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    USA – importazioni di vino – aggiornamento 2024

    Dati in formato testo disponibili nella sezione Solonumeri.
    Le importazioni americane di vino del 2024 sono state poco più che stabili (+1.5%, 6.6 miliardi di euro) a fronte di un cambio con l’euro rimasto invariato (in media) a 1.08. In questo contesto, perde terreno la Francia, che a causa dell’andamento negativo dei suoi spumanti resta ferma sui livelli del 2023, guadagna terreno l’Italia proprio per l’esatta ragione opposta, ossia il buon andamento degli spumanti. Bisogna dire che gli spumanti francesi vengono da due anni eccezionali, 2021 e 2022, che hanno riportato dopo diversi anni il vino francese davanti a quello italiano (per valore), quindi leggerei questi dati piuttosto come “normalizzazione” che non come crisi dei prodotti d’oltralpe. L’osservazione di questi dati porta anche a una seconda considerazione sullla Francia: il volume è stato migliore del valore, anche negli spumanti. Ciò ci segnala che le importazioni dalla Francia sono state caratterizzate da un calo dei prezzi medi, del 7% per il totale e di più del 10% per gli spumanti, dove invece il vino italiano ha tenuto (e anzi migliorato nel segmento degli spumanti).
    Dietro l’Italia si conferma come terzo esportatore in USA la Nuova Zelanda, che però perde decisamente terreno, così come il vino australiano, mentre è stato un ottimo anno per il vino spagnolo, a dire il vero dopo un 2023 molto negativo. Italia e Spagna sono i paesi più vicini al record di esportazioni in USA, che è stato il 2022, quando gli USA importarono vino per 7.3 miliardi di euro: oggi siamo sotto del 10% circa. Quindi un anno così così ma pur sempre di gran lunga il principale mercato sia per noi italiani che per i francesi.
    Il post continua con tutte le tabelle e numeri commentati in dettaglio.

    Le importazioni USA di vino nel 2024 sono state 6565 milioni di euro, +1.5% sul 2023, a fronte un cambio EUR/USD sostanzialmente invariato in media. Di questi, 4636 milioni sono di vino fermo in bottiglia, +2.7%, 287 milioni sono di vino arrivato sfuso, -13% e 1642 milioni sono vini spumanti, +1% rispetto al 2023.
    La Francia e l’Italia sono gli assoluti dominatori, cumulativamente il 70% del totale. La Francia è andata leggermente peggio ma resta leader sia nei vini fermi (+4.5% a 1526 milioni, rispetto al +5% e 1500 milioni dell’Italia) che nei vini spumanti, dove però per il secondo anno scende (-7% a 836 milioni). L’Italia si sta avvicinando nel segmento degli spumanti, visto l’incremento dell’11% a 669 milioni di euro.
    Tirando le somme, gli USA hanno importato per 2383 milioni di euro dalla Francia e per 2193 milioni dall’Italia, +0.3% e +6.5% rispettivamente.
    I volumi importati sono invece stabili a 12.26 milioni di ettolitri, di cui 3.53 arrivano dall’Italia, +6%, 2 vengono dal Canada (che però è solo il decimo nell’import a valore), 1.78 dalla Francia (+7%), 1.1 dall’Australia (-20%) e 0.9 milioni dalla Nuova Zelanda (-11%).

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    Francia – esportazioni di vino 2024

    Dati in formato testo disponibili nella sezione Solonumeri.
    Grazie a un colpo di coda nel mese di dicembre (+19%), la Francia è riuscita a limitare a poco più del 2% la contrazione delle sue esportazioni di vino (11.7 miliardi di euro) che altrimenti sarebbe stata nell’ordine del 4%. La ragione di questa accelerazione finale, ben visibile nel grafico sopra, è molto legato all’anticipo delle spedizioni verso gli USA, +22% in novembre e +118% in dicembre, certamente da attribuire al timore che vengano introdotti dei dazi. Quindi meglio spedire vino oggi piuttosto che rischiare di doverci pagare delle tasse aggiuntive domani. È la stessa cosa che sta capitando al nostro export. Nel post di un paio di giorni fa notavamo che l’export verso gli USA è cresciuto in novembre del 17%, un dato piuttosto coerente con quello francese. Chiaramente, più spedizioni oggi (re-stocking) significano meno spedizioni domani (de-stocking), quindi potremmo assistere a una apertura di 2025 difficile nel mercato.
    Ritornando ai numeri, il calo registrato nel 2024 è strettamente legato allo Champagne, -8% (-334 milioni) e in misura minore al Bordeaux, -4% (-87 milioni), mentre sono tornate a crescere le esportazioni di Borgogna. Meno Champagne significa minor prezzo medio, che infatti cala del 3% a fronte di volumi stabili.
    Grafici, tabelle e ulteriori commenti nel resto del post.

    Le esportazioni francesi di vino nel 2024 hanno mostrato una leggera flessione in valore rispetto al 2023, con un calo del 2,4% a 11,66 miliardi di euro. Tuttavia, il volume è aumentato dello 0,8% a 12,78 milioni di ettolitri, invertendo il trend negativo dell’anno precedente. Il prezzo medio è sceso del 3,1% a 912 euro/hl, pur rimanendo su livelli storicamente elevati.
    Lo Champagne ha registrato la performance più debole, con un calo dell’8% in valore a 3.86 miliardi di euro e del 9,7% in volume. Il prezzo medio è quindi aumentato dell’1.9% raggiungendo 3463 euro/hl.
    I vini di Bordeaux hanno visto una diminuzione del 4% in valore e del 4.5% in volume, mentre i vini di Borgogna hanno ripreso a crescere, +9% in valore e +8% in volume.
    Tutti gli altri vini nel 2024 sono rimasti stabili a fronte di un incremento del 2.6% dei volumi e di un calo del 2.3% del prezzo medio di esportazione.
    Come dicevamo, il secondo semestre è stato meglio del primo anche grazie all’accelerazione finale, ma non è stata sufficiente a “pareggiare il confronto con l’Italia che si appresta a chiudere il 2024 con un incremento tra il 4% e il 5%.

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    Esportazioni di vino Italia – aggiornamento novembre 2024

    Novembre è stato un mese leggermente positivo per le esportazioni italiane di vino, +2%, sospinto da un altro mese positivo per gli spumanti (+8%) e da un andamento sostanzialmente stabile per i vini fermi. Sommato ai dati dei mesi precedenti si arriva a 7.5 miliardi di euro e a un incremento del 5%, con una elevata probabilità di superare la soglia degli 8 miliardi di esportazioni (attualmente siamo a 8.1 miliardi assumendo un dicembre stabile rispetto all’anno scorso).
    I dati del mese sono ovviamente difficili da interpretare: per esempio l’incremento del 17% delle esportazioni verso gli USA è già sufficiente a giustificare l’incremento totale delle esportazioni. Verrebbe da domandarsi se una parte di questo incremento possa essere determinato dai timori per l’introduzione dei dazi sulle importazioni di vino, suggerendo dunque agli importatori di “fare scorta”. Novembre è poi stato un mese di forte controtendenza in Canada, dopo tanti mesi di recupero tanto da farlo diventare il quarto mercato per il vino italiano, superando la Svizzera. I dati degli spumanti continuano a migliorare nel segno del Prosecco e nel segno dei volumi.
    Tutte le tabelle e ulteriori commenti nel resto del post.

    Le esportazioni italiane di vino crescono del 5% a 7.5 miliardi di euro nei primi 11 mesi del 2024, dopo aver incluso il dato di novembre, +2% a 775 milioni di euro.
    I volumi esportati sono stati 20.2 milioni di ettolitri, +2%, il che determina un incremento del prezzo medio di esportazioni di circa il 2% a 3.7 euro al litro.
    La categoria dei vini fermi in bottiglia cresce del 4% a 4.9 miliardi negli 11 mesi con un valore stabile a 491 milioni in novembre. La Germania e il Regno Unito si confermano mercati difficili, in calo del 2% e 5% in Novembre e dell’1% sugli 11 mesi, mentre come accennavamo sopra il Canada, +13% sugli ultimi 12 mesi ha una battuta d’arresto con un -24% in novembre.
    Nel segmento degli spumanti, +8% sia sugli 11 mesi sia in novembre spicca ovviamente il Prosecco che cresce dell’11% sugli 11 mesi e dell’8% in novembre. Ormai il 76% delle nostre esportazioni di spumante in valore (75% in volume) sono di Prosecco. L’Asti cala del 3% sugli 11 mesi a 153 milioni, gli altri spumanti DOP sono a -11% per 80 milioni mentre tutto il resto della cagegoria (non DOP quindi) cresce del 9% a 290 milioni di euro.
    Negli spumanti, gli USA crescono del 29% nel mese e del 16% da inizio anno, il Regno Unito dell’8% in novembre e del 4% da inizio anno, la Germania fa +23% nel mese e +7% da inizio gennaio. Insomma tutti i principali mercati sono in salute e, in novembre, la categoria non è stata aiutata dalla Russia, rimasta stabile.
    Appuntamento a metà marzo con i dati finali dell’anno.

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    Il consumo dei vino dei giovani in Italia – elaborazione su dati ISTAT 2007-2023

    Dati in formato testo disponibili nella sezione Solonumeri.
    La questione del consumo di vino (e di alcol) delle nuove generazioni imperversa e per questo riguardato i dati ISTAT sulla penetrazione del consumo di vino per fasce di età, che con questo blog recensisco dal lontano 2007. Questo consente non soltanto un’analisi delle classi di età nel tempo, ma anche un’analisi parziale (su 15-20 anni) di come la penetrazione del consumo si evolve nel tempo per le stesse coorti. I dati qui analizzati arrivano all’indagine 2023, avremo una nuova serie tra breve (di solito aprile-maggio).
    Credo che le conclusioni di questa breve analisi, salvo approfondire con grafici e tabelle nel resto del post siano le seguenti: primo, non è vero (secondo i dati ISTAT) che meno giovani bevono vino – anzi l’evidenza è esattamente opposta, anche se marginalmente – , è vero probabilmente che come per tutte le altre fasce di età il modello di consumo si sposta dal consumo abituale a quello sporadico. Il tema è quanto sporadico. Secondo, è sicuramente vero che più “diventiamo grandi” più è probabile che diventiamo consumatori di vino. Non si puù confrontare la penetrazione di consumo dei 50enni con quella dei 25enni, sono due generazioni in una fase diversa.
    Tutti i dati sono nel post (e se li cercate anche nella parte Solonumeri). Un’analisi più dettagliata segue, con tutte le tabelle.

    Dunque, le tabelle che metto oggi sono due, quella della penetrazione totale di consumo di vino per età dal 2007 al 2023 (attenzione si legge dal basso all’alto, quindi il “trend” si evince salendo con l’occhio) e quella della penetrazione del consumo abituale moderato di vino (“1-2 bicchieri al giorno”).
    Se guardiamo alle fasce dei giovani, negli ultimi 2-3 anni la penetrazione di consumo di vino è tra 4 e 5 punti percentuali superiore a quella media storica. È vero che sono stati gli anni del Covid ma è anche vero che la penetrazione sul totale della popolazione è del 54.8% nel 2021-23, contro una media del 53% nel 2007-2020. Numeri alla mano, la media della fascia 18-34 anni (le ho messe insieme) è stata nel 2021-23 del 48.4% contro un dato del 44% nel periodo 2007-2020.
    Secondo, come è successo al sottoscritto non si beve vino da ragazzi (nel caso mio e di quelli che come me si avvicinano alla boa dei 60 anni, forse perché non era abbastanza buono quello in famiglia), lo si beve da adulti. L’analisi della coorte 1988-89, che nel 2007 era rilevata come “18-19” anni al 35% di penetrazione di consumo, nel 2010 ricadeva nella fascia 20-24, ossia 42%, poi nel 2018 ricadeva a metà della fascia 25-34 e la penetrazione era salita al 56%, nel 2028 (se il blog ci sarà ancora, ISTAT sicuramente) sarà nella fascia 35-44. Se però vogliamo “parametrare” il 2023, ci metteremmo a metà tra la fascia 25-34 e 35-44 e calcoleremmo quindi una media del 61%.
    Infine, vi metto la tabella e il grafico del consumo di vino abituale moderato, in questo caso scende per tutti e questo è il vero punto. Il consumo diventa sporadico, il tema è quanto sporadico e la minaccia è probabilmente per i prodotti di basso prezzo/qualità che proprio per un consumo abituale giornaliero sono stati studiati.

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    Treasury Wine Estates – risultati primo semestre 2024/25

    TWE ha annunciato la settimana scorsa i risultati del primo semestre sostanzialmente in linea con le aspettative degli analisti (, ma ha purtroppo comunicato anche che le aspettative per la fine dell’anno fiscale (giugno 2025) sono più basse di quanto precedentemente indicato. Nel dettaglio, l’obiettivo di utile operativo è stato ridotto da 780-810 milioni di dollari australiani a 780 milioni (669m 2023-24 per confronto), quindi circa il 2% sotto “la metà della forchetta”, nonostante l’incremento dei benefici attesi dall’integrazione di DAOU (acquistata un anno fa) negli USA e a causa dei minori risultati della divisione “Treasury Premium Brands”, ossia dei vini di prezzo inferiore. Proprio quel segmento di vini da cui l’azienda si era prefissa di uscire, ma che non è riuscita a vendere per la mancanza di offerte.
    Il tutto messo insieme (mancata vendita delle attività a basso margine e minori utili in prospettiva) hanno dato un colpo secco al valore delle azioni, che il giorno dei risultati ha perso il 7%. Dall’inizio dell’anno (al 15 febbraio) le azioni sono scese del 4% circa.
    Venendo ai risultati più nello specifico le vendite sono cresciute del 20% a 1.54 miliardi di dollari australiani (+5% in termini organici, quindi senza DAOU), l’utile operativo è cresciuto del 35% a 391 milioni e l’utile netto del 33% a 221 miloni. L’utile per azione cresce meno (+21%) a causa del maggiore numero di azioni (TWE ha emesso azioni per pagare i due terzi dell’acquisizione di DAOU). Debito stabile a 2.0x l’EBITDA.
    Maggiori dettagli con altri grafici e tabelle nel resto del post.

    Le vendite sono cresciute soprattutto in USA +33% a 657 milioni per l’acquisizione di DAOU e in Asia (+46% a 410 milioni) per la ripresa delle esportazioni verso la Cina, mentre il mercato domestico e la Nuova Zelanda calano del 5% e l’Europa fa -9%.
    Le vendite per divisione rispecchiano il trend: Penfolds +24% a 557 milioni essendo soprattutto asiatica, Treasury America +41% perché è solo in America, tutto il resto -8%, che è poi la roba che volevano vendere.
    In termini di volume si passa da 10.8 a 11.2 milioni di casse, con i dati positivi di Penfolds (1.5m, +15%) e TWE America (3.4m +22% con DAOU) compensato dal calo della divisione Premium (6.3, -6%).
    I margini salgono dal 23% al 25% a livello operativo grazie al mix del fatturato che si sposta verso Penfols (45% da 42%) e America (25% da 21% l’anno scorso), ma anche dai migliori margini delle due divisioni chiave dell’azienda, come vedete tra parentesi.
    La struttura finanziaria di TWE resta sul limite alto della forchetta 1.5-2.0 volte l’EBITDA che il management si è prefisso, con un debito di 1.87 miliardi di dollari australiani, parti a 2.0x l’EBITDA. Nel corso del semestre l’azienda ha avuto una ottima generazione di cassa “mangiata” dalla distribuzione agli azionisti (154 milioni più 17 di buyback) e dalla svalutazione del dollaro australiano che ha avuto un impatto piuttosto importante sulla traduzione dei debiti in dollari americani.

    Se siete arrivati fin qui……ho un piccolo favore da chiedervi. Sempre più persone leggono “I Numeri del Vino”, che pubblica da oltre dieci anni tre analisi ogni settimana sul mondo del vino senza limitazioni o abbonamenti. La pubblicità e le sponsorizzazioni servono per aiutare una missione laica in Perù. Per fare in modo che questo lavoro continui e resti integralmente accessibile, ti chiedo un piccolo aiuto, semplicemente prestando da dovuta attenzione con una visita alle inserzioni e alle sponsorizzazioni presenti nella testata e nella sezione laterale del blog. Grazie. Marco LEGGI TUTTO

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    Giappone – importazioni di vino – aggiornamento 2024

    Dati in formato testo disponibili nella sezione Solonumeri.
    I dati di UN Comtrade sul commercio estero 2024 stanno arrivando. Iniziamo oggi con il Giappone e le sue importazioni di vino. Come sapete, il Giappone è un mercato di assoluta importanza per l’Italia e nelle importazioni mondiali di spumanti, terzo dopo USA e UK e prima della Germania. Infatti, il segmento degli spumanti rappresenta storicamente il 35-40% delle sue importazioni di vino.
    Nel 2024 le importazioni giapponesi si sono stabilizzate in volume dopo il crollo del 2023, ma sono continuate a calare in valore, anche a causa delle minori importazioni di spumanti francesi. Con 1.5 miliardi di euro, registriamo quindi un -8%. Va detto, ma lo specifichiamo meglio nel resto del post, che la discesa è concentrata in due o tre paesi, ossia Francia, USA e Germania, mentre per l’Italia, il Cile e la Spagna, le cose sono andate decisamente meglio. Piccola annotazione: la Spagna ri-supera l’Italia negli spumanti in Giappone. Come vedete sopra, i dati sono disponibili sui tabelloni di Google Sheet nella divisione Solonumeri.
    Se continuate qui, trovate tutte le tabelle riassuntive, un’analisi più approfondita dei numeri e ulteriori grafici.

    Con 1.5 miliardi di euro, le importazioni di vino giapponesi sono calate dell’8%, con un livello molto simile a quello del 2019 (1.6 miliardi). I vini fermi in bottiglia sono in calo del 5% a 861 milioni di euro, quelli spumanti sono a -13% per 600 milioni di euro.
    In termini di volume, registriamo un incremento del 3% sul 2023, a 2.4 milioni di ettolitri, ma decisamente sotto i livelli da 2.7-2.9 milioni di ettolitri dell’epoca pre-Covid.
    La Francia continua a dominare il mercato anche se perde leggermente terreno, con 871 milioni di euro di esportazioni verso il Giappone, che sono il 57% del totale (60% l’anno scorso) e un calo dell’11%. In particolare, calano del 5% i vini fermi in bottiglia a 377 milioni, e del 16% a 492 milioni di euro quelle di spumante. Le quote di mercato dello spumante restano “bulgare”: 82% nel 2024 rispetto a 85% del 2023.
    L’Italia subisce un calo del 7% negli spumanti (39 milioni) e viene superata dalla Spagna, mentre è stabile nei vini fermi in bottiglia a 152 milioni di euro. Con un piccolo contributo dei vini sfusi l’anno chiude a 196 milioni di euro, -1%, seconda nazione nel mercato giapponese del vino (non producono molto loro…) e una quota di mercato in crescita dal 12% al 13%; c’è da notare: il livello più alto da 10 anni a questa parte.
    Dopo l’Italia c’è un altro “salto”, con il Cile a 133 milioni, stabile, la Spagna che rimbalza dell’8% a 111 milioni, gli USA che calano del 12% a 109.
    Se guardiamo ai volumi guida sempre il Cile con 630mila ettolitri esportati, +2%, poi viene la Francia (-6% a 525mila), la Spagna con 454mila ettolitri e un incremento del 10% e infine l’Italia, n.4, con 437mila ettolitri e un incremento dell’8%.

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    LVMH divisione vino – risultati 2024

    La divisione vino di LVMH ha archiviato un anno orribile. Le vendite sono calate dell’11% (8% in termini organici), l’utile operativo del 35%. Siamo tornati al 2019 circa come vendite e al 2015 come utili. Il Cognac è andato molto peggio che lo Champagne, sia per perdita di fatturato (-15% rispetto a -8%), ma anche in termini di perdita di margini, tanto che nel 2024 ha guadagnato di più la divisione Champagne/vini che non quella Cognac/spiriti, sia in termini assoluti che relativi. Il secondo semestre è stato anche peggio del primo per il Cognac, un po’ meno peggio per lo Champagne. Ovviamente, i mercati asiatici sono andati peggio di tutti gli altri.
    A guardare bene i dati, LVMH ha anche tagliato gli investimenti nel 2024 rispetto al passato e gli sono esplose le scorte di prodotti, con rilevanti svalutazioni di semilavorati, immaginiamo nel segmento del Cognac.
    Le prospettive non sono buone, soprattutto considerando il tenore solitamente positivo (per quanto mai quantitativo): leggere che bisogna affrontare il 2025 con pragmatismo e attenzione non è bello. A proposito, Moet & Chandon rimpiazzerà Ferrari nelle premiazioni delle gare di formula 1.
    Bene, passiamo a un’analisi più dettagliata di numeri con tutti i grafici e tabelle allegate.

    Le vendite della divisione sono calate dell’11% a 5.9 miliardi di euro, di cui 3.2 miliardi di euro di Champagne e vini, a loro volta scese dell’8%. Se restringiamo il confronto al secondo semestre, il calo del fatturato è simile, -11% a 3.05 miliardi, ma nella divisione vino e Champagne le cose sono andate un po’ meglio, -5% a 1.8 miliardi di euro.
    I volumi venduti calano del 3% nel 2024, a sottolineare il forte peggioramento anche del prezzo-mix (-8%), a 225 milioni di bottiglie. Di queste, 62 milioni sono Champagne (-7%) e 61 milioni sono vini fermi (stabili). Nel secondo semestre le vendite in volume di Champagne si sono stabilizzate, -1% a 36 milioni, mentre sono calate del 12% quelle dei vini fermi a 30 milioni di bottiglie.
    I margini sono ovviamente in forte contrazione. L’utile operativo crolla da 2.1 a 1.4 miliardi di euro in totale, -36%, con una perdita di margine di quasi 9 punti percentuali, dal 32% al 23%. La divisione Champagne e vini cala di meno, da 1.1 a 766 milioni, -30%, con un margine che passa dal 32% al 24%. Il secondo semestre è stato “drammatico”, con un calo da 1063 milioni a 579 milioni, -45%, e la divisione vino in particolare calata da 618 a 415 milioni di euro.
    Quindi, fatti due conti oggi conta più lo Champagne/vino che il Cognac/spiriti, ribaltando le gerarchie storiche.
    Abbiamo accennato sopra agli investimenti, che sono calati da 538 a 332 milioni, con una quota del 5.7% del fatturato. Va detto che gli investimenti erano stati molto elevati nel 2023… ma comunque sono sotto la media storica del 6.5% circa.

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    I prezzi all’origine del vino – aggiornamento 2024 – dati ISMEA

    Dati in formato testo disponibili nella sezione Solonumeri.
    I prezzi all’origine del vino sono cresciuti dell’11% nel 2024, contro l’1% dell’incremento dei prezzi agricoli in generale, recuperando (in parte) il calo subito nel 2023. I dati che presentiamo oggi sono la rielaborazione (ossia le media annuale) delle serie dei prezzi puntualmente aggiornati da ISMEA Mercati. Oltre a questo, nel post trovate anche la media annuale dei prezzi all’origine dei principali vini DOC e DOCG, graduatoria nella quale primeggiano i grandi vini rossi Brunello di Montalcino e Barolo, seppur con quotazioni in leggero calo rispetto allo scorso anno (soprattutto nel secondo caso).
    Guardando la tabella e soprattutto il grafico che apre il post ci sono ci si accorge che negli ultimi anni (dal 2019 in questa analisi) sono stati soprattutto i vini comuni a segnare i maggiori incrementi di prezzo, +61%, con addirittura +90% per i bianchi, mentre per i vini DOC/DOCG l’incremento cumulato nei 5 anni è inferiore al 10% e addirittura sotto il 5% per quanto riguarda i vini IGT. Ci si accorge anche che la dinamica recente dei prezzi dei vini è inferiore a quella dell’agricoltura (+20% contro +35/40%).
    Bene, fatta questa premessa, nel resto del post commentiamo tutti i dati con le tabelle riassuntive, che trovate anche nella sezione Solonumeri.

    I prezzi all’origine del vino crescono dell’11% in media nel 2024 a un valore indice di 174, ovvero il 20% in più sugli ultimi 5 anni.
    L’incremento del 2024 è principalmente legato all’incremento dei prezzi dei vini comuni, +36% nel 2024, mentre per i vini DOC/DOCG i prezzi sono rimasti stabili e per gli IGT la crescita è stata del 6%. Salvo che per i vini comuni, la dinamica dei prezzi è stata più sostenuta per i vini rossi che per i vini bianchi, un fattore strano considerando che la dinamica dei consumi si sta spostando verso i secondi.
    Ad ogni modo, fatto 100 il prezzo nel 2010, oggi i vini comuni costano alle aziende imbottigliatrici più del doppio (215) mentre i vini DOC/DOCG sono al 66% in più e quelli IGT il 50% in più, largo circa,
    Se ci muoviamo sui vini DOC/DOCG per denominazioni ci accorgiamo subito della stasi dei prezzi. Il Brunello di Montalcino cala dell’1% a 9.9 euro al litro, Barolo e Barbaresco calano del 6% (8.6 e 6.6 euro al litro rispettivamente), i vini dell’Etna sono vicino al -20%, il Nebbiolo d’Alba scende del 12% mentre il Valpolicella è a -11%.
    Anche nel segmento dei bianchi sembrano più le variazioni negative che quelle positive, anche per le denominazioni spumantistiche come Prosecco (-6%), Conegliano Valdobbiadene (-13%), con l’eccezione delle basi spumante del Trento DOC, sebbene parliamo di prezzi che sono saliti in modo importante nell’arco degli ultimi 5 anni.
    Bene, vi lascio alla consultazione delle tabelle allegate qui sotto.

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