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    Cantina Tramin: la lunga vita di Epokale

    Cantina Tramin presenta Epokale 2017, la nuova annata del vino nato per ridisegnare i canoni stilistici ed espressivi del Gewürztraminer sfidando le aspettative evolutive sulla varietà.“L’annata si è contraddistinta per la quantità contenuta e la raccolta a ottobre inoltrato, leggermente posticipata rispetto alle vendemmie precedenti così da ottenere grappoli leggermenti surmaturi – spiega Willi Stürz, enologo e direttore tecnico dell’azienda di Termeno –. Dal millesimo 2015, infatti, abbiamo scelto di tornare a un profilo più abboccato e intenso rispetto alle annate precedenti, constatando come una maggiore concentrazione, e il suo rapporto con l’acidità, ci permetta di ottenere il massimo dal vitigno in termini di ampiezza e raffinatezza aromatica, corpo, bilanciamento e uno straordinario potenziale d’invecchiamento”.
    L’annata 2017, nello specifico, presenta un residuo zuccherino di 66 g/l e un ph di 3,7. Il residuo elevato, però, richiede più tempo per raggiungere l’equilibrio ideale in bottiglia. Per questo motivo l’enologo ha deciso di prolungare da sei a sette anni l’affinamento dell’annata 2017 all’interno della miniera di Ridanna Monteneve (Bolzano), in condizioni di buio, umidità e temperatura costanti a circa 2.000 m s.l.m.
    La convinzione su base empirica maturata da Cantina Tramin in tanti anni di osservazioni, intuizioni, studi e prove sul campo relativamente all’evoluzione aromatica del Gewürztraminer nel tempo trova finalmente avallo scientifico in una ricerca condotta da un team di Fondazione Edmund Mach*, coordinato dal Professore Ordinario di Chimica degli Alimenti Fulvio Mattivi. Lo studio ha analizzato le sostanze chimiche presenti nell’uva Gewürztraminer e i processi di conversione aromatica associati. In particolare si è soffermato sul ruolo centrale dei monoterpeni, che nel vitigno determinano i tipici sentori di rosa, noce moscata, mango, litchi ed erbe essiccate. Gran parte di queste sostanze aromatiche vengono rilasciate nel corso degli anni, coinvolte in lenti processi chimici ed enzimatici che conferiscono al vino ulteriori sfumature e ne aumentano la complessità con l’invecchiamento. Tale caratteristica, propria del Gewürztraminer, lo rende uno dei pochi vini bianchi capaci non semplicemente di conservarsi a lungo, ma di potenziarsi e impreziosirsi nel tempo.
    Epokale, al suo esordio con l’annata 2009, è l’unico vino bianco italiano ad aver conquistato i 100/100 punti di Robert Parker-The Wine Advocate. La prospettiva di invecchiamento di oltre vent’anni, la peculiarità di affinamento in miniera, il numero estremamente limitato di 2.150 bottiglie e la distribuzione selezionata lo rendono un vino raro e prezioso, ricercato dai collezionisti.
    www.cantinatramin.it
    *Studio pubblicato sulla rivista Food Research International a novembre 2024: https://www.sciencedirect.com/science/article/pii/​S0963​99692​40108​71 LEGGI TUTTO

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    La Ponca debutta al Merano WineFestival 2025 nel format TasteTerroir – bio&dynamica

    Un nuovo e importante passo per La Ponca, che sarà presente al Merano WineFestival, in scena dal 7 all’11 novembre. La tenuta, situata alle pendici del Collio, sarà protagonista nella giornata inaugurale di venerdì 7 novembre, all’interno del format TasteTerroir – bio&dynamica, dedicato alle espressioni più innovative e sostenibili del panorama vinicolo contemporaneo: 200 realtà provenienti da tutto il mondo, con vini biologici, biodinamici, naturali, PIWI, orange, in anfora, underwater e referenze no-low.Nella cornice d’eccellenza del Kurhaus di Merano, La Ponca sarà presente nella Sala Sissi, tavolo 174, con tre etichette premiate che racchiudono l’essenza del territorio e della filosofia aziendale. Tra queste spicca la Malvasia 2022, insignita del The WineHunter Award GOLD, proveniente dai cru di Petris e Pacial, tra i 200 e i 260 metri di altitudine, su terreni di marne e arenarie di origine eocenica, la celebre ponca che dà il nome alla tenuta. Un vino dal colore giallo paglierino luminoso, con riflessi dorati, profumi iodati e balsamici e un palato ricco e cremoso, con una piacevole acidità che equilibra il bouquet aromatico. Accanto alla Malvasia, in degustazione anche Friulano 2022 e Sauvignon 2022, entrambi premiati con il The WineHunter Award ROSSO.
    «Partecipare al Merano WineFestival è per noi motivo di grande orgoglio – raccontano Alex Maccan e la moglie Marta –. Essere stati selezionati per il format TasteTerroir – bio&dynamica al nostro debutto rappresenta un riconoscimento importante del nostro impegno nel creare vini profondamente identitari di un territorio vocato alla produzione di bianchi pregiati. Qui le correnti fredde che scendono dal Korada, la Bora che soffia da est e la costante ventilazione creano un microclima ideale che ci consente di coltivare secondo i principi dell’agricoltura biologica. È in questa sinergia tra uomo e natura che nasce l’identità dei nostri vini.»
    E proprio questa armonia tra terra e cielo trova espressione anche nel design delle etichette La Ponca, che saranno presentate per la prima volta al pubblico del Merano WineFestival. Una collezione che nasce dal desiderio di unire due mondi che da sempre si specchiano l’uno nell’altro: la terra e il cielo, il lavoro dell’uomo e l’armonia della natura. Le incisioni dei planisferi di Albrecht Dürer, con la loro visione rinascimentale dell’universo, diventano qui simbolo di un dialogo eterno tra l’arte, la conoscenza e la materia. Ogni etichetta è una mappa ideale: un frammento di cielo che accompagna il vino nel suo viaggio, dal lavoro nei filari fino alla tavola. Il vino diventa così una forma di astronomia terrestre, un modo per leggere la natura attraverso i sensi, con la stessa attenzione con cui Dürer percepiva le stelle. In questa unione di arte e agricoltura, di segno e sostanza, La Ponca vuole celebrare l’equilibrio fragile e perfetto che lega l’uomo, la vigna e il cielo, nel segno del celebre pensiero di Luigi Veronelli: «Il vino è il canto della terra verso il cielo.» LEGGI TUTTO

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    Tenute Perda Rubia tra “I migliori 100 vini e vignaioli d’Italia 2026”

    Tenute Perda Rubia è stata inserita tra “I migliori 100 vini e vignaioli d’Italia 2026”, la guida curata da Luciano Ferraro e James Suckling, presentata ieri a Milano, in Sala Buzzati, e disponibile dal 28 ottobre in edicola con il Corriere della Sera.Un riconoscimento che celebra non un singolo vino, ma la visione e la storia aziendale di chi ha saputo dare identità e voce al Cannonau in purezza, trasformandolo in simbolo della Sardegna più autentica.
    “Essere scelti tra i 100 migliori vignaioli d’Italia significa vedere riconosciuto il valore del nostro percorso – commenta Mario Mereu, alla guida della terza generazione familiare –È un tributo al lavoro di mio nonno, che per primo credette nel Cannonau in purezza, e alla coerenza con cui continuiamo a interpretare l’Ogliastra nel bicchiere oggi.”
    Fondata alla fine degli anni Quaranta dal Comm. Mario Mereu, Tenute Perda Rubia è stata la prima cantina in Sardegna a vinificare e imbottigliare Cannonau in purezza, aprendo la strada a una nuova consapevolezza del potenziale vitivinicolo dell’isola. Oggi, con circa 600 ettari complessivi e 20 di vigneto nel territorio di Talana (NU), l’azienda continua a essere un punto di riferimento per la viticoltura sarda di qualità, fedele al principio di vinificare solo uve di proprietà e rispettare la materia prima con pratiche essenziali e sostenibili.
    Perda Rubia Cannonau di Sardegna DOC Riserva 2022, già insignito dei Tre Bicchieri del Gambero Rosso, rappresenta la sintesi più compiuta della filosofia aziendale: un vino di territorio, da vigneto a piede franco, elegante e profondo, capace di esprimere con autenticità la roccia, la luce e il vento dell’Ogliastra. Accanto a questo, Tenute Perda Rubia porta avanti una ricerca costante con etichette come Sémida, bianco identitario da uve Semidano e di forte impronta mediterranea, il Cannonau Naniha, il Vermentino Lanùra e la linea spumantistica Talùna, nate dal desiderio di esplorare nuovi linguaggi del vino mantenendo intatto il legame con la terra d’origine.
    Con l’inclusione nella prestigiosa guida di Luciano Ferraro e James Suckling, Tenute Perda Rubia entra nell’élite delle 100 realtà che raccontano il presente e il futuro del vino italiano, tra tradizione e nuova generazione, riaffermando il proprio ruolo di ambasciatrice della Sardegna enologica nel panorama nazionale
    www.tenuteperdarubia.com LEGGI TUTTO

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    Un anno di riconoscimenti per i vini Tedeschi

    Il 2025 segna per la famiglia Tedeschi un anno di consolidamento e rinnovamento. Il recente rebranding, accompagnato dal nuovo claim “Dediti alla conoscenza”, sintetizzano una filosofia che unisce innovazione, competenza e valorizzazione della terra, valori che da sempre guidano il lavoro della cantina. Una visione che si traduce in una costante attività di ricerca – oggi articolata in quattro progetti in collaborazione con l’Università di Verona, La Sapienza di Roma e l’Istituto Edmund Mach di San Michele all’Adige – e in una produzione fedele all’identità della Valpolicella.In questo percorso di coerenza e impegno, i vini Tedeschi hanno raccolto anche quest’anno numerosi riconoscimenti in Italia e all’estero, confermando la solidità del loro stile e la qualità del lavoro svolto. In un panorama in continua evoluzione, in cui i consumatori sono sempre più attenti, esigenti e consapevoli, i successi ottenuti dall’azienda rappresentano molto più di un traguardo, ma un vero e proprio segno di riconoscimento di alta qualità. “Sono la conferma di un percorso fondato su valori solidi, sull’amore per la Valpolicella e su un’idea di vino come espressione autentica di cultura e territorio”, spiegano Sabrina, Antonietta e Riccardo Tedeschi.
    Monica Larner, responsabile per i vini italiani del celebre Robert Parker Wine Advocate, ha inserito cinque vini Tedeschi nel suo report Italy, Veneto: New Releases (Amarone & Soave), dedicato a una selezione ristretta di sole 64 etichette “from some of the best estates as well as personal favorites”. Larner ha evidenziato l’ampliamento della cantina, la nascita della nuova wine library per la conservazione delle vecchie annate e la creazione del bianco GA.RY, raffinato blend di Garganega, Riesling Renano e Chardonnay. Tra i vini più apprezzati, spicca il Valpolicella Classico Superiore La Fabriseria, definito “una delle interpretazioni più importanti della denominazione”.
    Anche Eric Guido nel suo report Veneto Rising: Amarone, Soave and Beyond, pubblicato su Vinous ha elogiato la coerenza stilistica e l’equilibrio dei vini Tedeschi, affermando: “L’Amarone di Tedeschi è fantastico, più sapido che dolce e splendidamente equilibrato. I loro Valpolicella Superiore da singolo vigneto sono molto avanti rispetto al resto della regione”. Guido ha assegnato punteggi da 91 a 95, esaltando il GA.RY come “a total pleasure to taste” e descrivendo il Marne 180 2021 come “un Amarone gastronomico e armonioso”.
    James Suckling ha confermato l’eccellenza della linea Tedeschi con valutazioni tra 90 e 94 punti, mentre Ian D’Agata ha attribuito 98 punti al Capitel Monte Olmi 2015 e 91 al Valpolicella Maternigo 2021, definendolo “vivace, elegante e di grande flessibilità gastronomica”. Il riconoscimento del Wine Spectator come una delle 69 Classic Wineries selezionate per OperaWine 2026 — tra le sole sette aziende riconfermate della Valpolicella — consolida ulteriormente la reputazione della cantina come ambasciatrice di qualità e identità territoriale. Sempre a livello internazionale al Marne 180 è andata la Medaglia d’Oro al Korea Wine Challenge 2025 e quella d’Argento al Decanter World Wine Award 2025, con invito ufficiale al Decanter Fine Wine Encounter 2026.
    Falstaff ha premiato invece l’azienda con le cinque stelle e ha celebrato in particolare i grandi Amarone di Tedeschi:, il Maternigo Amarone della Valpolicella DOCG Riserva 2016 ha ottenuto 97 punti, mentre il Capitel Monte Olmi Amarone della Valpolicella DOCG Classico Riserva 2018 ha raggiunto 96 punti.
    Quest’ultimo ha ottenuti grandi riscontri anche a carattere nazionale: l’inserimento tra le 30 “Stelle Polari” della “Guida Oro I Vini di Veronelli” 2026, i Tre Bicchieri del Gambero Rosso, i Cinque Grappoli di Bibenda, la Corona della guida Vini Buoni d’Italia Touring Club, 96 punti da Doctor Wine Cernilli e la Medaglia d’Oro di The Wine Hunter Merano, con candidatura alla Medaglia di Platino.
    La dedizione, il lavoro e la sinergia familiare continuano quindi a dare i loro frutti, con una visione che unisce passato e futuro e raccoglie un apprezzamento unanime. LEGGI TUTTO

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    Schioppettino di Prepotto: la rinascita di un’identità friulana

    E pensare che lo Schioppettino, oggi simbolo di eleganza e territorialità, un tempo era un vino proibito. Fino alla metà degli anni Settanta piantarne una barbatella equivaleva a commettere un reato, come se si trattasse di un vitigno clandestino, di quelli che crescono ai margini della legge e della memoria. Eppure, proprio in quegli anni di oblio, si gettarono le basi della sua rinascita.

    Fu la curiosità di Giannola e Benito Nonino, alla ricerca di vinacce per le loro grappe, a riportare alla luce lo Schioppettino insieme ad altri vitigni friulani in via d’estinzione — Ribolla, Pignolo, Tazzelenghe. Con l’intuizione del Risit d’Aur, la “barbatella d’oro” ideata con Luigi Veronelli, il gesto di reimpiantare divenne un atto di resistenza culturale. Nel 1976 il premio andò a Dina e Paolo Rapuzzi, pionieri di Ronchi di Cialla, che fecero dello Schioppettino una bandiera di Prepotto.

    Fu solo nel 1981 che il vitigno venne finalmente reinserito tra quelli autorizzati, grazie anche al coraggio di un intero paese che, in seduta straordinaria, chiese di riscattare il proprio vino più identitario. Da allora lo Schioppettino ha ritrovato la strada del futuro, tornando a raccontare la valle dello Judrio e la sua geografia fatta di confini, boschi e colline dove l’aria sa di pepe e di pietra.

    Oggi, a distanza di mezzo secolo, si può dire che per lo Schioppettino di Prepotto sia arrivata una nuova primavera. Non più un simbolo di resistenza, ma di maturità. L’Associazione dei Produttori, fondata nel 2002 e ora profondamente rinnovata, rilancia una sfida ambiziosa: fare dello Schioppettino il cuore produttivo e identitario del territorio.

    Il nuovo presidente Riccardo Caliari (Spolert Winery) parla di un sogno condiviso: «Vogliamo che lo Schioppettino di Prepotto diventi il vino principale delle aziende del paese, espressione di uno stile elegante e riconoscibile, capace di competere sui mercati italiani e internazionali». Un progetto di lungo respiro — dai cinque ai dieci anni — che richiederà energie, visione e coesione, ma che parte da solide radici.

    Perché qui, tra le pieghe dei Colli Orientali, il terroir ha una voce distinta. È la voce del sottobosco, della mora e del pepe nero, della freschezza che si intreccia alla profondità. Lo Schioppettino di Prepotto, riconosciuto nel 2008 come sottozona ufficiale della DOC Friuli Colli Orientali, è un vino che racconta il confine, la sua memoria contadina e la sua vocazione naturale all’eleganza.

    Da fuorilegge a simbolo: lo Schioppettino di Prepotto continua a rappresentare una delle più belle parabole della viticoltura italiana. Oggi la sua rinascita non è solo produttiva, ma culturale. È il ritorno di una voce antica che, dopo secoli di silenzio, torna a parlare la lingua del futuro.

    Schioppettino di Prepotto: the renaissance of a Friulian identity

    To think that Schioppettino, now a symbol of elegance and territorial identity, was once a forbidden wine. Until the mid-1970s, planting even a single vine of Schioppettino was a crime — as if it were an outlaw grape, one that thrived on the margins of law and memory. Yet it was precisely in those years of oblivion that the seeds of its rebirth were sown.

    It was the curiosity of Giannola and Benito Nonino, searching for pomace for their grappas, that brought Schioppettino back to light — together with other nearly extinct Friulian varieties such as Ribolla, Pignolo, and Tazzelenghe. With the visionary Risit d’Aur award, the “golden vine cutting” created with Luigi Veronelli, replanting became an act of cultural resistance. In 1976 the first prize went to Dina and Paolo Rapuzzi of Ronchi di Cialla, true pioneers who turned Schioppettino into the emblem of Prepotto.

    Only in 1981 was the grape officially reauthorized, thanks to the courage of an entire community that, in an extraordinary council session, petitioned to reclaim its most authentic wine. Since then, Schioppettino has found its way back to the future, once again telling the story of the Judrio Valley — a landscape of borders, forests, and hills where the air smells of pepper and stone.

    Today, half a century later, Schioppettino di Prepotto is living a new spring. No longer a symbol of defiance, but of maturity. The Association of Schioppettino Producers, founded in 2002 and now profoundly renewed, is launching an ambitious challenge: to make Schioppettino the beating heart of the area’s production and identity.

    The new president, Riccardo Caliari (Spolert Winery), speaks of a shared dream: “We want Schioppettino di Prepotto to become the main wine of our producers — an elegant and distinctive style capable of standing out on both the Italian and international markets.” It’s a long-term project, a journey of five to ten years that will demand energy, vision, and unity — but it begins from solid roots.

    Here among the folds of the Colli Orientali, the terroir speaks with its own voice — one of undergrowth, blackberry, and black pepper, where freshness meets depth. Recognized in 2008 as a designated subzone of the Friuli Colli Orientali DOC, Schioppettino di Prepotto is a wine that tells the story of a borderland, its rural memory, and its natural vocation for elegance.

    From outlaw to icon: Schioppettino di Prepotto remains one of the most compelling stories in Italian viticulture. Its renaissance today is not only about production but culture — the return of an ancient voice that, after centuries of silence, once again speaks the language of the future.

    Nella foto di copertina l’Associazione Produttori Schioppettino di Prepotto LEGGI TUTTO

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    Arriva il vino Novello, è il primo vino di Principe di Corleone della vendemmia 2025

    Come da tradizione, anche quest’anno — al termine della prima vendemmia totalmente biologica — arriva Cupido, il vino novello che l’azienda siciliana Principe di Corleone produce sin dagli anni Ottanta. In commercio dal 31 Ottobre
    L’autunno è la stagione del cambiamento e dell’abbondanza e il Novello ne è il simbolo più autentico: il primo vino nato dall’ultima vendemmia, contemporaneo nello spirito ma legato a una tradizione antica, quella della fermentazione breve dei grappoli raccolti tra fine agosto e inizio settembre.
    Cupido, il Novello firmato Principe di Corleone, è un vino giovane e gioioso, capace di portare allegria in ogni calice e di conquistare il palato con il suo carattere fruttato e la sua freschezza. Da oltre quarant’anni, l’azienda celebra l’arrivo dell’autunno con questo brindisi speciale.
    “Per noi non è solo un vino simbolico, che segna il bilancio della vendemmia, ma anche un punto di riferimento per tanti winelover affezionati – racconta Pietro Pollara, agronomo e rappresentante della nuova generazione, insieme al fratello Leoluca e al cugino Gaetano – Siamo stati tra i primi in Sicilia a credere nel vino novello, e oggi Cupido rappresenta per noi un legame profondo con il territorio e con le persone che da anni ci seguono e ci sostengono”.
    La tradizione vuole che l’apertura del vino novello venga festeggiata l’11 novembre, giorno di San Martino, quando i contadini celebrano la fine della fermentazione e l’inizio della commercializzazione dei primi vini, brindando a un anno di lavoro con un sorso d’estate nel cuore dell’autunno.
    Il Cupido 2025 di Principe di Corleone, da uve Syrah, si distingue per il suo colore rosso ciliegia con riflessi violacei e per i profumi intensi di frutta rossa. Al palato è fresco e fragrante, ideale anche servito leggermente freddo (intorno ai 12 °C). È il frutto della raccolta delle uve iniziata il 18 agosto con condizioni climatiche favorevoli e una qualità dei grappoli che promette vini di eccellenza e conclusa i primi di ottobre. LEGGI TUTTO

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    Avignonesi: le guide di settore celebrano il lavoro sul Sangiovese e sul Nobile di Montepulciano

    Avignonesi, storico brand di Montepulciano, conquista due importanti riconoscimenti da altrettante guide di riferimento del panorama enologico italiano, a dimostrazione del costante impegno dell’azienda nella valorizzazione del Sangiovese, vitigno simbolo del Nobile di Montepulciano.Poggetto di Sopra Vino Nobile di Montepulciano 2021 ha ottenuto i Tre Bicchieri, il massimo punteggio della Guida Vini d’Italia 2026 del Gambero Rosso, mentre il Nobile di Montepulciano 2022 è stato premiato come Top Wine – Vino Slow nella Guida Slow Wine 2026. Avignonesi figura, inoltre, tra le aziende insignite della Chiocciola di Slow Wine, simbolo riservato alle realtà che incarnano i valori di sostenibilità ambientale, autenticità territoriale e qualità costante dei vini.
    Poggetto di Sopra Vino Nobile di Montepulciano è un cru proveniente dall’omonimo vigneto, da cui vengono selezionate le migliori parcelle: rappresenta l’espressione più pura e identitaria del Sangiovese secondo la visione di Avignonesi. I suoli sono di origine pliocenica, argilloso-limosi e calcarei, con interruzioni sabbiose. I Tre Bicchieri assegnati a questa etichetta premiano una filosofia produttiva che valorizza il carattere del luogo attraverso un approccio di profonda osservazione e rispetto.
    Il Nobile di Montepulciano nasce dalle uve provenienti da diverse parcelle di Sangiovese situate all’interno della denominazione. I suoli, di origine marina e sedimentaria, sono calcarei, con proporzioni variabili di argilla e sabbia: un mosaico di terroir che dona al vino complessità, equilibrio e riconoscibilità territoriale.
    Questi risultati rappresentano un’ulteriore conferma del percorso di ricerca e coerenza che Avignonesi porta avanti da anni sul Sangiovese, con l’obiettivo di esprimere nel calice l’identità più autentica del territorio e la sua storica vocazione al Nobile. Attraverso un lavoro continuo sui suoli, sulla biodiversità clonale e sulle vinificazioni parcellari, l’azienda esplora le molte sfumature del vitigno, interpretandolo con rigore agronomico e sensibilità enologica. Un percorso che da sempre affianca quello pionieristico intrapreso dagli anni ’80 sul Merlot, con la nascita di una delle etichette più iconiche: Desiderio.
    Fondata nel 1974, Avignonesi è oggi una realtà di riferimento per la produzione di vini dal carattere unico. Con oltre 170 ettari di vigneto certificati biologici e biodinamici, l’azienda ha scelto una viticoltura sostenibile e un approccio rispettoso dell’ambiente, con l’obiettivo di restituire nei vini l’espressività delle colline tra Montepulciano e Cortona.  Da Società Benefit e B Corp, una delle poche cantine in Italia, Avignonesi rappresenta un modello di come agricoltura, etica e impresa possano convivere in modo armonico. LEGGI TUTTO

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    Brunello di Montalcino DOCG 2021, uno sguardo in anteprima alla trentesima annata di Poggio di Sotto

    Con la vendemmia 2021, Poggio di Sotto celebra trent’anni di Brunello di Montalcino. La prima, la 1991, segnò l’inizio di un percorso dedicato all’ascolto e alla valorizzazione del Sangiovese di Castelnuovo dell’Abate, una delle aree più vocate del territorio. La 2021 ripropone quello stile essenziale e rigoroso che da sempre caratterizza la tenuta, offrendo una lettura chiara del millesimo e del suo equilibrio tra maturità e tensione. Frutto di un’annata di grande carattere, il Brunello di Montalcino 2021 racchiude l’essenza di un terroir unico, dove un mosaico di suoli argillosi e galestrini si intreccia a un patrimonio genetico di oltre 180 biotipi di Sangiovese.Vendemmia 2021: energia, struttura e tensione
    Il 2021 è stata un’annata dinamica e complessa, che ha alternato gelate primaverili, temperature estive elevate e un finale di agosto più piovoso della media. Questo andamento ha permesso una maturazione graduale e completa delle uve, preservandone integrità e freschezza aromatica. La raccolta, iniziata il 10 settembre e conclusasi il 4 ottobre, ha seguito il consueto approccio parcellizzato per rispettare i diversi microclimi della tenuta, con una selezione rigorosa in vigna.
    «La 2021 è un’annata di grande densità e tensione gustativa – spiega l’enologo Leonardo Berti – I vini mostrano una trama tannica importante, sostenuta da un’acidità vibrante che garantisce longevità e definizione. È un Brunello che unisce potenza e finezza, specchio autentico dei nostri suoli più argillosi e ricchi di galestro. Al naso si alternano note di frutti rossi e fiori secchi, con accenti agrumati e balsamici; il sorso è profondo, materico e teso, con un finale ematico e sapido, di lunga persistenza”
    Terroir, vinificazione e affinamento
    La tenuta di Poggio di Sotto, nel comune di Castelnuovo dell’Abate, si estende attualmente su 48 ettari, di cui 20 vitati, tra i 190 e i 440 metri di altitudine. Protetta dal Monte Amiata, beneficia di forti escursioni termiche e di venti che favoriscono una maturazione equilibrata delle uve. I suoli alternano argille bianche e rosse, galestro e marne grigie, componendo un mosaico geologico di straordinaria complessità. Questa ricchezza è amplificata dalla biodiversità clonale delle vigne, dove sono stati censiti 182 biotipi di Sangiovese, studiati in collaborazione con l’Università di Firenze: un autentico archivio genetico che rappresenta la memoria storica della varietà.
    Le uve, provenienti da vigneti con età media di 25 anni, sono raccolte manualmente con rese naturalmente contenute. La fermentazione avviene in tini di legno e cemento, con macerazioni prolungate e rimontaggi all’aria, pratica distintiva della cantina che consente un’estrazione graduale e armonica della componente fenolica. Il vino affina per 36 mesi in botti di rovere di Slavonia da 30 ettolitri, prima dell’imbottigliamento nel mese di aprile 2025.
    Poggio di Sotto – Trent’anni di Sangiovese
    Fondata nel 1989 e parte del Gruppo ColleMassari, Poggio di Sotto concentra la sua produzione esclusivamente sul Sangiovese. Dal 1991, con la prima annata di Brunello, la tenuta si distingue per un approccio basato su precisione agronomica e sensibilità enologica, mantenuto costante nel tempo. Dal 2012, la cantina porta avanti un programma di ricerca ampelografica e selezione massale in collaborazione con l’Università di Firenze, volto alla tutela dei biotipi di Sangiovese presenti nei vigneti.
    In trent’anni, il Brunello di Poggio di Sotto ha definito uno stile centrato su equilibrio, profondità e capacità di evoluzione nel tempo. Una vendemmia celebrativa – Per la 30ª annata del Brunello di Montalcino (1991–2021), l’etichetta sarà proposta in una veste grafica dedicata, con stampa in oro a caldo. Un segno discreto che ricorda la continuità di un progetto enologico fedele nel tempo. LEGGI TUTTO