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Lettura del Laboratorio II: L'aglianicone, il vino che non c'è

Lettura del Laboratorio II del 22 Settembre: L’aglianicone, il vino che non c’è
Di Roberta Raja – ONAV

C’è chi ha la fortuna di nascere sotto una buona stella, chi no. Questo è il caso dell’aglianicone che stenta già solo a presentarsi, portando all’interno del nome la traccia e il peso del vitigno che impera indiscusso in Campania, e sbilanciandoci, nell’intero sud Italia. La parola Aglianicone sembra essere quasi spreggiativa e i paragoni, anche solo per assonanza fonetica, arrivano puntuali con il nobile vitigno Aglianico. Nell’immaginario comune, infatti, l’aglianicone è visto un po’ come il figlio problematico della gest star dei vini campani, ma la faccenda è ben diversa. È stato, infatti, dimostrato che i due vitigni seppur diversi da un punto di vista genetico facciano parte della stessa discendenza dove –udite udite- l’aglianicone incrociatosi con il cannamelo, una varietà radicata a Ischia ma oggi estinta, avrebbe dato origine all’Aglianico, essendo, quindi, di fatto il padre e non il figlio, come si potrebbe presupporre. Tutto plausibilissimo se in questo crossing-over genetico si ritiene che ci sia lo zampino dei greci che, come tutti sanno, a Ischia e Paestum hanno istituito due delle più gloriose colonie della Magna Grecia.
Di questo vitigno originario del Cilento, purtroppo non è restato molto dopo la furia distruttiva della fillossera che ha letteralmente fagocitato la nostra viticoltura e che ha costretto i viticoltori a fare delle precise scelte sempre più orientate alla coltivazione di vitigni più produttivi e di facile gestione in campo. In effetti, l’Aglianicone è un vitigno problematico, in annate caratterizzate da condizioni avverse, ama fare i capricci. L’Aglianicone ha una discreta fertilità delle gemme, e non sono rari i fenomeni di acinellatura del grappolo, a volte molto marcati, questo è stato uno dei motivi che ha portato all’abbandono di questo storico vitgno lasciando il passo ai vari: barbera, moscato e sangiovese, sicuramente più anonimi, ma che mostravno in campo un comportamento ineccepibile. È così che l’Aglianicone scomparve dalla zona Alburni-Cilento, cuneo carsico tra il Cilento e la Piana del Sele. A questo cataclisma viticolo sono sfuggiti alcuni ceppi isolati in terreni ormai abbandonati, e grazie anche all’iniziativa di privati che hanno conservato e moltiplicato il materiale questa varietà si è conservata fino ad oggi.

E oggi? Che fine ha fatto l’aglianicone?
Certo l’aglianicone è un vitigno autorizzato in tutta la Campania, ma non afferisce ad una Doc che lo tuteli pienamente. L’unico Disciplinare che contempli la sua specifica di utilizzo è la denominazione Castel San Lorenzo Doc, una doc esistente dagli anni 2000 ma che non ha mai visto l’utilizzo per un aglianicone in purezza. Ad oggi esistono dei vini Aglianicone in purezza ma che si celano dietro svariate denominazioni come la Colli di Salerno Igt (Tenuta Macellaro) e la Igp Paestum Rosso (De Concilis, Cantna Rizzo e Tenua Fasanella). I primi vini certificati doc usciranno quest’anno grazie alle cantine Cardosa e Casparro. Ma l’obiettivo è di far inserire il suo impiego nell’IGT Paestum, cioè in un’indicazione che possa comprendere il Cilento costiero. Questo perché, l’IGT Paestum ricade nella DOC Castel San Lorenzo e quindi, per le logiche che sottendono i disciplinari, il progetto dell’Associazione Terre dell’Aglianicone risulta fattibile e realizzabile.

Tenuta Macellaro – QUERCUS 2016 IGP COLLI DI SALERNO ROSSO
Un elogio alla semplicità, acciaio, fermentazione con lieniti indigeni, 4-6 mesi di battonage, e via.. in bottiglia. Colore vivo con riflessi quasi violacei, al naso, un frutto integro e giovane con ciliegia, amarena e una sottile insediatura di pepe, acidità arzilla ma in perfetta armonia con il contesto.

Tenuta Macellaro – QUERCUS 2015 IGP COLLI DI SALERNO ROSSO
Si difende bene il fanciullo dando prova di eleganza e stile alla freschezza del frutto, tratto tipico di questo aglianicone si aggiungono note più evolute di goudron e liquirizia. Tannini morbidissimi, ottima la mineralità e l’equilibrio.

Tenute del Fasanella – ALBURNO 2015 IGT PAESTUM ROSSO
Più evoluto degli altri ma anche più criptico ed enigmatico. Al naso davvero interessante e mai scontato: matrice balsamica con echi di mora selvatica, tannini presenti. Ottima la freschezza. Ottimo potenziale d’invecchiamento

Viticoltori De Concilis – MONTEFORTE 2014 IGT PAESTUM ROSSO
L’annata 2014 ha indispettito l’aglianicone. Proprio non sopporta l’acqua. Ma Monsieur De Concilis anche in questa occasione è stato capace di tirare dal cilindro un prodotto interessante. Rispetto agli altri vini in batteria è poco alcolico e poco tannico caratteristiche alle quali fa da contraltare una spiccata acidità. Il tipico frutto dell’aglianicone è ben presente arricchito da note di muschio e sottobosco.

Cantina Rizzo – IL CANTO DELLA VIGNA 2012 IGT PAESTUM ROSSO
Un’interpretazione rustica e genuina ricco di tutto ciò che la natura offre: tannini robusti, acidità stridente e note caratteristiche di fieno caffè e tabacco, l’eredità di un sapiente passaggio in legno

Il fil rouge in degustazione è stato dettato da un frutto fresco e ben presente. Caratteristiche le note di limone mora, il tannino sempre morbido e accattivante.

Roberta Raja
ONAV


Fonte: https://indivino.it/news-dal-blog.feed


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