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    Il consumo di vino in USA – aggiornamento Wine Market Council 2021-22

    Diciamolo subito: senza l’intelligenza artificiale non avrei mai trovato questo materiale del Wine Market Council.
    Il Wine Market Council dicevo appunto sviluppa statistiche sulla struttura dei consumi americani di vino. Come potete immediatamente leggere dalle statistiche soltanto un terzo degli americani consuma vino, mentre quasi il 40% non beve niente o quasi niente. Ci troviamo dunque di fronte a un mercato grande ma “diverso” da quelli vicini a noi. Innanzitutto, per gli americani il consumo “abituale” non è giornaliero. Soltanto il 7% di quel 33%, quindi il 2% degli americani beve vino giornalmente. È più da intendere come abitudine settimanale (la metà dei bevitori) o anche meno che settimanale (circa il 45%). C’è poi un tema di fasce di età, che invece accomuna credo tutti i paesi del mondo: i giovani bevono meno vino e più bevande alcoliche, forse per le abitudini della loro età (e allora si trasformerà), ma forse anche per stili di consumo diversi. Così si scopre che a fronte del 40% circa di americani 70enni o più che bevono vino, meno del 30% della fascia 21-29 anni lo fa. Il tutto nell’ambito di un consumo di vino che in % alla popolazione totale è arrivato nel 2021 al minimo degli ultimi anni (la storia arriva al 2015), con un calo sia dei consumatori abituali che di quelli sporadici (il che differisce dai nostri mercati in cui i primi scendono e gli altri salgono). Ah, ultima cosa non meno importante: le donne consumano più vino che gli uomini, non viceversa come da noi! Bene, se vi interessa l’argomento nel resto del post ci sono ulteriori dettagli, grafici e tabelle.

    Il consumo di bevande alcoliche in USA copre il 72% della popolazione oltre 21 anni, ossia 251 milioni di americani. Di questi, il 10% beve raramente, il 29% beve bevande alcoliche che non sono vino, il 15% beve vino ma non più di una volta al mese, mentre il rimanente 18% beve vino con una frequenza almeno settimanale.
    Soltanto il 2.3% della popolazione americana in età compatibile con il consumo di bevande alcoliche beve vino con una frequenza giornaliera. Giusto per confronto, se leggete i post relativi a Francia e Italia trovate questa penetrazione all’11% e al 17% rispettivamente.
    I bevitori abituali di vino (quindi “settimanali”) sono poi in proporzione all’età dal 16% della popolazione giovane al 23% della popolazione di ultra70enni. Lo stesso in realtà vale per quelli sporadici (“mensili o meno”), dal 13% dei giovani al 16% degli anziani.
    Altre considerazioni sembrano essere interessanti: gli astemi sono meno tra i giovani che tra gli anziani: 20-25% contro 37%. Come già sappiamo guardando i nostri dati, i giovani bevono “altre bevande alcoliche”: il 35% del totale contro il 14% del totale.
    Chiudo con un paio di considerazioni ulteriori altrettanto interessanti: in USA sono più le donne che gli uomini a bere vino (28% contro 38%), mentre dal punto di vista della provenienza, soltanto gli ispanici bevono meno vino (ma più altre bevande, presumibilmente birra).

    Se siete arrivati fin qui……ho un piccolo favore da chiedervi. Sempre più persone leggono “I Numeri del Vino”, che pubblica da oltre dieci anni tre analisi ogni settimana sul mondo del vino senza limitazioni o abbonamenti. La pubblicità e le sponsorizzazioni servono per aiutare una missione laica in Perù. Per fare in modo che questo lavoro continui e resti integralmente accessibile, ti chiedo un piccolo aiuto, semplicemente prestando da dovuta attenzione con una visita alle inserzioni e alle sponsorizzazioni presenti nella testata e nella sezione laterale del blog. Grazie. Marco LEGGI TUTTO

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    Esportazioni di vino Italia – aggiornamento novembre 2023

    La stabilizzazione del mercato americano (e canadese) negli ultimi due mesi sta dando un po’ di respiro alle esportazioni italiane di vino in questa fase finale dell’anno, aiutata anche dalla stagionalità particolarmente favorevole degli spumanti. Sebbene i trend siano volatili e di difficile lettura per il futuro potremmo a questo punto dire che il 2023 si chiuderà con un leggerissimo calo, intorno all’1%. Niente in confronto a quello che commenteremo nelle prossime settimane per il Cile (esportazioni -22%) oppure per il Sud Africa (-13%) e probabilmente leggermente meglio della Francia (che dovrebbe essere scesa intorno al 5%), anche se va detto che i francesi hanno fatto molto meglio di noi in uscita dal Covid e, nel 2023, nei principali mercati. Ad ogni modo, tornando ai nostri dati, resta importante il contributo del Prosecco, che si avvia a chiudere il 2023 con un +5% e circa 1.6-1.7 miliardi di esportazioni su un totale di circa 7.8 miliardi a cui chiuderemo l’anno. Passiamo a commentare qualche dato insieme.

    Novembre è l’ultimo mese “importante” dell’anno per le esportazioni di vino. Il mese ha chiuso a +1%, montando sopra un Novembre 2022 che era cresciuto del 5%, per un totale di 755 milioni di euro. Nello specifico, gli spumanti sono stati stabili (più Prosecco e meno altri, inclusi DOP), i fini fermi sono cresciuti del 2% e i vini sfusi sono calati del 7%.
    Il ritmo da inizio anno è -1.1% per 7.2 miliardi, se chiudiamo con un dicembre stabile sull’anno scorso finiamo a 7.8 miliardi circa con un calo dello 0.9%, fatto di un -2.5% per i vini fermi (ma con un finale in miglioramento), un +2.5% per gli spumanti e un +1% per gli sfusi.
    Anche i dati sui mercati sono ormai vicini a essere fissati. Come vedete dal grafico, la “gambetta” all’insù degli USA e del Canada è ovviamente il principale fattore che spiega il miglior andamento di ottobre e novembre. Detto questo gli USA chiuderanno a -5/6%, la Germania intorno a +2%, il Regno Unito a +4/5%, la Svizzera intorno a -2%, il Canada a -10%, la Francia a +10%, Olanda e Belgio tra il +2% e la parità.
    Il segmento degli spumanti vede curiosamente gli USA chiudere un po’ peggio del totale (quindi con i vini fermi a scendere di meno), intorno a -6/7%, compensati da un andamento migliore in Germania (intorno a +5%) e soprattutto con la Francia che dovrebbe chiudere un altro anno a oltre +20%, insieme ad alcuni mercati dell’Est Europa come Polonia e Lettonia che stanno diventando sempre più pesanti (la Lettonia la conosciamo bene sul blog quando discutiamo di Asti Spumante).
    Appuntamento al 17 e 19 marzo per l’aggiornamento annuale!

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    Produzione e consumo di vini rosati (dati 2000-2021) – rapporto OIV

    L’OIV ha spesso guardato al segmento dei vini rosati con dei focus speciali. Ci ritorniamo sopra oggi, sempre grazie ai dati OIV ma relativi al loro rapporto annuale che ha coinvolto tutte le categorie di vino e che potete trovare scorrendo i post degli ultimi giorni. I vini rosati sono senza dubbio una categoria in crescita, ma con un “footprint” un’orma ancora molto concentrata e con una rappresentatività molto limitata: 10% dei consumi e 8% della produzione nella media secondo OIV 2017-2021, per un totale poco sopra i 20 milioni di ettolitri. Però con un trend positivo, essendo passati dall’8.7% al 9.5% del consumo mondiale, da 20 a 23 milioni di ettolitri tra il 2000-2004 e il 2017-2021. Come vedrete dai grafici e dalle tabelle che seguono il segmento dei vini rosati è guidato chiaramente da Francia e USA per quanto riguarda i consumi e si aggiunge la Spagna quando si considerano i dati produttivi, mentre l’Italia ha posizioni marginali, intorno o meno del 4% sia per quanto produciamo che per quanto beviamo. Il primo grafico vi aggiunge una curiosità: quanto è il vino rosato in proporzione al vino totale. E qui leggiamo l’Uruguay davanti a tutti (avrei immaginato vini rossi in preponderanza, viste le carni che hanno), ma anche come già citato in precedenza che i francesi bevono secondo OIV più vino rosato che vino bianco. I dati 2021 aggiungono una seconda cuiriosità: i francesi sembrerebbero produrre meno vino rosato di quello che bevono, mentre gli americani al contrario sono in surplus: quasi un “controsenso” nel contesto normale del vino mondiale! Bene, passiamo a una breve analisi dei dati.

    Secondo OIV, nel 2014-2021 il 32% del vino rosato mondiale è prodotto in Francia, una quota in crescita relativa nel tempo, visto che era il 27% nel 2007-13 e il 24% nel 2000-2006. Questo aumento di quota è andato a discapito degli spagnoli, scesi al 19% del totale mondiale dal 26% inizio secolo, mentre gli USA si sono mantenuti poco sotto il 20%. L’Italia come dicevamo è lontana, rappresenta solo il 5% del totale mondiale.
    Se guardiamo ai dati 2021 in particolare e in ettolitri, la Francia ha prodotto 6.5 milioni di ettolitri, la Spagna 3.7, gli USA 3.4 e l’Italia poco più di 1.
    Passando al consumo, la Francia guida con il 37% del totale mondiale nel 2014-21 (più basso di inizio secolo ma in ripresa rispetto al 2007-13), poi gli USA stabili nel tempo al 14%, i tedeschi intorno all’8%, gli inglesi al 6% e gli italiani al 4%. Di nuovo passando ai dati in ettolitri 2021, OIV stima che i francesi abbiano bevuto 7.6 milioni di ettolitri (nota bene: più di quello che hanno prodotto!), gli USA 3.2 (nota bene: meno di quello che hanno prodotto, unica categoria del vino in cui sono “autosufficienti”), i tedeschi 1.7 e gli inglesi 1.6.

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    Norvegia – importazioni di vino 2023

    La rassegna dei dati 2023 sulle importazioni ed esportazioni di vino comincia oggi con i dati della Norvegia, che sono stati caricati sull’ottimo sito di UNCOMTRADE, che vi ricordo è passato a una modalità “plus” a questo indirizzo, anche se secondo me fa le stesse cose di prima (sarebbe stato meglio avere dei dati più completi…). Dunque parliamo oggi di Norvegia, un mercato che ha visto un deterioramento importante della valuta nel 2023 (da 10 corone a 11.4 corone per 1 euro in media) e che dunque va valutato con attenzione: le importazioni di vino sono state in calo del 2% a volume (916mila ettolitri) e stabili in valore a 484 milioni di euro, ma quest’ultimo dato non rende giustizia a quello che è successo “internamente”. Infatti 484 milioni di euro sono 5.5 miliardi di corone, mentre i 482 milioni dell’anno 2022 erano “costati” in euro soltanto 4.9 miliardi di euro. È dunque un incremento del 14% se visto dal punto di vista dei norvegesi, di quanto hanno speso. Vero è che valuta o non valuta per gli esportatori la Norvegià è su questo livello di poco meno di 500 milioni da 3 anni, per quanto non abbia in alcun modo subito il contraccolpo del Covid. Vincono i francesi in questo mercato, soprattutto negli ultimi anni. Il grafico sotto, un Francia contro Italia, mostra chiaramente che i nostri dati sono stabili (per quanto siamo davanti sui volumi) mentre quelli francesi sono saliti, anche e soprattutto negli ultimi anni, tanto se prima del Covid i dati erano molto simili, oggi la Francia rappresenta 184 di quei 484 milioni, mentre l’Italia, con un leggero calo anche nel 2023, sta a 125 milioni. Passiamo a un’analisi più dettagliata

    Le importazioni norvegesi di vino scendono del 2% a volume a 916mila ettolitri, con un trend di “rinormalizzazione” dopo due anni molto forti post Covid. L’Italia resta il primo esportatore a volume con 247mila ettolitri, ma cala del 7% mentre la Francia resta circa stabile a 216mila ettolitri. Tutti gli altri paesi sono molto distanti, a partire da spagnoli e tedeschi, intorno ai 90mila ettolitri.
    In termini di valore, abbiamo introdotto il tema sopra: il valore in euro importato dai norvegesi è stabile, ma la Francia cresce del 2% a 184 milioni e l’Italia cala del 4% a 125 milioni. Buon risultato dei tedeschi, +11% a 41 milioni, livello più alto di sempre. Il mercato norvegese ha una crescita del 10% annuo in valuta locale tra il 2018 e 2023, quindi particolarmente interessante. Quindi diventa 5% in Euro e in questo +5% la Francia fa +9%, l’Italia +1%.
    Nel segmento degli spumanti, le importazioni sono in crescita del 9% a 87 milioni e il ritmo dal 2018 a questa parte è dell’11% annuo. La Francia domina con 54 milioni, +10% nel 2023 e +17% annuo dal 2018, l’Italia è poco più che stabile, viaggiando a un ritmo del 2% circa.

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    Consumo di vino in Francia (dati 2022) – confronto con Italia e focus sui giovani

    Fonte: France AgriMer
    Le indagini sui consumi di vino destano sempre il mio interesse, sia per capire le differenze tra diverse culture, sia soprattutto per capire se e quanto il settore del vino sarà soggetto a un declino nel lungo termine. Il rapporto sui consumi di vino in Francia è costruito in modo simile a quello italiano e sottolinea un calo strutturale nel consumo di vino, soprattutto nel segmento dei giovani. Il confronto con i dati italiani mette però in luce importanti differenze. Innanzitutto il consumo di vino in Francia è più diffuso che in Italia: il 63% dei francesi beve vino contro il 55% degli italiani. In secondo luogo, la preoccupazione del calo della penetrazione tra i giovani francesi non si vede nel mercato italiano. Come mai? Il consumo di vino tra i giovani in Francia viene da % elevatissime: nel 2015 il 67% dei giovani tra 18 e 24 anni consumavano vino contro il 40% degli italiani. È ovvio che ora sono scesi al 54%, mentre in Italia da una base più bassa si è saliti grazie al consumo sporadico (e credo al prosecco e agli aperitivi) al 45%. Idem per la fascia di 25-34 anni (35 per i francesi, ma fa niente): loro partivano dal 72%, noi dal 54% della popolazione nel 2015, loro hanno perso 5 punti e noi ne abbiamo guadagnati 4. Dunque tirando le fila, sembra chiaro che i francesi bevono di più (il 81% beve bevande alcoliche contro il 66% in Italia) e che dunque avranno più da perdere in futuro, anche se c’è un numero che non torna nel ragionamento: soltanto l’11% dei francesi beve vino tutti i giorni contro il 17% degli Italiani. Passiamo a qualche dato in più.

    Il rapporto sul consumo di vino e bevande alcoliche confronta i dati 2022 con il 2015, mostrando un incremento dal 33% al 37% delle persone che non bevono vino in Francia, mentre i consumatori regolari sono scesi dal 16% all’11% della popolazione. Sono anche in calo quelli che i francesi chiamano “sporadici frequenti”, dal 21% del 2015 al 19%, mentre crescono gli “sporadici rari”, dal 30% al 32%.
    Ovviamente l’età dei consumatori è un fattore importante (e perdonerete il copia-incolla brutale del grafico). I non consumatori sono inversamente proporzionali all’età (salvo a età avanzate, per motivi di salute), il contrario per i consumatori. Vedrete però che chi consuma vino tutte le settimane è meno del 30% della popolazione in tutte le fasce di età.
    Il confronto con l’Italia che proponiamo nell’apertura è particolarmente interessante e mostra chiaramente come il consumo di vino sia più radicato in Francia che in Italia, soprattutto mi viene da dire tra i giovani. Le percentuali di consumo sono molto diverse anche nel 2022, nonostante la convergenza: il 54% dei francesi tra 18 e 24 anni consuma vino contro il 45% degli italiani, il 67% contro il 59% dei 25-34enni. Dall’altra parte è anche vero che secondo le indagini ISTAT il 17% degli italiani beve ancora vino tutti i giorni, mentre secondo l’istituto francese France Agrimer questa abitudine è propria soltanto dell’11% dei francesi.

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    LVMH divisione vino – risultati 2023

    I risultati pubblicati dal LVMH a fine gennaio sono stati considerati sorprendentemente positivi dagli investitori, visto il pessimismo diffuso sull’andamento del settore del lusso. La divisione vino e spiriti era fortemente influenzata anch’essa dalle vicissitudini del Cognac, che in effetti ha pesantemente influenzato la divisione anche nella seconda parte del 2023. Quello che più interessa a noi, ossia la divisione Champagne e vini, invece è andata meno peggio (vendite -5%), nel contesto di un calo dei volumi (-7/9% nel secondo semestre) e di un recupero ulteriore del prezzo mix. Ma soprattutto è andata bene nel margine operativo, che ha quasi raggiunto quello del Cognac al 32% circa nel 2023 e addirittura è stato superiore nell’ultima parte dell’anno, anche grazie alla più spiccata stagionalità. La direzione resta “crescita guidata dalla strategia del valore”, ossia aumentare i prezzi a fronte di una maggiore qualità del prodotto. Le iniziative sono diverse, partendo dal secondo capitolo della partnership di Dom Perignon con Lady Gaga, al nuovo Blanc Singulier di Ruinart che mira a esaltare lo Champagne d’annata fino all’espansione nei vini rosati tramite l’acquisizione di Chateau Minuty. Nel resto del posto, grafici e tabelle dettagliate dei risultati.

    Le vendite della divisione sono state 6.6 miliardi di euro nel 2023, con un calo del 7% sul 2022, definito eccezionale dal management.
    Nel segmento dello Champagne le vendite sono cresciute del 2% a livello organico, nonostante un calo del 6% dei volumi a 66 milioni di bottiglie. La divisione inclusi i vini ha un fatturato stabile, aggiungendo altri 53 milioni di bottiglie vendute, anche in questo caso a -7%. In totale nel 2023 la parte Champagne e vini ha avuto un fatturato uguale al 2022, 3.46 miliardi di euro.
    Se guardiamo soltanto al secondo semestre, le vendite sono in rallentamento, -5% per Champagne e vini, con volumi di Champagne a -9%.
    A livello di margini le cose invece vanno a gonfie vele per la parte Champagne e vini, meno per la parte del Cognac. Stando su quello che a noi interessa l’anno 2023 chiude con 1.1 miliardi di euro di utile operativo, per un margine del 31.6%, superiore al contributo del Cognac (1.0 miliardi) per la prima volta da 15 anni.
    A causa di uno spostamento di avviamento (per oltre 6 miliardi di euro) dalla divisione alla capogruppo, i dati relativi al capitale investito non sono coerenti con il passato. Il ritorno sul capitale calcolato sul 2023, comunque, sulla base dei nuovi dati arriva al 13%, mentre il livello degli investimenti a 538 milioni tocca il suo massimo storico all’8% delle vendite (della divisione nel suo complesso).

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    Produzione e consumo di vini bianchi (dati 2000-2021) – rapporto OIV

    Il segmento del vino bianco sta prendendo sempre più spazio col passare degli anni, insieme ai vini rosati. OIV calcola che il suo consumo sia passato dal 40% al 42% tra il 2000-2004 e il 2017-2021 su un totale a sua volta passato da 232 a 239 milioni di ettolitri. Il che significa da 93 a 101 milioni di ettolitri nel giro di… 17 anni diciamo. La produzione si è mossa di conseguenza, passando dal 46% al 49% del totale mondiale, ossia da 124 a 131 milioni di ettolitri (qui bisogna ricordare che parte del vino bianco viene utilizzato per produrre brandy, cognac e via dicendo e nel totale prodotto c’è questo contributo di circa 30 milioni di ettolitri, mentre non viene giustamente incluso nella parte dei consumi). La seconda cosa da ricordare quando si guardano questi numeri è che il vino spumante fa parte della categoria del vino bianco e quindi viste le abitudini di consumo degli ultimi anni… aiuta. Essendo l’Italia il maggior produttore mondiale di vino anche nel segmento del vino bianco siamo in cima alla classifica per quanto riguarda la produzione, 29 milioni di ettolitri nel 2021 puntuale e il 21% circa della produzione media mondiale 2014-2021, davanti a Francia, Spagna e USA. Nel segmento del consumo sono proprio gli americani a essere cresciuti nel corso degli anni, seguiti da noi italiani, dai tedeschi e poi dai francesi. Bene, passiamo a una breve analisi dei dati.

    La fotografia della produzione 2021 di vini bianchi vede l’Italia al vertice con 29 milioni di ettolitri, seguita dalla Francia con 18, Spagna 17 e poi USA a 13. Vengono poi Sud Africa, Argentina e Germania nell’intorno dei 6m/hl. Questa gerarchia si ripresenta immutata anche guardando le % medie 2014-2021 (su un totale non dichiarato), con Italia al 21%, Francia al 15%, Spagna al 14% e USA all’11%.
    Nei consumi è evidente invece la “scalata” americana, dove sono passati dal 13% del consumato mondiale nel 2000-2006 al 19% nel 2014-2021, con l’Italia che ha perso quota negli anni centrali del 2007-13 per poi stabilizzarsi al 13% del consumo mondiale, la Germania stabilmente all’8% del totale e poi la Francia che perde gradualmente quota nel tempo scendendo al 7% del totale mondiale. Il dato in ettolitri relativo al 2021 dice USA 18 milioni, Italia 14, Germania 8 e Francia 6.6, stesso livello del Regno Unito all’incirca.
    Mettendo tutto insieme si ripresenta il “surplus” produttivo italiano (21% della produzione, 13% dei consumi 2014-21), ma anche Francese (15% contro 7%) e soprattutto spagnolo (14% contro 4%). In questo caso, e a differenza di quanto commentato per i vini rossi, la situazione appare meno preoccupante, proprio per la presenza nel totale del vino spumante, una categoria che segue logiche parzialmente differenti da quelle del vino fermo.

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    Vendite al dettaglio di vino (GDO Italia) – dati Circana, aggiornamento 2023

    Il mercato del vino italiano nella GDO tocca nel 2023 il suo massimo storico in valore a 3020 milioni di euro, +2.5%, per la prima volta da tanti anni con un andamento di nuovo molto simile per i vini fermi e i vini spumanti (inclusi Champagne). In valore si tratta di 7.4 milioni di ettolitri, in discesa del 3.2% rispetto all’anno scorso con un ulteriore “passo” di normalizzazione rispetto all’era del Covid. Sono questi i grandi numeri che ci ha fornito Circana nel suo aggiornamento trimestrale. L’ultimo trimestre è stato un po’ meno positivo dei precedenti, anche per via della struttura della domanda, più orientata verso i vini rossi che crescono meno dei rosati e dei vini bianchi, e nonostante il maggior peso degli spumanti, che come dicevamo non hanno brillato (+1% per gli italiani, -8% per lo Champagne nel quarto trimestre, addirittura peggio del vino fermo che invece è cresciuto dell’1.8%). L’effetto prezzo (e mix) resta molto potente anche nel 2023, +5.6%, portando il prezzo medio al litro a 3.7 euro, ossia il 16% sopra il 2019. Il 2024 si apre dunque con un rallentamento della domanda e probabilmente anche la fine o quasi delle pressioni inflazionistiche che hanno supportato il dati in euro. L’andamento dei volumi sarà dunque importante e ricordarsi di quanto è successo l’anno scorso (e che vedete nei grafici), quando i forti incrementi di prezzi hanno pesantemente influenzato i volumi (-5%), sarà importante. Passiamo a una breve analisi dei dati, che trovate completi all’interno del documento.

    Le vendite di vino nel quarto trimestre sono cresciute dell’1.3% a 923 milioni di euro, con un +1.8% per i vini fermi, trainati dai vini bianchi e rosati (+5% e +9% rispettivamente) quasi completamente compensato da un calo dell’1% dei vini rossi, che come dicevamo fanno il loro picco stagionale nel trimestre. Non sono andate tanto bene le cose nemmeno per i vini spumanti, in crescita soltanto dell’1.2% per il segmento italia e in calo dell’8% per gli Champagne. Qui pesa il calo dei vini spumanti metodo classico (-2.5%) e dei vini dolci (-5%), mentre per gli Charmat secchi si conferma un incremento del 4%.
    I dati sui volumi sono di nuovo negativi. La domanda è calata del 2% nel trimestre, allineata per vini fermi e spumanti italiani, mentre gli Champagne sono giù del 18% per via dei forti incrementi di prezzo applicati (+12%), a ulteriore conferma dell’elasticità della domanda. Nel dettaglio i vini rossi calano del 5% in volume (e sono una parte importante, 0.9 milioni di ettolitri sui 2.07 totali), i bianchi sono a +1% (0.7 milioni), mentre i rosati crescono del 3% ma sono solo 0.1 milioni di ettolitri.
    Non mi resta molto da aggiungere. Il 2023 è stato un anno di crescita in valore di tutte le categorie salvo che per lo Champagne (-11% in GDO) e per gli spumanti dolci (-2%): +1% per i rossi, +6% per i rosati, +3% per i bianchi, +1% per il metodo classico nazionale, +6% per quello charmat.
    Buona consultazione!

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