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    A Vinitaly i sessant’anni del Capitel Monte Olmi

    Sarà dedicato all’Amarone della #Valpolicella #CapitelMonteOlmi il cuore dello stand di #Tedeschi a #Vinitaly, per celebrare i 60 anni di un vino che ha proiettato questo territorio nella modernità della valorizzazione dei cru quando ancora in Italia non se ne parlava, e che continua ad essere riconoscibile per lo stile e l’eleganza senza tempo. Da […] LEGGI TUTTO

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    Al Vinitaly le proposte Hic et Nunc valorizzano il territorio

    Hic et Nunc sarà presente alla 56esima edizione di #Vinitaly dal 14 al 17 aprile con le proposte di #vini provenienti esclusivamente da #vitigniautoctoni per esprimere al meglio il territorio del Monferrato con la massima attenzione alla sostenibilità. Quello di #HicetNunc, cantina ubicata nel #Monferrato è un progetto senza precedenti fortemente voluto da Massimo Rosolen, […] LEGGI TUTTO

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    Il Vermouth di Ca’ Rugate, un nuovo modo di bere Amarone della Valpolicella

    Era la fine degli anni ’90 quando il mondo del vino improvvisamente si accorse che era scoppiato un nuovo fenomeno: l’Amaronemania. Tutti pazzi per questo vino rosso, fatto con uve appassite, secco, laddove fino a quel momento l’unica associazione di idee che si riusciva a fare parlando di uve appassite era con i vini dolci.Non starò a ricordare la vera storia dell’Amarone, che ormai dovrebbe essere nota: qui mi interessa ricordare come fu definito per la prima volta da uno dei più illustri capostipiti del giornalismo enologico ed enogastronomico italiano, Luigi Veronelli.Vino da meditazione. Un vino così corposo, strutturato, alcolico, eppure suadente, vellutato, senza asperità o durezze tanniche, lungo, caldo e avvolgente…Non poteva essere definito semplicemente un vino da arrosti o cacciagione (e a questo proposito, per favore, smettetela con questa narrativa del secolo scorso: il consumo di cacciagione è stato dismesso da un pezzo, nelle cucine dei comuni mortali, e per qualunque persona anche vagamente ambientalista è un inappellabile no-no).L’Amarone della Valpolicella è un vino da meditazione. Un vino da gustare piano, con calma, in compagnia se si vuole (ma solo se la compagnia lo sa apprezzare), o anche da soli. Fuori dal pasto, o meglio, alla fine.Era un riconoscimento importante, che sottintendeva un concetto di vino eccezionale, per momenti particolari.I produttori della Valpolicella adottarono subito e con orgoglio questa definizione, così distintiva. Tuttavia, passato il primo momento di entusiasmo, questa etichetta iniziò a stare stretta. Anzi, molto iniziarono a considerarla controproducente, in tempi – come i nostri – nei quali nessuno ha più tempo o voglia di meditare (ammesso che l’abbiano mai avuta. Il filosofo Veronelli in questo peccò di ottimismo). Se aspetti il momento particolare, l’occasione speciale, per stappare una bottiglia di Amarone, finisce che non se ne vendono più di qualche migliaio di casse all’anno (altro che i milioni di  casse di adesso).Per questo oggi nessuno parla più di vino da meditazione. Anzi. Perfino lo stile sta sempre più velocemente virando verso un concetto di Amarone meno intimidente, in grado di avvicinare i neofiti del vino, invece che di tenerli a distanza.  Tutto bene, per carità, sono le ragioni del mercato.Eppure. Eppure l’Amarone della Valpolicella ha nel suo DNA una cifra di eleganza ed esclusività che sarebbe stupido cercare di cancellare del tutto. D’accordo, molti di noi – complice anche il costo – non possono permettersi di pasteggiare quotidianamente con l’Amarone. Però un modo per far rientrare l’Amarone nella quotidianità forse c’è. Un modo che sa di tradizione e di contemporaneità.Il Vermouth. Un vino speciale che sta tornando di gran moda. Qualcuno si è già lanciato con successo nella produzione di un Vermouth a base di un famoso vino veronese bianco. Questo è un vermouth rosso.Il vino base è un Amarone della Valpolicella dell’azienda Ca’ Rugate, al quale si accompagna un infuso di erbe della Lessinia (Artemisia, Luppolo, Coriandolo, Salvia, Sambuco e molte altre ancora: almeno 46, come recita l’etichetta). Erbe sulle quali Michele Tessari di Ca’ Rugate ha riflettuto e sperimentato per anni, sulle colline della Valdalpone, sulle orme di don Luigi Zocca*, mentre assisteva – come ha detto lui stesso – “alla riscoperta planetaria del Vermouth”. Così è nato “Il Vermouth Amarone della Valpolicella”, un fantastico vermouth rosso che dell’Amarone ha l’eleganza, la lunghezza e la suadenza, e delle erbe della Lessinia i profumi, la freschezza, e una pulizia che ricorda i cieli della montagna lessinese in una giornata tersa. Sì, questo Vermut potremmo definirlo un nuovo modo di meditare con l’Amarone.  Un modo contemporaneo, capace di piacere a tutti subito. Non gli serve nemmeno la scusa dell’occasione speciale per essere versato: stappare una bottiglia di questo Vermouth è già un’occasione speciale.P.S.: piccola nota a margine per l’etichetta. Una segnalazione la merita anche l’etichetta, di Annalisa Bollini: discreta, presente ma non invadente, con un gusto un po’ retrò, è elegante e delicata come un’erba officinale. O come un ricamo.*Il celebre “Prete da Sprea” che tra il XIX e il XX secolo, diede vita e anima a un orto botanico poi entrato nella storia erboristica regionale e nazionale. LEGGI TUTTO

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    Cristian Ridolfi è il nuovo presidente del Consorzio del Soave

    È Cristian Ridolfi, direttore di Cantina Santi – Gruppo Italiano Vini, il nuovo presidente del Consorzio di Tutela Vini del Soave. Ridolfi, eletto all’unanimità dal consiglio di amministrazione riunitosi a Soave ieri, giovedì 28 marzo, succede a Sandro Gini, storico interprete del Soave, che ha presieduto l’organo consortile per due mandati consecutivi a partire dal 2018.

    Cristian Ridolfi, classe 1971, veronese di nascita, diplomatosi in viticoltura ed enologia all’Istituto Agrario di Conegliano, matura capacità ed esperienza in molti anni di appassionata attività in alcune tra le più prestigiose cantine scaligere.

    In particolare negli anni ha potuto approfondire le peculiarità dei terroir che caratterizzano l’intero areale veronese, tra i più vocati in Italia per la produzione vitivinicola d’eccellenza, ha sviluppato una grande competenza in tema di denominazioni, ha maturato una profonda conoscenza della storia dei singoli terroir, dei versanti che li contraddistinguono e dei vitigni che da sempre lì sono coltivati.

    «Quella del Soave è una denominazione che da sempre porto nel cuore – evidenzia Cristian Ridolfi, neo eletto presidente – e sono onorato di poter rappresentare questo eccellente vino bianco, simbolo dell’Italia nel mondo. La denominazione del Soave ha moltissime cose da raccontare a cominciare dalla bellezza del suo paesaggio per proseguire con la qualità indiscussa delle sue produzioni. Gli uomini e le donne che ogni giorno coltivano con passione queste terre sono i primi testimoni e artefici di questa meraviglia tutta italiana che da oggi avrò l’onore di rappresentare».

    Il Consorzio Tutela Vini del Soave nasce nel 1970 e rappresenta al suo interno  aziende vinicole, viticoltori, imbottigliatori e cooperative.

    La denominazione – riconosciuta con Regio decreto nel 1931, tra le più antiche d’Italia –  è costituita da circa 7000 ettari vitati e insiste su 13 comuni situati nell’Est Veronese. Attualmente sono una novantina le aziende associate al Consorzio che, con una rappresentatività che sfiora il 90%, si occupa di tutela, promozione, valorizzazione della denominazione e di vigilanza. LEGGI TUTTO

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    Ambrogio e Giovanni Folonari Tenute: Viaggio attraverso le Tenute che celebrano la tradizione toscana

    Con una tradizione familiare nella produzione di vini di alta qualità, Ambrogio e Giovanni Folonari Tenute continua a distinguersi per l’eccellenza enologica e l’impegno nella valorizzazione del patrimonio vitivinicolo toscano. I vini delle Tenute Ambrogio e Giovanni Folonari rappresentano un’espressione autentica del territorio, con il Sangiovese che riveste un ruolo centrale ma senza trascurare altre […] LEGGI TUTTO

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    Alba Vitæ 2023 di AIS Veneto: raccolti 6.500 euro per l’Associazione Pulcino

    L’edizione 2023 di Alba Vitæ si è conclusa con un ricavato di 6.500 euro devoluto a favore dell’Associazione Pulcino OdV di Treviso. La cifra raccolta attraverso l’iniziativa benefica di AIS Veneto, che ogni anno mette in vendita un’eccellenza dell’enologia regionale in edizione limitata con lo scopo di raccogliere fondi a sostegno di progetti solidali, contribuirà […] LEGGI TUTTO

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    “Tic-Toc – Il mondo del vino sta cambiando” : l’esperimento di Briziarelli

    “I giovani non bevono più il vino”, “No, bevono solo vini bio-qualcosa”, “No, bevono i vini di cui si parla sui social”, “Macchè, per fargli bere vino dev’essere no-alcol”. E via commentando. Insomma, la Gen Z, i Millennials, cosa bevono? Cosa gli piace?Ma perchè non chiederlo direttamente agli interessati?E’ quello che ha fatto le Cantine Briziarelli, una bella realtà vinicola di Bevagna (Umbria). Ha invitato un po’ di ragazzi e li ha lasciati giocare (diciamo così) con i vini in degustazione. Con risultati interessanti. Riportiamo dal comunicato ufficiale:“Cellulari su una mano e calici nell’altra. L’originale e primo evento-esperimento per capire se e come il mondo del vino stia cambiando, anche nei gusti, ha avuto i suoi primi effetti. Dall’Umbria, terra di vino, è partita una innovativa modalità per mettere a confronto i giovani della GenZ con le generazioni anagraficamente più “esperte” riguardo al consumo di vino.Alle Cantine Briziarelli di Bevagna si è infatti tenuta una “non” degustazione alla cieca, libera, dove gli oltre 70 partecipanti hanno potuto scegliere tra circa 30 etichette, con provenienza, tipologia e fascia di prezzo molto eterogenee, ed esprimere il loro giudizio tramite un’apposita applicazione. Quelli che alla fine sono emersi sono gusti che vanno verso vini più piacevoli, meno complessi ed impegnativi: più attenzione ai bianchi e in crescita l’apprezzamento per i rosati, con gradazioni alcoliche contenute, acidità spiccate e profumi primari ben in evidenza, prezzi rigorosamente sotto i 20 €. La preferenza insomma andava ai vini con sentori di frutta piacevoli, mai surmatura, e dove le ossidazioni e le note terziarie degli affinamenti in legno sono quasi totalmente assenti. Tra i GenZ il vino più apprezzato in assoluto (quattro a pari merito) e per ogni categoria: un Primitivo Pugliese, un Pecorino Abruzzese, un sangiovese toscano rosato, un Chianti DOCG.Tra i Millenial il vino più apprezzato in assoluto è stato un IGT Umbria Bianco, blend di Trebbiano Spoletino e Viogner, che è risultato essere anche il più apprezzato per categoria. A livello di prezzo, le valutazioni più positive hanno riguardato prodotti con prezzo retail inferiore a 20 € che la maggior parte dei partecipanti ha saputo correttamente posizionare come fascia di prezzo. Questo dato evidenzia che spesso il giudizio complessivo di un vino non è proporzionale al prezzo di mercato, e impone una riflessione ai produttori in merito a tecniche di produzione e posizionamento. Soprattutto pone un nuovo interrogativo: cosa vuol dire qualità per le nuove generazioni?Quanto alle gradazioni alcoliche, i vini con votazioni più elevate, si posizionano tra 12,5° e 13,5°. Parlando di varietà, le donne hanno dato la preferenza a vini frutto di blend tra Malvasia e Sauvignon Blanc, seguiti da quelli fatti con Trebbiano Spoletino e Viogner, e Sangiovese.Gli uomini hanno preferito il blend di Trebbiano Spoletino e Viogner, seguiti dai rossi Cabernet Sauvignon e Montepulciano.Dopo aver degustato, in modo casuale e non guidato, i partecipanti hanno risposto a un breve questionario tramite una App (realizzata da Astra srl) che consentiva di visualizzare in tempo reale il gradimento dei vari vini sullo schermo presente nella sala degustazione della cantina.“Un evento primo nel suo genere, almeno dalle esperienze che abbiamo sul territorio, che si è svolto con modalità informali e anche provocatorie – ha detto l’ amministratore delegato della Cantina, Alessandro Giannoni – Potrà essere ripetuto, visto che il campione statistico individuato, anche se significativo, non è estremamente ampio. Quindi uno dei prossimi obiettivi sarà quello di allargare in futuro l’esperimento e proseguire in questo percorso. Abbiamo voluto infatti mettere a confronto le caratteristiche di consumo di due generazioni distinte, raccogliendo così informazioni per andare a identificare dei trend suddividendoli tra le due fasce di età, perché troppo spesso si parla di consumo della Gen Z,  ma non è mai la stessa generazione che ne parla. Oggi chi esprime giudizi nel mondo enologico, appartiene per lo più a una fascia di età che a mio avviso non rispecchia i gusti delle generazioni più giovani, ed è anche questo uno dei motivi per cui i giovani tendono a consumare meno vino delle precedenti. Per noi produttori è obbligatorio ascoltare i più giovani e capire cosa si aspettano dal nostro prodotto”.Alla fine,  tipologia di vini più degustata è risultata essere dei bianchi (46% delle degustazioni totali), seguita da quella dei rossi (39%) e rosati (15%). LEGGI TUTTO