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    AdVini – risultati primo semestre 2025

    La società francese ha chiuso i conti del primo semestre 2025 con un calo del 4% dei ricavi a 131,6 milioni di euro, ma con un incremento del MOL (EBITDA) del 9% a 9,8 milioni di euro, per un margine sulle vendite del 7,4%, rispetto al 6,5% del primo semestre 2024 e del 6,4% della media dei sette anni precedenti.
    Il management ha quindi confermato il buon lavoro fatto nella ristrutturazione della base dei costi, almeno a livello operativo. Infatti, grazie anche ai minori investimenti, il cash flow è salito a 2 milioni di euro, segnando il terzo trimestre consecutivo di generazione di cassa netta, nonostante la società abbia registrato una leggera perdita in termini di utile netto, a -0,6 milioni di euro rispetto a -2,6 milioni di euro del primo semestre del 2024. Il magazzino è sceso di 4 milioni di euro, ossia di 7 giorni rispetto ai dati di un anno fa.
    Inoltre, il debito netto è sceso di circa 15 milioni di euro a 160 milioni, piuttosto stabile rispetto ai livelli di fine 2024 (di circa 158 milioni di euro), comunque piuttosto elevati. Infatti, in rapporto al capitale proprio, il debito è pari al 217% (dal 222% del primo semestre 2024). Il debito/MOL rolling a 12 mesi è quindi sceso a 8,3 volte, abbastanza in linea con il dato medio di 8,9x degli ultimi sette anni considerando le semestrali e del 8,5x considerando diati di fine anno.
    L’analisi prosegue con grafici e tabella riassuntiva.

    Il contesto commerciale si è stabilizzato per quanto riguarda le esportazioni di vini francesi, che sono salite dell’1,2% in valore sia per quanto riguarda i vini nel loro complesso (fermi e spumanti), sia per i soli vini fermi, con un aumento leggermente superiore (+1,6%) per quanto riguarda il perimetro di riferimento di AdVini (che vale circa 2,9 miliardi di euro). I prezzi in rialzo hanno quindi più che compensato il leggero calo dei volumi (-3,9% per i mercati di sbocco del gruppo).
    Il 61% delle vendite di AdVini è stato dedicato all’export, che ha contribuito per il 68% al margine operativo lordo (EBITDA in inglese).
    Il 44% delle vendite di AdVini è stato realizzato con vini “maisons”, ossia di marca e più pregiati e quindi costosi, che infatti hanno contribuito per il 62% al margine operativo lordo complessivo del gruppo.
    Il management ha sottolineato come:

    1) questi risultati del primo semestre 2025 siano in linea con gli obiettivi e confermino il continuo miglioramento negli ultimi tre semestri;2) AdVini sia un player in grado di conquistare quote di mercato in un contesto vinicolo difficile;3) AdVini, più che mai leader francese nei vini di terroir, continua il suo sviluppo grazie ai suoi marchi e ai suoi team, ed infine:4) facendo affidamento sul valore storico dei propri asset vinicoli e sulla posizione di leadership in Francia e Sudafrica, il management sia determinato ad aumentare il valore delle azioni AdVini.

    Il titolo è in calo del 12% da inizio anno e, nel momento in cui scriviamo, a fine ottobre 2025 capitalizza solo 48 milioni di euro alla Borsa di Parigi. AdVini normalmente scambia controvalori giornalieri modesti (dell’ordine delle migliaia di euro), mentre dopo la pubblicazione dei risultati si è visto qualche volume in più.

    Se siete arrivati fin qui……ho un piccolo favore da chiedervi. Sempre più persone leggono “I Numeri del Vino”, che pubblica da oltre dieci anni tre analisi ogni settimana sul mondo del vino senza limitazioni o abbonamenti. La pubblicità e le sponsorizzazioni servono per aiutare una missione laica in Perù. Per fare in modo che questo lavoro continui e resti integralmente accessibile, ti chiedo un piccolo aiuto, semplicemente prestando da dovuta attenzione con una visita alle inserzioni e alle sponsorizzazioni presenti nella testata e nella sezione laterale del blog. Grazie. Emanuele e Marco LEGGI TUTTO

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    Vendite al dettaglio di vino (GDO Italia) – dati Circana, primi 9 mesi 2025

    Le vendite di vino nella GDO durante l’estate sono continuate in linea con i mesi precedenti, con un leggerissimo calo delle vendite di vino fermo (-0.4%) e una moderata crescita per i vini spumanti (+2.6%) e con i solido “dualismo” volumi in calo, valori in crescita che ha caratterizzato il mercato negli ultimi anni (con l’eccezione del periodo Covid). Secondo i dati gentilmente forniti da Circana e sommando questi dati Q3 con il primo semestre, nei primi 9 mesi dell’anno si è venduto vino per 5.2 milioni di ettolitri, -1.7% rispetto allo scorso anno, per un valore di 2.2 miliardi di euro, +1% sull’anno precedente. Gli spumanti continuano a sostenere il mercato (+6%), anche se entriamo nel loro trimestre critico, che vale quasi il doppio di un trimestre normale.
    Passiamo a un commento più in dettaglio dei dati con grafici e le tabelle complete.

    Nel terzo trimestre 2025, le vendite di vino nella GDO in Italia hanno raggiunto 1.72 milioni di ettolitri (comprensivi degli spumanti), registrando una contrazione del -1,7% rispetto ai 1.75 del Q3 2024. Il segmento del vino fermo è andato peggio, con 1.47 milioni di ettolitri, evidenziando un calo del -2,7%, mentre per gli spumanti i volumi sono cresciuti da 234 a 244mila ettolitri.
    I dati in valore incorporano un effetto prezzo positivo del 2% circa (2.3% per i vini fermi) e dunque sono stabili (+0.3% a 735 milioni di euro), con un dato marginalmente negativo per i vini fermi (559 milioni, -0.4%) e una leggera crescita per gli spumanti (168 milioni, +2.6%).
    Se guardiamo i dati in dettaglio troviamo dati molto omogenei. I vini rossi per esempio non sono andati peggio dei bianchi e dei rosati, grazie a un effetto prezzo più marcato che ha compensato un deficit maggiore di volumi, anche se parliamo di differenze inferiori al punto percentuale. Anche i grafici che trovate sotto vi mostrano delle linee “piatte” tra il secondo e terzo trimestre, a significare che non ci sono state particolari sorprese.
    Sembra esaurirsi la crescita dei vini IGT rispetto alle altre categorie, dopo diversi trimestri molto positivi, mentre continua il declino dei vini comuni, calati nel trimestre del 2% in valore (contro 0% per DOC e IGT) e del 4% in volume (contro -2% circa per DOC e IGT).
    Nel segmento degli spumanti italiani, il +2.6% si scompone in +4.2% per il metodo classico, +2.8% per gli charmat secchi, che restano la categoria dominante (135 sui 168 milioni di euro totali della categoria nel trimestre), mentre gli charmat dolci scendono del 3.7% a 8 milioni di euro.
    Annotazione finale: dopo diversi trimestri di forte crescita, durante l’estate lo Champagne è stato stabile. Con 8 milioni di euro rappresenta circa l’1% delle vendite di vino della GDO in Italia.

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    Esportazioni di vino Italia – aggiornamento luglio 2025

    Avendo appena visto quanto ha fatto la Francia in luglio e agosto, l’andamento delle esportazioni italiane di vino in luglio non è così sorprendente. Le nostre esportazioni hanno subito un calo del 4% su base mensile si confronta con il -8% francese e che porta il saldo dei primi 7 mesi a -1% per 4.6 miliardi di euro. Il calo di luglio è stato essenzialmente guidato dai vini fermi in bottiglia, calati del 7%, mentre per gli spumanti si è trattato di un buon mese, con un incremento del 5%, ottenuto grazie a un robusto incremento dei volumi (+10%). Dal punto di vista dei mercati, beh, la spiegazione non richiede molto tempo: gli USA sono calati del 26%, ossia 50 milioni in un mese da 750 milioni di export… come diceva Franco Califano, “tutto il resto è noia”. Se però allarghiamo l’orizzonte non possiamo non sottolineare che gli USA sono (insieme al Canada) tra i migliori mercati per il vino italiano, in crescita rispettivamente del 6% e 10% sull’anno scorso, in contrasto con il Regno Unito e la Germania che calano del 6% e dell’1% rispettivamente.
    Passiamo a un commento più in dettaglio. Noterete che il post è molto più ricco di tabelle dettagliate e ordinate, meno ricco di grafici. È il risultato del nuovo Coeweb ISTAT, che devo ancora digerire adeguatamente. Buona consultazione.

    Le esportazioni italiane di vino calano del 3% in luglio, portando il saldo da inizio anno a -0.9%. Se guardiamo invece agli ultimi 12 mesi terminanti a luglio, le esportazioni sono ancora in crescita del 2% a 8.1 miliardi di euro, sostenute dall’ottimo andamento degli spumanti nel secondo semestre dello scorso anno.
    Dal punto di vista dei mercati, abbiamo detto sopra dei principali quattro mercati. La Svizzera, quinto mercato è sostanzialmente stabile, la Francia poco meglio (+2% sia nel mese che nei 7 mesi). La Russia dopo sei mesi molto negativi segna un rimbalzo del 25% nel mese, ma il saldo da inizio anno resta a -45%, mentre continua a calare l’export in Giappone, al ritmo del -10% circa, il che lo fa uscire dalla “top 10” dei mercati del vino italiano.
    Sui vini fermi sono una piccola menzione: il Canada è diventato il terzo mercato per l’Italia sui 12 mesi a discapito del Regno Unito.
    Passando brevemente agli spumanti, il mese è positivo (+5%), il saldo da inizio anno a 0% (-1.4% per i vini fermi). Le variazioni percentuali sono molto meno marcate, con gli USA negativi ma soltanto del 10%. Forse la nota negativa che continua è quella del mercato tedesco, -5% nel mese e -12% da inizio anno. La Francia diventa il terzo mercato per i nostri spumanti superando la Germania.

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    Francia – esportazioni di vino – dati primo semestre 2025

    Le esportazioni francesi di vino nel primo semestre sono cresciute dell’1% a 5.15 miliardi di euro, in leggera controtendenza rispetto al -1% registrato a livello mondiale (secondo i nostri calcoli, riferiti alle esportazioni dei principali paesi).
    Stavolta però la notizia non è questa. O meglio non sono le esportazioni semestrali, ma piuttosto quello che Agreste ha pubblicato allargando l’analisi a luglio e agosto, dove si vede una pesante correzione, -8% e -16% rispettivamente, parzialmente legata al crollo delle spedizioni nel mercato americano, scese rispettivamente del 30% in luglio (che è un mese importante, da 219 a 152 milioni) e del 46% in agosto (da 210 a 114 milioni di euro). Non sono andate bene nemmeno le esportazioni nell’UE durante l’estate me l’entità è di minor conto (-4% e -9%). Ad ogni modo, questi dati potrebbero essere un punto di attenzione relativamente alle esportazioni italiane che commenteremo nei prossimi giorni.
    Passiamo a un commento dei dati.

    La Francia ha esportato 5.15 miliardi di euro di vino nel primo semestre, +1%, rispetto al dato stabile dell’Italia e al calo del 2% della Spagna. Nel complesso i maggiori esportatori mondiali hanno esportato per 14.8 miliardi, -1% (anticipazione di un post che verrà).
    In termini di volume, la Francia spedisce sempre meno vino. Se guardate il grafico relativo hanno perso 1 milione di ettolitri nei primi 6 mesi dell’anno rispetto a 4 anni fa, -1.5% rispetto allo scorso anno a 6.2 milioni. Il prezzo medio cresce dunque del 2.5% a 8.8 euro al litro, dopo il calo registrato nel primo semestre 2024.
    Guardando alle principali aree produttive, lo Champagne è a +0.6% nel semestre a 1.64 miliardi, ma poi subisce il calo di cui sopra a luglio e agosto (-6% e -19%), con volumi in ripresa del 5%.
    Bordeaux rimbalza del 4% a 1.07 miliardi di euro ma il dato si confronta con l’ecatombe del 2024 quando nel primo semestre il calo fu del 15%, mentre il +5% dei vini di Borgogna (760 milioni) è più significativo in quanto si innesta su un primo semestre 2024 che era stato quasi stabile. In luglio e agosto i vini di Bordeaux hanno subito cali superiori al 20%.
    Per il resto dei vini invece l’andamento è stato negativo per circa l’1.6% a 2.04 miliardi di euro, con un volume in calo molto simile.
    Vi ho aggiunto una piccola tabella in fondo con l’andamento in USA, UE e resto del mondo, dove si vede che, come per l’Italia, nel primo semestre gli USA sono stati una forza trainante. Ma abbiamo visto che succederà il contrario nella seconda parte dell’anno.

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    Constellation Brands – risultati primo semestre 2025

    La prova che la divisione vino di Constellation Brands si sta sciogliendo come neve al sole è nei dati del secondo trimestre 2025, il primo che esclude completamente i marchi venduti, dove si può vedere facilmente come le vendite in valore siano calate del 65% con un calo del 19% del fatturato “rimanente”. Nella divisione vino, l’azienda sia passata da 71 milioni di utile operativo (secondo trimestre 2024) a 20 milioni di perdita (secondo trimestre 2025). Ma le cattive notizie per Constellation Brands non sono state queste negli ultimi mesi. Lo è stato piuttosto il “profit warning” emesso in settembre con un taglio dell’utile per azione previsto del 10%, che badate bene non è dovuto al vino (le cui indicazioni erano già drammatiche). Così il valore delle azioni ha perso il 35% da inizio anno, comprendendo anche un leggero rimbalzo proprio nella settimana dei risultati.
    Tornando alla divisione vino, CBrands resta una grande azienda del settore ma ovviamente la sua rilevanza sta drasticamente calando.
    Passiamo a un breve commento dei numeri.

    Le vendite del secondo trimestre calano del 15%, di cui -7% per la birra e -65% per la divisione vino.
    La divisione vino ha avuto quindi vendite di 136 milioni, contro i 168 del secondo trimestre dell’anno scorso, escludendo i marchi venduti, quindi -19% organico, anche se le vendite al dettaglio dei marchi rimasti sono cresciute del 2%… il primo dato positivo da diversi trimestri… a forza di tagliare marchi in calo si arriva a un punto in cui… le vendite a parità non calano più…
    Le indicazioni sull’anno sono rimaste invariate, ossia un calo del 17-20% del fatturato organico e un azzeramento dell’utile operativo.
    I volumi trimestrali sono passati da 5.5 a 1.3 milioni di casse (-76%). La cosa interessante è che la divisione vino sta diventando “internazionale” dato che le casse vendute in USA sono passate da 4.9 a 0.8 milioni, mentre quelle nel mercato internazionale sono scese “solo” del 17% a 0.5 milioni di casse.
    Tornando ai dati consolidati, CBrands non ha avuto le svalutazioni incluse l’anno scorso e quindi “cosmeticamente” esce bene. Senza le svalutazioni l’utile operativo di 874 milioni si confronterebbe con oltre 1 miliardo dell’anno scorso… -14%.
    Dal punto di vista finanziario, la vendita dei marchi del vino ha portato un beneficio di quasi 0.9 miliardi di dollari, che ha portato il debito a scendere di circa 1 miliardo dopo aver considerato la generazione di cassa e circa 0.5 miliardi tornati agli azionisti con riacquisti di azioni e dividendi. La leva sull’EBITDA passa da 3.2 del primo trimestre a 3.0 del secondo.

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    I principali ecommerce italiani di vino – dati 2024

    Il 2024 è stato un altro anno difficile per i principali operatori ecommerce specializzati nel segmento del vino. Qui sopra vedete la somma di ricavi (-2%), margine lordo sulle vendite (-3%) e perdita netta (+15%) di cinque di questi che abbiamo analizzato: Tannico (venduta giusto la settimana scorsa), Vino.com, Bernabei, Xtrawine e Callmewine. Ovviamente si tratta di una lista non esaustiva, anzi se qualcuno di voi ha da segnalarmi altri ecommerce “più rilevanti” sarò felice di aggiungerli.
    È anche vero che non è andata male per tutti. In questo post mi sento di menzionare Vino.com, che dati alla mano è riuscita a invertire il trend negativo del fatturato e a tornare in pareggio tagliando i costi. Continua l’andamento negativo (e i contributi dei soci per tenere in piedi) Tannico, che resta il più grande ecommerce, con 60 milioni di fatturato (-7%). Infine, un’ultima considerazione proprio sui contributi dei soci: tutte e 4 le piattaforme pure qui analizzate (Tannico, Callmewine, Vino.com e Xtrawine) hanno ricevuto contributi dai soci (per un totale di circa 19 milioni di euro), mentre per IWB l’online è una divisione di una grande entità e non sono certo di come sia strutturato Bernabei: avendo il più basso margine sulle vendite (21%) ed essendo l’unico non in perdita, non riesco bene a capire come sia strutturato.
    L’analisi prosegue con la tabella di dettaglio per tutti gli operatori nel resto del post.

    Nel 2024 il dato cumulato del fatturato cala del 2.3%, che diventa 1.4% se ricomprendiamo anche IWB. Tannico resta leader con 60 milioni, -7%, poi viene Bernabei, 31 milioni e l’unico in crescita importante (+10%), Vino.com è il terzo con 28 milioni.
    Se guardate la tabella vedete chiaramente che i margini si sono stabilizzati. Vino.com è il più profittevole in termini di “ricarico di vendita” visto che ha un margine del 35%, poi Tannico al 30% e Callmewine e Xtrawine al 26-27%. Come dicevamo sotto Bernabei è al 21%…
    Salvo Bernabei che non è mai andato sotto zero e Vino.com che ha raggiunto il pareggio nel 2024, gli altri tre perdono soldi. Appare preoccupante soprattutto Tannico, passata da 11 a 17 milioni (aggiustato) anche se questo dato si ricollega a un cambio di perimetro di consolidamento (che verrà ridivisa con la vendita da Campari/LVMH a Castel Freres della sola parte italiana). Xtrawine riduce leggermente le perdite, Callmewine resta intorno ai 2 milioni di perdite annue.
    Il livello dei magazzini peggiora leggermente, ma questo è anche dovuto al fatturato in calo. Tannico ha il magazzino più elevato di tutti, il 23% del fatturato, anche se in termini di giorni magazzino è allineato a Callmewine e Xtrawine, ossia circa 280 giorni (260 Callmewine, 300 Xtrawine). In questo contesto, sono Vino.com con l’11% del magazzino sulle vendite (120 giorni) e Bernabei con l’8% (140 giorni) ad avere l’andamento migliore.
    Capitolo finale relativo ai contributi dei soci. Nel 2024 sono stati contribuiti 5 milioni a Vino.com, 10 milioni a Tannico, 1.4 milioni a Callmewine e 2.3 a Xtrawine. Da quando ho cominciato a guardare questi bilanci, Tannico ha ricevuto 72 milioni (32 per fare l’acquisizione di Valap), Vino.com 28, Callmewine 5.4 e Xtrawine 3.6.

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    Mack & Schuhle Italia – risultati 2024

    Quando si guarda il grafico qui sopra con l’evoluzione delle vendite, si capisce da subito che Mack & Schuhle Italia è una “mosca bianca” nel panorama vinicolo italiano. La crescita imponente ha origine dal 2016, quando l’imprenditore locale (famiglia Angelillo) cede la metà dell’azienda al distributore tedesco omonimo, che introduce i vini nei mercati della GDO europea e non solo. Dai 12 milioni di fatturato del 2016, M&S Italia oggi un colosso da 206 milioni, +19%, e destinato a un ulteriore passo in avanti nel 2025. Ovviamente tanta crescita in così poco tempo è compatibile con un modello di business molto leggero (un capitale investito di meno di 30 milioni di euro) e un’attività prettamente commerciale e di imbottigliamento. I principali marchi di M&S Italia, per chi non li conoscesse (e devo essere onesto, mi ci metto) sono Novantaceppi, Zardetto, Grapur, Ca’ di Prata, Villa Frattina e Genevitis.
    Passiamo a un’analisi più dettagliata dei numeri 2024.

    Le vendite sono cresciute del 19% a 206 milioni di euro. Secondo il prezioso blog di Anna di Martino (link), sono state vendute 62 milioni di bottiglie, circa il 5% in più del 2023 il che comporterebbe quindi un prezzo medio di 3.3 euro, +13%.
    Dal punto di vista geografico, M&S Italia ha realizzato un fragoroso +59% in Italia, toccando 61 milioni di fatturato, che ha compensato il calo del 10% in Europa. Sono poi da quest’anno state esplicitate le vendite nel Regno Unito, 31 milioni, il che però rende difficile analizzare la performance degli altri mercati.
    A fronte di questa crescita molto tumultuosa i margini restano piuttosto limitati, anche se in crescita. Nel 2024, il margine EBITDA è salito dal 3.0% al 3.8%, quindi da 5.3 a 7.8 milioni di euro. Di questo circa lo 0.3% è derivato da un migliore margine sugli acquisti, mentre è stata la minor crescita dei costi per servizi a determinare il miglioramento del margine. Il bilancio chiude con un utile netto di 2.2 milioni di euro, esattamente in linea con quello del 2023 per via di maggiori ammortamenti, oneri finanziari ma soprattutto per la mancanza di alcune plusvalenze che avevano sostenuto il bilancio nel 2023.
    Nonostante gli ottimi risultati operativi, l’indebitamento sale leggermente, da 24 a 28 milioni di euro, il che corrisponde a 2.4 volte l’EBITDA (comunque meno dei 3.3x del 2023, grazie alla crescita dell’EBITDA appunto). Il tutto è dovuto a un ulteriore assorbimento di capitale circolante di 5 milioni (dopo i 15 del 2023) e nonostante gli investimenti siano stati veramente limitati (circa 0.3 milioni di euro).

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    Fantini Group – dati di bilancio 2024

    Fantini Group ha compiuto un altro significativo passo avanti nella riduzione del debito derivante dal leverage buy out del 2020. Nel 2024, nonostante un calo delle vendite (-4.4% a 83 milioni), l’incremento dei prezzi di vendita (+3%) grazie allo spostamento del mix verso vini a prezzo più elevato e la riduzione dei costi di produzione ha avuto un forte impatto positivo su margini (EBITDA dal 22% al 27%) e sulla generazione di cassa, che è stata di 13 milioni di euro. Con un debito su EBITDA di 1.6 volte l’azienda controllata dal private equity Platinum (80%) è tornata a una struttura finanziaria molto sana, e potrebbe essere pronta a compiere il prossimo passo. Il 2025 dovrebbe essere un altro anno positivo, anche vista l’esposizione marginale al mercato americano e, secondo la relazione degli amministratori, un andamento in ripresa del mercato europeo (dopo un 2024 pessimo).
    Passiamo a una breve analisi dei dati.

    Le vendite calano del 4.4% a 82.6 milioni di euro, a causa del calo del 9% in Europa, principale mercato per Fantini, scesa da 63 a 57 milioni. Tutti gli altri mercati sono stati in crescita, a partire da Italia e America (entrambi +10%) e Asia (+6%). L’azienda ha specificato che le vendite verso la GDO sono leggermente salite (+1%).
    I costi di produzione hanno fatto la differenza, con costi delle materie prime vinicole stabili e cali nel prezzo di quelle secche come vetro, cartoni e via dicendo, il margine lordo è salito dal 46% al 51% del fatturato. Questo balzo ha più che compensato il calo delle vendite e ha assorbito l’incremento del costo del personale (+4%) e delle altre spese operative (+8%). L’EBITDA rettificato è quindi salito da 19.2 a 22.7 milioni, l’utile operativo è passato da 17 a 20 milioni. Con oneri finanziari stabili ma tasse in leggera crescita (dal 30% al 33%), l’utile netto passa da 4.5 a 6.8 milioni.
    Fantini Group non ha effettuato investimenti rilevanti nel 2024 (2.2 milioni). Questo, insieme al buon controllo del capitale circolante (in calo di circa 1 milione), agli ottimi risultati (generazione di cassa di 15 milioni contro 10-11 dell’anno precedente) e all’assenza di dividendi ha consentito di tagliare il debito da 50 a 37 milioni di euro, che corrisponde a una leva di 1.6x, contro 2.6x dell’anno scorso e rispetto al picco di circa 4 volte dopo il riassetto azionario, quando il debito era salito a circa 74 milioni.

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