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    Poderi dal Nespoli amplia la sua gamma di vini

    Dal 1929 la cantina forlivese Poderi dal Nespoli rappresenta un’identità romagnola in continua evoluzione, radicata nella tradizione ma sempre proiettata verso nuove prospettive enologiche. Dopo l’ammodernamento della cantina in chiave ecosostenibile e l’avvio del vigneto biosimbiotico Gualdo, situato nella sottozona di Predappio, Poderi dal Nespoli ha presentato a Vinitaly 2025 tre nuove referenze, nate dalla collaborazione con l’enologo Riccardo Cotarella: il Prugneto Romagna DOC Sangiovese Superiore 2023, etichetta storica dell’azienda che ha beneficiato di un restyling enologico, e due nuovi vini bianchi, Scanadè Romagna DOCG Albana Secco e Lóstar Forlì IGT Chardonnay. Tre vini che esprimono il potenziale della Romagna e ne interpretano le peculiarità attraverso un approccio contemporaneo.Prugneto, Romagna DOC Sangiovese Superiore
    Uno dei vini iconici di Poderi dal Nespoli, che deve il nome al primo vigneto acquisito dalla famiglia Ravaioli. L’etichetta omaggia lo spirito curioso ed eclettico della famiglia ed è pensata come una vera e propria carta d’identità del vino. Questo Romagna DOC Sangiovese Superiore, prodotto su suoli di medio impasto a prevalenza argillosa, offre profumi intensi di frutta rossa e viola, con un finale fresco e speziato. Le uve, raccolte a mano tra fine settembre e inizio ottobre, vengono vinificate e maturate in acciaio, con il 30% del blend che affina in botti e barriques.
    Scanadè, Romagna DOCG Albana Secco
    Un omaggio alla Romagna e al primo vino bianco italiano ad aver ottenuto la DOCG (1987). Scanadé esalta la struttura e la complessità dell’Albana attraverso un’attenta vinificazione: le uve, coltivate su terreni calcarei e raccolte a mano, fermentano in parte in barrique con bâtonnage regolari, acquisendo maggiore struttura e profondità. Il risultato è un vino dal colore giallo intenso con riflessi dorati, profumi di fiori di acacia, pesca e agrumi, e un sorso avvolgente ed equilibrato.
    Scanadè, Romagna DOCG Albana Secco
    Lóstar, Forlì IGT Chardonnay
    Questo Chardonnay unisce il vigore tipico dei vini romagnoli con un’impronta internazionale. Prodotto dai vigneti della Valle del Bidente, su suoli argilloso-limosi, Lòstar affina parzialmente in barrique per cinque mesi, con un attento lavoro di bâtonnage che ne esalta la morbidezza e la complessità. Al palato è suadente e armonico, con un perfetto equilibrio tra fresche note varietali e il carattere ricco ed elegante.
    I nomi Scanadé e Lóstar, ispirati al dialetto romagnolo, evocano il concetto di splendore, luce celeste e cicli lunari, elementi profondamente radicati nella saggezza contadina e che si riflettono nel carattere unico di questi vini. Con queste nuove etichette, Poderi dal Nespoli continua a esplorare le potenzialità della Romagna, creando vini che raccontano la storia e l’anima di un territorio unico.
    Lóstar, Forlì IGT Chardonnay LEGGI TUTTO

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    Alto Adige, un’eccellenza vitivinicola tra qualità, identità e visione

    L’Alto Adige è una delle più piccole regioni vitivinicole d’Italia, eppure è tra le più dinamiche e riconosciute a livello nazionale e internazionale. In un territorio di appena 5.850 ettari vitati si concentra una sorprendente varietà di paesaggi, microclimi e suoli che contribuiscono a definire l’identità di una delle zone enologicamente più vivaci del Paese.

    Un’identità che si è rafforzata nel tempo e che nel 2025 ha raggiunto un traguardo significativo: i cinquant’anni della Denominazione di Origine Controllata “Alto Adige”, celebrati a Vinitaly con una conferenza stampa istituzionale e una serie di appuntamenti dedicati che hanno ripercorso la storia, l’evoluzione e lo sguardo al futuro di una delle denominazioni più distintive d’Italia.

    Ad aprire l’incontro veronese è stato Andreas Kofler, presidente del Consorzio Vini Alto Adige, che ha ricordato come il decreto del 14 aprile 1975 abbia segnato una svolta per l’enologia locale, dando avvio a un percorso orientato alla qualità e alla valorizzazione del territorio. “La DOC Alto Adige è il frutto di una lunga storia fatta di scelte coraggiose, di pionieri illuminati e di un cambio di paradigma radicale. In questi 50 anni, il nostro territorio ha saputo evolversi puntando sulla qualità, sulla sostenibilità e sulla varietà”, ha sottolineato Kofler.

    Dal modello intensivo degli anni Settanta si è passati a una viticoltura orientata alla selezione, alla valorizzazione dei terroir e alla sostenibilità. Se un tempo la Schiava dominava incontrastata i vigneti della regione, oggi i vitigni bianchi occupano circa due terzi delle superfici coltivate, in un equilibrio che riflette la complessità del territorio e la crescente attenzione alla qualità. “Scegliere il vitigno più adatto in base alla specificità del terreno è stata la chiave della svolta qualitativa. Oggi contiamo circa 20 varietà che prosperano nel nostro microclima unico”, ha aggiunto Kofler.

    Il vigneto altoatesino si estende tra i 200 e i 1.000 metri di altitudine, sulle pendici delle montagne, in un intreccio di versanti, conche e vallate modellati dall’orogenesi alpina, dai ghiacciai e dall’azione dei fiumi. A Nord, la cresta alpina protegge dalle correnti fredde, mentre a Sud l’influenza del Mediterraneo garantisce un clima mite e ottima ventilazione. Una combinazione che consente lo sviluppo di stili diversi, accomunati da eleganza, freschezza e riconoscibilità.

    Durante la conferenza stampa di Vinitaly, Eduard Bernhart, direttore del Consorzio fondato nel 2007, ha illustrato le attività dell’organizzazione, soffermandosi sulla recente pubblicazione del volume Vino in Alto Adige – Storia e presente di un territorio vinicolo unico, un’opera corale che raccoglie studi e riflessioni di quaranta autori sul patrimonio enologico altoatesino, disponibile in libreria e online. “Promuovere con forza e coerenza il marchio Alto Adige sui mercati internazionali significa anche offrire un supporto concreto ai nostri membri: marketing, formazione, assistenza operativa e legale. Con grande impegno e spirito di collaborazione continuiamo a dare impulso al futuro del vino altoatesino”, ha dichiarato Bernhart.

    A rafforzare questa visione si inserisce anche il progetto di zonazione, ufficializzato nell’ottobre 2024, che ha portato al riconoscimento di 86 Unità Geografiche Aggiuntive (UGA). Ogni zona è caratterizzata da un profilo pedoclimatico preciso e associata a un numero ristretto di vitigni, in un’ottica di trasparenza e valorizzazione delle peculiarità territoriali. “C’è chi sostiene che con la zonazione ci siamo complicati la vita. Al contrario, abbiamo dato un valore aggiunto inestimabile al nostro territorio. La selezione dei vitigni ideali e la riduzione delle rese pongono le basi per un ulteriore salto di qualità dei nostri vini”, ha affermato Martin Foradori, vicepresidente del Consorzio.

    Lo sguardo al futuro si estende anche all’enoturismo, con la presentazione della Wine&Bike Alto Adige Collection, un progetto nato in collaborazione con Agrar IDM Südtirol e il Consorzio. Otto percorsi tematici accessibili tramite l’app Komoot, oltre 100 cantine coinvolte, degustazioni, esperienze tra i filari e paesaggi spettacolari da scoprire pedalando. “Vivere l’Alto Adige in bicicletta significa immergersi nella sua diversità: pedalando tra vigne, cantine e paesaggi unici, è possibile cogliere l’essenza autentica dei nostri vini”, ha raccontato Thomas Fill, direttore di Agrar IDM Südtirol.

    I tour spaziano dal Pinot Bianco dell’Oltradige alle colline di Santa Maddalena, dalla Valle Isarco alla Val Venosta, fino alla Strada del Vino tra Bolzano e Merano. Testimonial d’eccezione dell’iniziativa sono stati Madeleine Puckette, fondatrice di Wine Folly, e Aldo Sohm, wine director del ristorante 3 stelle Michelin Le Bernardin di New York, protagonisti di un cortometraggio realizzato in sella a biciclette d’autore firmate Officina Pegoretti. “Le Alpi sono territori che forgiano spiriti resilienti. Come i nostri telai, anche i vini altoatesini nascono da un contesto unico e difficile, e proprio per questo sono autentici”, ha raccontato Cristina Wuerdig Pegoretti, CEO dell’azienda.

    Oggi quasi il 98% della produzione rientra nella DOC, testimonianza di un impegno condiviso e radicato. In Alto Adige la viticoltura è parte integrante del paesaggio e della cultura: è tradizione viva, ma anche progetto contemporaneo che guarda avanti. E lo conferma lo stesso Andreas Kofler, nel chiudere l’incontro di Vinitaly: “Il cinquantenario della DOC non è solo una celebrazione, ma un’occasione per riaffermare il nostro impegno per una viticoltura sempre più consapevole, identitaria e capace di affrontare le sfide globali con forza e coerenza”.

    Mappa zonazione Alto Adige LEGGI TUTTO

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    Un passaggio storico per il Cirò: verso la DOCG

    Un obiettivo atteso e costruito con determinazione sta per diventare realtà: con la pubblicazione del nuovo disciplinare sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea, il Cirò Rosso Riserva si avvia a ottenere il riconoscimento come Cirò Classico DOCG. Si apre così una nuova fase per la denominazione più rappresentativa della viticoltura calabrese, che vede consolidato il suo valore nel panorama nazionale e internazionale. In assenza di opposizioni nei prossimi 90 giorni, il passaggio a DOCG sarà ufficialmente ratificato.

    Questo traguardo è il risultato di un percorso avviato nel 2019 e portato avanti dal Consorzio di Tutela Vini DOC Cirò e Melissa, che ha completato l’intero iter burocratico fino al vaglio della Commissione europea. Il riconoscimento DOCG non solo certifica la qualità del vino, ma sancisce anche l’importanza storica, culturale e territoriale dell’area di produzione, che comprende i comuni di Cirò e Cirò Marina, in provincia di Crotone.

    In questo territorio unico, che si estende dalle colline costiere alle prime pendici della Sila, il vitigno Gaglioppo trova la sua espressione più autentica. “Questo risultato è il frutto di un lavoro collettivo che ha coinvolto produttori, tecnici, istituzioni e l’intero comparto vitivinicolo locale” dichiara Raffaele Librandi, Presidente del Consorzio. “Abbiamo sempre creduto che il Cirò Rosso Riserva avesse le caratteristiche per affermarsi come riferimento di eccellenza. Con la denominazione ‘Cirò Classico DOCG’ intendiamo rafforzarne il posizionamento e comunicarne l’identità con ancora maggiore incisività”.

    Il Cirò Classico DOCG si distingue per il colore rosso rubino con riflessi granati e per un bouquet aromatico intenso e stratificato, caratterizzato da note di frutta rossa e spezie. Al palato si presenta strutturato e armonico, con un’evoluzione che ne accentua la morbidezza e la complessità nel tempo. Questo equilibrio sensoriale è il risultato della perfetta sinergia tra vitigno e terroir: il Gaglioppo, coltivato da secoli nell’area cirotana, beneficia di suoli sedimentari ricchi di minerali e di un microclima unico, influenzato dal mare Ionio a est e dalle alture silane a ovest.

    L’area di produzione si estende su circa 9.000 ettari, in un paesaggio che alterna terrazze fluviali, dolci colline e rilievi sabbiosi o conglomeratici. Le forti escursioni termiche, la concentrazione delle piogge nei mesi autunnali e le estati siccitose contribuiscono a una maturazione equilibrata delle uve, conferendo al vino carattere e personalità.

    Con l’affermazione del Cirò Classico DOCG, la Calabria del vino compie un passo significativo verso la valorizzazione della propria identità vitivinicola, fondata su vitigni autoctoni, sul legame con il territorio e sul lavoro di una comunità coesa. Oltre 300 viticoltori e 71 cantine danno vita a questa denominazione, che oggi guarda al futuro con nuovo slancio e prospettive sempre più ambiziose. LEGGI TUTTO

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    Nuovo corso per il Consorzio Tutela Vini Collio: Luca Raccaro alla presidenza

    L’Assemblea dei Soci del Consorzio Tutela Vini Collio, riunitasi il 28 marzo con la partecipazione del 73% della rappresentanza sociale, ha rinnovato il Consiglio di Amministrazione, eleggendo tredici membri e approvando i bilanci consuntivo 2024 e preventivo 2025.

    Il nuovo CDA, insediatosi ufficialmente il 1° aprile, ha designato alla presidenza Luca Raccaro, affiancato dai vicepresidenti Karin Princic e Paolo Corso. Raccaro, viticoltore e titolare con il fratello dell’azienda di famiglia, è il più giovane presidente nella storia del Consorzio, portando una visione contemporanea alla guida della Denominazione.

    Paolo Corso – Karin Princic – Luca Raccaro

    “Sono onorato di questo incarico e riconoscente verso chi ha riposto fiducia in me – ha dichiarato Raccaro –. Il nostro impegno sarà volto a rafforzare l’unità della Denominazione, valorizzare la qualità delle produzioni e promuovere la sostenibilità. Un primo importante appuntamento sarà l’evento istituzionale di ottobre dedicato al Friulano, un’occasione per raccontare il nostro territorio attraverso una delle sue varietà più rappresentative.”

    A comporre il nuovo Consiglio di Amministrazione sono:

    Paolo Corso – Tenuta Borgo Conventi

    Riccardo Marcuzzi – Soc. Agr. Colsoreli

    Luca Raccaro – Raccaro Soc. Agricola

    David Buzzinelli – Carlo di Pradis

    Matteo Livon – Livon S.S.

    Alessandro Pascolo – Vini Pascolo

    Fabjan Korsic – Korsic Wines S.a.S.S.

    Saša Radikon – Radikon S.S.

    Matej Figelj – Soc. Agr. Fiegl

    Karin Princic – Colle Duga

    Jannis Paraschos – Soc. Agr. Paraschos

    Michele Tomba – Bolzicco Fausta

    Tamara Podversic – Podversic Damijan S.a.s.

    Il nuovo Consiglio di Amministrazione

    L’Assemblea ha inoltre approvato all’unanimità il Bilancio consuntivo Erga Omnes 2024, il Bilancio preventivo 2025 e il rinnovo dell’incarico al Sindaco Unico, Alessandro Caprara.

    Nel passaggio di testimone, il presidente uscente David Buzzinelli ha espresso soddisfazione per i risultati ottenuti: “Abbiamo portato avanti progetti di grande rilievo, tra cui l’inserimento a Disciplinare dei vini ottenuti con macerazione e l’avvio del percorso per un nuovo vino prodotto esclusivamente da varietà tradizionali. Sul fronte della visibilità, la campagna promozionale ha consolidato la presenza del Collio sui mercati, mentre il 60° anniversario ha rafforzato il legame con il territorio.” Il Bilancio 2024 ha destinato quasi il 60% dei costi alla promozione, con un significativo aumento degli investimenti per la valorizzazione della Denominazione.

    Luca Raccaro

    Anche la direttrice del Consorzio, Lavinia Zamaro, ha sottolineato l’importanza dell’ultimo anno: “Il 2024 è stato un periodo di forte crescita, grazie alle celebrazioni del 60° anniversario e alle attività promozionali svolte a livello internazionale, dagli Stati Uniti alla Gran Bretagna. L’intenso lavoro di incoming con operatori e stampa ha rafforzato l’identità del Collio e proiettato la nostra eccellenza verso il futuro.”

    Il Consorzio Collio in numeri

    Fondato nel 1964, il Consorzio Tutela Vini Collio rappresenta circa 270 produttori e tutela 1.300 ettari di vigneti DOC, distribuiti tra i comuni di Capriva del Friuli, Cormòns, Dolegna del Collio, Farra d’Isonzo, Gorizia, Mossa, San Floriano del Collio e San Lorenzo Isontino. Il territorio è noto per la produzione di vini bianchi di alta qualità, espressione autentica di vitigni autoctoni come Ribolla Gialla, Friulano e Picolit, oltre a varietà internazionali. Il Collio Bianco, assemblaggio libero di tutte le uve ammesse a disciplinare, rappresenta l’essenza della Denominazione.

    Il Consorzio è attivo nella promozione internazionale, con una presenza consolidata in Europa, Stati Uniti e Asia, e nella sostenibilità ambientale, attraverso progetti di ricerca, tracciabilità e tutela della biodiversità. Dal 2021 è operatore associato per la certificazione SQNPI e partecipa alle principali fiere del settore, sostenendo la crescita e la riconoscibilità del Collio nel panorama enologico mondiale. LEGGI TUTTO

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    Bilancio positivo per il primo anno del Gruppo Marilisa Allegrini

    A un anno dalla sua fondazione, il Gruppo Marilisa Allegrini traccia un primo bilancio più che positivo. Il consolidato registra un fatturato di 10,5 milioni di euro, in linea con le previsioni, confermando la solidità del modello di business e la capacità di adattamento alle dinamiche di un settore in continua evoluzione.

    “Il nostro risultato dei primi nove mesi non era affatto scontato, considerando le turbolenze del mercato e le molte variabili esterne che influenzano il comparto. Avviare un progetto imprenditoriale in un contesto simile è stata una sfida impegnativa, ma questi numeri dimostrano che la strada intrapresa è quella giusta. Sono orgogliosa delle nostre aziende e della fiducia che continuiamo a conquistare sia in Italia che all’estero. Dopo quarant’anni di viaggi e lavoro, vedere le mie figlie Carlotta e Caterina seguire il mio stesso percorso è una grande soddisfazione” – afferma Marilisa Allegrini, Cavaliere del Lavoro e Presidente del Gruppo.

    L’export si conferma un pilastro strategico, rappresentando il 70% del fatturato delle tre aziende di proprietà della famiglia Mastella Allegrini – Villa Della Torre a Fumane, Poggio Al Tesoro a Bolgheri e San Polo a Montalcino – con una presenza consolidata in mercati chiave come Stati Uniti, Svizzera, Germania, Regno Unito e Giappone.

    Un anno di iniziative e riconoscimenti

    Il 2024, anno di nascita del Gruppo, si è distinto per un’intensa attività, con eventi di rilievo sia in Veneto che in Toscana. A Bolgheri, Poggio Al Tesoro ha partecipato alla prestigiosa Cena sul Viale dei Cipressi e ha organizzato una verticale di cinque annate del Vermentino SoloSole. Sempre a settembre, Villa Della Torre ha ospitato il pranzo dei Presidenti delle Camere basse dei Paesi del G7 e del Parlamento europeo. Sul fronte dei riconoscimenti, il Gruppo ha ottenuto prestigiosi risultati, tra cui il sesto posto nella classifica di Gentleman di febbraio 2025 per il vino “Dedicato a Walter Bolgheri Superiore DOC 2020” della cantina Poggio al Tesoro.

    Giancarlo Mastella

    Accoglienza e vino: un binomio strategico

    Marilisa Allegrini sottolinea il ruolo fondamentale dell’ospitalità nel percorso di crescita del Gruppo: “Oltre ai numeri, il nostro obiettivo è creare sinergie tra vino e accoglienza. L’Italia possiede un patrimonio straordinario di territori, cultura e know-how produttivo, e investire nella valorizzazione di questi elementi è cruciale per mantenere la nostra competitività a livello globale”.

    Marilisa Allegrini

    Investimenti nei giovani e crescita sostenibile

    Un altro fattore chiave del successo del primo anno è stato l’investimento nel capitale umano. Il Gruppo ha rafforzato la propria struttura con 16 nuove assunzioni, puntando su una squadra giovane con un’età media under 35. Questa scelta rispecchia la volontà di formare i professionisti del domani e di promuovere un ambiente di lavoro dinamico e innovativo.

    Obiettivi futuri: raddoppiare il fatturato e ampliare la produzione

    Le prospettive per i prossimi cinque anni sono ambiziose: il Gruppo punta a raddoppiare il fatturato, portando i ricavi delle tre cantine a 15 milioni di euro e incrementando il settore dell’ospitalità, che oggi rappresenta il 5% del fatturato, fino a 5 milioni di euro. Un ulteriore driver di crescita sarà l’aumento della produzione di Villa Della Torre, che porterà il Gruppo a raggiungere il milione di bottiglie.

    I nuovi progetti: il Brolo di Villa Della Torre e Peaks&Valleys

    Villa Della Torre si evolve con una produzione che valorizza il proprio Brolo, dieci ettari di vigneto racchiusi da antiche mura, con vini che rappresentano un’evoluzione consapevole dello stile classico della Valpolicella. Il Valpolicella Classico Superiore 2021 e l’Amarone della Valpolicella Classico 2020 ne sono esempi emblematici, con un’identità sempre più definita e orientata alla precisione espressiva.

    Parallelamente, il Gruppo ha lanciato il progetto Peaks&Valleys, dedicato alla valorizzazione dei territori vitivinicoli veronesi – Valpolicella, Soave e Lugana – attraverso una selezione mirata di vigneti e terroir. Il progetto prevede il lancio di quattro referenze: Valpolicella Classico Monte Lencisa DOC 2024, Lugana Selva del Vescovo DOC 2024, Soave Classico Castelcerino DOC 2024 e Soave Classico Fittà DOC 2024.

    Un’identità visiva distintiva

    I nuovi progetti sono accompagnati da un’identità visiva curata dall’agenzia NSG | Strategic Branding Communication Wine Design. Le etichette di Villa Della Torre richiamano elementi architettonici rinascimentali, mentre il logo di Peaks&Valleys rappresenta il profilo geografico di Verona. Ogni etichetta, firmata da Marilisa Allegrini, racchiude informazioni sui vigneti e sulle caratteristiche uniche dei territori di origine.

    Con un primo anno solido alle spalle e progetti ambiziosi per il futuro, il Gruppo Marilisa Allegrini si conferma una realtà dinamica e in crescita, capace di coniugare tradizione e visione strategica per affermarsi sempre più nel panorama enologico internazionale. LEGGI TUTTO

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    Lungarotti presenta il Progetto 1962

    C’è un momento nella storia di ogni azienda familiare in cui si sente il bisogno di guardarsi allo specchio. Per Lungarotti, questo momento è arrivato nel 2024. Dopo un lungo percorso di analisi interna ed esterna, è emerso un potenziale ancora in parte inespresso. È da qui che nasce il Progetto 1962 che segna l’inizio del quarto ciclo di vita dell’azienda, con l’obiettivo di tornare alle radici per raccontare una nuova contemporaneità.Lungarotti, storica realtà vitivinicola dell’Umbria, ha sempre incarnato valori profondi: famiglia, territorio, continuità. Con questo progetto, questi valori si rinnovano nella forma, ma restano saldi nella sostanza. L’Umbria – terra di mestieri antichi, paesaggi incontaminati e ritmo lento – è al centro della narrazione: non solo come luogo fisico, ma come stile di vita da trasmettere al mondo.
    Il 2024 ha rappresentato un anno di svolta. A partire da un attento lavoro di ascolto e riflessione, Lungarotti ha deciso di ridefinire la propria immagine e la propria proposta, in modo coerente con la propria storia e dialogando con il presente. Non si è trattato di un semplice restyling, ma di un cambio di passo: un’evoluzione nel pensiero, nelle persone, nella produzione e nella comunicazione.
    E’ da qui che nasce l’idea di Progetto 1962, che prende il nome dalla prima annata del Rubesco e Torre di Giano, le due etichette simbolo di Lungarotti rivisitate nella forma e nella sostanza. I nuovi Rubesco 62 e Torre di Giano 62 si distinguono per uno stile gustativo più snello, fresco, immediato e trasversale, pensato per raccontare l’Umbria e il suo carattere attraverso vini che hanno segnato la storia dell’azienda, ma perfettamente attuali.
    Il progetto si fonda su tre dimensioni stilistiche: quella gustativa, quella visiva e quella comunicativa. Vini dalla netta espressione varietale, ottenuti da vitigni resilienti al cambiamento climatico, come il Sangiovese e il Trebbiano, che vedono una raccolta leggermente anticipata ed una vinificazione la cui cura mira ad esprimere al meglio la terra d’origine. Tra le caratteristiche del processo che raccontano questa cura, le temperature di fermentazione più basse – per limitare l’estrazione – nel rosso, ed un passaggio più lungo sulle fecce fini per il bianco, per contribuire a caratterizzarne la struttura. Accompagna il cambiamento un nuovo design senza tempo, ispirato alle prime etichette degli anni ’60.  Il racconto contemporaneo unisce memoria e visione, radici e ambizione, per due prodotti destinati al canale Horeca.
    “Il Progetto 1962 è solo l’inizio di un piano strategico triennale che vuole portare nel mondo l’Umbria e il suo stile di vita lento” spiega Chiara Lungarotti, amministratore delegato dell’azienda. “Un percorso fatto di concretezza, eleganza, autenticità e legame con il territorio. Come azienda, come famiglia, come interpreti di una regione unica, sentiamo oggi il dovere e l’orgoglio di rappresentare la nostra terra nel mondo. E lo facciamo con ciò che meglio ci racconta: un vino senza tempo, capace di parlare al presente”.
    Da Torgiano al mondo: una storia di famiglia e di territorio
    Lungarotti è sinonimo di vino umbro dal 1962, ma la sua storia affonda le radici molto prima. La famiglia, stabilitasi nella Media Valle del Tevere alla fine del XVIII secolo, ha sempre avuto un legame profondo con la terra, producendo vino, olio e altre eccellenze agricole. Nel 1962, con la nascita di Rubesco e Torre di Giano, ha inizio il secondo ciclo della storia, grazie alla visione di Giorgio Lungarotti che inizia a sviluppare l’azienda sui mercati nazionali ed internazionali.
    Dopo la sua scomparsa nel 1999, la “nuova” generazione ha dato il via al terzo ciclo: reimpianto dei vigneti, ammodernamento delle cantine, apertura verso pratiche sostenibili. Nel 2024, la decisione di avviare il quarto ciclo, guardando al futuro con uno sguardo che parte da lontano, per rendere contemporaneo il brand e i suoi valori.
    La nuova visione aziendale è chiara e ambiziosa: “Rallentare la vita delle persone, portando l’Umbria e il suo stile di vita nel mondo.” Questa visione si traduce in una missione concreta: proporre vini intramontabili, territoriali, classici e rispettosi, che trasmettano uno stile di vita sano, profondo e radicato nella cultura regionale.
    Cambiare per restare se stessi
    Il rinnovamento di Lungarotti tocca ogni aspetto della vita aziendale: nuove professionalità sono entrate in azienda, affiancando la famiglia nelle diverse aree operative. Lo stile enologico evolve verso una maggiore immediatezza del sorso, freschezza e bevibilità, mantenendo eleganza e autenticità. Nel marketing e la comunicazione viene adottato un approccio più contemporaneo, emozionale e narrativo. Vengono introdotti nuovi strumenti digitali e si rafforza la cultura aziendale come comunità attiva. L’ospitalità assume una nuova dimensione con l’Enoteca della Cantina, il wine shop dove è possibile degustare e pranzare, completamente rinnovato, che affianca le altre strutture d’accoglienza di Lungarotti, dall’agriturismo Poggio alle Vigne alla ristorazione dell’Osteria del Museo, situata accanto al Museo del Vino. Anche questa trasformazione è guidata dalla volontà di trasmettere i valori umbri: concretezza, generosità, resilienza. Il Progetto 1962 rappresenta il DNA di Lungarotti in chiave contemporanea, un ponte tra passato e futuro.
    Playlist Progetto 62: https://open.spotify.com/playlist/30NAiwX6WO3NKuCKjcOt32?si=2UlwPzoURwGtPobor8L82g&pi=e-8AhyyS-qSOeJ LEGGI TUTTO

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    Pietro Colosi festeggia i suoi primi dieci anni in azienda: tra tradizione di famiglia e visione per il futuro

    Dieci anni sono passati da quel 24 aprile 2015, giorno in cui Pietro Colosi discuteva la sua tesi di laurea a San Michele all’Adige e, appena poche ore dopo, varcava ufficialmente la soglia dell’azienda di famiglia pronto a intraprendere il proprio percorso professionale nel mondo del vino. Un ingresso ufficiale che, in realtà, coronava un cammino iniziato molto tempo prima, quando da bambino trascorreva i pomeriggi in cantina al fianco del nonno Pietro e del padre Piero assorbendo la passione per la viticoltura e l’enologia.A distanza di dieci anni, Pietro celebra il suo primo importante traguardo professionale ripercorrendo i cambiamenti, gli investimenti, le scelte coraggiose intraprese dalla famiglia che hanno trasformato profondamente l’azienda negli ultimi due lustri. Il padre Piero, cuore gestionale e organizzativo dell’azienda, e il nonno Pietro, anima enologica delle prime produzioni, hanno trasmesso valori e competenze che Pietro ha saputo reinterpretare grazie agli studi e all’esperienza, portando una nuova energia in cantina. “Papà e nonno erano burberi e permalosi, ma avevano una grande voglia di trasmettermi ciò che sapevano. E’ grazie a loro se io e mia sorella Marianna abbiamo deciso di fare di questo lavoro la nostra vita e di proiettarci verso un’evoluzione che sentivamo necessaria. In questo decennio è cambiato tanto: le persone, il modo di lavorare, l’approccio alla sostenibilità e, naturalmente, i nostri vini”, racconta Pietro.
    Il primo grande cambiamento è stato il potenziamento tecnologico: in vigneto, la sostituzione completa del parco macchine ha permesso di adottare metodi di lavorazione più organici, sicuri e rispettosi dell’ambiente. In cantina, l’aggiornamento delle attrezzature e l’introduzione di nuovi standard qualitativi hanno garantito processi produttivi all’avanguardia, mantenendo intatto il legame con il sapere enologico tramandato dal nonno Pietro.
    Un altro passo fondamentale è stato l’impegno concreto sul fronte della sostenibilità: l’installazione di un impianto fotovoltaico ha reso l’azienda quasi completamente autosufficiente dal punto di vista energetico, riducendo in modo significativo l’impatto ambientale e facendo della cantina Colosi una realtà green e moderna.
    Nel corso di questo decennio, è cambiata profondamente anche la squadra. L’azienda oggi si avvale di collaboratori giovani, dinamici e altamente qualificati, sia nei vigneti dell’isola di Salina, dove la cura dei filari è diventata quasi un’arte, sia in cantina, dove si lavora con grande attenzione alla qualità e al dettaglio, che in amministrazione. “Abbiamo investito sulle persone, cercando di creare un ambiente di lavoro in cui i giovani potessero crescere, formarsi e sentirsi parte integrante della nostra realtà familiare”, sottolinea Pietro.
    Anche i vini Colosi sono cambiati: Pietro e Marianna hanno dato un nuovo volto alle etichette, scegliendo uno stile grafico più fresco e contemporaneo, in grado di raccontare la storia dell’isola e della famiglia con un linguaggio visivo capace di dialogare con le nuove generazioni di appassionati. Dal punto di vista enologico, l’esperienza acquisita da Pietro durante gli studi e il suo approccio innovativo hanno portato una ventata di freschezza all’intera gamma dei prodotti; il risultato è una collezione di vini che mantiene il carattere autentico del territorio, ma con uno stile moderno ed elegante.
    Tra i progetti che più rappresentano questa nuova era aziendale ci sono Secca del Capo e Guardiano del Faro, due vini che racchiudono lo spirito e la passione della famiglia Colosi. Secca del Capo è il primo vino che Pietro ha realizzato insieme al padre Piero, un’etichetta che segna il passaggio di testimone tra le generazioni e che sintetizza perfettamente l’incontro tra tradizione e innovazione. Guardiano del Faro, invece, è un progetto ambizioso che celebra il legame profondo con l’isola di Salina, la sua natura selvaggia e la dedizione instancabile della famiglia alla propria terra. Due vini simbolo, che raccontano il cuore pulsante di un’azienda che guarda avanti, senza mai dimenticare le proprie radici.
    Guardando al futuro, l’obiettivo resta la crescita continua, senza perdere di vista i valori che hanno sempre contraddistinto la famiglia Colosi. “Papà ci ha sempre insegnato che ‘ci vuole una vita per costruire e un secondo per distruggere’. Questo principio guida ogni nostra scelta: costruire con pazienza e dedizione, un passo alla volta, come si fa con i muri che resistono al tempo”, spiega Pietro.
    La Sicilia è da oltre 80 anni teatro della produzione vinicola della famiglia Colosi, una storia che inizia in un piccolo borgo dell’entroterra, San Pier Niceto. Da allora l’azienda non si è mai fermata, anzi, le nuove generazioni hanno permesso alla Cantina di crescere e diventare una realtà solida, affermata in tutto il mondo, tanto che alla fine degli anni ’90 la famiglia ha deciso di espandersi anche sull’isola di Salina con 13 ettari di proprietà. La produzione ad oggi si attesta complessivamente intorno alle 500.000 bottiglie e si serve delle tecnologie più all’avanguardia per poter donare ai propri prodotti un profilo organolettico in pieno rispetto delle caratteristiche della loro territorialità. LEGGI TUTTO

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    Vinitaly 2025: una vetrina internazionale tra business, tendenze e nuovi consumatori

    La 57^ edizione di Vinitaly, in programma a Veronafiere dal 6 al 9 aprile 2025, si conferma il punto di riferimento per il settore vitivinicolo italiano con circa 4.000 aziende partecipanti e un quartiere espositivo al completo. L’evento accoglierà operatori da 140 paesi, consolidando il suo ruolo di baricentro del vino italiano a livello internazionale. Tra gli obiettivi principali, emergono la promozione, l’internazionalizzazione e l’evoluzione del settore, con un focus su nuove tendenze e strategie per affrontare un mercato in continua trasformazione.

    presentazione della 57^ edizione di Vinitaly

    L’internazionalizzazione rimane un pilastro fondamentale della manifestazione, con un piano di incoming che coinvolge 1.200 top buyer da 71 Paesi, sei in più rispetto all’anno scorso, e delegazioni importanti da Stati Uniti, Canada, Cina, Regno Unito, Brasile, India e Corea del Sud. “Vinitaly rappresenta l’aggregatore naturale del vino italiano sui principali mercati target”, ha dichiarato il presidente di Veronafiere, Federico Bricolo, sottolineando l’importanza delle collaborazioni con istituzioni e operatori per rafforzare la competitività del settore.

    Tra le novità dell’edizione 2025 spiccano i focus sui vini NoLo (low e no alcohol), l’approfondimento sui RAW Wine e la nuova area dedicata all’enoturismo con il debutto di “Vinitaly Tourism”. L’evento, inoltre, si conferma un incubatore di tendenze, monitorando i cambiamenti nei consumi e le nuove abitudini dei consumatori.

    I giovani e il vino: un rapporto in evoluzione

    Un’importante ricerca dell’Osservatorio Uiv-Vinitaly, presentata in occasione della conferenza stampa di lancio della 57^ edizione del Salone internazionale del vino e dei distillati, ribalta i luoghi comuni sul consumo di vino. Se da un lato si registra un calo generalizzato nei consumi, sono gli under 44 a rappresentare la fascia più dinamica, in Italia come negli Stati Uniti. Millennials e GenZ, lontani dall’immagine di consumatori disinteressati, considerano il vino uno status symbol e sono disposti a investire in etichette premium, seppur senza un forte legame con i brand tradizionali.

    Secondo l’analisi, negli Stati Uniti il 31% del valore complessivo delle vendite di vino è generato dai prodotti ultra premium, con il 60% degli acquisti effettuato da consumatori under 44. In Italia, il segmento di alta gamma è meno sviluppato (10% del mercato), ma anche qui i giovani giocano un ruolo chiave. Inoltre, il 56% dei giovanissimi italiani vede il vino come un “fashion statement”, il doppio rispetto ai Boomer. La socialità rimane un aspetto centrale: negli USA, 7 giovani su 10 hanno aumentato il consumo proprio per una maggiore socializzazione.

    Un altro mito sfatato riguarda la frequenza e la quantità di consumo. Contrariamente all’idea che i giovani bevano meno, il tasso di consumo abituale è simile tra le diverse generazioni, con una tendenza diffusa a bere 2-3 volte al mese. In entrambi i paesi, gli under 44 dimostrano una maggiore propensione ad aumentare il consumo rispetto agli over 44, tra i quali si osserva una flessione più marcata.

    Infine, la tendenza “sober curious”, che promuove periodi di astinenza dal consumo di alcol, è più diffusa tra i giovani, con il 60% della GenZ americana e il 46% di quella italiana disposta a sperimentare momenti “dry”, mentre tra i Boomer la percentuale si riduce sensibilmente.

    ph Ennevi foto LEGGI TUTTO