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    Louis Jadot – risultati 2023

    Allarghiamo oggi il fronte delle aziende che seguiamo sul blog con Louis Jadot, lo storico produttore di vino fondato nel 1859 in Borgogna di cui abbiamo scaricato i bilanci dalla camera di commercio francese (data.inpi.fr per chi volesse cimentarsi nell’impresa, in certi momenti eroica).
    Etichetta famosa con la testa di bacco, fatturato come vedremo a circa 100 milioni di euro e qualche acquisizione in passato, una di queste in Oregon, Jadot è nella zona vinicola francese più di moda, dove i prezzi delle bottiglie sono esplosi negli ultimi anni, facendo crescere a dismisura anche i profitti delle imprese locali (potete leggere qui di Armand Rousseau). Dobbiamo dire che per quanto i numeri siano di tutta eccellenza (con un salto deciso delle vendite dai 70-80 milioni pre-Covid ai 100 milioni d più odierni) non si vede un vero salto in alto degli utili, fatta eccezione per l’anno 2021. Probabilmente la ragione è che Jadot è più un imbottigliatore che un vero produttore e come spesso abbiamo potuto notare in questi anni, nel mondo del vino l’ ”ultimo di mano”, ossia quello che poi alla fine beneficia del forte incremento dei prezzi delle bottiglie molte volte è chi possiede la terra.
    Ad ogni modo, se vi interessa l’analisi prosegue con grafici e tabella riassuntiva dei dati.

    Jadot ha generato vendite per 105 milioni di euro nel 2023, in crescita del 3%, di cui 18 milioni in Francia (+10%) e 86 milioni all’export (+2%). Negli ultimi anni la quota delle esportazioni è stata abbastanza stabile tra l’82% e l’85% del fatturato. Nell’arco degli ultimi 5 anni le vendite sono cresciute del 6% annuo.
    L’evoluzione dei margini è stata meno positiva, essenzialmente a causa di una certa pressione sul margine “di produzione”, come potete vedere in tabella. Dopo gli acquisti esterni, il margine degli ultimi due anni si è ridotto al 26% circa, contro un livello medio del 30% degli anni prima del Covid (e con l’eccezione del 2021). Ciò ha determinato una certa pressione sui margini di profitto, che sono poi rimasti quasi stabili grazie al controllo degli altri costi (spese generali e costo del personale).
    L’EBITDA è di circa 12 milioni ed è stabile sul 2022, ma soprattutto non molto diverso da quello pre Covid, e lo stesso vale per l’utile operativo di 10 milioni circa. Dalla poca rilevanza degli ammortamenti potete capire che l’azienda è poco integrata verticalmente.
    Dal punto di vista finanziario, Jadot ha un magazzino molto rilevante (tutto di materie prime e quasi niente di prodotti finiti), pari quasi al fatturato (99 milioni nel 2023 contro vendite di 105), ma ha una struttura patrimoniale molto solida e non ha di fatto debiti, o meglio ha 5-6 milioni di debiti ma dall’altra parte ci sono oltre 20 milioni di cassa, il che determina una posizione finanziaria netta positiva di circa 16 milioni di euro.
    Quindi in conclusione: azienda molto solida con buoni margini che però non sembra essere riuscita a capitalizzare il momento d’oro dei vini locali.

    Se siete arrivati fin qui……ho un piccolo favore da chiedervi. Sempre più persone leggono “I Numeri del Vino”, che pubblica da oltre dieci anni tre analisi ogni settimana sul mondo del vino senza limitazioni o abbonamenti. La pubblicità e le sponsorizzazioni servono per aiutare una missione laica in Perù. Per fare in modo che questo lavoro continui e resti integralmente accessibile, ti chiedo un piccolo aiuto, semplicemente prestando da dovuta attenzione con una visita alle inserzioni e alle sponsorizzazioni presenti nella testata e nella sezione laterale del blog. Grazie. Marco LEGGI TUTTO

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    Domaine Armand Rousseau – dati di bilancio 2022

    Sono riuscito a trovare i bilanci di Domaine Armand Rousseau e ho deciso di pubblicarli perché rappresentano un punto di eccellenza che raramente ho visto nella mia ultra-trentennale carriera di analista. Il domaine in questione fa probabilmente i vini più buoni che io abbia mai bevuto. Ho anche la fortuna di avere qualche bottiglia in cantina. Secondo il loro sito corporate hanno 15.3 ettari nelle più belle vigne della Borgogna di Gevrey-Chambertin e Wikipedia parla di 65mila bottiglie prodotte ogni anno, il che quadra abbastanza con il concetto di produzione di qualità elevatissima. Bene, nel 2022 (anno chiuso a luglio), Domaine A Rousseau ha toccato un fatturato di 13 milioni di euro (equivalente a circa 200 euro a bottiglia venduta), ha dei margini che credo pochi abbiano visto in un bilancio (83% margine EBITDA, 60% margine netto) salvo scomodare aziende immobiliari, una posizione di cassa che cresce vertiginosamente di anno in anno, praticamente nessun credito verso i clienti (anzi il dato è “negativo” visto che i clienti pagano in anticipo per avere i suoi vini) e un andamento che negli ultimi anni ha chiaramente incorporato il grande momento dei vini borgognoni: fatturato x2.5 dal 2015 al 2022, utili x3.0. Con l’avvertenza che la quantità di dati a disposizione è limitata (poche note al bilancio, nessuna suddivisione delle vendite o dei costi), vi invito a proseguire la lettura se interessati.

    Nel 2022, ovvero 2021/22 il Domaine ha toccato un fatturato di 13.3 milioni di euro, in crescita del 2.4% circa, se guardiamo agli ultimi 5 anni il fatturato è esattamente raddoppiato per un tasso di crescita annuo del 15% circa.
    I margini sono da record. L’azienda ipotizzo non abbia costi “esterni” salvo quello di acquistare le materie secche (bottiglie, tappi, etichette) e dunque di questi 13.3 milioni di euro se ne consuma meno di 1 milione (che comunque sono 14 euro per bottiglia…) e si arriva a un margine lordo del 93%, poi poco più di 1 milione di costo del personale (+5% nel 2022) e un EBITDA di 11 milioni (margine 83%) e un utile operativo di poco inferiore (margine 81%). Nessun onere finanziario, 27% di tasse, utile netto 7.9 milioni di euro, ossia il 60% del fatturato.
    La posizione finanziaria è molto solida, il capitale circolante è fatto soltanto da un paio di milioni di euro di magazzino, visto che i crediti verso clienti sono inferiori agli anticipi che i clienti pagano per accaparrarsi le bottiglia, non abbiamo il dato sugli investimenti. Nel 2022 la cassa netta tocca i 40 milioni di euro, +7 sui 33 del 2021 e dunque molto coerente con gli 8 milioni di euro di dividendi e considerando un piccolo dividendo distribuito agli azionisti (famiglia: quinta generazione).
    Giù il cappello (“Chapeau” in lingua originale). Vi lascio ai grafici e alla cartina dei vigneti, tratta dal loro sito internet.

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    Francia – esportazioni di vino – primo semestre 2020

    I francesi hanno fatto un vero e proprio buco nel primo semestre del 2020. Le esportazioni di vino calano del 21%, la performance peggiore tra i grandi paesi esportatori (vi ricordo: Italia -4%, Spagna -7%), frutto di un andamento molto negativo in aprile e maggio, i mesi del lockdown, quando l’andamento è stato fortemente negativo (-36/37%). La Francia ha già fornito luglio 2020, che segna ancora un calo del 9%, ma comunque in graduale riassorbimento. Per la prima volta da qualche anno a questa parte cala anche il prezzo medio delle esporazioni, il vero storico punto forte della Francia. È dovuto alla combinazione del calo del prezzo medio del Bordeaux e del peggiore “mix” delle esportazioni  con lo Champagne giù del 30%. Passiamo ai dati.

    Le esportazioni di vino francesi scendono del 21% a 3.7 miliardi di euro, fatto di un calo del 10% dei volumi a 6.3 milioni di ettolitri e di un peggioramento del 12% del mix, sceso a 587 euro per ettolitro.
    La categoria più debole è quella dello Champagne, in calo del 30% si a valore (876 milioni) che a volume (309mila ettolitri), quindi con un prezzo medio di esportazioni rimasto stabile a 28 euro al litro. Lo Champagne ovviamente paga il suo posizionamento nel segmento del “lusso” e la preponderante quota di vendita nel canale Ho.Re.Ca.
    Anche per il Bordeaux le cose non sono andate per il verso giusto: le esportazioni sono calate del 32% a 765 milioni con un calo del volume del 14% a 722mila ettolitri. Si salvano, per così dire, i vini di Borgogna, -12% a 414 milioni di euro, per un volume calato del 5%.
    Per noi italiani, il riferimento come ho sempre scritto dovrebbe essere a “tutto il resto” della Francia perchè con un prezzo di export di 3.3 euro al litro, è lì che noi ci confrontiamo. Anche in questo “subsegmento” da 5 milioni di ettolitri nel semestre (sui 6.3 totali, -8%), i vini francesi calano del 10% a 1.65 miliardi di euro, quindi peggio di noi.
    Se poi allarghiamo il confronto al totale la differenza è importante ed evidenziata dal grafico che vi riporta le due serie su base annua a una base comune di 100 a giugno 2017 e vi fa vedere come si sono mosse. Come è successo nelle precedenti crisi, i vini francesi calano in modo più marcato, mentre il vino italiano è più “resistente”. In questi 6 mesi, la distanza tra Italia e Francia è calata da 3.3 miliardi di euro (9.78 miliardi per la Francia contro 6.43 miliardi per l’Italia a fine 2019) a 2.5 miliardi (8.8 miliardi contro 6.3 miliardi).
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    Francia – esportazioni di vino, aggiornamento 2018

    L’indebolimento del commercio estero mondiale sta influenzando anche il settore del vino. I dati pubblicati da DISAR sulle esportazioni francesi certificano proprio questo tema: negli ultimi 6 mesi del 2017 ben 4 rilevazioni sono state negative. Il tutto ha portato l’export francese a rallentare su base annua da +6% (a giugno) a +3% (9.3 miliardi […] LEGGI TUTTO

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    Francia – esportazioni di vino – primo semestre 2018

    Il quadro delle esportazioni di vino comincia a comporsi e il nostro punto di riferimento, la Francia, ha avuto un primo semestre 2018 leggermente migliore del nostro, +5.2% contro +4.1%. Niente di eclatante, anche perché quando guarderete l’andamento comparato degli ultimi 3 anni vedete che i due paesi sono sulla stessa parabola di crescita, pur […] LEGGI TUTTO