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    Naked Wines – risultati 2024/25

    Naked Wines procede sulla via del ritorno agli utili e alla creazione di valore per gli azionisti attraverso l’ottimizzazione del capitale circolante (riduzione delle scorte in eccesso) e di un pesante taglio dei costi che, ovviamente, ha anche delle ripercussioni negative sulle vendite. Infatti, dopo aver registrato nel 2024 un calo delle vendite del 14%, per il 2025 si prevede un ulteriore calo del 15/20%, ma senza un deterioramento ulteriore delle perdite. Infatti, l’EBITDA che nel 2024 è stato di 6.7 milioni (di sterline, come tutti i prossimi riferimenti) è previsto essere stabile con una posizione di cassa destinata a crescere da 30 milioni del 2024 a 35-39 milioni. Il titolo in borsa ha cominciato a reagire, passando dai 45 milioni di valore azionario a marzo 2025 ai 60 milioni attuali. Secondo il management però varrebbe anche di più considerando la cassa di 30 milioni e la possibilità di realizzare circa 40 milioni di inventario in eccesso. Viene poi sottolineato il potenziale di generare cassa dell’attività, e questo è un tema molto più aleatorio, ma per ora restiamo sul commento dei dati 2024.
    Il post prosegue con un commento dettagliato, grafici e tabella riassuntiva.

    Le vendite 2024 calano del 14% a 250 milioni, con un calo del 13% per i clienti ricorrenti (233 milioni) e un -28% per i nuovi clienti (17 milioni). Le vendite per area geografica sono 109 milioni in USA (-17%), 111 in UK (-10%) e 30 in Australia (-14%).
    Il margine di contribuzione rispetto al costo del venduto resta stabile poco sotto il 15%, con un margine sui clienti ricorrenti del 25% e una perdita colossale sui nuovi clienti, pari a 21 milioni contro 17 di vendite.
    Dopo la straordinaria cura dimagrante del 2023, nel 2024 i costi fissi crescono leggermente, da 37 a 39 milioni, e l’utile operativo prima delle componenti non ricorrenti scende a -2 milioni contro i 5 milioni dello scorso anno, mentre quello dichiarato migliora da -12 milioni a -3.
    Con un calo degli oneri finanziari e delle tasse il bilancio chiude con 5 milioni di perdita contro 21 dello scorso anno (e 17 del 2022).
    Dal punto di vista finanziario, la riduzione del capitale circolante porta forti benefici (magazzino sceso da 145 a 108 milioni), tanto che nonostante le perdite la posizione di cassa migliora da 19 a 30 milioni, e come leggevamo sopra un ulteriore miglioramento a 35-39 è atteso per il 2025.

    Se siete arrivati fin qui……ho un piccolo favore da chiedervi. Sempre più persone leggono “I Numeri del Vino”, che pubblica da oltre dieci anni tre analisi ogni settimana sul mondo del vino senza limitazioni o abbonamenti. La pubblicità e le sponsorizzazioni servono per aiutare una missione laica in Perù. Per fare in modo che questo lavoro continui e resti integralmente accessibile, ti chiedo un piccolo aiuto, semplicemente prestando da dovuta attenzione con una visita alle inserzioni e alle sponsorizzazioni presenti nella testata e nella sezione laterale del blog. Grazie. Marco More

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    Antinori – risultati e analisi di bilancio 2024

    Nel 2024 il Gruppo Antinori ha consolidato per tutti i 12 mesi l’acquisizione americana Stag’s Leap Wine Cellars, sfiorando la soglia dei 400 milioni di fatturato, con una crescita del 14% (al netto dell’impatto di un piccolo cambio dei principi contabili che ha ridotto il fatturato di circa 7 milioni in entrambi gli anni, senza impatti sugli utili). A contribuire a questo incremento di 50 milioni nel 2024 sono senz’altro stati gli ulteriori sei mesi di Stag’s Leap WC (stimiamo circa 30 milioni), ma anche un andamento positivo delle vendite in termini organici, particolarmente negli USA dove è stato riassorbito l’impatto del cambio del distributore. Inoltre, la Marchesi Antinori, ossia la società operativa italiana ha avuto una crescita delle vendite del 7% circa. L’utile netto consolidato è salito da 68 a 69 milioni di euro, mentre l’utile netto di pertinenza del Gruppo è passato da 65 a 68 milioni di euro.
    Il 2024 è stato un anno di “consolidamento”. Gli investimenti sono stati 42 milioni (al netto delle dismissioni), il livello più basso degli ultimi anni. Ci sono stati un paio di acquisizioni (Col Solare in USA e Antica Fattoria La Parrina Società Agricola) per 6 milioni, ma anche un paio di dismissioni (il 40% di Compagnia del Vino ad Alta Maremma Vigneti e Vini, di cui ha a sua volta venduto il 18% delle sue stesse quote che includono l’intera partecipazione nella Tenuta di Biserno) per 12 milioni di euro. La posizione finanziaria netta è dunque scesa a circa 329 milioni, il che corrisponde a una leva sull’EBITDA di 2.1x, in forte miglioramento rispetto a 2.5x dell’anno scorso. Finora nel 2025, Antinori ha annunciato l’acquisizione di Arcadia Vineyard, una proprietà con 35 ettari vitati che dovrebbe contribuire a Stag’s Leap WC di diventare completamente integrata verticalmente nel breve termine.
    Passiamo a un’analisi più dettagliata dei numeri.

    Le vendite del 2024 sono cresciute del 14% da 345 a 395 milioni di euro, con i nuovi principi contabili (sarebbe stato da 352 a 402 con i precedenti – la differenza è nella deduzione diretta dei costi e contributi promozionali riconosciuti ai clienti). Le vendite crescono del 10% in Italia a 142 milioni e del 49% in USA a 108 milioni, mentre calano leggermente in Europa (-2%) e crescono del 3% nel resto del mondo.
    L’EBITDA (qui calcolato risommando l’effetto sulle rimanenze finali dell’allocazione del maggiore prezzo pagato per l’acquisizione americana) scende da 165 a 163 milioni di euro, con un margine che passa dal 47.9% al 41.4%. Gli ammortamenti crescono da 62 a 73 milioni, principalmente a causa dell’aggiunta dell’ammortamento del goodwill dell’acquisizione americana e del suo consolidamento per i 12 mesi. Di conseguenza l’utile operativo cala da 98 a 83 milioni di euro.
    L’utile netto consolidato passa invece da 68 a 69 milioni di euro, quindi con un andamento opposto all’utile operativo. Nonostante l’aumento degli oneri finanziari sul debito da 22 a 30 milioni (l’acquisizione americana fu fatta a giugno 2023, quindi il debito medio del 2024 è stato molto superiore), la gestione dei cambi è migliorata di 20 milioni di euro (da -5 a +15). Dopo gli interessi di minoranza, l’utile netto sale da 65 a 68 milioni.
    A livello finanziario come abbiamo detto la posizione finanziaria netta scende da -411 a -329 milioni di euro, dopo aver spesato circa 42 milioni di investimenti, incassato 12 milioni di dismissioni, un assorbimento di capitale circolante di circa 25 milioni di euro e aver pagato 5 milioni di dividendi. More

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    Concha y Toro – risultati primo semestre 2025

    Concha y Toro continua il suo percorso disciplinato di focalizzazione sui marchi premium (per loro Casillero del Diablo, Bonterra e Trivento sono i marchi chiave, Don Melchor in quelli “luxury”), diversificazione dell’attività soprattutto in Cile (stanno aggiungendo un’attività nella birra) e attento controllo dei costi. Così il primo semestre si chiude con una leggera crescita delle vendite (+2%), un margine lordo stabile al 39% e, nonostante questo,  un calo del 5-10% degli utili legato a una serie di fattori poco controllabili come l’introduzione di nuove tasse nel mercato inglese, le tariffe per le esportazioni in USA, un impatto negativo dai cambi in alcuni mercati dell’America Latina.
    La performance delle azioni sta dando ragione al management dell’azienda cilena. Nel momento in cui scriviamo, 7 settembre, le azioni sono in crescita del 5% da inizio anno e del 3% negli ultimi 12 mesi, uno dei pochi segni verdi nel nostro campione delle aziende del settore del vino (alleghiamo tabella all’interno del post).
    Passiamo a un breve commento con ulteriori grafici e tabelle.

    Le vendite del primo semestre crescono del 2.3% a 454 miliardi di peso, con un incremento del business domestico del 4.4% a 68 miliardi, un incremento del 3% delle esportazioni a 308 miliardi e l’attività domestica USA stabile a 70 miliardi.
    Il margine lordo è stabile al 39%. Ad aiutarlo è stato il mix delle vendite, con i marchi premium che passano dal 54.5% al 56.6% delle vendite, (Diablo +16%, Bonterra +7%, Don Melchor +177%), che insieme ad aumenti di prezzi piuttosto importanti (+7%) hanno compensato le nuove tasse e dazi.
    Il margine EBITDA e EBIT invece cala di circa 1 punto percentuale o poco più, in parte a causa della mancanza di alcuni componenti positivi non ricorrenti che avevano supportato il 2024, ma anche per un aumento del 5% delle spese per supportare l’attività.
    Dal punto di vista finanziario, il debito è sceso leggermente da un anno a questa parte, circa 12 miliardi di peso, da 406 a 394, con un ulteriore miglioramento del rapporto debito/EBITDA a 2.7 volte. A questo si aggiunge circa 31 miliardi di dividendi che sono stati pagati durante l’anno per una generazione di cassa di 43 miliardi di peso, rispetto a un valore di mercato di 843 miliardi di peso, per un “rendimento” del 5% circa.

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    Italian Wine Brands – risultati primo semestre 2025

    IWB chiude il primo semestre 2025 con un leggero calo delle vendite (-3% a 185 milioni) ma un miglioramento degli utili, ottenuto grazie alla riduzione degli ammortamenti (alcune attività in Piemonte sono anche state deconsolidate in quanto destinate alla vendita) e, nei dati riportati, a minori oneri non ricorrenti. La strategia è incentrata sullo sviluppo del canale Ho.Re.Ca., sulla “gestione” del canale teleselling, in calo strutturale e ormai non più profittevole, e sulla diversificazione internazionale del canale all’ingrosso cercando di entrare in segmenti a prezzi più elevati. Nelle comunicazioni del management resta centrale la crescita esterna: è chiaro che se IWB è oggi una delle aziende più importanti del vino in Italia lo è per la visione ma soprattutto il coraggio del suo management di fare operazioni di trasformazione importanti (Giordano-Provinco nel 2015 e poi IWB-Enoitalia nel 2021).
    Tornando ai dati, nel semestre l’utile netto cresce del 7% a 10 milioni, una cifra molto simile a quanto è stato distribuito ai soci tra dividendi e riacquisti di azioni proprie. Passiamo a un’analisi più dettagliata nel resto del post.

    Le vendite calano del 3% a 185 milioni di euro, con una riduzione del canale wholesale del 4% a 131 milioni e del canale Distance Teleselling del 13% a 24 milioni, mentre il canale Ho.Re.Ca., nuovo focus del gruppo, cresce del 9% a 30 milioni. Il breakdown geografico non è facile da costruire ma si vede chiaramente il calo dell’Italia (esposta al teleselling) del 12% a 32 milioni, quello degli USA (-5%), mentre IWB sottolinea la positive performance dell’HoReCa in UK (+15%, dove viene realizzato oltre la metà del fatturato della divisione) e quella di Svinando nell’ecommerce (+4%).
    I costi aiutano IWB bel primo semestre, sia a livello di materie prime (parzialmente “rigirati” ai clienti con prezzi in calo) che di risparmi sui costi di trasporto e di sinergie (grazie anche all’outsourcing). Il risultato è che i 6 milioni di ricavi persi non hanno impatto sull’EBITDA che resta stabile a circa 22 milioni, con un margine che passa dall’11.5% all’11.8%.
    Il miglioramento degli utili viene dagli ammortamenti (-1.5 milioni circa) e dai minori oneri non ricorrenti (-0.7 milioni a 0.9 milioni), che portano a un utile operativo rettificato di 17 milioni, +9% e a un utile netto rettificato di 10.3 (+7%).
    A livello finanziario il debito cala “anno su anno” di 15 milioni circa, dopo avere distribuito circa 12 milioni agli azionisti (comprendendo gli 1.2 milioni di acquisti di azioni proprie del secondo semestre 2024), quindi con una generazione di cassa di 27 milioni. Nel semestre il debito chiude a 78 milioni, erano 76 a fine anno, a causa della concentrazione dei dividendi nel semestre. Il rapporto debito su EBITDA, comprendendo anche la componente IFRS16 è 1.8 volte stabile rispetto a fine anno ma meglio del 2.2x segnato a giugno 2024.

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    Andrew Peller – risultati 2024 (marzo 2025)

    Nel 2024, Andrew Peller ha messo a segno un recupero importante dei margini di profitto, tornati sui livelli record del 2019-20 del 16%, grazie a una intensa azione di taglio dei costi e nonostante la crescita dei ricavi resti anemica (+1%). Il management, anche supportato dagli ottimi risultati del primo trimestre 2025/26, ha dichiarato che prevede di continuare a crescere nel mercato canadese con prodotti premium (tornando al primo trimestre 2025, i ricavi non sono però cresciuti) e di migliorare ulteriormente i margini (e su questo punto ci sono). L’andamento in Borsa è stato positivo, con il titolo negli ultimi mesi sono tra i migliori del comparto vino: al 23 agosto, quando scrivo questo articolo, le azioni sono cresciute del 33% nei 12 mesi e del 27% da inizio anno; soltanto Purcari, che però è stata oggetto di un’offerta di acquisto ha avuto un andamento comparabile.
    Passiamo a una breve discussione dei numeri 2024 con ulteriori grafici e tabelle.

    Le vendite nell’esercizio chiuso a marzo 2025 sono cresciute dell’1% a 390 milioni di dollari canadesi. Come sapete Andrew Peller vende praticamente tutto sul mercato domestico, con soltanto 11 milioni di esportazioni (peraltro in calo significativo).
    La cura di taglio dei costi ha sortito i suoi effetti. Il gross margin cresce dal 39% al 43% delle vendite, 166 milioni contro 150, supportato da un piano di taglio di costi di 10 milioni ma anche dalla dinamica favorevole dei prezzi del vetro e dei trasporti.
    I benefici sono scesi quasi intatti nel bilancio, che vede un utile operativo di 63 milioni contro il 50 del 2024, per un margine che torna al 16%, ossia quasi il livello dell’esercizio chiuso a marzo 2020, prima del Covid e un utile netto di 11 milioni.
    Dal punto di vista finanziario l’azienda ha l’obiettivo di continuare a ridurre l’indebitamento, nel 2024 sceso da 209 a 185 miloni, quindi -24 milioni, dopo aver investito 17 milioni, contro 15 dell’anno precedente e pagato un dividendo stabile di 10 milioni agli azionisti. In particolare l’obiettivo è di far scendere la leva a 2.5-3.0x il rapporto debito su EBITDA, un livello che secondo i miei calcoli è già stato raggiunto e per questo motivo, oltre al dividendo l’azienda ha anche fatto partire un piano di riacquisto di azioni.

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    Guido Berlucchi – risultati 2024

    Dopo 7 anni di crescita consecutivi, nel 2024 Berlucchi segna un leggero calo delle vendite (-2% a 53 milioni) e, in misura più accentuata, dei margini di profitto che tornano in valore assoluto al livello (molto soddisfacente peraltro) del 2022 dopo che nel 2023 avevano raggiunto un livello record. Va detto che tale andamento è perfettamente speculare a quello di Ca del Bosco, che nel 2024 ha segnato un calo delle vendite dell’1% e un margine operativo lordo con la medesima traiettoria: in calo sul 2023 e in linea con il 2022. Non abbiamo ancora i dati di Ferrari Trento. Tornando a Berlucchi, il bilancio mostra anche un incremento degli oneri finanziari, che porta a una chiusura con un utile di 4.6 milioni di euro (dai 7.1 del 2023 e 5.8 del 2022) e a un indebitamento finanziario netto di 54 milioni, rispetto ai 53 dello scorso anno, anche se quest’ultimo andamento è legato a un esborso di 5 milioni di euro per acquistare una quota residua dello 0.004% della società Agricola della Franciacorta (probabilmente legato a qualche accordo precedentemente siglato).
    Passiamo a un breve commento dei dati, con l’avvertenza che il bilancio non è consolidato e che i commenti sull’andamento della gestione economico finanziaria sono limitati all’osso (spostando l’attenzione sui successi di marketing). In altre parole, se dobbiamo pubblicare il bilancio, facciamolo dando meno informazioni possibili. Comprensibile, non condivisibile.

    Le vendite calano del 2% a 53 milioni di euro, di cui -1.8% in Italia (50.1 da 51) e -3.5% (3.3 milioni) all’estero. Le vendite delle altre tenute del gruppo che non sono consolidate sono state circa 7.3 milioni nel 2024 (8.9 nel 2023) ma calcoliamo che di queste 3 milioni circa siano “intragruppo” (ossia acquisti di Berlucchi), per cui se dovessimo immaginare un fatturato consolidato potremmo puntare verso 58 milioni.
    I margini sono in calo rispetto al record del 2023. Il MOL scende da 12.6 a 9.9 milioni di euro, dal 23% al 19% del fatturato, ossia in linea con il 2022. Di questi 4 punti di margine inferiore, 1.5 vengono dagli acquisti, 1.3 dal personale (+7% in valore assoluto) e 1.8 dagli altri costi operativi.
    Con ammortamenti stabili e oneri finanziari in crescita da 1.3 a 1.8 milioni, l’utile netto cala da 7.1 a 4.6 milioni, sotto anche il livello di 5.8 del 2022.
    Dal punto di vista finanziario l’indebitamento è leggermente cresciuto ma bisogna tenere conto dell’acquisizione di 5 milioni di euro, per cui sarebbe in effetti calato di 4 milioni senza l’operazione, con investimenti poco inferiori a 2 milioni, nessun dividendo e un capitale circolante molto ben sotto controllo.

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    Treasury Wine Estates – risultati 2024/25

    TWE chiude il 2025 un filo sotto le indicazioni che aveva fornito a febbraio (riducendole rispetto all’obiettivo originario), a causa di un secondo semestre dove ha innestato la retromarcia, soprattutto dal punto di vista dei volumi. Aveva inizialmente dato un obiettivo di 780-810 milioni di dollari australiani di utile netto, ha poi detto a febbraio 780 e ha finito a 770. Nonostante i risultati poco convincenti, l’azione in borsa ha reagito in modo leggermente positivo, con un leggero recupero, anche sostenuto dall’annuncio di un piano di riacquisto di azioni (200 milioni su 6.3 miliardi di valore… “l’importante è il pensiero”) ma anche dalla riconferma di una attesa di ulteriore crescita degli utili nel 2025.
    Resta ad ogni modo il risultato più elevato della storia di TWE, anche guardando alle vendite (+7% a 2.9 miliardi) e all’utile netto (+15% quello rettificato a 471 milioni), ovviamente ottenuto attraverso l’acquisizione in USA di DAOU, che secondo i nostri calcoli ha rappresentato praticamente tutta la crescita delle vendite, mentre a livello organico (-1%) la crescita di Penfolds (+7%) ha compensato la debolezza del portafoglio “non-luxury”.
    Proprio per questo motivo, TWE ha annunciato a 5 anni di distanza un nuovo cambio di modello divisionale (vedere tavola allegata al post), “tirando fuori” da TWE America il portafoglio luxury (1.9m di casse di vino) e mettendo il resto (4.4m di casse) insieme al TWE Premium Brands, che si rinominerà Treasury Collective. Questa divisione avrebbe generato nel 2025 16.5m di casse di vino sulle 21.3 totali e 1.13 miliardi di fatturato dei 2.9 totali. Ovviamente si tratta della divisione “non core” del gruppo, con tassi di crescita negativi, che un giorno o l’altro TWE cercherà di vendere.
    Passiamo a un breve commento dei dati (che sono tanti!).

    Le vendite crescono del 7% a 2.94 miliardi di dollari, nonostante un calo dei volumi del 3% a 21.3 milioni di casse.
    Penfolds cresce del 7% a 1.07 miliardi (ma cala del 6.5% nel secondo semestre) e genera un utile operativo di 477 milioni, +13% (-3% nel secondo semestre).
    La divisione americana è ovviamente sostenuta dall’acquisizione di DAOU. Senza di essa, le vendite sarebbero calate del 5% con un declino dei volumi del 6.6%. Ad ogni modo nel 2025 le vendite sono salite del 17% a 1.2 miliardi, con un secondo semestre a -3%, mentre l’utile operativo cresce del 34% a 309 milioni, con un movimento positivo anche nel secondo semestre (+12%).
    La divisione che va male è quella dei premium brands (che volevano vendere e non sono riusciti), dove le vendite calano dell’8% a 351 milioni e l’utile operativo scende del 27% a 55 milioni. Da notare che questa divisione “gira” ben 12 delle 21 milioni di casse vendute nell’anno da TWE.
    Dal punto di vista finanziario il debito è stabile a 1.25 miliardi di dollari (esclusi i lease) e la leva sta a 1.9 volte l’EBITDA, con un’attesa di restare su questi livelli dopo il pagamento dei dividendi e il riacquisto delle azioni.

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    Gruppo Italiano Vini (GIV) – risultati 2024

    Le vendite di GIV calano del 3% nel 2024 a 417 milioni di euro ma gli utili tengono sui livelli assoluti visti nel 2023. Il 2024 nasconde però una situazione “faticosa” per il gruppo di proprietà di Cantine Riunite. Oltre ai margini molto risicati, che sono una costante dell’azienda, nel 2024 il debito sale da 114 a 120 milioni di euro nonostante non si siano distribuiti dividendi (come in passato) ma soprattutto nonostante un livello di investimenti veramente basso. Parliamo di 4 milioni di euro di investimenti per un’azienda da 400 e più milioni di fatturato con ammortamenti di 13 milioni di euro. La causa è un significativo deterioramento del capitale circolante, con un incremento delle scorte (8 milioni di euro dopo gli 11 del 2023) e dei crediti verso clienti (18 milioni). Leggendo la tabella e guardando i grafici vi potete rendere conto dell’evoluzione storica dei numeri di GIV: il fatturato è leggermente cresciuto ma i margini sono in calo in prospettiva storica.
    Passiamo a un breve commento dei dati.

    Le vendite 2024 sono state “riviste” per eliminare gli sconti sia dal fatturato che dai costi, quindi con un impatto neutro sugli utili. Il calo rispetto al 2023 “come riportato” sarebbe del 4%, ma quello calcolato sulla medesima base è pari al 3%, con un -5% in Italia a 86 milioni e un -2% all’estero a 331 milioni di euro.
    I margini percentuali sono sostanzialmente stabili al 6% per l’EBITDA e al 3% per l’utile operativo. La dinamica dei costi mostra un miglioramento del costo del venduto, sceso dal 61% al 59% del fatturato che purtroppo è stato “mangiato” dall’aumento dei costi operativi, incluso il costo del personale cresciuto dal 14% al 15% del fatturato.
    Con oneri finanziari, ammortamenti e tasse stabili il bilancio chiude con 3.6 milioni di euro di fatturato, contro il 3.3 del 2022 e 2023.
    A livello finanziario, l’indebitamento sale da 114 a 120 milioni, contro un patrimonio netto che passa da 177 a 180 milioni di euro. L’azienda non ha distribuito dividendi e ha investito 3.6 milioni di euro, contro i 7 milioni del 2023. La combinazione di crediti, rimanenze e debiti verso fornitori ha purtroppo portato un saldo negativo di 23 milioni di euro che ha eroso completamente il flusso finanziario operativo di 28 milioni (22 milioni dopo oneri finanziari, tasse e altre componenti).
    Nessuna menzione particolare nell’andamento prevedibile della gestione sulle attese per il 2025. Avendo il gruppo una esposizione piuttosto rilevante al mercato americano, l’anno potrebbe essere particolarmente difficile.

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