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    Constellation Brands – risultati primo semestre 2025

    La prova che la divisione vino di Constellation Brands si sta sciogliendo come neve al sole è nei dati del secondo trimestre 2025, il primo che esclude completamente i marchi venduti, dove si può vedere facilmente come le vendite in valore siano calate del 65% con un calo del 19% del fatturato “rimanente”. Nella divisione vino, l’azienda sia passata da 71 milioni di utile operativo (secondo trimestre 2024) a 20 milioni di perdita (secondo trimestre 2025). Ma le cattive notizie per Constellation Brands non sono state queste negli ultimi mesi. Lo è stato piuttosto il “profit warning” emesso in settembre con un taglio dell’utile per azione previsto del 10%, che badate bene non è dovuto al vino (le cui indicazioni erano già drammatiche). Così il valore delle azioni ha perso il 35% da inizio anno, comprendendo anche un leggero rimbalzo proprio nella settimana dei risultati.
    Tornando alla divisione vino, CBrands resta una grande azienda del settore ma ovviamente la sua rilevanza sta drasticamente calando.
    Passiamo a un breve commento dei numeri.

    Le vendite del secondo trimestre calano del 15%, di cui -7% per la birra e -65% per la divisione vino.
    La divisione vino ha avuto quindi vendite di 136 milioni, contro i 168 del secondo trimestre dell’anno scorso, escludendo i marchi venduti, quindi -19% organico, anche se le vendite al dettaglio dei marchi rimasti sono cresciute del 2%… il primo dato positivo da diversi trimestri… a forza di tagliare marchi in calo si arriva a un punto in cui… le vendite a parità non calano più…
    Le indicazioni sull’anno sono rimaste invariate, ossia un calo del 17-20% del fatturato organico e un azzeramento dell’utile operativo.
    I volumi trimestrali sono passati da 5.5 a 1.3 milioni di casse (-76%). La cosa interessante è che la divisione vino sta diventando “internazionale” dato che le casse vendute in USA sono passate da 4.9 a 0.8 milioni, mentre quelle nel mercato internazionale sono scese “solo” del 17% a 0.5 milioni di casse.
    Tornando ai dati consolidati, CBrands non ha avuto le svalutazioni incluse l’anno scorso e quindi “cosmeticamente” esce bene. Senza le svalutazioni l’utile operativo di 874 milioni si confronterebbe con oltre 1 miliardo dell’anno scorso… -14%.
    Dal punto di vista finanziario, la vendita dei marchi del vino ha portato un beneficio di quasi 0.9 miliardi di dollari, che ha portato il debito a scendere di circa 1 miliardo dopo aver considerato la generazione di cassa e circa 0.5 miliardi tornati agli azionisti con riacquisti di azioni e dividendi. La leva sull’EBITDA passa da 3.2 del primo trimestre a 3.0 del secondo.

    Se siete arrivati fin qui……ho un piccolo favore da chiedervi. Sempre più persone leggono “I Numeri del Vino”, che pubblica da oltre dieci anni tre analisi ogni settimana sul mondo del vino senza limitazioni o abbonamenti. La pubblicità e le sponsorizzazioni servono per aiutare una missione laica in Perù. Per fare in modo che questo lavoro continui e resti integralmente accessibile, ti chiedo un piccolo aiuto, semplicemente prestando da dovuta attenzione con una visita alle inserzioni e alle sponsorizzazioni presenti nella testata e nella sezione laterale del blog. Grazie. Marco LEGGI TUTTO

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    Naked Wines – risultati 2024/25

    Naked Wines procede sulla via del ritorno agli utili e alla creazione di valore per gli azionisti attraverso l’ottimizzazione del capitale circolante (riduzione delle scorte in eccesso) e di un pesante taglio dei costi che, ovviamente, ha anche delle ripercussioni negative sulle vendite. Infatti, dopo aver registrato nel 2024 un calo delle vendite del 14%, per il 2025 si prevede un ulteriore calo del 15/20%, ma senza un deterioramento ulteriore delle perdite. Infatti, l’EBITDA che nel 2024 è stato di 6.7 milioni (di sterline, come tutti i prossimi riferimenti) è previsto essere stabile con una posizione di cassa destinata a crescere da 30 milioni del 2024 a 35-39 milioni. Il titolo in borsa ha cominciato a reagire, passando dai 45 milioni di valore azionario a marzo 2025 ai 60 milioni attuali. Secondo il management però varrebbe anche di più considerando la cassa di 30 milioni e la possibilità di realizzare circa 40 milioni di inventario in eccesso. Viene poi sottolineato il potenziale di generare cassa dell’attività, e questo è un tema molto più aleatorio, ma per ora restiamo sul commento dei dati 2024.
    Il post prosegue con un commento dettagliato, grafici e tabella riassuntiva.

    Le vendite 2024 calano del 14% a 250 milioni, con un calo del 13% per i clienti ricorrenti (233 milioni) e un -28% per i nuovi clienti (17 milioni). Le vendite per area geografica sono 109 milioni in USA (-17%), 111 in UK (-10%) e 30 in Australia (-14%).
    Il margine di contribuzione rispetto al costo del venduto resta stabile poco sotto il 15%, con un margine sui clienti ricorrenti del 25% e una perdita colossale sui nuovi clienti, pari a 21 milioni contro 17 di vendite.
    Dopo la straordinaria cura dimagrante del 2023, nel 2024 i costi fissi crescono leggermente, da 37 a 39 milioni, e l’utile operativo prima delle componenti non ricorrenti scende a -2 milioni contro i 5 milioni dello scorso anno, mentre quello dichiarato migliora da -12 milioni a -3.
    Con un calo degli oneri finanziari e delle tasse il bilancio chiude con 5 milioni di perdita contro 21 dello scorso anno (e 17 del 2022).
    Dal punto di vista finanziario, la riduzione del capitale circolante porta forti benefici (magazzino sceso da 145 a 108 milioni), tanto che nonostante le perdite la posizione di cassa migliora da 19 a 30 milioni, e come leggevamo sopra un ulteriore miglioramento a 35-39 è atteso per il 2025.

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    Concha y Toro – risultati primo semestre 2025

    Concha y Toro continua il suo percorso disciplinato di focalizzazione sui marchi premium (per loro Casillero del Diablo, Bonterra e Trivento sono i marchi chiave, Don Melchor in quelli “luxury”), diversificazione dell’attività soprattutto in Cile (stanno aggiungendo un’attività nella birra) e attento controllo dei costi. Così il primo semestre si chiude con una leggera crescita delle vendite (+2%), un margine lordo stabile al 39% e, nonostante questo,  un calo del 5-10% degli utili legato a una serie di fattori poco controllabili come l’introduzione di nuove tasse nel mercato inglese, le tariffe per le esportazioni in USA, un impatto negativo dai cambi in alcuni mercati dell’America Latina.
    La performance delle azioni sta dando ragione al management dell’azienda cilena. Nel momento in cui scriviamo, 7 settembre, le azioni sono in crescita del 5% da inizio anno e del 3% negli ultimi 12 mesi, uno dei pochi segni verdi nel nostro campione delle aziende del settore del vino (alleghiamo tabella all’interno del post).
    Passiamo a un breve commento con ulteriori grafici e tabelle.

    Le vendite del primo semestre crescono del 2.3% a 454 miliardi di peso, con un incremento del business domestico del 4.4% a 68 miliardi, un incremento del 3% delle esportazioni a 308 miliardi e l’attività domestica USA stabile a 70 miliardi.
    Il margine lordo è stabile al 39%. Ad aiutarlo è stato il mix delle vendite, con i marchi premium che passano dal 54.5% al 56.6% delle vendite, (Diablo +16%, Bonterra +7%, Don Melchor +177%), che insieme ad aumenti di prezzi piuttosto importanti (+7%) hanno compensato le nuove tasse e dazi.
    Il margine EBITDA e EBIT invece cala di circa 1 punto percentuale o poco più, in parte a causa della mancanza di alcuni componenti positivi non ricorrenti che avevano supportato il 2024, ma anche per un aumento del 5% delle spese per supportare l’attività.
    Dal punto di vista finanziario, il debito è sceso leggermente da un anno a questa parte, circa 12 miliardi di peso, da 406 a 394, con un ulteriore miglioramento del rapporto debito/EBITDA a 2.7 volte. A questo si aggiunge circa 31 miliardi di dividendi che sono stati pagati durante l’anno per una generazione di cassa di 43 miliardi di peso, rispetto a un valore di mercato di 843 miliardi di peso, per un “rendimento” del 5% circa.

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    Italian Wine Brands – risultati primo semestre 2025

    IWB chiude il primo semestre 2025 con un leggero calo delle vendite (-3% a 185 milioni) ma un miglioramento degli utili, ottenuto grazie alla riduzione degli ammortamenti (alcune attività in Piemonte sono anche state deconsolidate in quanto destinate alla vendita) e, nei dati riportati, a minori oneri non ricorrenti. La strategia è incentrata sullo sviluppo del canale Ho.Re.Ca., sulla “gestione” del canale teleselling, in calo strutturale e ormai non più profittevole, e sulla diversificazione internazionale del canale all’ingrosso cercando di entrare in segmenti a prezzi più elevati. Nelle comunicazioni del management resta centrale la crescita esterna: è chiaro che se IWB è oggi una delle aziende più importanti del vino in Italia lo è per la visione ma soprattutto il coraggio del suo management di fare operazioni di trasformazione importanti (Giordano-Provinco nel 2015 e poi IWB-Enoitalia nel 2021).
    Tornando ai dati, nel semestre l’utile netto cresce del 7% a 10 milioni, una cifra molto simile a quanto è stato distribuito ai soci tra dividendi e riacquisti di azioni proprie. Passiamo a un’analisi più dettagliata nel resto del post.

    Le vendite calano del 3% a 185 milioni di euro, con una riduzione del canale wholesale del 4% a 131 milioni e del canale Distance Teleselling del 13% a 24 milioni, mentre il canale Ho.Re.Ca., nuovo focus del gruppo, cresce del 9% a 30 milioni. Il breakdown geografico non è facile da costruire ma si vede chiaramente il calo dell’Italia (esposta al teleselling) del 12% a 32 milioni, quello degli USA (-5%), mentre IWB sottolinea la positive performance dell’HoReCa in UK (+15%, dove viene realizzato oltre la metà del fatturato della divisione) e quella di Svinando nell’ecommerce (+4%).
    I costi aiutano IWB bel primo semestre, sia a livello di materie prime (parzialmente “rigirati” ai clienti con prezzi in calo) che di risparmi sui costi di trasporto e di sinergie (grazie anche all’outsourcing). Il risultato è che i 6 milioni di ricavi persi non hanno impatto sull’EBITDA che resta stabile a circa 22 milioni, con un margine che passa dall’11.5% all’11.8%.
    Il miglioramento degli utili viene dagli ammortamenti (-1.5 milioni circa) e dai minori oneri non ricorrenti (-0.7 milioni a 0.9 milioni), che portano a un utile operativo rettificato di 17 milioni, +9% e a un utile netto rettificato di 10.3 (+7%).
    A livello finanziario il debito cala “anno su anno” di 15 milioni circa, dopo avere distribuito circa 12 milioni agli azionisti (comprendendo gli 1.2 milioni di acquisti di azioni proprie del secondo semestre 2024), quindi con una generazione di cassa di 27 milioni. Nel semestre il debito chiude a 78 milioni, erano 76 a fine anno, a causa della concentrazione dei dividendi nel semestre. Il rapporto debito su EBITDA, comprendendo anche la componente IFRS16 è 1.8 volte stabile rispetto a fine anno ma meglio del 2.2x segnato a giugno 2024.

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    Andrew Peller – risultati 2024 (marzo 2025)

    Nel 2024, Andrew Peller ha messo a segno un recupero importante dei margini di profitto, tornati sui livelli record del 2019-20 del 16%, grazie a una intensa azione di taglio dei costi e nonostante la crescita dei ricavi resti anemica (+1%). Il management, anche supportato dagli ottimi risultati del primo trimestre 2025/26, ha dichiarato che prevede di continuare a crescere nel mercato canadese con prodotti premium (tornando al primo trimestre 2025, i ricavi non sono però cresciuti) e di migliorare ulteriormente i margini (e su questo punto ci sono). L’andamento in Borsa è stato positivo, con il titolo negli ultimi mesi sono tra i migliori del comparto vino: al 23 agosto, quando scrivo questo articolo, le azioni sono cresciute del 33% nei 12 mesi e del 27% da inizio anno; soltanto Purcari, che però è stata oggetto di un’offerta di acquisto ha avuto un andamento comparabile.
    Passiamo a una breve discussione dei numeri 2024 con ulteriori grafici e tabelle.

    Le vendite nell’esercizio chiuso a marzo 2025 sono cresciute dell’1% a 390 milioni di dollari canadesi. Come sapete Andrew Peller vende praticamente tutto sul mercato domestico, con soltanto 11 milioni di esportazioni (peraltro in calo significativo).
    La cura di taglio dei costi ha sortito i suoi effetti. Il gross margin cresce dal 39% al 43% delle vendite, 166 milioni contro 150, supportato da un piano di taglio di costi di 10 milioni ma anche dalla dinamica favorevole dei prezzi del vetro e dei trasporti.
    I benefici sono scesi quasi intatti nel bilancio, che vede un utile operativo di 63 milioni contro il 50 del 2024, per un margine che torna al 16%, ossia quasi il livello dell’esercizio chiuso a marzo 2020, prima del Covid e un utile netto di 11 milioni.
    Dal punto di vista finanziario l’azienda ha l’obiettivo di continuare a ridurre l’indebitamento, nel 2024 sceso da 209 a 185 miloni, quindi -24 milioni, dopo aver investito 17 milioni, contro 15 dell’anno precedente e pagato un dividendo stabile di 10 milioni agli azionisti. In particolare l’obiettivo è di far scendere la leva a 2.5-3.0x il rapporto debito su EBITDA, un livello che secondo i miei calcoli è già stato raggiunto e per questo motivo, oltre al dividendo l’azienda ha anche fatto partire un piano di riacquisto di azioni.

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    Treasury Wine Estates – risultati 2024/25

    TWE chiude il 2025 un filo sotto le indicazioni che aveva fornito a febbraio (riducendole rispetto all’obiettivo originario), a causa di un secondo semestre dove ha innestato la retromarcia, soprattutto dal punto di vista dei volumi. Aveva inizialmente dato un obiettivo di 780-810 milioni di dollari australiani di utile netto, ha poi detto a febbraio 780 e ha finito a 770. Nonostante i risultati poco convincenti, l’azione in borsa ha reagito in modo leggermente positivo, con un leggero recupero, anche sostenuto dall’annuncio di un piano di riacquisto di azioni (200 milioni su 6.3 miliardi di valore… “l’importante è il pensiero”) ma anche dalla riconferma di una attesa di ulteriore crescita degli utili nel 2025.
    Resta ad ogni modo il risultato più elevato della storia di TWE, anche guardando alle vendite (+7% a 2.9 miliardi) e all’utile netto (+15% quello rettificato a 471 milioni), ovviamente ottenuto attraverso l’acquisizione in USA di DAOU, che secondo i nostri calcoli ha rappresentato praticamente tutta la crescita delle vendite, mentre a livello organico (-1%) la crescita di Penfolds (+7%) ha compensato la debolezza del portafoglio “non-luxury”.
    Proprio per questo motivo, TWE ha annunciato a 5 anni di distanza un nuovo cambio di modello divisionale (vedere tavola allegata al post), “tirando fuori” da TWE America il portafoglio luxury (1.9m di casse di vino) e mettendo il resto (4.4m di casse) insieme al TWE Premium Brands, che si rinominerà Treasury Collective. Questa divisione avrebbe generato nel 2025 16.5m di casse di vino sulle 21.3 totali e 1.13 miliardi di fatturato dei 2.9 totali. Ovviamente si tratta della divisione “non core” del gruppo, con tassi di crescita negativi, che un giorno o l’altro TWE cercherà di vendere.
    Passiamo a un breve commento dei dati (che sono tanti!).

    Le vendite crescono del 7% a 2.94 miliardi di dollari, nonostante un calo dei volumi del 3% a 21.3 milioni di casse.
    Penfolds cresce del 7% a 1.07 miliardi (ma cala del 6.5% nel secondo semestre) e genera un utile operativo di 477 milioni, +13% (-3% nel secondo semestre).
    La divisione americana è ovviamente sostenuta dall’acquisizione di DAOU. Senza di essa, le vendite sarebbero calate del 5% con un declino dei volumi del 6.6%. Ad ogni modo nel 2025 le vendite sono salite del 17% a 1.2 miliardi, con un secondo semestre a -3%, mentre l’utile operativo cresce del 34% a 309 milioni, con un movimento positivo anche nel secondo semestre (+12%).
    La divisione che va male è quella dei premium brands (che volevano vendere e non sono riusciti), dove le vendite calano dell’8% a 351 milioni e l’utile operativo scende del 27% a 55 milioni. Da notare che questa divisione “gira” ben 12 delle 21 milioni di casse vendute nell’anno da TWE.
    Dal punto di vista finanziario il debito è stabile a 1.25 miliardi di dollari (esclusi i lease) e la leva sta a 1.9 volte l’EBITDA, con un’attesa di restare su questi livelli dopo il pagamento dei dividendi e il riacquisto delle azioni.

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    Yantai Changyu Pioneer Wine – risultati 2024

    Yantai Changiu Pioneer Wine è, come ben sapete se leggete il blog, la principale azienda vinicola cinese. Sapete anche che il consumo di vino in Cina è da più parti stimato in calo. Facendo uno più uno si arriva a leggere questi dati: fatturato in calo del 25% a 3.3 miliardi di CNY (420 milioni di euro al cambio medio 2024, 390 al cambio attuale che si è svalutato), utile netto quasi dimezzato a 300 milioni di CNY (424 milioni di utile operativo) e ben lontano dal miliardo su cui viaggia poco prima del Covid, per non parlare dei 2 miliardi di 15 anni fa. D’altronde i volumi di vendita di vino dell’azienda sono calati da circa 1 milione di ettolitri medio di qualche anno fa al livello attuale di 570mila ettolitri.
    Le prospettive non sono rosee e i commenti sono piuttosto aspri: “l’ambiente di mercato è ostile senza segni immediati di miglioramento”. La domanda complessiva del mercato vinicolo cinese continua a essere debole, con una forte concorrenza da parte di bevande alcoliche come il Baijiu e la birra. Gli amministratori prevedono dunque per il 2025 un fatturato di 3.4 miliardi (quindi un leggero rimbalzo dopo il crollo del 2024) e un utile operativo di 400 milioni almeno, che si confronta con i 424 registrati nel 2024. Il titolo in borsa si è invece stabilizzato nell’ultimo anno, e resta su valutazioni molto elevati, circa 15 miliardi di CNY (al 25 luglio 2025) che al cambio attuale significano 1.8 miliardi di euro.
    Passiamo a discutere i principali dati.

    L’azienda ha generato 3.3 miliardi di CNY di fatturato, di cui 2.4 miliardi nel segmento vino, calato del 22% su volumi scesi del 12% a 576mila ettolitri (57.6mila tonnellate). L’altra principale attività, il brandy, è calato del 36% a 740 milioni di CNY.
    Dal punto di vista geografico, il calo è soprattutto in Cina, -29% a 2.7 miliardi, mentre le vendite estere sono a -6% nel 2024 (591 milioni).
    Dal punto di vista operativo, il segmento vino ha generato un margine lordo di 1.4 miliardi, pari al 57% del fatturato, il 75% del totale.
    L’utile operativo è calato da 739 a 424 milioni di euro, per un margine sceso al minimo storico del 13% (era il 40% nel 2012), mentre l’utile netto scende da 532 a 305 milioni di CNY.
    Dal punto di vista finanziario, dopo anni di generazione di cassa, il 2024 ha visto la cassa netta scendere da 1.7 a 1.5 miliardi di CNY, nonostante Changiu abbia minimizzato gli investimenti (100 milioni di CNY, nessuna acquisizione) ma dopo aver pagato 340 milioni di CNY di dividendi agli azionisti (che diventeranno 280 nel 2025 dopo il calo degli utili).

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    Constellation Brands – risultati primo trimestre 2025

    Per capire bene questi numeri di Constellation Brands bisogna andare indietro a rileggersi l’ultimo post, in cui raccontavamo della pesante riduzione di perimetro prevista per il 2025, dopo la vendite di numerosi brand a The Wine Group (link) e la dismissione di Svedka (vodka), che porterà la divisione vini e spiriti a 800 milioni di dollari vendite annue e zero utile operativo. È così molto chiaro come mai le vendite di vino siano scese a 281 milioni di dollari americani da 389 nel primo trimestre e l’utile operativo sia passato da 60 milioni a -6%.
    Nel comunicare questi dati, il management ha anche sostenuto che nel nuovo e ridotto perimetro le vendite al dettaglio dei loro marchi non sono in realtà calati come l’8% segnato da tutto il portafoglio (ancora incluso per il trimestre) ma sono cresciute del 2%.
    Sebbene già era risaputo, non vanno bene nemmeno le vendite di birra in questo momento, essendo scese del 3%, con un impatto del 5% sugli utili della divisione. E, per dirla tutta, continua ad arrancare anche la fabbrica delle canne, da cui non è mai uscito un euro di utili. Alla fine, il management ha lasciato l’indicazione del profitto per azione 2025 invariata a 12.6-12.9 e si è messo a ricomprare azioni e pagare dividendi, che sta diventando la prerogativa di Constellation Brands, visto che di nuovi investimenti non conviene farne, vista l’incertezza di mercato.
    Passiamo a un breve commento dei dati.

    Constellation Brands ha chiuso il primo trimestre fiscale 2025/26 con 2.52 miliardi di dollari di vendite, -6% di cui -4% organico, e un calo degli utili del 10-11%.
    La divisione vino ha perso il 28% di fatturato da 389 milioni a 281 milioni, di cui -21% organico (!!!), andando addirittura sottozero con 6 milioni di perdita operativa.
    Le vendite al dettaglio del portafoglio sono scese in termini organici dell’8%, di cui +2% per i vini che resteranno nel perimetro. Mi immaginerei che tra marzo e maggio (periodo di questo trimestre) i marchi in vendita siano stati lasciati al loro destino e quindi è ovvio che l’attenzione sia andata su tutti gli altri… da vedere cosa succede quando sono da soli…
    Le attese dell’azienda sono state confermate per la divisione vino: -17/20% di fatturato e… -97/100% per l’utile operativo, ossia zero o poco più di zero (il 3% dell’utile operativo dello scorso anno è 10 milioni di dollari).
    Dal punto di vista finanziario, il debito (che non vede ancora l’incasso della dismissione dei vini, chiusa il 2 giugno) sale a 11.5 miliardi di dollari, un po’ più sia di fine febbraio che di maggio 2024, con una distribuzione agli azionisti di 488 milioni di dollari tra dividendi e riacquisti azionari (385 lo scorso anno) e un taglio degli investimenti a 196 milioni (375 milioni un anno fa).

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