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    Herita (era Santa Margherita) – risultati e dati di bilancio 2024

    Santa Margherita S.p.a. ha pubblicato per la prima volta il proprio bilancio con la nuova denominazione sociale diventata “Herita S.p.a.”. L’esercizio  2024 mostra un leggero leggero calo sia per le vendite (-3% a 248 milioni) che per l’utile netto (41 milioni). Nonostante questo, Herita ha mantenuto una generazione di cassa particolarmente interessante, che ha consentito di pagare un buon dividendo (25 milioni) ma soprattutto di acquistare il 5% di Ca’ del Bosco (per 11 milioni) portando la partecipazione nel secondo marchio più importante del gruppo al 65%. Il debito è rimasto invariato a 138 milioni, un livello perfettamente compatibile con i margini dell’azienda, a 1.7 volte l’EBITDA.
    L’operazione di acquisto di questo 5% mette in luce l’elevato valore della partecipazione. L’azienda è stata valutata poco meno di 300 milioni di euro (di cui 223 milioni di valore azionario), che corrisponde a un multiplo di 5.6 volte le vendite e 16 volte l’EBITDA. Gli alti margini (35% EBITDA), la presenza di un magazzino molto rilevante (57 milioni di euro al costo di produzione) e di un patrimonio fondiario rilevante sono certamente fattori che hanno influenzato la valutazione della quota.
    Passiamo a un’analisi più dettagliata dei numeri.

    Le vendite consolidate calano del 3% a 248 milioni, con un calo leggermente meno marcato per i prodotti finiti a -2.6%. All’interno di questa categoria le vendite in Italia sono in calo dell’1.7%, le esportazioni sono scese del 4.3%).
    Non disponiamo delle vendite per marchio ma per entità legale, che non sono pienamente sovrapponibili, visto che Herita (Santa Margherita) SpA distribuisce anche alcuni dei marchi del gruppo. Le vendite di Ca’ del Bosco sono in calo dell’1% a 52 milioni, Pile e Lamole nel Chianti cresce del 7%, mentre Ca’ Maiol (Lugana) perde il 20% a 6 milioni riflettendo i minori volumi prodotti a causa degli eventi meteorologici avversi subiti nell’annata vendemmiale precedente.
    I margini sono in leggero calo essenzialmente a causa della diminuzione del fatturato. Il valore aggiunto scende dal 47% al 46.3% mentre l’EBITDA o MOL scende da 85 a 80 milioni (-6%) con un margine che passa dal 33% al 32%. Ammortamenti e oneri finanziari sono stabili (i secondi grazie alle rettifiche su cambi) e l’aliquota fiscale scende di un paio di punti al 22%, il che consente di mantenere l’utile a 41 milioni, in calo soltanto del 4% sul 2023. A questo contribuisce anche l’impatto dei minori interessi di minoranza derivanti dall’incremento della quota in Ca’ del Bosco.
    Il debito è stabile a 138 milioni di euro, corrispondente a 1.7 volte l’EBITDA (1.6x nel 2023). Il flusso di cassa si è attestato a 60 milioni di euro ed è praticamente stato interamente ridistribuito tra il dividendo (25 milioni, sarà stabile anche quest’anno e corrisponde a poco più del 60% dell’utile), l’investimento nella quota di Ca’ Del Bosco (11 milioni), gli investimenti (stimiamo circa 15-16 milioni, considerando che solo Herita e Ca’ del Bosco ne hanno fatti 12) e un leggero incremento del capitale circolante (+5 milioni) dovuto soprattutto all’aumento delle rimanenze (+10).

    Dati in formato testo disponibili nella sezione Solonumeri.

    Se siete arrivati fin qui……ho un piccolo favore da chiedervi. Sempre più persone leggono “I Numeri del Vino”, che pubblica da oltre dieci anni tre analisi ogni settimana sul mondo del vino senza limitazioni o abbonamenti. La pubblicità e le sponsorizzazioni servono per aiutare una missione laica in Perù. Per fare in modo che questo lavoro continui e resti integralmente accessibile, ti chiedo un piccolo aiuto, semplicemente prestando da dovuta attenzione con una visita alle inserzioni e alle sponsorizzazioni presenti nella testata e nella sezione laterale del blog. Grazie. Marco LEGGI TUTTO

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    Cile – esportazioni di vino 2024

    I dati di esportazione del vino cileno nel mondo sono sempre stati fonte di sorprese e considerazioni interessanti e quest’anno non è da meno. Fino al 2008 il principale mercato del Cile era il Regno Unito, dal 2009 al 2015 sono stati gli USA a trainare le esportazioni, poi dal 2016 la Cina è passata al comando e, dal 2024, è diventato il Brasile il primo mercato. Il dato totale parla di una ripresa dell’export del 6% a 1.5 miliardi di euro, però dopo il crollo subito nel 2023 (-22%) e quindi restiamo ben sotto alla media 2015-22 di 1.7 miliardi di euro. I volumi di esportazione restano piuttosto elevati, 7.8 milioni di ettolitri, anche se anch’essi sotto la media storica di 8.7m/hl. Va detto che si confrontano con una produzione di vino che negli anni (anche per motivi climatici) è scesa sotto la media storica di 10m/hl, attestandosi a 9.2m/hl nel 2023 e 8m/hl nel 2024.

    Passiamo a commentare qualche dato insieme, con tutti i grafici e le tabelle incluse.

    Le esportazioni cilene di vino sono rimbalzate del 6% a 1498 milioni di euro, per un volume di 7.8 milioni di ettolitri (2023 non disponibile). La suddivisione per categorie vede i vini in bottiglia crescere del 7% a 1.22 miliardi di euro e i vini sfusi del 3% a 261 milioni di euro.
    Come accennavamo sopra, grande stravolgimento con i dati per mercato, essenzialmente derivante dal crollo delle esportazioni verso la Cina, che dopo essere passate da 287 milioni a 191 milioni tra il 2022 e il 2023 hanno perso ulteriormente scendendo a 148 milioni nel 2024 (-22%).
    Il principale mercato diventa il Brasile, forte di un rimbalzo del 17% che riporta il dato 2024, 188 milioni, al massimo storico nel paese. Sono in recupero anche le esportazioni verso il Regno Unito, +17% a 182 milioni, anche se nel passato si erano raggiunti valori più elevati. Il terzo mercato con una crescita del 5% sono gli USA a 149 milioni, poco davanti alla Cina, mentre il sesto mercato è il Giappone, +6% a 128 milioni.
    Visto anche il dato positivo del Messico, in progressione da diversi anni, i mercati di prossimità sembrano essere il nuovo principale sbocco del vino cileno.
    I volumi mostrano una suddivisione geografica diversa, con il Regno Unito a 1.1 milioni di ettolitri, la Cina e gli USA a 0.9m/hl, il Brasile a 0.7 e il Giappone a 0.6.

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    Toscana – produzione di vino e superfici vitate 2024 – dati ISTAT

    Dopo la pessima annata 2023, la produzione di vino in Toscana è tornata sopra il livello medio storico nel 2024, con un totale di 2.7 milioni di ettolitri. Il +50% sul 2023 e +10% sulla media decennale sono entrambi meglio del dato italiano (+13% e -1%), segno che le difficoltà del 2023 hanno colpito soprattutto le regioni del centro Italia. Una inaspettata e probabilmente errata attribuzione degli ettari vitati non ci consente un confronto sensato a livello di superfici (pubblico il dato 2024, che mi sembra più giusto), che per la Toscana sono stimate da ISTAT a 52800 ettari, in crescita del 2% sul 2023. Il revival dei vini IGT si vede anche qui, pur restando dentro una proporzione limitata (29% della produzione totale), in una regione dominata dai vini DOC (63% nel 2024).
    Passiamo a un breve commento dei dati con tutte le tabelle e ulteriori grafici allegati. Dati in formato testo disponibili nella sezione Solonumeri.

    La produzione di vino in Toscana si è ripresa nel 2024 tornando sopra il livello medio del decennio a 2.72m/hl, che rappresentano il 6% della produzione nazionale (rispetto al 5% storicamente).
    La produzione è principalmente di vini rossi (87% del totale), e all’interno dei vini rossi di DOC (68%). Nel 2024 è tornata a 2.4m/hl, +50% e +10% sulla media storica.
    I vini bianchi sono abbastanza marginali, e molto più esposti alla categoria dei vini IGT, che rappresentano oltre la metà del totale. Nel 2024 la produzione in Toscana di vini bianchi è stata dell’11% sopra la media storica a 357mila ettolitri.
    Anche in Toscana si sta tornando ai vini IGT, che sono cresciuti da 0.5 a 0.8m/hl, ponendosi il 22% sopra la media storica 2014-2023. Per i vini DOC la produzione totale è stata di 1.7m/hl, l’8% sopra la media storica del periodo.
    Come dicevo sopra non mi trovo molto a mio agio con le superfici vitate pubblicate tra il 2023 e il 2024. Secondo il dato pubblicato da ISTAT nel 2024, gli ettari totali sono 52800, di cui 17600 in provincia di Siena, 14600 in provincia di Firenze, 7500 in provincia di Grosseto e 5600 in provincia di Arezzo. Vengono poi Livorno e Pisa tra 2500 e 3000 ettari ciascuna mentre Prato, Pistoia, Massa-Carrara e Lucca sono tutte sotto i 1000 ettari ciascuno.
    Vi lascio alla consultazione delle tabelle.

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    I dati finanziari cumulati delle aziende vinicole 2023 – Rapporto Mediobanca

    I risultati 2023 delle 154 aziende vinicole italiane con oltre 20 milioni di fatturato analizzate dal rapporto Area Studi Mediobanca hanno avuto un 2023 stabile a livello operativo, con un deterioramento dell’utile netto e della redditività per gli azionisti essenzialmente dovuto all’incremento del debito e di conseguenza degli oneri finanziari. Le conclusioni sono quasi le medesime della scorsa settimana, quando abbiamo analizzato il campione totale (255 aziende) che includeva anche le cooperative. Senza di esse il fatturato è andato leggermente meglio, i margini sono rimasti stabili, mentre la leva finanziaria è salita in virtù di maggiori investimenti e di un marcato peggioramento del capitale circolante netto.
    Le prospettive non sono purtroppo rosee. Le indicazioni preliminari di Mediobanca dicono che il fatturato 2024 è rimasto stabile, mentre le aspettative per il 2025 sono per una crescita molto leggera nella migliore delle ipotesi. Sarà dunque importante rivolgere l’attenzione ai costi, e in particolare a quelli gestibili, come il costo del personale che nel 2024 è cresciuto a un passo ben superiore a quello delle vendite.
    Passiamo avanti con il commento dei numeri, tabella e grafici.

    Le vendite delle 154 aziende incluse nel campione sono rimaste stabili, con un andamento uguale per Italia ed export, coerente con il dato ISTAT relativo alle esportazioni. Se confrontiamo i 6.2 miliardi di fatturato con il dato ribasato di 5 anni deriviamo una crescita delle vendite annua del 4%, fatta di +3.9% in Italia e +4.4% all’estero.
    Il margine industriale è migliorato dal 23% al 23.6%, ma il progresso è stato mangiato da un incremento del costo del personale del 4.6%, costato lo 0.4% di margine che porta quindi l’EBITDA sulle vendite a un progresso più limitato, dal 13.9% al 14.1%, per un valore di 873 milioni, comunque il più elevato del campione. Anche in questo caso se allarghiamo lo sguardo a 5 anni, vediamo che le aziende vinicole italiane hanno guadagnato in produttività (a differenza del 2023), visto che a fronte di un incremento annuo del 5.6% del margine industriale, il valore aggiunto cresce del 6.3% annuo, implicando un incremento più moderato del costo del personale. L’utile operativo è stabile al 9.2% vista la crescita dell’incidenza degli ammortamenti.
    L’utile netto del campione cala da 375 a 331 milioni. Il dato qui è più difficile da “giudicare” visto che intervengono una serie di componenti non ricorrenti. Quello che è chiaro è che gli oneri finanziari sono cresciuti di 40 milioni di euro a 57 milioni, e questo spiega quasi in toto il calo degli utili.
    Questo incremento degli interessi passivi ci ricollega alla parte finanziaria: l’indebitamento finanziario netto sale da 1.4 a 2 miliardi di euro, per un rapporto con l’EBITDA di 2.3 (da 1.6). Il capitale investito cresce da 8.6 a 9.4 miliardi per via dei crescenti investimenti (393 milioni nel 2023, il 6.4% del fatturato, livello più alto dal 2018) ma anche del capitale circolante. Pur rimanendo molto ben patrimonializzato (debito/patrimonio 0.3), il settore ha visto quindi un incremento della leva finanziaria, probabilmente anche legato al maggiore dinamismo della parte acquisizioni. LEGGI TUTTO

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    Esportazioni di spumante Italia – aggiornamento primo trimestre 2025

    Sebbene il periodo sia poco significativo, nel primo trimestre le esportazioni di spumante si sono quasi fermate (+1%), facendo venir meno la spinta che negli ultimi anni avevano dato al nostro export di vino. Il periodo si è caratterizzato per forti oscillazioni tra i diversi mercati, con dati fortissimi per USA, Svizzera e Francia, compensati dal crollo della Russia (-59%), in misura minore, della Germania (-19%). Come dicevo sopra, il primo trimestre è un periodo anomalo, normalmente soltanto il 20% dell’anno, ma occorrerà capire che cosa succede nel mercato americano, visto che per il momento l’andamento non positivo delle esportazioni deriva più da una “normalizzazione” delle spedizioni in Russia che non da una crisi vera. Tra le categorie, resta positivo il Prosecco, calano tutti le altre tipologie.

    Tabelle complete, ulteriori grafici e commento dettagliato nel resto del post.

    Le esportazioni di spumante in marzo sono calate del 6% a 173 milioni di euro, portando quindi il primo trimestre a chiudere a 496 milioni, +1%. Il dato è essenzialmente allineato per quanto riguarda volumi (-1%) e prezzi (+1%).
    Dal punto di vista delle categorie, il Prosecco continua a crescere, +5% a 387 milioni nel trimestre (stabile in marzo), mentre sono molto negativi i dati dell’Asti (-21% a 25 milioni) chiaramente influenzato dalla sovraesposizione a Russia e Lettonia. Gli spumanti DOP e tutti gli altri spumanti sono in calo del 9-10% nel primo trimestre.
    Dal punto di vista dei mercati gli USA sono cresciuti del 6% anche in marzo e il trimestre si è chiuso con un incremento del 21% a 144 milioni di euro. Il Regno Unito è stabile a 77 milioni (la metà degli USA… prima del Covid erano sul medesimo livello…), la Germania cala del 19% a 29 milioni e teoricamente sarebbe superata dalla Francia, +13% a 31 milioni, anche se tirare delle conclusioni sul primo trimestre è molto prematuro (la Germania è ancora avanti sugli ultimi 12 mesi). Sono invece più che dimezzate le esportazioni verso la Russia, 16 milioni, mentre è stabile il Belgio a 24 milioni e la Svizzera recupera (+17%) a 18 milioni dopo un anno negativo.
    Nel segmento del Prosecco, le esportazioni verso gli USA sono ancora più forti, +32% a 132 milioni di euro, ed è ancora più forte il crollo russo, -65%. Curiosamente sono invece negativi i dati dei nostri spumanti DOP in USA, -23%, compensati da una forte crescita nel mercato svizzero. Vedremo se questi trend si stabilizzeranno.

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    Esportazioni di spumante Italia – aggiornamento primo trimestre 2025

    Sebbene il periodo sia poco significativo, nel primo trimestre le esportazioni di spumante si sono quasi fermate (+1%), facendo venir meno la spinta che negli ultimi anni avevano dato al nostro export di vino. Il periodo si è caratterizzato per forti oscillazioni tra i diversi mercati, con dati fortissimi per USA, Svizzera e Francia, compensati dal crollo della Russia (-59%), in misura minore, della Germania (-19%). Come dicevo sopra, il primo trimestre è un periodo anomalo, normalmente soltanto il 20% dell’anno, ma occorrerà capire che cosa succede nel mercato americano, visto che per il momento l’andamento non positivo delle esportazioni deriva più da una “normalizzazione” delle spedizioni in Russia che non da una crisi vera. Tra le categorie, resta positivo il Prosecco, calano tutti le altre tipologie.

    Tabelle complete, ulteriori grafici e commento dettagliato nel resto del post.

    Le esportazioni di spumante in marzo sono calate del 6% a 173 milioni di euro, portando quindi il primo trimestre a chiudere a 496 milioni, +1%. Il dato è essenzialmente allineato per quanto riguarda volumi (-1%) e prezzi (+1%).
    Dal punto di vista delle categorie, il Prosecco continua a crescere, +5% a 387 milioni nel trimestre (stabile in marzo), mentre sono molto negativi i dati dell’Asti (-21% a 25 milioni) chiaramente influenzato dalla sovraesposizione a Russia e Lettonia. Gli spumanti DOP e tutti gli altri spumanti sono in calo del 9-10% nel primo trimestre.
    Dal punto di vista dei mercati gli USA sono cresciuti del 6% anche in marzo e il trimestre si è chiuso con un incremento del 21% a 144 milioni di euro. Il Regno Unito è stabile a 77 milioni (la metà degli USA… prima del Covid erano sul medesimo livello…), la Germania cala del 19% a 29 milioni e teoricamente sarebbe superata dalla Francia, +13% a 31 milioni, anche se tirare delle conclusioni sul primo trimestre è molto prematuro (la Germania è ancora avanti sugli ultimi 12 mesi). Sono invece più che dimezzate le esportazioni verso la Russia, 16 milioni, mentre è stabile il Belgio a 24 milioni e la Svizzera recupera (+17%) a 18 milioni dopo un anno negativo.
    Nel segmento del Prosecco, le esportazioni verso gli USA sono ancora più forti, +32% a 132 milioni di euro, ed è ancora più forte il crollo russo, -65%. Curiosamente sono invece negativi i dati dei nostri spumanti DOP in USA, -23%, compensati da una forte crescita nel mercato svizzero. Vedremo se questi trend si stabilizzeranno.

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    Le esportazioni di spumante in marzo sono calate del 6% a 173 milioni di euro, portando quindi il primo trimestre a chiudere a 496 milioni, +1%. Il dato è essenzialmente allineato per quanto riguarda volumi (-1%) e prezzi (+1%).
    Dal punto di vista delle categorie, il Prosecco continua a crescere, +5% a 387 milioni nel trimestre (stabile in marzo), mentre sono molto negativi i dati dell’Asti (-21% a 25 milioni) chiaramente influenzato dalla sovraesposizione a Russia e Lettonia. Gli spumanti DOP e tutti gli altri spumanti sono in calo del 9-10% nel primo trimestre.
    Dal punto di vista dei mercati gli USA sono cresciuti del 6% anche in marzo e il trimestre si è chiuso con un incremento del 21% a 144 milioni di euro. Il Regno Unito è stabile a 77 milioni (la metà degli USA… prima del Covid erano sul medesimo livello…), la Germania cala del 19% a 29 milioni e teoricamente sarebbe superata dalla Francia, +13% a 31 milioni, anche se tirare delle conclusioni sul primo trimestre è molto prematuro (la Germania è ancora avanti sugli ultimi 12 mesi). Sono invece più che dimezzate le esportazioni verso la Russia, 16 milioni, mentre è stabile il Belgio a 24 milioni e la Svizzera recupera (+17%) a 18 milioni dopo un anno negativo.
    Nel segmento del Prosecco, le esportazioni verso gli USA sono ancora più forti, +32% a 132 milioni di euro, ed è ancora più forte il crollo russo, -65%. Curiosamente sono invece negativi i dati dei nostri spumanti DOP in USA, -23%, compensati da una forte crescita nel mercato svizzero. Vedremo se questi trend si stabilizzeranno.

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    I dati finanziari cumulati del settore vino 2023 – Rapporto Mediobanca

    Il rapporto sul settore del vino prodotto da Area Studi Mediobanca è da sempre un punto di riferimento e un appuntamento fisso del blog per il rigore e la completezza dell’analisi. Ringrazio Gabriele Barbaresco e il suo gruppo di lavoro (che ho recentemente conoscuito di persona) per averlo condiviso anche quest’anno. In questo post analizziamo i dati cumulati di 255 aziende vinicole con oltre 20 milioni di fatturato, seguiranno quelli delle aziende non cooperative e delle aziende specializzate nel segmento degli spumanti.
    Dopo il balzo del 2022, nel 2023 il fatturato delle aziende vinicole italiane non è cresciuto (-0.1%), anche se il calo dei costi delle materie prime ha consentito un robusto miglioramento del margine industriale (di quasi 1 punto percentuale). Il risultato finale è di un utile netto in calo, eroso scendendo nel conto economico dall’aumento del costo del personale (+646 addetti, +4% il loro costo), degli ammortamenti (+4.6%) ma soprattutto degli oneri finanziari (maggiore debito per via di investimenti e acquisizioni).
    Anche dal punto di vista finanziario, dopo anni estremamente virtuosi, il debito e i rapporti di indebitamento crescono (2.8x debito netto su MOL da 2.3x), per via dell’aumento delle scorte, dei maggiori investimenti (e riteniamo acquisizioni).
    Cosa dice il rapporto sul 2024? Beh, i dati preliminari parlano di un altro anno con vendite stabili, anche se le previsioni indicano un miglioramento più deciso dei margini, che consentirebbe un incremento degli utili del 10% circa.
    Passiamo a un’analisi più dettagliata dei dati con tabelle e dati.

    Le vendite delle 255 aziende (di cui 82 cooperative, 154 aziende italiane e 19 estere) sono rimaste stabili a 11.7 miliardi, con un perfetto bilanciamento Italia-estero entrambi a 5.8-5.9 miliardi.
    I margini sono leggermente cresciuti, con un incremento del valore aggiunto del 4.3% a 2.28 miliardi di euro, per un margine del 19.5%. Con un incremento del costo del personale del 4.3% (addetti +3.3% a 20487), il MOL (o EBITDA in senso lato) è cresciuto del 4.3% anch’esso a 1.23 miliardi, mentre l’incremento degli ammortamenti del 4.6% ha portato l’utile operativo a un +4% a 722 milioni di euro, per un margine del 6.2% rispetto al 5.9%, ancora sotto il 6.6% “record” del 2021. La voce più negativa è quella degli oneri finanziari, praticamente raddoppiati, che si sono mangiati la crescita dell’utile operativo, portando a un utile netto di 412 milioni, in calo del 19% sul dato del 2022.
    Passando alla parte finanziaria, il debito finanziario netto cresce in modo marcato, da 2.7 a 3.4 miliardi di euro, passando da 0.28 a 0.34 volte il patrimonio e da 2.3 a 2.8 volte l’EBITDA. Sebbene si tratti di rapporti molto moderati, soprattutto considerando la dotazione fondiaria dell’attività, si tratta del primo cambio di tendenza da diversi anni. Oltre all’aumento del capitale circolante (soprattutto legato alle scorte di magazzino, da 3.2 a 3.6 miliardi di euro), si è registrato un incremento degli investimenti (da 591 a 665 milioni di euro, dal 5% al 5.7% del fatturato), anche legato al crescente consolidamento del settore.
    Bene, vi lascio alle tabelle e ai grafici.

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