Nel 2018 Sartori ha raggiunto il suo record storico di vendite a 52 milioni di euro, con una crescita molto bilanciata tra Italia ed estero, dove si sono registrati forti progressi in diversi mercati. Tale successo commerciale non si è però tradotto in maggiori utili, principalmente a causa dell’incremento del costo delle materie prime e della difficoltà di trasferirne l’impatto nei prezzi di vendita, soprattutto con i clienti della grande distribuzione. I dati relativi agli utili sono dunque meno positivi, segnando un calo del 15% circa che poi corrisponde al progresso realizzato nel 2017. Maggiori volumi di vendita hanno anche portato all’incremento del magazzino e del capitale circolante. Ciò, insieme agli investimenti per il rinnovo delle strutture (fruttaio e impianto di depurazione) ha appesantito la struttura finanziaria, che vede un debito di 12.6 milioni. Le prospettive per il 2019 non sembrano essere improntate all’ottimismo: la pressione della grande distribuzione sui prezzi continua e la concorrenza nelle denominazioni chiave in cui Sartori opera è in crescita. A ciò si aggiungono alcuni possibili cambi di distributore (Russia, forse USA) che potrebbero creare dei temporanei “buchi” nelle vendite; a fronte di queste sfide sul fronte delle vendite, la normalizzazione dei prezzi delle materie prime potrebbe aiutare i margini a recuperare dal livello depresso del 2018. Passiamo all’analisi dei dati.
- Le vendite crescono dell’8% a 52.6 milioni di euro, con un contributo equivalente del fatturato italiano, +8% e di quello estero (+7%). In Italia le vendite presso la grande distribuzione (oltre l’80% del totale) crescono del 4%, soprattutto a causa dei prodotti a basso prezzo, mentre sono in forte progresso le vendite nel canale tradizionale e Ho.Re.Ca. su cui Sartori sta cercando di espandersi. All’estero Sartori realizza circa il 72% delle vendite. Nel 2018 sono stati registrati forti progressi in diversi mercati, primo tra tutti gli USA, +20%, dove però potrebbero sorgere problemi con il distributore.
- I margini sono stati impattati dal costo delle materie prime: cresciuto dal 68% al 69.5% del fatturato, decisamente il livello più elevato degli ultimi 5 anni. Sono invece stabili in relazione alle vendite il costo del personale e gli altri costi. Il Margine operativo lordo scende del 12% a 2.7 milioni di euro con un calo del margine dal 6.2% al 5.1%.
- Sotto il MOL crescono un po’ gli ammortamenti e gli oneri finanziari, mentre le tasse sono al 28% del fatturato contro il 30% dello scorso anno. L’utile netto torna agli 1.4 milioni del 2016 dopo il balzo a 1.7 milioni del 2017.
- Dal punto di vista finanziario i debiti crescono a 12.6 milioni da 9.4. L’incremento è dovuto al nuovo piano di investimenti per il rinnovo del fruttaio e dell’impianto di depurazione, per investimenti totali di 1.4 milioni (0.2 milioni nel 2017), da un incremento del capitale circolante per un paio di milioni (tutto magazzino) e da dividendi per 1 milione di euro (+18% sull’anno precedente). A fronte di questi esborsi, il cash flow si è attestato a poco meno di 2 milioni.
- Il capitale investito dunque cresce a 25 milioni (da 22) e insieme al calo dell’utile operativo determina una diluizione del ritorno sul capitale dal 12% al 9%.
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