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    Alto Adige, un’eccellenza vitivinicola tra qualità, identità e visione

    L’Alto Adige è una delle più piccole regioni vitivinicole d’Italia, eppure è tra le più dinamiche e riconosciute a livello nazionale e internazionale. In un territorio di appena 5.850 ettari vitati si concentra una sorprendente varietà di paesaggi, microclimi e suoli che contribuiscono a definire l’identità di una delle zone enologicamente più vivaci del Paese.

    Un’identità che si è rafforzata nel tempo e che nel 2025 ha raggiunto un traguardo significativo: i cinquant’anni della Denominazione di Origine Controllata “Alto Adige”, celebrati a Vinitaly con una conferenza stampa istituzionale e una serie di appuntamenti dedicati che hanno ripercorso la storia, l’evoluzione e lo sguardo al futuro di una delle denominazioni più distintive d’Italia.

    Ad aprire l’incontro veronese è stato Andreas Kofler, presidente del Consorzio Vini Alto Adige, che ha ricordato come il decreto del 14 aprile 1975 abbia segnato una svolta per l’enologia locale, dando avvio a un percorso orientato alla qualità e alla valorizzazione del territorio. “La DOC Alto Adige è il frutto di una lunga storia fatta di scelte coraggiose, di pionieri illuminati e di un cambio di paradigma radicale. In questi 50 anni, il nostro territorio ha saputo evolversi puntando sulla qualità, sulla sostenibilità e sulla varietà”, ha sottolineato Kofler.

    Dal modello intensivo degli anni Settanta si è passati a una viticoltura orientata alla selezione, alla valorizzazione dei terroir e alla sostenibilità. Se un tempo la Schiava dominava incontrastata i vigneti della regione, oggi i vitigni bianchi occupano circa due terzi delle superfici coltivate, in un equilibrio che riflette la complessità del territorio e la crescente attenzione alla qualità. “Scegliere il vitigno più adatto in base alla specificità del terreno è stata la chiave della svolta qualitativa. Oggi contiamo circa 20 varietà che prosperano nel nostro microclima unico”, ha aggiunto Kofler.

    Il vigneto altoatesino si estende tra i 200 e i 1.000 metri di altitudine, sulle pendici delle montagne, in un intreccio di versanti, conche e vallate modellati dall’orogenesi alpina, dai ghiacciai e dall’azione dei fiumi. A Nord, la cresta alpina protegge dalle correnti fredde, mentre a Sud l’influenza del Mediterraneo garantisce un clima mite e ottima ventilazione. Una combinazione che consente lo sviluppo di stili diversi, accomunati da eleganza, freschezza e riconoscibilità.

    Durante la conferenza stampa di Vinitaly, Eduard Bernhart, direttore del Consorzio fondato nel 2007, ha illustrato le attività dell’organizzazione, soffermandosi sulla recente pubblicazione del volume Vino in Alto Adige – Storia e presente di un territorio vinicolo unico, un’opera corale che raccoglie studi e riflessioni di quaranta autori sul patrimonio enologico altoatesino, disponibile in libreria e online. “Promuovere con forza e coerenza il marchio Alto Adige sui mercati internazionali significa anche offrire un supporto concreto ai nostri membri: marketing, formazione, assistenza operativa e legale. Con grande impegno e spirito di collaborazione continuiamo a dare impulso al futuro del vino altoatesino”, ha dichiarato Bernhart.

    A rafforzare questa visione si inserisce anche il progetto di zonazione, ufficializzato nell’ottobre 2024, che ha portato al riconoscimento di 86 Unità Geografiche Aggiuntive (UGA). Ogni zona è caratterizzata da un profilo pedoclimatico preciso e associata a un numero ristretto di vitigni, in un’ottica di trasparenza e valorizzazione delle peculiarità territoriali. “C’è chi sostiene che con la zonazione ci siamo complicati la vita. Al contrario, abbiamo dato un valore aggiunto inestimabile al nostro territorio. La selezione dei vitigni ideali e la riduzione delle rese pongono le basi per un ulteriore salto di qualità dei nostri vini”, ha affermato Martin Foradori, vicepresidente del Consorzio.

    Lo sguardo al futuro si estende anche all’enoturismo, con la presentazione della Wine&Bike Alto Adige Collection, un progetto nato in collaborazione con Agrar IDM Südtirol e il Consorzio. Otto percorsi tematici accessibili tramite l’app Komoot, oltre 100 cantine coinvolte, degustazioni, esperienze tra i filari e paesaggi spettacolari da scoprire pedalando. “Vivere l’Alto Adige in bicicletta significa immergersi nella sua diversità: pedalando tra vigne, cantine e paesaggi unici, è possibile cogliere l’essenza autentica dei nostri vini”, ha raccontato Thomas Fill, direttore di Agrar IDM Südtirol.

    I tour spaziano dal Pinot Bianco dell’Oltradige alle colline di Santa Maddalena, dalla Valle Isarco alla Val Venosta, fino alla Strada del Vino tra Bolzano e Merano. Testimonial d’eccezione dell’iniziativa sono stati Madeleine Puckette, fondatrice di Wine Folly, e Aldo Sohm, wine director del ristorante 3 stelle Michelin Le Bernardin di New York, protagonisti di un cortometraggio realizzato in sella a biciclette d’autore firmate Officina Pegoretti. “Le Alpi sono territori che forgiano spiriti resilienti. Come i nostri telai, anche i vini altoatesini nascono da un contesto unico e difficile, e proprio per questo sono autentici”, ha raccontato Cristina Wuerdig Pegoretti, CEO dell’azienda.

    Oggi quasi il 98% della produzione rientra nella DOC, testimonianza di un impegno condiviso e radicato. In Alto Adige la viticoltura è parte integrante del paesaggio e della cultura: è tradizione viva, ma anche progetto contemporaneo che guarda avanti. E lo conferma lo stesso Andreas Kofler, nel chiudere l’incontro di Vinitaly: “Il cinquantenario della DOC non è solo una celebrazione, ma un’occasione per riaffermare il nostro impegno per una viticoltura sempre più consapevole, identitaria e capace di affrontare le sfide globali con forza e coerenza”.

    Mappa zonazione Alto Adige LEGGI TUTTO

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    Vinitaly 2025: una vetrina internazionale tra business, tendenze e nuovi consumatori

    La 57^ edizione di Vinitaly, in programma a Veronafiere dal 6 al 9 aprile 2025, si conferma il punto di riferimento per il settore vitivinicolo italiano con circa 4.000 aziende partecipanti e un quartiere espositivo al completo. L’evento accoglierà operatori da 140 paesi, consolidando il suo ruolo di baricentro del vino italiano a livello internazionale. Tra gli obiettivi principali, emergono la promozione, l’internazionalizzazione e l’evoluzione del settore, con un focus su nuove tendenze e strategie per affrontare un mercato in continua trasformazione.

    presentazione della 57^ edizione di Vinitaly

    L’internazionalizzazione rimane un pilastro fondamentale della manifestazione, con un piano di incoming che coinvolge 1.200 top buyer da 71 Paesi, sei in più rispetto all’anno scorso, e delegazioni importanti da Stati Uniti, Canada, Cina, Regno Unito, Brasile, India e Corea del Sud. “Vinitaly rappresenta l’aggregatore naturale del vino italiano sui principali mercati target”, ha dichiarato il presidente di Veronafiere, Federico Bricolo, sottolineando l’importanza delle collaborazioni con istituzioni e operatori per rafforzare la competitività del settore.

    Tra le novità dell’edizione 2025 spiccano i focus sui vini NoLo (low e no alcohol), l’approfondimento sui RAW Wine e la nuova area dedicata all’enoturismo con il debutto di “Vinitaly Tourism”. L’evento, inoltre, si conferma un incubatore di tendenze, monitorando i cambiamenti nei consumi e le nuove abitudini dei consumatori.

    I giovani e il vino: un rapporto in evoluzione

    Un’importante ricerca dell’Osservatorio Uiv-Vinitaly, presentata in occasione della conferenza stampa di lancio della 57^ edizione del Salone internazionale del vino e dei distillati, ribalta i luoghi comuni sul consumo di vino. Se da un lato si registra un calo generalizzato nei consumi, sono gli under 44 a rappresentare la fascia più dinamica, in Italia come negli Stati Uniti. Millennials e GenZ, lontani dall’immagine di consumatori disinteressati, considerano il vino uno status symbol e sono disposti a investire in etichette premium, seppur senza un forte legame con i brand tradizionali.

    Secondo l’analisi, negli Stati Uniti il 31% del valore complessivo delle vendite di vino è generato dai prodotti ultra premium, con il 60% degli acquisti effettuato da consumatori under 44. In Italia, il segmento di alta gamma è meno sviluppato (10% del mercato), ma anche qui i giovani giocano un ruolo chiave. Inoltre, il 56% dei giovanissimi italiani vede il vino come un “fashion statement”, il doppio rispetto ai Boomer. La socialità rimane un aspetto centrale: negli USA, 7 giovani su 10 hanno aumentato il consumo proprio per una maggiore socializzazione.

    Un altro mito sfatato riguarda la frequenza e la quantità di consumo. Contrariamente all’idea che i giovani bevano meno, il tasso di consumo abituale è simile tra le diverse generazioni, con una tendenza diffusa a bere 2-3 volte al mese. In entrambi i paesi, gli under 44 dimostrano una maggiore propensione ad aumentare il consumo rispetto agli over 44, tra i quali si osserva una flessione più marcata.

    Infine, la tendenza “sober curious”, che promuove periodi di astinenza dal consumo di alcol, è più diffusa tra i giovani, con il 60% della GenZ americana e il 46% di quella italiana disposta a sperimentare momenti “dry”, mentre tra i Boomer la percentuale si riduce sensibilmente.

    ph Ennevi foto LEGGI TUTTO