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    Vendite di vino per denominazione nella GDO Italiana – aggiornamento 2023

    Presentiamo oggi I dati relative alle vendite di vino nella GDO per denominazione, come comunicate da Circana. In termini generali, il 2023 è stato un anno di calo dei volumi del 3% circa e di un incremento in euro del 2.5%, spumanti inclusi. Ne deriva un incremento di prezzo del 5.6%. I dati relativi alle DOC (il 42% del totale) sono praticamente uguali per l’andamento in euro, con un effetto volume più negativo (-3.5%) e un incremento dei prezzi più marcato. Le 15 categorie di vino qui analizzate totalizzano circa 1 miliardo di euro di vendite rispetto ai 3 miliardi totali della GDO nel 2023. Come potete vedere dalle tabelle, il Prosecco è di gran lunga il vino più venduto, a oltre 350 milioni di euro (in passato si considerava solo la categoria frizzante in questa analisi), seguito dal Chianti e dal Vermentino. Proprio il Vermentino, insieme a Montepulciano, Prosecco, Primitivo e Negroamaro sono le denominazioni più dinamiche del 2023, in crescita tra il 5% e il 10%, mentre è negativo l’andamento del Lambrusco, della Bonarda e del Muller Thurgau. Facendo un passo indietro e guardando agli ultimi 5 anni ed escludendo il Prosecco sono chiaramente tre le tipologie in crescita: Vermentino, Negroamaro e Primitivo. L’analisi prosegue con le tabelle complete degli ultimi anni con l’annotazione che i dati prima del 2022 sono concatenati in base alle variazioni percentuali comunicate nel corso del tempo, mentre per i volumi la serie è discontinua a causa di un cambio nelle categorie.

    Con 47 milioni di litri (-1.5%) e 352 milioni di euro di vendite (+4.8%) il Prosecco è di gran lunga la tipologia di vino più venduta in Italia nella grande distribuzione organizzata. Il suo rilevamento in questo contesto è partito soltanto nel 2022, per cui non abbiamo dati storici coerenti prima del 2021.
    Il Chianti si mantiene la prima denominazione di “vino fermo” in Italia con un leggero incremento delle vendite nonostante il calo del 5% dei volumi venduti, mentre è il Vermentino il vero fenomeno di crescita nel mercato, +6.5% a 74 milioni nel 2023 con un incremento anche dei volumi del 2% a 10.4 milioni di litri.
    Perde ulteriormente terreno il Lambrusco, fino a prima del Covid indiscutibilmente il secondo vino fermo venduto in Italia. Nel 2023 il calo è del 3% a 59 milioni di euro con un pesante calo dei volumi, quasi il 10% a 15.8 milioni di litri.
    Lasciano stare i dati stabili dello Chardonnay, vale la pena chiudere con un paio di commenti. Il primo sui dati del Montepulciano, che ha ripreso a crescere, +7% nel 2023, probabilmente anche grazie al prezzo particolarmente conveniente (l’unico rimasto sotto i 4 euro al litro).
    Il secondo riguardo ai vini pugliesi Primitivo e Negroamaro, che rappresentano i vini rossi con la maggiore crescita (ovviamente tra quelli più venduti), +10% e +8% rispettivamente. Il ritmo degli ultimi anni è altrettanto impressionante (+10% e +13% rispettivamente annuo sugli ultimi 5 anni).

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    Masi – risultati 2023

    Il 2023 è stato un anno particolarmente difficile per Masi dal punto di vista economico: i dati, anche a causa di un confronto particolarmente difficile con l’ottimo 2022 sono in calo significativo, tanto da arrivare a un utile netto di meno di un milione di euro, mai sperimentato se non nell’anno del Covid. Non è tutto negativo però: la famiglia Boscaini ha fatto la pace con la famiglia Rosso e ha riacquistato le sue quote (ora la famiglia e ENPAIA detengono il 91% del capitale… perché restare quotati in borsa?), sono ripresi i lavori della nuova cantina di Monteleone ed è stata messa a segno l’acquisizione di una cantina in Oltrepo’ Pavese (Casa Re). Non ultimo, Masi ha introdotto una nuova bottiglia più leggera (tema che mi sta particolarmente a cuore). Tornando ai dati 2023, le difficoltà sui mercati esteri, la scarsa vendemmia 2023, la perdita di significativi contributi OGM e l’inflazione sui costi operativi (nonostante aumenti di prezzo applicati superiori al 10% in alcuni casi) hanno tutti contribuito a un calo delle vendite del dell’11% a 66.4 milioni (lo stesso livello del 2021 e del pre-Covid), un crollo dell’utile operativo passato da 9 a 3 milioni di euro (-66%) e un utile netto di 0.7 milioni di euro (4.5 nel 2022), come dicevamo mai visto così basso. Non ultimo nel 2023 l’indebitamento raddoppia da 8 a 16 milioni di euro. Dividendo 2023 dimezzato. Apertura del 2024 sulla stessa china della fine del 2023 (quindi male). Ulteriori commenti, grafici e tabelle nel resto del post per chi è interessato.

    Le vendite calano dell’11% a 66.4 milioni di euro. L’Italia è stabile a 21 milioni, il resto dell’Europa scende del 10% a 22 milioni, l’America crolla del 19% a 20 milioni (Masi molto esposto al Canada) e il resto del mondo fa anche peggio, -28% ma sono solo 3 milioni. Dal punto di vista dei prodotti, i “top wines” scendono del 15% a 19 milioni, i “premium” sono giù dell’11% a 30 milioni e i vini “classici” scendono del 6% a 17 milioni. Quindi un peggioramento del mix.
    A livello operativo il margine industriale si mantiene stabile al 60% (grazie agli aumenti di prezzo) e scende in valore assoluto da 45 a 40 milioni. Sebbene i costi per servizio calino, la mancanza dei contributi OCM si fa sentire e contribuisce al crollo dell’utile operativo da 8.8 a 3 milioni di euro.
    I dati isolati del secondo semestre mostrano ancora meglio quanto sia stato difficile l’ultimo periodo: vendite in calo del 12% a 33 milioni, utile operativo in pareggio e perdita netta di 1 milione di euro.
    A livello finanziario, come dicevamo il debito sale a 16 milioni di euro, +8 milioni dopo averne pagati 2 di dividendi. Masi ha investito 7.5 milioni, in linea con il passato, ha mantenuto il capitale circolante stabile grazie al calo dei crediti verso clienti che ha compensato un forte incremento del magazzino ma ovviamente mancando gli utili il debito è salito. A fine 2023 il rapporto con il MOL è di 2.2 volte, ma stiamo confrontato due dati e un anno “estremo”.

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    Nuovo assetto societario per la famiglia Allegrini

    Grandi cambiamenti in casa Allegrini, una delle più importanti famiglie del vino italiano. Un comunicato stampa piuttosto scarno arrivato sotto l’albero ci racconta che la famiglia Allegrini, nell’ambito del progetto di riassetto proprietario e di governance, finalizzato alla costante espansione dell’attività imprenditoriale nel settore vitivinicolo, ha concluso un primo accordo il cui risultato finale è destinato a procurare la suddivisione dei principali assets.

    Matteo, Silvia, Giovanni e Francesco Allegrini

    In particolare, Francesco, Giovanni e Matteo Allegrini, eredi di Franco Allegrini, acquisiranno la maggioranza delle società veronesi Allegrini e Corte Giara, radicate in Valpolicella, e ne saranno alla guida unitamente a Silvia, erede di Walter Allegrini, mentre il Cav. Lav. Marilisa Allegrini e le figlie, Carlotta e Caterina, manterranno la proprietà delle aziende toscane, Poggio Al Tesoro a Bolgheri e San Polo a Montalcino, oltre che di Villa Della Torre a Fumane in Valpolicella.

    Marilisa Allegrini con le figlie Carlotta e Caterina Mastella

    La storia del vino italiano si rinnova, buon nuovo inizio a tutti. LEGGI TUTTO

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    Masi – risultati primo semestre 2023

    I dati del primo semestre 2023 di Masi sono particolarmente deludenti, sia sul fronte delle vendite e dei margini che sul fronte della generazione di cassa. Nel comunicato stampa l’azienda si confronta con il semestre 2019, sottolineando una crescita dell’11%: questo in qualche modo conferma l’idea che l’ottimo andamento presentato nel semestre 2021 e 2022 non fosse effettivamente sostenibile. Ci troviamo dunque di fronte a un fatturato in calo su base annua del 10%, tutto fuori confine, un margine operativo del 10% rispetto al 17% dello scorso anno ma diciamo anche del 12% del primo semestre 2019 e a un incremento del debito netto dagli 8 milioni di fine anno 2022 (4 a fine giugno 2022) a 21 milioni, frutto di un portentoso incremento delle scorte per far fronte al bisogno di materie prime e ricostituire le scorte di vini pregiate che negli ultimi due anni si erano esaurite. Le prospettiva del gruppo non sono positive: si parla di inflazione dei costi che continua a impattare, grandinate che probabilmente ridurranno la vendemmia 2023 e quindi faranno crescere i costi delle uve e a un mercato che non va come lo scorso anno: nel luglio 2023 gli ordinativi sono inferiori a quelli dello scorso anno, dicono gli amministratori. Nel frattempo le azioni in borsa sono poco mosse, intorno a 4.6 euro, che poi fu il prezzo dell’introduzione in borsa di diversi anni fa. C’è da domandarsi infine quale sia il senso per questa azienda di restare in borsa, con un valore di mercato di circa 150 milioni di euro ma con meno del 10% delle azioni “disponibili” per le contrattazioni (74% nelle mani “di Boscaini”, 10% di proprietà di Red Circle Investments e 8% detenuto dalla Fondazione Empaia). Passiamo a un breve commento dei numeri.

    Le vendite calano del 10% a 33 milioni di euro, con l’Italia in crescita del 6% a 10 milioni circa e i mercati esteri in calo. In particolare, il Nord America scende del 19% (Masi è molto esposta al Canada… in forte calo dai dati ISTAT) e l’Europa del 12%. Peggiora inoltre il mix qualitativo di prodotto, con i “top wines” giù del 10%, i premium wines a -14% (che è dove Masi fa più soldi, il Campofiorin per intenderci) e i vini classici (dove Masi fa meno soldi in rapporto alle vendite) che calano del 3%.
    Peggioramento del mix e inflazione dei costi hanno spinto i margini al ribasso. Il margine industriale al 63% è in realtà meglio del 2022 (61%), ma a livello di EBITDA o margine operativo lordo la minore leva operativa (meno vendite) e l’inflazione dei costi si fa sentire, con un margine che passa dal 23% al 17%, che si ribalta sull’utile operativo, da 6.2 a 3.4 milioni con un corrispondente calo di oltre 6 punti del margine, al 10%. Il bilancio chiude con un utile netto di 1.8 milioni contro 4 dello scorso anno e 1.7 del primo semestre 2019.
    A livello finanziario abbiamo detto: il debito cresce nel semestre di 14 milioni dopo un incremento dei 13 milioni del capitale circolante (di cui 11 sono magazzino), aver distribuito 2 milioni in dividendi e investito 2.3 milioni (pochi visti i progetti che il gruppo ha in ballo, ma sono stati ridefiniti i programmi).

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    Terre di Leone, passato e presente in Valpolicella

    Di Luciano Pavesio

    Correva l’anno 1996 quando Federico Pellizzari e sua moglie Chiara Turati decidevano di lasciarsi alle spalle il loro passato esistenziale e lavorativo e valorizzare l’eredità di nonno Leone, vale a dire un ettaro di vigneto a Marano di Valpolicella.

    Scelta senza dubbio affascinante ma non per questo da affrontare con superficialità e spavalderia, anzi, iniziare un percorso dedicando innanzitutto molto tempo a scoprire caratteristiche e potenzialità di una delle cinque zone da cui nasce l’Amarone Classico.

    Partendo dagli insegnamenti di nonno Leone, al quale l’azienda è dedicata e con il quale Federico da bambino aveva passato molto tempo ed ereditato l’amore per Marano e le sue colline, il progetto passo dopo passo si concretizzava nel 2005 con la costituzione dell’azienda in località Valcatara recuperando un edificio del 1850 abitato da mezzadri dediti alla coltivazione di quelle terre.

    All’ettaro di vigneto appartenuto a Leone, si aggiungevano quattro ettari interamente terrazzati sulle colline laviche tra Marano e Fiumane protette dai Monti Lessini, la parte più ad ovest del territorio dell’Amarone Classico, coltivate a guyot e fin da subito improntate a una bassa resa, non oltre i 60 quintali per ettaro, affidandosi ai consigli ed aiuti dell’enologo Roberto Vassanelli, amico d’infanzia di Federico.

    La cantina veniva ideata e realizzata per lavorare le uve e il vino sfruttando la gravità, operando su diverse altezze per limitare al massimo stressanti trasferimenti e pompaggi delle uve e dei vini.

    Altra tappa significativa dell’esistenza di questa azienda è datata 2008, quando in seguito a un errore in vinificazione a causa di un blocco alla pigiatrice viene prodotto un Amarone meno austero, con una beva più accattivante e fresca.

    Federico e Chiara decidono di fare tesoro di questo curioso inconveniente facendo nascere l’attuale linea “Re Pazzo” da affiancare all’omonima “Terre di Leone”.

    Attualmente l’azienda conta meno di una decina di ettari vitati tra proprietà ed affitto all’insegna dei vitigni tradizionalmente coltivati nella Valpolicella come Corvina, Rondinella, Corvinone, Oseleta e Molinara, tutti ubicati nella sottozona di Marano in media a 300 metri sul livello del mare, per una produzione di circa 45.000 bottiglie suddivise tra sette etichette distribuite per circa il 60% sul mercato italiano e la restante parte in Svizzera, paesi dell’Europa del Nord e USA.

    Le nostre degustazioni

    Nel corso della nostra degustazione abbiamo particolarmente apprezzato i vini della linea Il Re Pazzo caratterizzati da un minor affinamento- in legno al fine di ottenere vini più snelli e immediati, ideali per un uso quotidiano.Il Valpolicella Classico 2021, classico taglio di uve del territorio come la Corvina, Corvinone, Rondinella, Molinara e Oseleta vinificate e affinate unicamente in acciaio si presenta di un acceso rubino che volge al violaceo, sentori di marasca, balsamico, buona sapidità e bella freschezza nella beva.Un po’ più di complessità la riscontriamo nel Valpollicella Classico Superiore Ripasso 2020, nato da una seconda fermentazione del Classico sulle vinacce di Amarone per circa 7-10 giorni, seguita da un affinamento di circa otto mesi in tonneau, dove le noti fruttate di prugna e rabarbaro si uniscono a quelle speziate come l’incenso e il pepe.La freschezza che contraddistingue questa linea si ritrova pienamente nell’Amarone 2017, stesse uve del Valpolicella tranne la Molinara, bella sapidità e tannino dolce per nulla intaccate dagli oltre tre anni di affinamento tra legno e bottiglia.Dedicati ai palati più esigenti invece i vini della Linea Terre di Leone, a cominciare dal Valpolicella Classico Superiore 2017, ben quattro anni di affinamento in legno ben celati da un rubino brillante alla vista, profumi fini, grande freschezza e frutto sia al naso che al palato.

    Sulla falsariga il Valpolicella Classico Superiore Ripasso 2018, figlio di un’annata generosa come raccolta di uve, soltanto 2.000 bottiglie prodotte dopo 36 mesi di affinamento in tonneau: un vino di ottima struttura e corpo, quasi masticoso, netti sentori di marasca, tannino fresco e dolce, un invitante finale mandorlato.Infine l’Amarone Classico 2012, 16 gradi alcolici complice anche l’annata siccitosa, 8 anni e mezzo di affinamento in legno, uvaggio classico senza però l’utilizzo della Molinara, iniziali note sulfuree, quindi spezie fini e frutti neri, elegante, sapido, grande persistenza.

    Una nota a parte spetta al Dedicatum 2016, appena 4.000 bottiglie tutte numerate ottenute vinificando in due tornate tutte insieme i 14 vitigni differenti presenti nell’ettaro del nonno da cui tutto ha preso origine, con l’idea nata nel 2006 di portare il ‘900 in bottiglia: 4 anni di affinamento in legno tra botti da 10 ettolitri e tonneau per creare un vino molto versatile in termini di abbinamento gastronomico, sapido, elegante, certamente unico. LEGGI TUTTO

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    Vendite di vino per denominazione nella GDO Italiana – aggiornamento 2022

    Il Chianti resta il vino più venduto in Italia nella grande distribuzione anche nella nuova configurazione della ricerca (che ora include anche l’ecommerce), redatta da Circana, nuova veste della vecchia IRI. Il confronto con i dati del passato è diventato molto difficile ma ho lo stesso cercato di costruire un trend storico fatto delle variazioni percentuali delle vendite in euro, mentre invece per i volumi, il “salto” di un anno nel 2021 rende impossibile ricongiungere le serie. È questo il problema di queste statistiche “pubblicitarie” redatte in occasione del Vinitaly, nelle quali si fanno vedere i dati di breve termine senza occuparsi delle prospettive storiche. Ad ogni modo, i numeri che vedete oggi vi fanno rendere molto bene conto del trend di crescita dei vini bianchi (a proposito, ho escluso il Prosecco che da quest’anno viene incluso nella classifica), esemplificata dal grande successo del Vermentino, ma anche dal rimbalzo di un vino come il Muller Thurgau. Seconda considerazione: sono un po’ meno lanciati i vini rossi pugliesi, capaci comunque di una crescita a doppia cifra negli ultimi 5 anni, al pari del Vermentino. Vermentino che resta il prodotto fermo tra questi più venduti con il prezzo di vendita più elevato. Passiamo a commentare qualche dato insieme.

    Come abbiamo già discusso qualche settimana fa le vendite di vino al dettaglio sono calate del 2% nel 2022. Con questo “spartiacque” possiamo quindi fare qualche calcolo su chi è andato meglio o peggio in Italia. E il risultato è che ci sono pochi che sono andati molto bene, e tanti sono andati leggermente peggio.
    Vale il leggermente peggio per il Chianti, che con 95 milioni di vendite resta in cima alla classifica, redatta includendo anche l’ecommere, ma cala del 3.6%. E’ vero per il Lambrusco che per la seconda volta in tantissimi anni non è più il numero 2 della classifica ma il numero 3, con un calo del 4% a 60 milioni di euro. Ma lo stesso vale per Barbera, Primitivo (dopo la grande corsa degli ultimi anni), Nero d’Avola, Bonarda, Sangiovese.
    Nel 2022 salgono soltanto il Vermentino, +10%a 69 milioni e il Muller Thurgau, +6% a 51 milioni di euro.
    Vi propongo poi la solita matrice volumi prezzi, dove potete vedere il posizionamento dei prodotti, con il Vermentino in cima a quella dei prezzi e il Chianti con il Lambrusco a quella dei volumi, mentre si nota come il Primitivo si stia caratterizzando sempre di più per essere l’alternativa al Chianti nella sua fascia di prezzo.
    Vi lascio alle tabelle e al grafico animato.


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    Veneto – dati di produzione dei vini DOC (2019)

    Trovate all’interno del post le tabelle relative agli ettari rivendicati, ettolitri certificati, ettolitri imbottigliati e valore della produzione (ai prezzi di base) delle DOC più rilevanti della regione Veneto. I dati sono ricavati dalle pubblicazioni ISMEA. Si riferiscono agli anni 2016-2019 per le seguenti DOC: Prosecco, Delle Venezie, Conegliano Valdobbiadene Prosecco, Soave, Valpolicella Ripasso, Bardolino, Valpolicella, Asolo Prosecco, Amarone della Valpolicella, Valdadige, Bianco di Custoza, Lugana, Venezia, Garda, Colli Euganei, Colli Berici, Veneto Orientale, Breganze, Lessini Durello, Lison Pramaggiore, Colli Euganei Fior d’Arancio, Piave, Gambellara, Montello Colli Asolani, Soave Superiore, Recioto della Valpolicella, Arcole, Vallagarina, Bagnoli Friularo, Bardolino Superiore, Recioto di Soave, Lison, Colli di Conegliano.Vista la laboriosità dell’elaborazione dei dati ho omesso le denominazioni meno rilevanti (in base al valore).Per ottenere i dati in formato Excel contattatemi.Tabelle allegate nel resto del post Se siete arrivati fin qui……ho un piccolo favore da chiedervi. Sempre più persone leggono “I Numeri del Vino”, che pubblica da oltre dieci anni tre analisi ogni settimana sul mondo del vino senza limitazioni o abbonamenti. La pubblicità e le sponsorizzazioni servono per aiutare una missione laica in Perù. Per fare in modo che questo lavoro continui e resti integralmente accessibile, ti chiedo un piccolo aiuto, semplicemente prestando da dovuta attenzione con una visita alle inserzioni e alle sponsorizzazioni presenti nella testata e nella sezione laterale del blog. Grazie. Marco LEGGI TUTTO

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    Masi – risultati primo semestre 2021

    I dati del primo semestre 2021 di Masi ricalcano molto da vicino quelli del medesimo periodo del 2019, a rimarcare che l’andamento del mercato del vino si sta gradualmente normalizzando. Ci sono delle differenze, sia per mercato che per prodotto, come potrete evidenziare dei grafici e dalle tabelle allegate. Nel caso di Masi, nel primo semestre le vendite italiane toccano il record per il periodo, in crescita dell’11% sul 2019 grazie alla nuova strategia distributiva e anche in America il fatturato sale dell’8%, trainato dal Canada (probabilmente aiutato dalla tempistica delle spedizioni al monopolio), mentre in Europa il fatturato è del 16% inferiore al 2019 a causa della mancata ripresa del canale duty free. La maggiore concentrazione delle vendite nei top wines non aiuta il margine lordo (in calo di 3 punti), parzialmente recuperato a livello operativo, per un utile operativo non troppo distante dal 2019 (-9%). Minori perdite su cambi e il calo della tassazione (dal 36% al 28%) hanno consentito a Masi di ribaltare la situazione a livello di utile netto, cresciuto invece del 24% a 2 milioni di euro. La posizione finanziaria resta molto solida con soltanto 6 milioni di debiti. Nel comunicato viene dato conto della ripresa dei lavori di ampliamento della cantina principale e del nuovo centro visitatori, ma non viene fornita una indicazione sull’andamento previsto entro fine anno.Grafici e tabelle sono disponibili nel resto del post. Se siete arrivati fin qui……ho un piccolo favore da chiedervi. Sempre più persone leggono “I Numeri del Vino”, che pubblica da oltre dieci anni tre analisi ogni settimana sul mondo del vino senza limitazioni o abbonamenti. La pubblicità e le sponsorizzazioni servono per aiutare una missione laica in Perù. Per fare in modo che questo lavoro continui e resti integralmente accessibile, ti chiedo un piccolo aiuto, semplicemente prestando da dovuta attenzione con una visita alle inserzioni e alle sponsorizzazioni presenti nella testata e nella sezione laterale del blog. Grazie. Marco LEGGI TUTTO