l’anticipo vegetativo, con germogliamenti nei tempi standard.

    Le temperature elevate, unite alle poche precipitazioni, hanno portato a un’accelerazione dell’andamento fisiologico, fino alla fioritura avvenuta prima della metà di giugno, un anticipo rispetto alla media di circa dieci giorni.

    Dopo mesi estivi caratterizzati dal bel tempo e temperature alte, il Nebbiolo ha dimostrato ancora una volta il legame unico con il territorio riuscendo sorprendentemente a adattarsi alle condizioni climatiche in modo perfetto.

    Attorno al 20 settembre è giunto alla maturazione migliore, dando il via alla vendemmia. Le dimensioni della bacca sono più ridotte rispetto alla media e il rapporto tra la polpa e la buccia pare dunque a favore di quest’ultima. Un fattore che dovrebbe garantire una migliore estrazione delle sostanze tanniche e aromatiche, agevolato anche dall’ottimo tenore alcolico che, in fase di macerazione, ne favorisce il processo. L’annata 2022 ha quindi dato vita a vini corposi con un ottimo potenziale di affinamento a lungo termine.

    I campioni di Barolo in degustazione

    La degustazione

    Nel corso del prologo alla degustazione, condotta con la consueta professionalità e competenza dall’enologo-scienziato Donato Lanati, tra le varie cose è emerso che il Nebbiolo fu scelto dagli agricoltori piemontesi prettamente per le sue caratteristiche resistenti e qualitative, quindi esperienza e quotidianità utilizzate da ogni parte d’Italia per scegliere il vitigno più redditizio per quel territorio, contrariamente alla Francia che ben cinque università hanno studiato per 200 anni per individuare i migliori vitigni da piantare nel miglior territorio possibile.Lo stesso Lanati ha affermato che il Nebbiolo è dotato di una complessità enorme, sia in pianta sia in bottiglia, ammettendo che solo dopo trenta anni di studi può dire di averlo compreso in gran parte.

    E questo è senza dubbio uno dei segreti della complessità e longevità dei vini che derivano da quest’uva, Barolo e Barbaresco in primis.

    La dott.ssa Dora Marchi, Direttore Tecnico e Responsabile del Laboratorio Controllo Qualità di Enosis, ha quindi portato l’attenzione al famigerato “Cambiamento climatico” e ai suoi aspetti che si sono già riscontrati nelle Langhe:

    un aumento dei venti e delle ore di sole (fenomeno della evapotraspirazione) e incremento CO2 e gas serra;

    la riduzione del ciclo della vite con germogliamenti e fioriture precoci a causa di inverni miti causa siccità e calore con effetti sul PH nei mosti e nei vini, con valori più elevati che determinano un colore più cupo e meno brillante (il PH medio dei Barolo 2022 è di 3,79!;

    vini pronti prima ma meno longevi

    sensazione di tannini secchi e asciutti, talvolta presenza sensazioni amare

    contenuto di antociani inferiore mentre aumentato quello dei flavonoidi

    sensibile incremento degli zuccheri nelle uve e di conseguenza del grado alcolico dei vini;

     vendemmie anticipate (in Piemonte per il Nebbiolo da Barolo si è passati dal 14 ottobre nel 2014 al 20 settembre del 2022);

    Il bicchiere da degustazione ideato dal centro Enosis Meraviglia

    A fronte di queste criticità sono quindi state identificati e illustrati degli interventi necessari:

    Valutare modifiche alla tecnica agronomica, come limitare le sfogliature, concimazioni oculate, valutare l’utilizzo di reti per ridurre esposizione raggi ultravioletti

    Messa a punto di analisi rapide per valutare maturità delle uve da utilizzare direttamente in vigna

    Favorire il tempismo della raccolta ovvero non indugiare o prorogare eccessivamente la vendemmia quando l’uva è matura dal punto di vista fenolico

    Attenzione alla gestione e monitoraggio della macerazione del mosto e dell’affinamento del vino evitando eccessi

    Studio chimico fisico dell’acidità dei vini e tecniche di acidificazione

    I quattro campioni delle barrique di Barolo 2022 destinate all’asta solidale sono stati suddivisi in base alla collocazione delle piante all’interno della Vigna Gustava: zona alta, centrale e bassa (contraddistinti da un pallino giallo) più un campione destinato alle viti storiche (S).

    Il mio giudizio di questa analisi ha espresso in sintesi:

    colore limpido, bella freschezza e sentori di frutta rossa, tannino fine per le Viti storiche

    ricchezza di antociani ma sensazioni ancora scorbutiche con tannino ruvido e deciso date dalle viti giovani presenti nella parte alta della Vigna

    carenza di antociani, esile ed elegante, leggere sensazioni balsamiche per la parte bassa

    molto luminoso, estremamente giovane, quasi allappante, sensazioni mandorlate per la parte centrale

    Non pago della mole di informazioni e dettagli, il programma prevedeva inoltre una degustazione di quattro campioni del Barolo 2021 battuto all’asta lo scorso autunno che ha concluso il suo affinamento in botte, mantenendo sempre la suddivisione per zone della Vigna e viti storiche:

    Sentori di frutta rossa ma legno ancora da assimilare, tannini fini e delicati

    Naso ampio, superiore al precedente, note legnose, in bocca già buon equilibrio

    Meno complesso rispetto ai precedenti, beva fresca e piacevole

    Potenza e decisione in primo piano

    Infine spazio ai Barolo 2020 oggetto della prima edizione dell’Asta:

    Fine, elegante, persistente

    Sensazioni mandorlate, buona ricchezza e tannino fitto, necessita affinamento in bottiglia per trovare equilibrio

    Note balsamiche e speziate, semplicità che regala una buona beva

    Freschezza e sapidità regalano un bel equilibrio e una beva soddisfacente LEGGI TUTTO

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    La longevità del Soave, la strada del vino e altre storie

    Era da un po’ che non frequentavo le terre venete tanto care al Commodoro Henning Hammargren, ma soprattutto, era da un po’ che non assaggiavo vecchie annate di Soave. L’occasione, irrinunciabile, mi è stata offerta da La Strada del Vino Soave in occasione dell’anteprima di Soave Seven 2023, manifestazione, giunta alla sesta edizione, nata per sondare la longevità del vino bianco della provincia veronese, ma andiamo per gradi. A questo proposito, ad esempio, dopo averlo degustato, la domanda che mi faccio è la seguente: “A quanto verrebbe venduta una bottiglia di Vecchie Vigne 2011 di Tenuta Sant’Antonio della Famiglia Castagnedi se fossimo in Borgogna o nella Loira? Dico questo non per fare stupidi paragoni con i blasonati terroir francesi, ma proprio perché un vino così non può essere subalterno a nessuno, anzi, può e deve tranquillamente giocare nello stesso campionato dei suoi rivali più titolati.

    Ovviamente non è l’unico, dicasi lo stesso per Foscarino Soave Classico 2016 di Inama, il Fonte Soave Classico 2016 di Canoso, il Soave La Froscà 2016 di Gini, il Cimalta Corte Adami 2015, il Soave Colli Scaligeri 2015 di Sandro De Bruno o il Villa Canestrari Superiore Riserva 2012, giusto per fare qualche nome. So che non è facile, per i mille motivi che sono noti, ovvero il mercato, la poca predisposizione dei ristoratori a proporre vecchie annate, il luogo comune, duro a morire tra i consumatori, che il vino va bevuto entro l’anno successivo alla vendemmia altrimenti è vecchio, ecc. ecc. Grazie anche al lavoro che sta facendo La Strada del Vino, l’auspicio per il prossimo futuro è che il Soave, per le aree particolarmente vocate, prima di uscire sul mercato, si ritagli uno spazio di attesa, che potrà essere più o meno lungo a seconda del progetto della cantina, così facendo potrà occupare il posto che merita tra i grandi vini bianchi del mondo.

    La Strada del Vino Soave

    La Strada del vino Soave nasce nel 1999 e conta oggi circa 100 socisuddivisi in cantine, Enti e Associazioni, Agriturismi, Ristoranti, Hotel, frantoi e aziende di prodotti tipici locali. Da sempre la Strada del Vino è attiva per coordinare i numerosi soci che fanno parte all’interno di un ideale percorso di circa 50 Km lungo il quale è possibile ammirare il paesaggio, visitare cantine, degustare vino, assaggiare piatti tipici e venire a contatto con l’ospitalità delle persone.

    I turisti che giungono nella denominazione possono scegliere entro un’offerta ampia e variegata all’interno dei tredici comuni che aderiscono alla Strada dislocati in quattro stupende valli che per le loro diverse attrattive meritano sicuramente una visita. Partendo da Verona si trovano in ordine Val di Mezzane, Val d’Illasi, Val Tramigna e Val d’Alpone. Per ulteriori approfondimenti è possibile consultare il sito www.stradadelvinosoave.com

    I prodotti tipici – il vino

    Soave Superiore DOCG

    Il Soave Superiore, prodotto nelle colline della zona del Soave, ha ottenuto la certificazione di origine controllata e garantita nel 2002. Ciò che porta ad un vino di così elevate caratteristiche qualitative è la combinazione ottimale tra zona di coltivazione, resa produttiva mantenuta sotto controllo in campo e corretta conservazione prima dell’imbottigliamento. Il Soave Superiore – che assume la tipologia di Soave Superiore classico quando viene prodotto nella cosiddetta zona classica – è un vino che viene immesso in commercio solo dopo un periodo di affinamento in bottiglia di almeno tre mesi, così da salvaguardarne le caratteristiche di maturità e complessità.

    Soave DOC

    Questa zona è stata la prima DOC riconosciuta in Italia nel 1936 e, negli ultimi anni, ha ottenuto ben due denominazioni di origine controllata e garantita, il massimo delle certificazioni di qualità sotto il profilo enologico: il Recioto di Soave D.O.C.G. e il Soave Superiore D.O.C.G. La zona di produzione più antica, che si trova sui rilievi collinari dei comuni di Monteforte d’Alpone e Soave, fu delimitata fin dal 1931 e coincide con quella del Soave “classico”, mentre la sottozona Colli Scaligeri va da San Martino Buon Albergo a Roncà, interessando i rilievi della Val di Mezzane, Val d’Illasi, Val Tramigna e Val d’Alpone. In quest’area si ottiene la massima espressione qualitativa della Garganega, tanto che la zona si identifica con il suo vitigno e viceversa, creando tra loro un legame unico e irripetibile.

    Alla DOC appartengono i vini Soave, Soave classico, Soave spumante e Soave Colli Scaligeri. Il Soave deriva dalla sapiente unione delle uve della Garganega – in una percentuale di oltre al 70% – con quelle del Trebbiano di Soave per massimo 30%.

    Recioto di Soave DOCG

    Il Recioto di Soave, prodotto nelle colline della zona del Soave, è stato il primo vino veneto ad ottenere la certificazione di origine controllata e garantita, nel 1998.

    Il nome Recioto deriva dalla parola dialettale “recia”, in italiano orecchio, che simbolizza la forma tipica della parte alta del grappolo di Garganega, quella più ricca di zuccheri e più esposta al sole, che viene selezionata per fare il vino: i grappoli migliori vengono fatti appassire su graticole per un periodo variabile dai 4 ai 6 mesi e poi vengono pigiati. La fermentazione è molto lenta e lunga.

    Alla DOCG appartengono i vini Recioto di Soave e Recioto di Soave Spumante. Il Recioto di Soave ha un colore giallo dorato brillante, più o meno intenso; il profumo è intenso e fruttato con sfumature di vaniglia, il gusto è dolce o amabile, vellutato e armonico, di corpo e con eventuale percezione di legno.

    Altri prodotti

    Olio ExtraVergine d’oliva Veneto “Valpolicella”DOP

    Caratteristica principale del prodotto è la tradizionale spremitura a freddo di frutti sani, selezionati e raccolti a mano con l’utilizzo di pettini o rastrelli direttamente dalla pianta. Dalla raccolta alla molitura passano solo poche ore, in modo che il prodotto non subisca alcuna alterazione esterna; la molitura avviene con sistemi di estrazione tradizionali (a presse o continuo) atti a non modificare la qualità organolettica delle olive raccolte.

    L’olio extra vergine di oliva Veneto “Valpolicella” DOP, con cultivar Grignano o Favarol, ha colore giallo con lieve tonalità di verde, un odore di fruttato leggero e un sapore pure fruttato, con lieve sensazione di amaro e retrogusto muschiato. Si produce nella zona che si estende sulla parte destra dell’Adige e comprende le terre vinicole del Valpolicella per poi allargarsi alla zona di produzione del vino Soave.

    Il Pisello Verdone Nano di Colognola ai Colli (prodotto stagionale)

    Il Verdone Nano è una varietà di Pisum sativum, il legume i cui teneri semi sono racchiusi in un baccello (detto anche buccia). Questa pianta annuale e rampicante ha trovato a Colognola (VR) un ambiente ideale per la sua coltivazione.

    Il terreno, l’esposizione al sole e i campi posti ad un’altitudine inferiore ai 200 metri, permettono di avere le condizioni ideali di nutrimento, temperatura e umidità. Si ottiene così un prodotto di particolare qualità, dal sapore dolce e delicato, che si raccoglie entro maggio.

    Come si cucina il Verdone Nano? Vista la zona d’origine, il matrimonio perfetto è sicuramente quello con l’altro Nano veronese eccellente, il riso Vialone. I risi e bisi (riso e piselli), sono un piatto principe della gastronomia veneta, che persino i Dogi volevano alla loro tavola.

    Igor Gladich (Direttore Consorzio Tutela vini del Soave) e Stefano Alberti (Presidente Strada del Vino Soave)

    Mora di Cazzano (prodotto stagionale)

    La storia recente della Mora di Cazzano è quella dell’intera cerasicoltura veronese. Dopo secoli di coltura promiscua e familiare, le piantagioni intensive iniziarono solo dopo il 1920 e si estesero soprattutto tra il 1930 e il 1940 e nel secondo dopoguerra. Un forte impulso venne negli anni ’70 dalla legislazione per la D.O.C. dei vini, che costrinse alla separazione tra vigneti e ceraseti.

    Prosciutto crudo di Soave

    Prosciutto crudo di Soave vuol dire famiglia Masconale. Il Prosciuttificio Soave è un’azienda storica del territorio di Soave, impegnata da quattro generazioni a produrre salumi di qualità. Il settore stagionatura prosciutti ha una potenzialità di 25/30.000 pezzi all’anno nelle varie tipologie.

    Le cosce dei prosciutti sono di suino pesante nazionale, tatuato e garantito, del peso dai 12 ai 15 chili. Tutti gli allevamenti di provenienza sono situati in Emilia, Lombardia e Veneto.

    Oltre ai prosciutti crudi, l’azienda produce speak, culatello e lardo.

    Sopressa Veronese

    La sopressa ha radici antiche, testimoniate dalle numerose citazioni storiche ed artistiche che si sono susseguite nei secoli.

    Si tratta di un insaccato di qualità, fortemente legato al territorio di produzione, espressione della cultura e delle tradizioni gastronomiche contadine locali: sin dagli anni ’50 erano dedicate a questo prodotto diverse manifestazioni e feste paesane.

    Formaggio Monte Veronese DOP

    Tipico della tradizione casearia della zona montana della Provincia di Verona, ed in particolare dei fertili pascoli della Lessinia. Questo formaggio, che si ottiene dalla lavorazione di latte vaccino, è presente in due tipologie: a latte intero e a latte parzialmente scremato, definito d’allevo. Quello a latte intero è un formaggio da tavola a pasta semicotta, prodotto esclusivamente con latte di vacca intero, proveniente da una o due mungiture consecutive. Il sapore è delicato e gradevole, di fermenti lattici e di panna. La stagionatura varia dai 25 ai 65 giorni.

    Quello d’allevo è un formaggio da tavola o da grattugia, a pasta semicotta, prodotto esclusivamente con latte di vacca parzialmente scremato, sempre proveniente da una o due mungiture consecutive.

    Grappa di Recioto di Soave

    La Grappa di Recioto di Soave è uno dei prodotti più strettamente legati al territorio e alla tecnica dell’appassimento delle uve che da secoli si tramanda nel Soavese.

    Questa Grappa viene ottenuta dalla distillazione delle vinacce dei vitigni Garganega e Trebbiano. Vinacce raccolte dalle più rinomate ed affermate aziende agricole della zona del Soave. In queste aziende, l’uva viene lasciata appassire per un periodo di circa tre/quattro mesi in locali ben aerati fino a raggiungere un elevato tenore zuccherino in modo da ottenere poi il Recioto di Soave Docg.

    Soave Seven 2023

    La manifestazione Soave Seven, giunta alla sesta edizione, è l’occasione per verificare di persona la longevità del vino Soave, quest’anno si terrà l’lunedì 11 settembrenella sede di Eataly, in Via Santa Teresa n.12, a Verona. I 31 produttori presenti faranno degustare i loro vini comparando le annate 2016 e 2022 o precedenti e illustreranno la loro realtà vitivinicola ai partecipanti nei banchi di degustazione, aperti dalle 18 fino mezzanotte. Sarà un’esperienza per tutti gli appassionati del vino e un’opportunità unica per assaggiare bottiglie generalmente non in vendita.

    In abbinamento al Soave si potranno gustare anche varie eccellenze gastronomiche del territoriopreparate dagli chef di Eataly.

    L’organizzazione dell’evento è affidata alla Strada del Vino Soave, a cui aderiscono sette comuni dislocati in quattro valli: Val di Mezzane, Val d’Illasi, Val Tramigna e Val d’Alpone.

    Le cantine che parteciperanno al Soave Seven 2023 sono: Ca Rugate, Corte Adami, Inama, Gini, Azienda Agricola Graziano Prà, Cantina del Castello, Coffele, Nardello, Mainente, ILatium, Roccolo Grassi, Villa Canestrari, Corte Moschina, Tenuta Sant’Antonio, Canoso, Marco Mosconi, La Cappuccina, Suavia, Le Albare, Cornelia Tessari, Vitevis, Montetondo, Fattori Wine, Portinari Maria, Bertani, Sandro De Bruno, Dal Cero Family, Cantina di Monteforte, Corte Giacobbe, Fornaro, Rocca Sveva.

    INFORMAZIONI | Soave Seven

    Data: lunedì 11 settembre 2023

    Luogo: Eataly Verona, Via Santa Teresa, 12

    Orario: dalle 18.00 alle 24

    Biglietti: Il costo del biglietto, acquistabile solo online, è di 25 euro a persona https://www.eventbrite.it/e/biglietti-soave-seven-2023-643037411207?aff=ebdssbdestsearch.

    Per info: https://www.facebook.com/stradadelvinosoave – associazione@stradadelvinosoave.com LEGGI TUTTO

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    Il terroir svelato: Esplorâ Aquileia

    di Luciana Dias

    Quanta storia è passata da Aquileia dal giorno della sua fondazione avvenuta nel 181 a.C., quanta bellezza ancora oggi accoglie chi la visita.

    Aquileia, rilevante città dell’Impero romano e poi principale centro per la diffusione del Cristianesimo nell’Europa del nord e dell’est, sito UNESCO dal 1998, per la su importante area archeologica e la bellezza dei mosaici pavimentali che custodisce, è anche meta tutta da scoprire per il viaggiatore enogastronomico. Anzi, diciamolo subito, areale in grande crescita qualitativa, che non ha nulla da invidiare ai più blasonati Collio e Colli Orientali.

    La zona di produzione dei vini DOC Friuli Aquileia si sviluppa in una fascia stretta e lunga che dall’antica città romana di Aquileia, passando per Cervignano del Friuli, raggiunge i bastioni della storica fortezza di Palmanova e prosegue fino a Trivignano Udinese. Le caratteristiche pedoclimatiche di questa zona – terreni di natura prevalentemente argilloso sabbiosi, clima mite e ventilato grazie alla vicinanza del mare – si sono rivelate fin dall’antichità particolarmente adatte alla coltivazione della vite.

    La vocazione di questi terreni è infatti antichissima, come testimoniano i numerosi reperti di epoca romana quali anfore e bicchieri ritrovati ad Aquileia e dintorni.

    Al fine di tutelare, promuovere e valorizzare i vini DOC Friuli Aquileia, nel 1976, per volontà di un piccolo gruppo di viticultori, si è costituito il Consorzio Tutela Vini DOC Friuli Aquileia che attualmente conta complessivamente una ventina di associati che coltivano una superficie di vigneto specializzato pari a 450 ettari circa.

    Tuttavia, già alcuni anni prima della nascita del Consorzio Tutela Vini Doc Friuli Aquileia, i vignaioli locali, con l’intento di valorizzare la loro produzione, decisero di organizzare un evento avente l’obiettivo di selezionare e premiare le migliori espressioni del territorio.

    Nel 2023, ricorrendo l’anno del 60°anniversario di questa particolare manifestazione proprio per onorarla al meglio, è stata organizzata la prima edizione di Esplorâ (dal friulano scopri, osserva) un viaggio stampa dedicato a giornalisti italiani e stranieri con l’obiettivo dichiarato di far esplorare, per l’appunto, i siti Unesco, i porti romani, le isolette in laguna, i casoni e naturalmente far conoscere le cantine e la gastronomia locale.

    Uno sguardo al patrimonio enologico di Aquileia

    Aquileia offre un ampio patrimonio ampelografico per una superficie vitata che si aggira attorno ai 450 ettari.

    Per quanto riguarda i vini bianchi autoctoni Friulano e Malvasia si caratterizzano per la importante struttura e per la splendida sensazione di freschezza e i bianchi “internazionali” (presenti sul territorio e perfettamente adattati da oltre un secolo) Pinot grigio, Pinot bianco e Chardonnay riescono ad esprimersi in perfetto equilibrio tra espressioni di frutta matura e sensazioni di macchia mediterranea unite al riconoscibile riferimento varietale.

    Splendide anche le espressioni di Sauvignon ed in particolar modo di Traminer aromatico importanti rappresentanti della voce di questo areale grazie alle specifiche caratteristiche dei terreni ed all’importante escursione termica (decisiva per lo sviluppo degli aromi) godendo anche della vicinanza al mare e dei suoi influssi.

    Interessanti, inoltre, le espressioni di Riesling, Müller Thurgau e Verduzzo friulano.

    Tra i rossi autoctoni il Refosco dal peduncolo rosso rappresenta certamente un punto di riferimento a livello regionale capace, grazie alle condizioni climatiche favorevoli ed ai terreni adatti, di raggiungere maturazioni perfette.

    Il Refosco, nella Doc Aquileia è sicuramente un vino di pregio, che affonda le sue origini nella storia essendo probabilmente diretto discendente del Pucinum, il vino preferito dall’imperatrice Livia, seconda moglie dell’Imperatore Augusto.

    Il Merlot, il Cabernet franc e il Cabernet sauvignon, anch’essi internazionali perfettamente adattati alla zona, raggiungono maturazioni perfette e restituiscono vini profondi, armonici e piacevoli.

    Per il 60° anniversario, la Selezione è stata effettuata da una commissione di cinque esperti appartenenti alle più importanti Associazioni nazionali i quali, tra una cinquantina di campioni assaggiati, hanno selezionato 13 vini che meglio esprimono il territorio, appartenenti alle categorie bianchi, bianchi aromatici, e Refosco, questi I vini premiati:

    Pinot Bianco 2022 Cà Bolani

    Interessante espressione di pinot bianco con affinamento 100% in acciaio che racchiude una bellissima armonia tra acidità e frutta, con un pizzico di sapidità, probabilmente richiamando le caratteristiche ambientali in cui il vigneto è stato coltivato: un insieme tra le brezze marittime, argilla e ghiaia. Al naso Note di frutta bianca, accenni di frutta tropicale cangiante al naso, un sorso fine e retrogusto amarognolo al palato lascia un sorso snello ed elegante.

    Friulano 2021 Ballaminut

    Da uve friulano 100%, affinamento in acciaio, è un vino che si presenta con bella consistenza. Caratteristica acquisita probabilmente dalla scelta di una vendemmia tardiva permettendo alle uve di raggiungere la completa maturazione fenolica. All’esame visivo colpisce il giallo paglierino brillante. Al naso presenta aromi di erbe medicinali, come camomilla e melissa. Al palato le note olfattive si intensificano, presentando al sorso una piacevole lunghezza. Il battonage effettuato il 10 dicembre, ha conferito al vino una maggiore struttura, donando una originale viscosità al palato.

    Friulano 2021 Donda Giovanni

    Da uve friulano 100%, Giallo paglierino, riflessi dorati nel bicchiere. Al naso un interessante bouquet di fiori e foglie di tabacco. Al palato il vino sviluppa la sua persistenza con una salinità appagante, dona un retrogusto lungo e invita un altro sorso.

    Malvasia 2022 Mulino delle Tolle

    Da uve malvasia istriana 100%. Giallo paglierino, riflessi dorati nel bicchiere. Al naso si percepisce un carattere evolutivo, con note di buccia di albicocca, note di fieno e accenni di tabacco. Una viscosità e alta acidità si rivelano in bocca, accompagnati della freschezza e acidità con note di frutta tropicale. Sorso suadente e sapido. Caratteristica che si riscontra spesso nei vini bianchi della DOC Aquileia.

    Sauvignon 2022 Cantine Rigonat

    Da uve sauvignon blanc 100%. Giallo paglierino brillante nel bicchiere. Un tipico sauvignon con note di erbe appena raccolte, freschezza al primo sorso con note verdi e note di frutta di polpa bianca, croccante e lunga persistenza. Un vino che presenta un bello risultato di un L’affinamento Sur lie in acciaio, con periodici batonnages fino all’imbottigliamento hanno reso il vino elegante e piacevolmente persistente.

    Traminer Campo di Viola 2021 Vini Brojli di Antonio Clementin

    Da uve traminer aromatico 100%. Giallo paglierino con riflessi dorati nel bicchiere. All’olfatto note di fiori gialli e frutta, pesca appena matura, delinea il naso con delicate note esotiche. Sorso lungo e fine, al retrogusto un fondo amarognolo con sentori di mandorle secche.

    Bianco Palmade 2022 Mulino delle Tolle

    Un interessante blend di Friulano, Malvasia istriana, Chardonnay. Annata 2022 presentando all’olfatto delicate note di ananas e fiori di zagara. Imponente al naso, con note persistenti al palato. Un vino che si presenta un sorso asciutto, pulito con una bellissima bevibilità. L’affinamento di 50% botte di rovere dona un gradevole retrogusto e una piacevole chiusura.

    Merlot Manfredo 2020 Barone Ritter de Zàhony

    Il primo rosso della batteria di degustazione si presenta coerente con il naso e il palato. Un Merlot di ottima fattura, annata 2020 con 15 % del mosto affinato in barrique per un anno, il resto in acciaio. Al naso note di susine fresche e petali di rose. Al palato, si percepiscono i tannini ben presenti, ma con acidità che rende facile la beva con una chiusura asciutta. Interessante come ha un equilibrio tra il frutto e l’astringenza, mantiene scorrevole il sorso con una sensazione vellutata.

    Cabernet Sauvignon 2021 La Corta

    Nel bicchiere si presente di colore rubino scarico. All’olfatto I profumi sono i tipici di un cabernet sauvignon, anche se colpisce per un tocco di originalità. Al sorso frutti a polpa rossa, in particolare frutti di bosco maturi. Ha tannini robusti con note eleganti, racchiude un sorso con piacevole persistenza.

    Cabernet Franc 2021 Cà Bolani

    Nel bicchiere si presenta di colore rosso rubino con riflessi purpurei. Il naso è di grande intensità con note di ribes nero e fragole di bosco selvatiche. Al palato presenta un tessuto fluido e tannini presenti con un sottile gioco di astringenza, in definitiva un sorso croccante e piacevole. Chiusura elegante.

    Refosco dal peduncolo rosso 2021 Puntin

    Affinamento 50% tonneaux (13 mesi) e 50% acciaio (13 mesi) Nel bicchiere si presenta di colore rosso rubino con riflessi granati. Al naso note vegetali con frutti rossi ben delineati, in particolare frutti di bosco, mirtilli e pepe nero. Interessante acidità, asciutto, lungo il sorso con una interessante tensione.

    Refosco dal peduncolo rosso 2019 Mulino delle Tolle

    Il vino è stato affinato 6 mesi in botte di rovere da 600l con 3 settimane di macerazione a temperatura controllata a 20 gradi. Nel bicchiere si presenta di colore rosso rubino con riflessi purpurei. Al naso una esplosione di frutti rossi maturi con profumi delineati e precisi. Al palato presenta una ottima acidità, freschezza in bocca, donando bevibilità con i tannini smussati, ottima l’evoluzione.

    Refosco dal peduncolo rosso Mosaic ros 2019 Tarlao

    Affinamento 100% in legno. Nel bicchiere si presenta rosso rubino con riflessi purpurei. Al naso si percepiscono in maniera netta le note di frutta matura, prugne e mirtilli. Palato ricco che conferma l’espressione percepita al naso con una bellissima lunghezza. Sorso caldo e suadente. Retrogusto con caratteristiche quasi balsamiche. Sorprendente lunghezza. Al Mosaic Ros è stato riconosciuto un premio speciale “Marco Gottardo” – viticoltore molto attivo del Consorzio prematuramente scomparso.

    Il laboratorio olfattivo di Elena Cobez e la magia del crepuscolo

    Elena Cobez è aromaterapeuta, analista sensoriale in campo vitivinicolo e Insegno analisi sensoriale all’Italian Institute of Perfumery di Milano.  L’obiettivo dei suoi laboratori è trovare affinità elettive sensoriali trai profumi del vino e profumi botanici, la questione non è semplicissima ed è in grado di annientare le certezze del degustatore. Se è vero però che l’olfatto è il nostro senso direttamente collegato alla memoria, grazie al laboratorio olfattivo di Elena Cobez, i vini di Aquileia lasciano a chi vi partecipa un ricordo indelebile.

    Mentre il crepuscolo proietta i suoi tenui bagliori su Aquileia, il taxyboat è pronto per raggiungere la Laguna di Grado e i suoi casoni.  I riflessi sull’acqua assumono un’aura mistica, illuminati da luci che sembravano accuratamente posizionate da un bravo direttore della fotografia che ne esalta lo splendore naturalistico. Ma è al calare della notte che Aquileia diventa ancora più magica, accompagnati da una guida esperta le storie di una remota civiltà si sveleranno sotto una veste unica, unita a un’aura di mistero dove un gioco di luci ed ombre riporterà alla luce, fermando il tempo per qualche istante, l’antica città romana. LEGGI TUTTO

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    I vini delle Marche sono un plurale

    Le Marche sono l’unica regione italiana declinata al plurale. Ciò connota, o quantomeno dovrebbe connotare in maniera intrinseca, un aspetto fortemente positivo, perché la molteplicità, di idee, di ragionamenti, di culture, ha sempre portato a risultati vantaggiosi in ogni campo, a dispetto del suo contrario, il singolare, sinonimo di pensiero unico che ha spesso come esito finale l’impoverimento culturale e sociale. Nel descrivere l’unicità delle Marche anche dal punto di vista geografico ci viene incontro il racconto dello scrittore Guido Piovene che nel suo Viaggio in Italia, un reportage nell’Italia del secondo dopoguerra, realizzato su incarico della RAI fra il maggio 1953 e l’ottobre 1956, così narrava: “…Le Marche sono un plurale. Il nord ha tinta romagnola; l’influenza toscana e umbra è manifesta lungo la dorsale appenninica; la provincia di Ascoli Piceno è un’anticamera dell’Abruzzo e della Sabina. Ma per quanto ne accolgano i riverberi, le Marche non somigliano né alla Toscana, né alla Romagna e neppure all’Abruzzo, o all’Umbria…”. Una terra atipica quindi, dove con brevi tragitti si passa dalle vette del Parco dei Monti Sibillini, dove il Monte Vettore arriva quasi a duemilacinquecento metri, alle amene località di mare, come la Baia di Portonovo, Sirolo e Numana, in provincia di Ancona.

    Tra questa immensità dove si annega il pensiero (cit.) si estende il vigneto Marche, elargitore di vini unici e che grazie e soprattutto al Verdicchio sono conosciuti ed esportati in tutto il mondo. (+33% negli ultimi 5 anni e un controvalore di quasi 76 milioni di euro) L’Istituto Marchigiano Tutela Vini (IMT), visto il boom turistico che si registra nelle coste, nelle città e nei borghi marchigiani ha colto però la necessità di valorizzare il mercato nazionale che proprio per questi motivi rimane strategico. Per questo motivo IMT ha organizzato una 3 giorni che ha visto la presenza di 70 giornalisti nazionali di settore dislocati in 9 eno-itinerari distribuiti su tutte le denominazioni del Consorzio, che da solo rappresenta circa il 70% dell’export e poco meno della metà dell’intero vigneto regionale.

    La manifestazione a carattere diffuso per le prime due giornate si è chiusa a Villa Koch (Recanati) con un’ultima degustazione corale di tutte le 16 denominazioni e un convegno che farà il punto sulle politiche di settore in particolare legate all’enoturismo. Circa 120 le cantine presenti, per 300 i vini in degustazione per tutte le Dop tutelate da IMT: Bianchello del Metauro, Colli Maceratesi, Colli Pesaresi, Esino, I Terreni di San Severino, Lacrima di Morro d’Alba, Pergola, Rosso Conero (Doc e Docg), San Ginesio, Serrapetrona e Vernaccia di Serrapetrona, Verdicchio dei Castelli di Jesi (Doc e Docg), Verdicchio di Matelica (Doc e Docg).

    L’area tutelata dall’Istituto marchigiano di tutela vini si estende su un vigneto tra le province di Ancona, Macerata e Pesaro-Urbino di oltre 7.500 ettari e una produzione che nel 2022 ha sfiorato i 230 mila ettolitri imbottigliati (l’89% del totale). I filari marchigiani sono tra i più sostenibili in Italia, con un’incidenza biologica sul vigneto che ha raggiunto il 39,5% delle superfici, pari a 6.991 ettari su un totale vitato di 18.000 ettari (anno 2022/23, fonte: Regione Marche, Assessorato all’Agricoltura), un’incidenza doppia rispetto alla media italiana. Dal 2010 al 2022 il totale degli investimenti messi a disposizione dal maxi-Consorzio e dalle aziende socie con i contributi comunitari (Ocm-Vino e Psr Marche Mis. 1.33 e 3.2) ha superato quota 28 milioni di euro.

    Istituto Marchigiano di Tutela Vini (IMT)

    Con 519 aziende associate per 16 denominazioni di origine – di cui 4 Docg – l’Istituto Marchigiano di tutela vini (IMT) rappresenta l’89% dell’imbottigliato della zona di riferimento e incide per il 45% sull’intera superficie vitata regionale (oltre 7.500 ettari tra le province di Ancona, Macerata e Pesaro-Urbino). Dal 1999 supporta tutti i produttori di Verdicchio e garantisce l’autenticità delle produzioni.

    Focus su Colli Maceratesi DOC (Istituita il 05.07.1975)

    Superficie vitata: 250 Ha

    Resa uva/Ha: 13 ton

    Vitigni Colli Maceratesi Bianco (anche nella tipologia spumante e passito): Maceratino (Ribona) minimo 70%; Incrocio Bruni 54, Pecorino, Trebbiano toscano, Verdicchio, Chardonnay, Sauvignon, Malvasia bianca lunga, Grechetto per la sola provincia di Macerata, da soli o congiuntamente, fino ad un massimo del 30%; max 15% altri vitigni autorizzati

    Vitigni Colli Maceratesi Colli Maceratesi Ribona (anche nelle tipologie spumante e passito):

    Maceratino (Ribona) minimo 85%; max 15% altri vitigni autorizzati

    Vitigni Colli Maceratesi Sangiovese: Sangiovese minimo 85%; max 15% altri vitigni autorizzati

    Vitigni Colli Maceratesi Rosso (anche nella tipologia novello e riserva): Sangiovese minimo 50%; Cabernet Franc, Cabernet Sauvignon, Ciliegiolo, Lacrima, Merlot, Montepulciano, Vernaccia Nera, congiuntamente o disgiuntamente, fino ad un massimo del 50%; max 15% altri vitigni autorizzati

    Il Colli Maceratesi Doc è uno dei più antichi prodotti autoctoni delle Marche. Le origini del vitigno risalgono al periodo della Magna Grecia – nel 387 a.C. – quando i greci di Siracusa fuggirono dal tiranno Dionisio insediandosi lungo la costa dell’anconetano e nella zona di Macerata. Il gioiello della denominazione, ma dell’intero Vigneto Marche, è sicuramente la tipologia Ribona noto anche come vitigno Maceratino (min. 85% per il Colli Maceratesi Ribona, anche nella tipologia spumante e passito e min. 70% nel Colli Maceratesi bianco, anche nella tipologia spumante e passito) di cui compaiono tracce su alcuni bollettini ampelografici già a partire dal 1800.

    Grazie a un tessuto costituito prevalentemente da piccole aziende agricole a conduzione famigliare, è stato possibile fare un lavoro improntato sulla qualità e oggi la Ribona è sicuramente uno dei vini bianchi italiani che merita la scoperta e, grazie anche a una caratteristica di particolare longevità, potrebbe divenire una delle vere e proprie eccellenze del Belpaese a carattere bianchista, al pari di altri areali altamente vocati, in primis Collio e Alto Adige. Il tempo consente infatti al Colli Maceratesi Doc Ribona di sviluppare aromi sempre più complessi e avvolgenti e di raggiungere un’elegante espressività aromatica. E la modifica approvata del disciplinare che prevederà l’introduzione della Riserva al termine dell’iter di approvazione ancora in corso, si muove in questa direzione. Un percorso che molte cantine hanno già intrapreso da anni: sulla base delle caratteristiche del vitigno diversi produttori da tempo hanno affiancato al vino d’annata un’altra etichetta che prevede tempi di affinamento più lunghi.  

    I produttori ci credono e anche per questo motivo, proprio in questi giorni, hanno lanciato online il sito https://ribona.it/ . Gli assaggi effettuati, nel complesso, si sono rivelati tutti di ottimo livello, ma dovendo proprio scegliere le bottiglie/cantine che mi hanno colpito di più segnalo: Angera Ribona 2021 e Angera Ribona 2012 (a testimonianza del livello qualitativo che può raggiungere la Ribona con il passare degli anni) de Il Pollenza, Flosis Ribona 2022 di Andrea Giorgetti, Le Grane Ribona 2021 di Boccadigabbia, Camurena Ribona 2020 di Saputi, Ribona Pordere Sabbioni 2021, Monteferro Ribona 2019 di Fattoria Forano, Pausula Ribona 2014 di cantina Sant’Isidoro e poi due notevoli Metodo Classico da uve Ribona, il Jurek brut 2016 di Muròla e il Ribona brut di Sant’Isidoro 2019.

    Focus Serrapetrona DOC e Vernaccia di Serrapetrona DOCG

    Serrapetrona è un comune abitato da circa 895 anime, amministrato da Silvia Pinzi, giovane e combattiva sindaca, dove si produce uno dei vini più buoni del mondo, la Vernaccia di Serrapetrona nella versione spumante secco. Notevole anche il Serrapetrona DOC che ho trovato molto interessate nelle sue versioni non eccessivamente affinante in legno o semplicemente in acciaio, strepitoso in questo senso il Clemè 2021 VerSer di Matteo Cesari de Maria.

    E poi c’è la Vernaccia di Serrapetrona! L’’unico vino rosso spumante italiano di origine controllata e garantita ottenuto da una tecnica di produzione unica che prevede ben tre fermentazioni: la prima nel corso della vendemmia, la seconda dopo l’appassimento naturale delle uve e la terza in autoclave, per la presa di spuma. Meraviglioso nei suoi sentori fruttati di ribes nero, amarena e mora, note floreali di violetta e speziate di cannella. La Vernaccia di Serrapetrona è un vino unico, una chicca che solo l’Italia può vantare e che meriterebbe molta più attenzione di quella che attualmente riceve sia dagli addetti ai lavori che dagli appassionati. Forse, per sia nella sua versione secca ma anche dolce, si potrebbe osare di più con gli abbinamenti, non relegandolo alla solo cucina regionale o ai dolci della tradizione marchigiana (nella versione dolce) ma andando ad incontrare i piatti della cucina del mondo, ci sarebbe da divertirsi e soprattutto da rimanerne estasiati.

    Il rapporto tra la Vernaccia e la cittadina di Serrapetrona è di lunga data: un legame, infatti, di cui già si aveva notizia nel Bollettino Ampelografico del 1876 e nell’Annuario generale per la viticoltura e l’enologia del 1893. Il piccolo borgo marchigiano è stato inoltre per molti anni meta di viandanti che consumavano la merenda bevendo quello che allora veniva definito “Vernacetta”. Tra gli assaggi che più mi hanno colpito, oltre al su citato Clemè, anche il Serrerosé vino rosa da uve vernaccia nera sempre di Matteo Cesari de Maria, il Serrapetrona 2020 di Alberto Quacquarini, il Torcular Serrapetrona 2018 di Podere sul Lago, infine ho letteralmente perso la testa per la Vernaccia di Serrapetrona vino spumante secco della cantina Alberto Quacquarini.

    Serrapetrona DOC (istituita il 01.09.2004)

    Superficie vitata Ha: 60

    Resa uva/Ha: 10 ton

    Vitigni: Vernaccia Nera min 85%; max 15% altri vitigni autorizzati

    Affinamento: 10 mesi

    Vernaccia di Serrapetrona DOCG (istituita il 01.09.2004)

    Superficie vitata Ha: 60

    Resa uva/Ha: 10 ton

    Vernaccia Nera min 85%; max 15% altri vitigni autorizzati

    I terreni di San Severino Doc

    I Terreni di San Severino Doc è un vino prodotto all’interno dell’intera area amministrativa del comune di San Severino Marche, posto al centro-sud della provincia di Macerata. Per questa denominazione sono previste quattro tipologie di produzione, significativamente diverse tra loro:

    Rosso e Rosso Superiore, caratterizzati da un uvaggio minimo del 50% di Vernaccia nera

    Passito, ottenuto sempre da una prevalenza di uve Vernaccia nera

    Moro, prodotto con il concorso di un uvaggio minimo del 60% di uve Montepulciano

    Per questo micro-territorio dell’entroterra marchigiano segnalo la Cantina Fattoria Colmone della Marca.

    I Terreni di San Severino Doc (istituita il 06.09.2004)

    Superficie vitata Ha: 15

    Resa uva/Ha: 9 ton

    Vitigni: Vernaccia nera min 50%; possono concorrere altre varietà a bacca nera non aromatiche, congiuntamente o disgiuntamente, fino al 50%

    Affinamento: 18 mesi

    Ogni marchigiano colto usa mettere in guardia contro la tentazione di vedere le Marche come un tutto uniforme. Le Marche sono un plurale. Il nord ha tinta romagnola; l’influenza toscana ed umbra è manifesta lungo la dorsale appenninica; la provincia di Ascoli Piceno è un’anticamera dell’Abruzzo e della Sabina. Ancona, città marinara, fa parte per sé stessa. Più ancora dell’Emilia e dello stesso Veneto, le Marche sono la regione dell’incontro con l’Adriatico. Questo piccolo mare d’eccezione qui si spiega più intimo, più libero e silenzioso, con i suoi colori strani che lo fanno diverso da tutti i mari della terra. Parlo di certi verdi freddi, grigi traslucidi, azzurri striati di rosso, che ricordano i marmi pregiati e le pietre dure. a collina marchigiana, volgendosi verso l’interno, è quasi un grande e naturale giardino all’italiana. Non è la collina toscana, né quella umbra. È dolce, serena, patetica, lucida, priva di punte. Passando tra i coltivi delle valli ubertose nelle belle giornate si vedono tutte le piante luccicare all’unisono come se le foglie fossero patinate di cera.

    (Guido Piovene) LEGGI TUTTO

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    Terre di Leone, passato e presente in Valpolicella

    Di Luciano Pavesio

    Correva l’anno 1996 quando Federico Pellizzari e sua moglie Chiara Turati decidevano di lasciarsi alle spalle il loro passato esistenziale e lavorativo e valorizzare l’eredità di nonno Leone, vale a dire un ettaro di vigneto a Marano di Valpolicella.

    Scelta senza dubbio affascinante ma non per questo da affrontare con superficialità e spavalderia, anzi, iniziare un percorso dedicando innanzitutto molto tempo a scoprire caratteristiche e potenzialità di una delle cinque zone da cui nasce l’Amarone Classico.

    Partendo dagli insegnamenti di nonno Leone, al quale l’azienda è dedicata e con il quale Federico da bambino aveva passato molto tempo ed ereditato l’amore per Marano e le sue colline, il progetto passo dopo passo si concretizzava nel 2005 con la costituzione dell’azienda in località Valcatara recuperando un edificio del 1850 abitato da mezzadri dediti alla coltivazione di quelle terre.

    All’ettaro di vigneto appartenuto a Leone, si aggiungevano quattro ettari interamente terrazzati sulle colline laviche tra Marano e Fiumane protette dai Monti Lessini, la parte più ad ovest del territorio dell’Amarone Classico, coltivate a guyot e fin da subito improntate a una bassa resa, non oltre i 60 quintali per ettaro, affidandosi ai consigli ed aiuti dell’enologo Roberto Vassanelli, amico d’infanzia di Federico.

    La cantina veniva ideata e realizzata per lavorare le uve e il vino sfruttando la gravità, operando su diverse altezze per limitare al massimo stressanti trasferimenti e pompaggi delle uve e dei vini.

    Altra tappa significativa dell’esistenza di questa azienda è datata 2008, quando in seguito a un errore in vinificazione a causa di un blocco alla pigiatrice viene prodotto un Amarone meno austero, con una beva più accattivante e fresca.

    Federico e Chiara decidono di fare tesoro di questo curioso inconveniente facendo nascere l’attuale linea “Re Pazzo” da affiancare all’omonima “Terre di Leone”.

    Attualmente l’azienda conta meno di una decina di ettari vitati tra proprietà ed affitto all’insegna dei vitigni tradizionalmente coltivati nella Valpolicella come Corvina, Rondinella, Corvinone, Oseleta e Molinara, tutti ubicati nella sottozona di Marano in media a 300 metri sul livello del mare, per una produzione di circa 45.000 bottiglie suddivise tra sette etichette distribuite per circa il 60% sul mercato italiano e la restante parte in Svizzera, paesi dell’Europa del Nord e USA.

    Le nostre degustazioni

    Nel corso della nostra degustazione abbiamo particolarmente apprezzato i vini della linea Il Re Pazzo caratterizzati da un minor affinamento- in legno al fine di ottenere vini più snelli e immediati, ideali per un uso quotidiano.Il Valpolicella Classico 2021, classico taglio di uve del territorio come la Corvina, Corvinone, Rondinella, Molinara e Oseleta vinificate e affinate unicamente in acciaio si presenta di un acceso rubino che volge al violaceo, sentori di marasca, balsamico, buona sapidità e bella freschezza nella beva.Un po’ più di complessità la riscontriamo nel Valpollicella Classico Superiore Ripasso 2020, nato da una seconda fermentazione del Classico sulle vinacce di Amarone per circa 7-10 giorni, seguita da un affinamento di circa otto mesi in tonneau, dove le noti fruttate di prugna e rabarbaro si uniscono a quelle speziate come l’incenso e il pepe.La freschezza che contraddistingue questa linea si ritrova pienamente nell’Amarone 2017, stesse uve del Valpolicella tranne la Molinara, bella sapidità e tannino dolce per nulla intaccate dagli oltre tre anni di affinamento tra legno e bottiglia.Dedicati ai palati più esigenti invece i vini della Linea Terre di Leone, a cominciare dal Valpolicella Classico Superiore 2017, ben quattro anni di affinamento in legno ben celati da un rubino brillante alla vista, profumi fini, grande freschezza e frutto sia al naso che al palato.

    Sulla falsariga il Valpolicella Classico Superiore Ripasso 2018, figlio di un’annata generosa come raccolta di uve, soltanto 2.000 bottiglie prodotte dopo 36 mesi di affinamento in tonneau: un vino di ottima struttura e corpo, quasi masticoso, netti sentori di marasca, tannino fresco e dolce, un invitante finale mandorlato.Infine l’Amarone Classico 2012, 16 gradi alcolici complice anche l’annata siccitosa, 8 anni e mezzo di affinamento in legno, uvaggio classico senza però l’utilizzo della Molinara, iniziali note sulfuree, quindi spezie fini e frutti neri, elegante, sapido, grande persistenza.

    Una nota a parte spetta al Dedicatum 2016, appena 4.000 bottiglie tutte numerate ottenute vinificando in due tornate tutte insieme i 14 vitigni differenti presenti nell’ettaro del nonno da cui tutto ha preso origine, con l’idea nata nel 2006 di portare il ‘900 in bottiglia: 4 anni di affinamento in legno tra botti da 10 ettolitri e tonneau per creare un vino molto versatile in termini di abbinamento gastronomico, sapido, elegante, certamente unico. LEGGI TUTTO

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    I migliori rosati sbocciano in Puglia (cit.)

    I migliori rosati sbocciano in Puglia. Circa una quindicina di anni fa, con questo slogan oggi decisamente desueto, la Regione Puglia, non senza un pizzico di sano campanilismo, presentava al mondo i suoi vini rosa. D’altronde, se andate nella Valtenesi, a Bardolino o in Abruzzo, vi diranno che i migliori vini rosa italiani vengono da lì. Chi ha ragione? Credo tutti, è questa è un’ottima cosa perché sta a significare che il vino rosa italiano, al di là delle mode e delle tendenze, a volte anche deleterie, ha raggiunto livelli qualitativi di assoluta eccellenza. Nel primo semestre di quest’anno, oltre alla consueta Anteprima del Chiaretto di Bardolino e un approfondimento sulla Valtenesi, ho avuto la possibilità di degustare un discreto numero di referenze pugliesi.

    La Puglia è terra di grande tradizione, si hanno notizie di produzione di vino rosé già a partire dalla metà dell’Ottocento e per certo, può vantare il primo vino rosa imbottigliato, correva l’anno 1943 quando Piero de Castris iniziò a commercializzare il Five Roses, ma oggi, a che punto siamo? Qualcuno è arrivato a dire che l’identità dei rosati pugliesi è stata stravolta, che ha seguito solo logiche di mercato, le quali hanno portato ad un appiattimento dei vini fortemente orientato verso la Provenza. È davvero così? Sinceramente a me non pare, anzi, riferendomi nello specifico all’annata 2022 ho trovato dei vini in grado di bilanciare finezza, eleganza, struttura, riuscendo a mantenere una facilità di beva sorprendente e fortemente identitaria, grazie alla peculiarità di uve come il Susumaniello, la Malvasia Nera, il Nero di Troia e naturalmente il Negroamaro.   

    Gli assaggi

    Di seguito una serie di belle sorprese da bere tutto l’anno e non solo d’estate. Il vino rosa va assolutamente destagionalizzato, questo deve essere un mantra che tutti i comunicatori di vino devono recitare fino allo sfinimento.

    Iniziamo con due spumanti Metodo Martinotti, il primo è il Susumaniello Rosato brut Masseria L’Astore. Dalla prima naturale spremitura delle uve si ottiene il mosto detto in Salento “lacrima”, questo è messo a fermentare a temperatura controllata in vasche d’acciaio. Successivamente viene spumantizzato in autoclave alla temperatura di 10°/12° C per almeno 5 mesi. Note intense e delicate di piccoli frutti rossi e melograno al naso, al palato è teso ed elegante.

    L’Astore Masseria si trova a Cutrofiano, nella Grecia salentina. Il secondo è il Aka Charme Primitivo Rosè Brut Produttori di Manduria. Vinificazione in bianco, con resa non superiore al 50-55%. Dopo la pressatura, il mosto rosato viene avviato verso la fermentazione primaria, sotto stretto controllo termodinamico (da 13 a 15°C). La trasformazione del mosto in vino prosegue sempre in acciaio, sulle fecce fini, fino al termine di ottobre. Successivamente il vino viene trasferito in autoclave per la fermentazione secondaria, dove avviene la presa di spuma ed il successivo affinamento sui lieviti, per un periodo complessivo di circa 120 giorni. All’olfatto intensi piccoli frutti rossi e delicata tostatura. Al palato è cremoso ed espressivo. La cantina cooperativa Produttori di Manduria si trova a ovviamente a Manduria, siamo in provincia di Taranto.

    Per quanto riguarda i vini rosé fermi segnalo: Castillo IGP Susumaniello Rosato 2022 Cardone. Macerazione delle bucce con il mosto, per circa 24/36 ore, al fine di permettere l’estrazione del colore desiderato. Pressatura soffice del pigiato. Fermentazione alcolica a temperatura controllata (18-20°C). Affinamento in tini di acciaio. Il profilo olfattivo è di bella intensità, melograno, piccoli frutti rossi, delicate note iodate. Al palato è cristallino ed espressivo. L’azienda Cardone si trova in quel gioiello che è Locorotondo. Taranta Negroamaro e Malvasia Nera IGP 2022 Vetrère. Raccolta meccanica, pressatura soffice, illimpidimento statico, fermentazione in serbatoi d’acciaio a temperatura controllata (14°-16°C). Affinamento in serbatoi d’acciaio sui lieviti per due mesi. Alla vista si presenta con un rosa ciliegia deciso. L’olfatto si presenta con note intense di frutta rossa, al palato è dinamico. L’azienda Vetrère si trova a Montemesola in provincia di Taranto. 

    Rosamora Malvasia Nera 2022 Cantine Paololeo. Dopo la raccolta l’uva viene raffreddata a 0°C e fatta stazionare all’interno della pressa soffice per circa 4 ore a contatto con le bucce da dove si estrae il caratteristico colore “rosa cerasuolo”. Il pressato, all’interno di un serbatoio d’acciaio inox, fermenta a temperatura bassa per circa 10 giorni. Matura per 3 mesi in serbatoi d’acciaio. All’olfatto intense note di piccoli frutti rossi, e leggera speziatura. Al palato è slanciato ed elegante. Le Cantine Paololeo si trovano a San Donaci in provincia di Brindisi. Cyntia Nero di Troia 2022 Cantine Merinum. I vigneti sono situati a Vieste ai piedi della Foresta Umbra Patrimonio Unesco e nel cuore del Parco Nazionale del Gargano. Macerazione a freddo in pressa soffice, fermentazione e vinificazione a temperatura controllata. Affinamento in vasche per due mesi e altri due mesi in bottiglia prima della commercializzazione. All’olfatto intense note di piccoli frutti rossi, melograno, arancia rossa. Al palato è suadente e di bella espressività. Le cantine Merinum si trovano in località Pasquarella a Vieste.

    Fabri Murgia Nero di Troia 2022 Rivera. Vendemmia manuale nella seconda settimana di ottobre a raggiunta maturazione fenolica. Dopo 8 ore di macerazione a °5C, il mosto fiore prosegue la fermentazione in acciaio a 18°C. Affina per 4 mesi in anfore di terracotta Tava e botti in gres porcellanato Clayver. Assaggio questo vino con grande emozione perché è dedicato a Fabrizio De Corato, ultimogenito della famiglia proprietaria della storica e direi mitica cantina Rivera, prematuramente scomparso un anno fa.  All’olfatto intense note di amarena e melograno e delicate note speziate e fumé. Al palato è succoso e slanciato. LEGGI TUTTO