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    Le importazioni mondiali di vini spumanti – aggiornamento 2019

    Con l’aiuto di Comtrade che ha una base abbastanza completa di dati 2019 sul commercio estero (manca ancora la Cina, per indenderci), analizziamo i dati del commercio mondiale di spumanti partendo dalle importazioni. Incrociando import ed export (ben più facile da tracciare) possiamo dire che gli scambi internazionali di spumante sono cresciuti del 5% nel 2019 toccando quota 6.5 miliardi di euro. Il dato in dollari, 7.3 miliardi è invece stabile a causa del rafforzamento del dollaro. Vi ricordo che tutti i dati sono in formato scaricabile nella sezione Solonumeri. Quest’anno sono riuscito anche a ricostruire una dato decente sui volumi, circa 8.9 milioni di ettolitri scambiati, stabili rispetto al 2018. Per quanto riguarda le gerarchie tra i maggiori importatori, nessuna grande novità: USA (ritornato a crescere a doppia cifra) e Regno Unito (quasi tornato sui livelli di qualche anno fa) dominano il campo e rappresentano una quota del 33% del totale, in crescita rispetto al 30% dell’anno precedente. Il miglior mercato del 2019 è stato però il Giappone, cresciuto del 13% in dollari e del 19% in Euro al livello massimo storico di importazioni di spumante. Con 620 milioni di euro rappresenta circa il 9% dello spumante importato nel mondo. Passiamo a commentare qualche altro dato.

    Le importazioni di spumante crescono del 5% in euro a 6.53 miliardi di euro, con un leggero rallentamento rispetto al ritmo di crescita degli ultimi 5 anni, intorno al 7% annuo.
    Il principale mercato resta quello americano, che copre 1.28 miliardi di euro e che cresce del 12% nel 2019 e del 13% annuo negli ultimi 5 anni: si tratta del vero motore trainante degli spumanti mondiali.
    Il mercato inglese è cresciuto del 7% a 833 milioni di euro, quasi tornando al livello di massimo storico del 2015 (859 milioni di euro), mentre come dicevamo il Giappone accelera a +19%.
    Tra i grandi mercati l’unico negativo è la Germania, in calo del 3% a 411 milioni di euro.
    Se chiudessimo qui la classifica e considerassimo tutti gli altri messi assieme, la loro crescita sarebbe del 4.5% sul 2018. Ma all’interno del calderone, andrebbe sottolineato il recupero del mercato russo e del mercato austriaco.
    Ho ricostruito anche i dati sui volumi che trovate nel grafico e in tabella. Faccio fatica a fare i totali prima del 2015 per la mancanza di alcuni dati. Ad ogni modo, se ci spostiamo dai valori ai volumi il mercato inglese e quello americano si equivalgono a circa 1.5 milioni di ettolitri di importazioni ciascuno, sempre a rappresentare una quota del 35% circa del totale. Il terzo mercato diventa però la Russia con 0.9 milioni di ettolitri importati e poi la Germania con 0.7 milioni. Il mercato giapponese, che ha un mix di importazioni ricchissimo, figura al sesto posto con meno di 0.5 milioni di ettolitri, dietro anche ai belgi.
    Se siete arrivati fin qui……ho un piccolo favore da chiedervi. Sempre più persone leggono “I Numeri del Vino”, che pubblica da oltre dieci anni tre analisi ogni settimana sul mondo del vino senza limitazioni o abbonamenti. La pubblicità e le sponsorizzazioni servono per aiutare una missione laica in Perù. Per fare in modo che questo lavoro continui e resti integralmente accessibile, ti chiedo un piccolo aiuto, semplicemente prestando da dovuta attenzione con una visita alle inserzioni e alle sponsorizzazioni presenti nella testata e nella sezione laterale del blog. Grazie. Marco LEGGI TUTTO

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    Nuova Zelanda – produzione e consumo di vino – aggiornamento 2020

    I super organizzati neozelandesi continuano a espandere il loro potenziale produttivo piantando in proporzioni 60/40 Sauvignon Blanc e qualche altro vitigno (Pinot Nero, Grigio e Chardonnay, a occhio). Il problema è che il lor è un piccolo mercato, e soprattutto non cresce più. Il grafico qui sopra è molto eloquente. Nel 2019/20 2.9 milioni di ettolitri dei 3.0-3.3 prodotti (2019 e 2020 rispettivamente) sono usciti dai confini. I neozelandesi non mostrano particolare attenzione al vino in genere, mantenendo un consumo pro-capite di 18.3 litri, in calo rispetto agli oltre 20 litri che abbiamo censito negli scorsi anni. E intanto le aziende, anche grazie alla graduale svalutazione del cambio, aumentano le loro dimensioni e i loro incasso. Con 56 ettari vitati per azienda vinicola, la Nuova Zelanda è veramente “Nuova” sotto questo punto di vista. Passiamo a commentare qualche dato.

    Una azienda in più rispetto allo scorso anno, quasi tutte con vigneto. 56 ettari per vigneto da 55 dello scorso anno, che producono mediamente oltre 100 quintali di uva per ettaro, per la precisione 114 nel 2020, che “valgono” 189 dollari neozelandesi ciascuno.
    Tutti numeri molto positivi, che nel 2020 sono ancora migliori con 3.3 milioni di ettolitri prodotti, +11% rispetto al 2019 e di fatto il livello più elevato degli ultimi anni.
    Numeri che però si scaricano sui mercati esteri. Le esportazioni in volume sfiorano quota 2.9 milioni di ettolitri e superano 1.9 miliardi di dollari locali, con una crescita del 5-6% rispetto al 2019/20, nonostante l’ultima parte del periodo (che chiude giugno) sia stato impattato dal COVID.
    Il mercato locale resta infatti piuttosto asfittico. 18 litri pro-capite, in calo sui 19 del 2019 e dai 21 del 2015. Solo 500mila ettolitri di vino venduto nel mercato locale, stabile o in leggero calo negli anni. E non si tratta di preferenza per prodotti esteri, perchè anche i consumi di vino estero non decollano.
    La base ampelografica cresce ancora, toccando quota 40mila ettari, dai 39mila dello scorso anno. Quasi 1000 ettari in più di cui 555 sono di Sauvignon Blanc, che rappresenta il 63% del totale. Includendo gli altri 4 principali vitigni (Pinot Nero, 14%, Chardonnay 8%, Pinot Grigio 6% e Merlot 4%) arriviamo ben sopra al 90% del totale: molto focalizzati e non sui vitigni “ovvii” internazionali, che sono il Cabernet Sauvignon (solo 219 ettari) e lo Chardonnay (3222 ettari, ma residuali rispetto al Sauvignon blanc).
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    L’andamento degli indici Liv-ex – aggiornamento 2019/20

    I prezzi dei grandi vini del mondo sono andati via via indebolendosi nel corso del 2019. La tendenza è stata poi accentuata durante i primi mesi del 2020, anche in relazione alla grande crisi che stiamo vivendo. Questo ci dicono i dati raccolti sul blog Liv-Ex: a fronte di un incremento dei prezzi in Euro del 5% circa negli ultimi 5-6 anni per l’indice generale dei 1000 vini più trattati (Liv-Ex 1000), nel 2019 l’andamento è stato soltanto marginalmente positivo (+1.5%) e da gennaio a luglio siamo giù del 7%. In questo contesto, il vino italiano si è comportato meglio di tutti gli altri come potete ben vedere nel grafico qui sopra e approfondire nel resto del post, anche se bisogna sottolineare che si tratta di un recupero del terreno perso rispetto agli altri grandi vini (Borgogna e Champagne in particolare), durante il periodo tra il 2016 e il 2018. Passiamo a qualche dato.

    Come vedete dalle tabelle di dati, l’andamento in euro e in sterline è piuttosto difforme, con una differenza di 6 punti percentuali in meglio per l’euro (rivalutazione della sterlina) nel 2019 e di 6 punti in peggio nel 2020 fino a luglio (svalutazione della sterlina fino al livello di fine 2018). Proseguiamo l’analisi con i dati tradotti in euro.
    Ad ogni modo, l’indice generale nel 2019 è salito dell’1.5%, con tutte le categorie in positivo salvo la Borgogna che ha perso il 3%, dopo la crescita esponenziale degli ultimi anni. L’andamento più positivo è quello dei vini italiani (le prime 100 referenze), +11%, seguito dagli Champagne (+8%).
    Il trend si è invertito nel 2020, in realtà già da gennaio, quindi prima dell’esplosione della crisi del COVID. L’indice generale ha perso il 7% sino a luglio, con un minimo a marzo a -8%: si tratta di un andamento molto meno volatile di quello che abbiamo visto nei mercati finanziari, probabilmente legato alla minore liquidità degli investimenti in vino. Curiosamente nei primi 7 mesi del 2020 l’andamento meno negativo è dello Champagne, -3%. I vini italiani sono ancora una volta meglio della media, con un calo del 4% fino a luglio, mentre sono giù del 7-8% sia i vini di Bordeaux che quelli di Borgogna.
    Se i vini italiani vanno bene, bisogna dire che si tratta di un “recupero”. Su queste pagine abbiamo commentato negli scorsi anni l’andamento positivo ma chiaramente inferiore a quello di altri vini (Borgogna e Champagne su tutti) negli ultimi 4-5 anni. Quando leggete questi indici, fate attenzione al valore assoluto. Si tratta di un indice “base 2003”. A luglio 2020, i grandi vini di Borgogna valevano “589” in euro, quindi quasi 6 volte quanto valevano nel 2003. Gli Champagne sono a “409”, quindi quattro volte tanto. I 100 vini italiani sono a 336, quindi 3.3 volte tanto… una ottima rivalutazione, ma ancora lontana dai migliori e ancora sotto la media (389 per l’indice dei 1000 vini).
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    USA – vendite al dettaglio di vino – aggiornamento 2019

    Nel 2019 il mercato americano del vino ha compiuto un passo importante verso il processo di “premiumizzazione”, ossia la tendenza a consumare prodotti di maggiore qualità. D’altronde l’economia è andata bene, la borsa è andata bene (e questo va detto, anche grazie a Trump, che sta prediligendo l’uovo oggi rispetto alla gallina domani): i consumatori sono quindi spinti a consumare prodotti migliori. I dati del Wine Institute americano (a sua volta elaborati da diverse fonti), indicano un balzo del 10% del valore al dettaglio delle vendite di vino, il che porta il saldo sui 5 anni quasi a +6% annuo. Il contrario sta succedendo ai volumi, che invece sono rimasti stabili e chiaramente in rallentamento se guardiamo a quello che è capitato negli ultimi anni, con la notevole eccezione dei vini spumanti e dello Champagne, che invece è in costante crescita. La stessa cosa vale per l’analisi del vino californiano: volumi in calo leggero, valore in crescita, meno del mercato totale, ma comunque intorno a +6% nel 2019. Passiamo a una breve analisi dei dati.

    Le vendite al dettaglio nel mercato USA sono state pari a 75 miliardi di dollari nel 2019, +10% rispetto al valore revisionato da Wine Institute di 68 miliardi nel 2018. Con questo balzo la crescita degli ultimi 5 anni diventa +5.7%, in accelerazione rispetto al +4.5/5% che avevamo osservato negli ultimi anni.
    I volumi si stanno invece stabilizzando. Nel 2019 la stima è 36.6 milioni di ettolitri, solo 0.1 milioni in più del 2018. Diciamo che nemmeno nel periodo 2008-09 (che corrisponde alla crisi del mercato mondiale) avevamo constatato un andamento così moderato. Ne consegue un incremento del prezzo medio per ettolitro del 10% a 20 dollari al litro. Come potete constatare si tratta di un raddoppio nel giro di 20 anni.
    Per quanto riguarda le tipologie di consumo (solo volumi), i fini fermi sono… fermi a 30.6 milioni di ettolitri, mentre i vini dolci e spumanti sono in leggerissima crescita.
    C’è poi la sezione dei vini californiani, che nel 2019 hanno avuto un calo delle vendite in valore del 6% a 43.6 miliardi di dollari (+4.7% negli ultimi 5 anni in media), per un volume di vendite totale in calo dell’1% nel mercato domestico e del 6% nei mercati internazionali (vi ricordo il rafforzamento del dollaro nel 2019. Tutto ciò porta il vino californiano al minimo in termini di vendite all’estero del 12%, contro il picco del 18% di circa 10 anni fa.
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    Sud Africa – esportazioni di vino 2019

    Le esportazioni di vino del Sud Africa sono calate dell’11% in Euro (poco sotto 600 milioni) e dell’8% in valuta locale (9.5 miliardi di Rand) a fronte di un pesante calo dei volumi esportati. Secondo UN Comtrade il vino spedito dal Sud Africa nel mondo è sceso da oltre 5 milioni di ettolitri a 3.8 milioni, per un calo di oltre il 25%. Pur non essendo del tutto convinto di questo numero, devo ammettere che coincide con altre fonti (Corriere Vinicolo, per esempio). Regno Unito e Germania, i due mercati principali per i vini africani, sono calati pesantemente e non ci sono altri mercati significativi che aiutino a compensare. La Cina resta una piazza marginale (meno del 5% delle esportazioni), così come il mercato americano, dove il prodotto non ha mai sfondato. Si aggiunga che il Sud Africa non può contare su un bacino di paesi importatori nel suo continente: soltanto la Namibia appare nella nostra lista dei principali clienti. Passiamo brevemente a qualche numero.

    Secondo UN Comtrade, il Sud Africa ha esportato vino per 591 milioni di euro nel 2019, con un calo dell’11% rispetto al 2018. In realtà se vedete il grafico vi accorgete che da ormai qualche anno a questa parte le esportazioni oscillano in una fascia 580-660 milioni di euro, e siamo dunque in un anno abbastanza cattivo. Di questi, 411 milioni sono di vini in bottiglia (-5%), 161 milioni di vino sfuso (-21%) e 19 di altri prodotti (spumanti, mosti e via dicendo).
    Il dato sul volume è più difficile da leggere. Secondo UN Comtrade le esportazioni 2018 erano 5.3 milioni di ettolitri, secondo altre fonti 4.8 milioni, secondo altre ancora (SAWIS l’associazione vinicola locale) ancora di meno, 4.2 milioni. Vabbè. Qui prendiamo UN Comtrade e quindi diciamo che le esportazioni sono calate da 5.3 a 3.8 milioni di ettolitri, -27%. -22% per i vini in bottiglia a 1.6 milioni e -29% per i vini sfusi a 2.2 milioni di ettolitri.
    I due mercati chiave sono entrambi negativi: -15% per il Regno Unito a 106 milioni, -20% per la Germania a 69 milioni. Leggendo i dati, mancano “appigli” per trovare un vero trend di crescita in un mercato. Noterete che per trovare un mercato in crescita per così dire strutturale dovete arrivare al Giappone, +19% ma solo 17 milioni di euro. Tutti gli altri sono o in recupero o in declino. Attirerei per chiudere la vostra attenzione sulla linea della Svezia…
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    Cava – produzione e vendite, aggiornamento 2019

    Il bilancio 2019 dello spumante Cava è leggermente positivo, con un livello di esportazioni stabile e un apparente recupero del mercato spagnolo. Lo chiamo apparente perchè il consorzio Cava considera il mercato spagnolo come la differenza tra quanto viene prodotto e quanto viene esportato, e dunque non è assolutamente detto che il Cava “spagnolo” se […] LEGGI TUTTO