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    Riccardo Cotarella sfida il Kerner

    Da sinistra, Armin Gratl, Riccardo Cotarella e Hannes Munter
    La valle Isarco è forse la regione vinicola meno conosciuta dell’Alto Adige e quella con le potenzialità più belle. È per questo che Riccardo Cotarella, il più famoso degli enologi italiani, ha accettato la sfida lanciatagli dalla Cantina Valle Isarco – Eisacktaler Kellerei, che è andata a bussare alla sua porta per chiedergli di firmare i suoi vini a partire dalla vendemmia in corso e all’alba di un anniversario importante, quello dei 60 anni che la realtà cooperativa compirà nel 2021.
    «Sono estremamente contento di questo nuovo incarico e molto positivo – afferma Riccardo Cotarella –. Ho accettato questa collaborazione con molto piacere, anzitutto perché l’Alto Adige è una delle poche regioni italiane che mi mancavano dove cimentarmi come enologo, in secondo luogo perché la ritengo una zona estrema in molti sensi, e unica, nel territorio, nei vitigni, nella mentalità di produzione, nella voglia di migliorarsi. A 72 anni bisogna avere motivazioni interessanti e qui le ho trovate, in questa cantina ci sono tutti gli ingredienti per poter mettere in campo una collaborazione piena di entusiasmo e di prospettive».
    Armin Gratl, direttore generale della cantina sociale, aggiunge: «Abbiamo scelto Riccardo Cotarella per la sua grandissima esperienza nazionale e internazionale, nonché per la sua voglia di misurarsi con un territorio a lui fino a oggi sconosciuto, convinti che il nostro enologo Hannes Munter possa trarre da questa consulenza un grande aiuto per una crescita professionale che va dalla campagna alla cantina. Ci siamo dati dei tempi medio lunghi di collaborazione con Cotarella, non si tratta di una consulenza mordi e fuggi. Abbiamo stabilito assieme a lui un programma di lavoro pluriennale che coinvolga tutte le aree della cantina perché abbiamo intenzione di trarre giovamento a 360 gradi da questa collaborazione, non solo per noi, ma anche per valorizzare tutta la produzione vinicola della valle Isarco».
    L’obiettivo è, naturalmente, ambizioso: «Esistono le condizioni per riuscire a fare il vino migliore della valle – afferma Cotarella –. Quanto prodotto fino a ora è già ottimo, per renderlo ancora più speciale, quindi, dobbiamo cercare minuziosamente dei margini di miglioramento, dobbiamo impegnarci tutti. Dobbiamo fare vini importanti, oltre che beverini».
    L’enologo, che è consulente di oltre un centinaio di aziende in Italia e all’estero ed è anche presidente nazionale di Assoenologi e docente di Viticoltura ed enologia presso l’Università della Tuscia di Viterbo, ha iniziato il suo incarico a partire dal primo agosto 2020 e in queste settimane ha avuto modo di conoscere meglio la realtà e il suo territorio: «Questa cantina ha diversi motivi per fare vini molto personali: vigneti, esposizione, qualità intrinseca dei vitigni. Io sono assertore del fatto che il territorio sia importante laddove chi lo abita sa cosa significa valorizzarlo, ed è questo il caso, il territorio e i vitigni sono tutto: la cosa ancora più importante è l’approccio umano. Ritengo che non ci sia entità più predisposta a voler eccellere di una cantina sociale perché solitamente è mossa dalla voglia di dimostrare che non è solo un posto dove scaricare uva. Seguo circa 12 cooperative e ho trovato sempre questo spirito. Inoltre, una cantina sociale ha a disposizione una trasversalità umana e territoriale per portare a termine in viticoltura le sperimentazioni più importanti».
    Gli atout di Cantina Valle Isarco – Eisacktaler Kellerei sono molti: «Abbiamo una varietà di microclimi e di vitigni molto interessante, distribuita su pendii aspri e versanti scoscesi, difficili da coltivare – spiega il direttore generale Gratl –. Terreni leggeri e poveri, pietrischi di origini glaciale e sedimenti fluviali, con basse rese intrinseche. Coltiviamo 10 vitigni a bacca bianca e 4 a bacca rossa per un totale di 950 mila di bottiglie prodotte all’anno. Molti dei nostri associati sono davvero piccoli, hanno in media poco più di un ettaro, ma dedicano cura e attenzione altissime».
    La valle Isarco è una delle regioni viticole fra le più interessanti d’Europa (e la più a nord d’Italia) per la produzione di vini bianchi. «Beneficiamo della notevole escursione termica fra giorno e notte – continua Gratl – dovuta alla vicinanza delle montagne, delle scarse piogge e dell’importante quantità di ore di sole nel corso dell’anno. Condizioni atipiche per un territorio alpino da cui la viticoltura trae grande beneficio». Ma non solo, perché qui crescono uve uniche: Kerner, Sylvaner, Müller Thurgau, Grüner Veltliner, Gewürztraminer, Riesling, che danno vita a vini freschi, sapidi, minerali, con alte e sorprendenti percentuali di alcol, in grado di sviluppare profumi inediti rispetto ai cugini di altre zone dell’Alto Adige. I vitigni a bacca rossa, la cui produzione si situa nelle zone meridionali della vallata, subito alle spalle della città di Bolzano, sono invece la Schiava, lo Zweigelt e il Pinot Nero, di cui sono ancora da esplorare tutte le reali potenzialità. «Sto analizzando in queste settimane le caratteristiche e le prospettive di ogni singolo vitigno – racconta Cotarella –. Noi enologi dobbiamo dare il massimo con qualsiasi tipologia di uva, è il nostro lavoro, ma certamente sono molto interessato al Sylvaner, che è il vitigno più storico, e ancora di più al Kerner, vitigno di grandissimo carattere, che si presta a molte interpretazioni e stili».
    Insomma, Cantina Valle Isarco – Eisacktaler Kellerei si appresta a spegnere 60 candeline nel 2021 più in forma che mai, con la grinta e le ambizioni di un giovane pieno di belle speranze: «Per questo importante anniversario – conclude Gratl – presenteremo qualche novità, come i vini frutto di questa vendemmia che usciranno nel 2021 a firma di Cotarella e anche le Selezioni Aristos 2019, che sono state supervisionate da lui. Per i nostri sessant’anni lanceremo anche un’immagine completamente rinnovata, un nuovo logo e nuove etichette». LEGGI TUTTO

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    Terre di Cerealto: i PIWI delle Piccole Dolomiti

    Terre di Cerealto, cantina pioniera in Veneto per la coltivazione di PIWI, presenta i due vini interamente da vitigni resistenti: il bianco fermo Cerealto da uve Bronner e Johanniter e Pèrge, Metodo Classico Pas Dosé Blanc de Blancs da Bronner in purezza.Nata dall’idea degli amici Massimo Reniero e Silvestro Cracco, Terre di Cerealto si trova nel piccolo altopiano di Cerealto, frazione di Valdagno (Vicenza). I vigneti si estendono in soli 2,7 ettari di terreno e vengono allevati a oltre 700m di quota, in un territorio incontaminato che si affaccia sulle Piccole Dolomiti.
    “La nostra etica si è sempre rivolta al pieno rispetto del fragile ecosistema pedemontano – spiega Massimo Reniero, fondatore di Terre di Cerealto assieme al socio Silvestro Cracco – e, al momento della selezione dei vitigni da allevare in questo terreno d’altura, la nostra scelta non poteva che ricadere sui PIWI. I primi impianti sono stati di Johanniter e Bronner, che oggi occupano rispettivamente 0,64 e 1,30 ettari, a cui abbiamo da poco aggiunto 0,7 ettari di Sauvignier Gris per un totale di ben otto diversi cru”. Grazie all’elevata tolleranza dei vigneti resistenti alle malattie, Terre di Cerealto ha eliminato la maggior parte dei trattamenti fitosanitari e utilizza solamente principi attivi di origine naturale, estratti vegetali, microrganismi o insetti utili, favorendo la sostenibilità ambientale.
    Il primo vino prodotto dalla cantina è Cerealto, bianco fermo IGT da un blend di Johanniter (60%) e Bronner (40%). Le uve, raccolte a mano in cassetta, vengono vinificate separatamente per ogni singolo appezzamento, mentre l’affinamento consiste in sette mesi sulle fecce fini e sei mesi in bottiglia prima della messa in commercio. Il risultato è un vino aromatico e dall’acidità vibrante, perfettamente equilibrato. La ricerca di Terre di Cerealto sulle uve Bronner si è concretizzata in Pèrge, Metodo Classico Pas Dosé Blanc de Blancs che deve il suo nome dal sostantivo utilizzato dal popolo cimbro per indicare i monti. La fermentazione delle uve avviene in barrique di rovere francese, dove continua per sei mesi anche la vinificazione, regalando intense note floreali e minerali. LEGGI TUTTO

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    Il Friulano della cantina I Clivi è Vino Slow

    Brindisi eccellente per la cantina friulana I Clivi di Mario Zanusso, che può festeggiare la fine della vendemmia con la conquista di un prestigioso riconoscimento. L’edizione 2021 della Guida ai vini di Slow Wine, la guida enologica più venduta d’Italia e in distribuzione ufficialmente dallo scorso 7 ottobre, ha infatti assegnato il massimo riconoscimento a uno dei due cru aziendali di Friulano, giudicandolo “Top Wine – Vino Slow”.
    Il premio, attribuito ai vini italiani in grado di distinguersi per la capacità di condensare nel bicchiere le migliori espressioni a livello territoriale, storico e ambientale è andato al Friuli Colli Orientali Dop Bianc “Clivi Galea” 2018, un Friulano che nasce sulle colline di Corno di Rosazzo, lungo il confine sloveno, dove le radici di vigne con oltre settant’anni di vita pescano in profondità i microelementi minerali che trasferiscono alle uve. Proprio l’età delle piante e la composizione della ponca friulana concorrono in modo unico all’eleganza e all’estrema longevità del vino, capace di emergere tra le migliaia di degustazioni effettuate dai giudici della guida.
    L’undicesima edizione della guida di Slow Wine è stata presentata dai curatori Fabio Giavedoni e Gianluca Gariglio insieme al giornalista e scrittore Mario Calabresi in occasione dell’apertura della Milano Wine Week, appuntamento internazionale dedicato al vino che quest’anno ha potenziato i suoi appuntamenti in versione digitale.
    Il vino premiato – Il Friuli Colli Orientali Dop Bianc “Clivi Galea” 2018 è un Friulano di vecchia scuola, classico, profondo, fortemente espressivo del terroir da cui proviene. La pressatura soffice dei grappoli permette di estrarre il mosto fiore, la parte più pura della spremitura, per la fermentazione in acciaio. Una lunga sosta sulle fecce fini consente al vino di maturare e acquistare profondità in modo naturale per poter rivelare le proprie qualità anche a distanza di molti anni. Il vino premiato sarà disponibile per il pubblico a partire dal 2021. LEGGI TUTTO

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    Intervista a Maria Chiara Severi, Export Area Manager per Frescobaldi

    Come WineJob abbiamo un forte interesse a puntare la lente d’ingrandimento sulle professioni del mondo del vino per studiarle e approfondirle.
    Intervistiamo Maria Chiara Severi, Export Area Manager per il gruppo Frescobaldi, che ci espone brevemente uno dei ruoli più decisivi per lo sviluppo del vino italiano.
    Quali sono le caratteristiche indispensabili per poter lavorare nel wine business come export manager e qual è il contributo che dà WineJob per lo sviluppo dia questa figura professionale?
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    Le tre vendemmie delle Cantine Pellegrino

    Una vendemmia di ottima qualità che porterà alla nascita di vini importanti. E’ questo il parere dei tre enologi di Cantine Pellegrino, una delle aziende più longeve della storia del vino siciliana, che proprio quest’anno festeggia i 140 anni di vita. Vini bianchi e rossi, passiti e moscati di Pantelleria e Marsala costituiscono la ricchezza della produzione Pellegrino, le cui cantine, situate nella provincia di Trapani (Cardilla per i vini bianchi e rossi, Pantelleria per i passiti e i moscati, Marsala per l’omonimo vino e i liquorosi), vantano una eterogeneità di vigneti e zone vitate che consente la raccolta delle migliori uve autoctone, selezionate nelle zone più vocate per ogni singola varietà, e che sono quindi il presupposto per la creazione di grandi vini. Tre territori, tre cantine e tre enologi, che con competenze specifiche, riescono ad estrarre da ogni vitigno le più alte espressioni qualitative per produrre vini eleganti, raffinati e strutturati.
    Le vendemmie delle Tenute di Famiglia, nella Sicilia occidentale, l’area più vocata dell’isola
    La provincia di Trapani è l’area più vitata d’Italia e la più vocata per vini di grandissima qualità: in questo lembo di Sicilia sorgono le Tenute di Famiglia Pellegrino, quattro aree diversissime, ciascuna con una vocazione specifica. Tutta la produzione dei vini bianchi e rossi è curata dalle sapienti mani di Gaspare Catalano, da più di trent’anni al servizio della famiglia Pellegrino. Catalano è stato il primo enologo in tempi non sospetti a credere nelle potenzialità del Grillo vinificato in purezza, quando questa varietà era utilizzata unicamente per la produzione di Marsala.
    Delle quattro tenute, Kelbi, detto anche giardino rigoglioso, è il feudo più antico dove sia mai stato prodotto del vino. Si tratta di 18 ettari di vigneti posizionati su un altopiano calcareo che prende il nome dalla dinastia araba che rese florida la terra di Sicilia. Queste terre sono la massima espressione del Catarratto, da cui nasce un vino bianco elegante, floreale e fruttato. Oltre a questa varietà, in questa tenuta vengono coltivati anche Grillo e Zibibbo, per la produzione dei vini bianchi secchi come il Gibelè e il Dianthà. Qui la raccolta è stata posticipata rispetto alle zone litorali, perché le uve maturano più tardi. La vendemmia è stata generosa e le piante, sane, hanno permesso la raccolta di grappoli integri e omogenei. Il clima ventilato, le forti escursioni termiche e i terreni calcarei hanno permesso alle uve di sviluppare una importante acidità che darà vita a vini eleganti, freschi e con buona capacità di invecchiamento.
    Nella Tenuta Rinazzo i vigneti di Syrah si estendono lungo un crinale immerso in un’aerea quasi desertica. Le viti rigogliose occupano 19 ettari di terreni all’ombra di un monastero risalente al ‘300, uno schizzo verde nel mezzo di una macchia nera. I suoli sabbiosi e il clima semiarido con forti escursioni termiche hanno fatto maturare uve dagli acini piccoli, di un colore blu intenso. Le rese, 75 quintali per ettaro, più basse rispetto allo scorso anno, insieme a una buona maturazione dei frutti che ha determinato un grado alcolico di 13,5 gradi, fanno presagire un risultato eccezionale.
    Gazzerotta è la culla del Nero d’Avola, il rosso principe della Sicilia. In una superficie di 90 ettari, la più grande delle Tenute, viti di più di 15 anni crescono su terreni argillosi ricchi di minerali, che regalano ai vini aromi complessi e persistenti di frutti rossi e violetta. Le rese, superiori di un 18% rispetto allo scorso anno, sono state di 90 quintali per ettaro. La carenza di acqua nelle prime fasi di crescita degli acini li ha resi particolarmente piccoli, concentrati, con più buccia e meno polpa, dal colore intenso e dagli aromi persistenti. Si attendono vini molto profumati, fruttati, di grandissima qualità. Ma Gazzerotta non è soltanto Nero d’Avola. Vengono coltivati anche Frappato (per la produzione del rosato Albarìa), Zibibbo, Malvasia e una piccola parcella di Malbech, che quest’anno sarà vinificato per la prima volta.
    In una zona raccolta, due vigneti reliquia sono poi custoditi con cura: si tratta di piante di 40 anni di Grillo, un impianto ristrutturato completamente che ora mostra viti dai ceppi ritorti e dalle radici profonde, che si è adattato perfettamente all’ambiente pedoclimatico, tanto da sopportare meglio di altri lo stress idrico tipico di questa zona. La vendemmia, iniziata a fine agosto, si è conclusa a metà settembre, con una resa di 98 quintali per ettaro. Da questo cru si ottiene il Gazzerotta Grillo Superiore, un vino che in questa vendemmia ha raggiunto i 13,5 gradi di alcol e che rimarrà sulle fecce fini per un anno. Un unicum da attendere con pazienza.
    Salinaro, dal nome delle saline che sorgono lungo la costa, è la quarta tenuta di famiglia dove il Grillo trova la sua massima espressività. Il vigneto, di 9 ettari, si affaccia direttamente sul mare e la brezza che soffia costante dona alle uve tutta la sapidità che poi si ritrova nel calice in degustazione. Le piogge di fine maggio sono state provvidenziali per questa varietà, che è riuscita a maturare perfettamente senza stress idrico e che è stata raccolta tra la fine di agosto e la prima settimana di settembre. Il buon rapporto tra la buccia spessa dell’acino e la polpa fa presagire un vino di grandissimo livello, che quest’anno raggiungerà i 12,5 gradi di alcol.

    La vendemmia dei vini destinati al Marsala
    «Importante gradazione alcolica e ottima qualità delle uve destinate al Marsala». Le parole sono di Enrico Stella, l’enologo in Pellegrino specializzato nella produzione di Marsala, il vino conosciuto in tutto il mondo grazie al suo mentore principale, l’inglese John Woodhouse, che alla fine del ‘700 decise di esportare questa prelibatezza in Inghilterra.La vendemmia di Grillo, Inzolia, Catarratto e Nero d’Avola, da cui si otterranno i vari Marsala, è iniziata ai primi di settembre. Si è iniziato con il Grillo che era più avanti come maturazione, cui è seguito il Catarratto.
    Le uve, sane e dalla buccia spessa, hanno avuto una resa di 82 quintali per ettaro, un dato in lieve flessione rispetto allo scorso anno, ad eccezione del Grillo, per il quale è stata una annata straordinaria, per produttività e qualità. Un dato valido per tutta la Sicilia, tranne per la provincia di Trapani, dove le rese del Grillo sono state inferiori a causa di una estate molto siccitosa. Oltre a questo, la pratica della vendemmia verde ha determinato una diminuzione delle uve in pianta, accrescendone però la qualità e la concentrazione zuccherina. «Prevedo che si avranno dei buoni Marsala – ha affermato Stella. Avremo una base più consistente che darà vita a vini eccellenti».
    Pantelleria
    Con 300 ettari di terreni vitati, da nord a sud, da est a ovest, le Cantine Pellegrino dispongono delle migliori espressioni dello Zibibbo coltivato ad alberello, pratica divenuta patrimonio dell’Unesco. Un privilegio assoluto, che consente di ottenere il meglio della produzione per ciascun vino. Dall’esperienza di Nicola Poma, enologo della Pellegrino specializzato nella produzione di vini dell’isola, di cui conosce ogni singolo appezzamento di terra e ogni vigneto, sono nati grandi vini da dessert (Moscato di Pantelleria, due Passiti e il Nes, la versione più nobile di questa uva dolce e aromatica) e, ultimo arrivato quest’anno, Isesi, uno Zibibbo secco Doc Pantelleria. Su terreni vulcanici dai pendii scoscesi e sferzati dal vento, lavorano a mano uomini che hanno nei loro volti disegnata la fatica di una viticoltura eroica.
    Per ogni vino sono state selezionate particolari uve provenienti da zone diverse dell’isola. Tutte sono state sistemate in piccole cassette e poi portate in cantina, per evitare fenomeni di fermentazione spontanea e conseguente ossidazione. Quelle destinate a Isesi sono state raccolte tra la fine di agosto e la prima settimana di settembre, per un 20% sul mare mentre per il restante 80% all’interno, a 300 metri di altezza, dove le escursioni termiche donano al frutto quella acidità che nel bicchiere si trasformerà in freschezza. Per i vini dolci invece, la raccolta è stata posticipata al 10 settembre, al fine di ottenere un più alto tasso di zucchero e quindi una maggiore gradazione alcolica. «E’ stata una grande vendemmia – ha affermato Poma. Le piogge intense da dicembre a marzo hanno consentito una idratazione profonda del terreno per cui le piante non hanno avuto stress idrici e i frutti sono perfettamente sani».
    Parte dell’uva raccolta ha subìto un processo di essiccazione sui graticci per divenire uva passa che aggiunta al mosto darà i passiti. Le uve destinate all’essiccazione sono state raccolte dalla seconda metà di agosto intorno al lago Venere, il cratere del vulcano che ha dato origine a Pantelleria. Si tratta di una conca molto soleggiata da sud, dove le uve maturano prima. Aggiunte per un 40% al mosto daranno origine al Passito, in una percentuale del 60% a Nes, il passito il cui nome in ebraico significa “miracolo”. Un miracolo frutto di una terra magnifica e della saggezza dell’uomo. LEGGI TUTTO

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    Enoturismo: il turismo della ripartenza rappresenta una opportunità per la Lombardia e per l’Italia

    L’Enoturismo è una risorsa strategica sia per il comparto vinicolo che per il marketing territoriale della Lombardia dell’Italia. In un Paese in cui il Turismo rappresenta il 13% del PIL e in cui il settore Vinicolo pesa per 6,2 miliardi nelle esportazioni, l’Enoturismo intreccia questi due importanti volani dell’economia italiana con un fatturato di circa 2,65 miliardi di Euro.
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    Restyling delle etichette Rocca Ventosa di Cantina Tollo

    Nuove etichette per Rocca Ventosa, la storica linea di Cantina Tollo dedicata alla Grande Distribuzione Organizzata. Il restyling è il risultato di una ricerca di neuromarketing condotta dalla cantina abruzzese insieme ad Umana Analytics, spinoff dell’Università degli Studi di Chieti e Pescara guidato dal professor Riccardo Palumbo. L’indagine ha avuto lo scopo di analizzare i processi d’acquisto coinvolgendo un campione rappresentativo di diversi cluster di acquirenti di vino.
    Le diverse reazioni comportamentali e psicofisiologiche sono state registrate ed elaborate dall’Università in base ai criteri di attrattività, posizionamento e riconoscibilità dell’etichetta. I risultati emersi sono stati determinanti per la scelta della nuova immagine, in cui rimangono comunque ben visibili gli elementi distintivi delle etichette come la rocca, il vento e il brand in evidenza, veri e propri custodi della riconoscibilità della linea.
    “Abbiamo mantenuto i simboli fondamentali di Rocca Ventosa – spiega Andrea di Fabio, sales e marketing director di Cantina Tollo – trasformandoli e integrandoli con altri che ne esprimono al meglio la storia e l’origine e che raccontano la nostra regione, il nostro territorio e i vini di Cantina Tollo”.
    “La ricerca – continua Riccardo Palumbo – è stata effettuata attraverso analisi specifiche come l’eye tracking e la ricostruzione in laboratorio di uno scaffale che vedeva le bottiglie di Cantina Tollo accanto a quelle di competitors diretti e indiretti. Le reazioni del panel di clienti sono state fondamentali per scegliere la nuova immagine di Rocca Ventosa”.Le etichette di Montepulciano e Sangiovese sono state riviste utilizzando il fondo nero, mentre il Cerasuolo, lo Chardonnay, il Trebbiamo e il Pinot Grigio hanno mantenuto la base bianca.
    Il visual è composto da tanti piccoli pallini, idealmente acini d’uva, che con il loro movimento sinuoso e dinamico vanno a disegnare la silhouette di una rocca, simbolo della tradizione. La composizione, declinata cromaticamente per ogni vitigno, è nobilitata con particolari in rilievo e lamine colorate. Le parole vento, mare e montagna raccontano al consumatore la terra abruzzese in cui nascono i vini di Cantina Tollo, mentre passione e autenticità sono le condizioni necessarie senza le quali è impossibile dare vita ad un buon vino.
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    Cantina Tollo è oggi tra le più importanti e consolidate realtà del settore vitivinicolo italiano. Commercializza 13 milioni di bottiglie all’anno, vanta circa 700 soci e 2.700 ettari coltivati in un territorio da sempre vocato alla produzione vitivinicola. I vigneti di Cantina Tollo si estendono dalle colline del litorale fino alle pendici della Maiella, in un clima tipicamente mediterraneo, contraddistinto da escursioni termiche notevoli.
    La produzione è concentrata sui vitigni tipici e autoctoni del territorio (Montepulciano, Trebbiano, Pecorino, Passerina e Cococciola), coltivati tradizionalmente a pergola, con una spiccata vocazione alla sperimentazione in campo e in cantina. Le bottiglie Cantina Tollo sono distribuite in tutte le regioni italiane, in quasi la totalità dei Paesi dell’Unione Europea, in particolare Germania, Paesi Bassi, Francia, Danimarca e Regno Unito e, oltreoceano, in Giappone, Stati Uniti, Canada. Cantina Tollo guarda anche ai nuovi mercati emergenti come Russia, India e Cina. LEGGI TUTTO

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    Cantina Colli Euganei per la ricerca: 50mila euro all’Università di Padova

    Dalla vocazione vinicola dei Colli Euganei arriva un aiuto concreto alla ricerca scientifica contro il Covid-19. Cantina Colli Euganei ha consegnato all’Università degli Studi di Padova i primi 50mila euro raccolti grazie al progetto VO’ per la ricerca: due vini solidali nati per raccogliere fondi da destinare al Dipartimento di Microbiologia e Microbiologia Clinica guidato dal Professor Andrea Crisanti.
    Le bottiglie, il Serprino Spumante DOC Colli Euganei e il Rosso DOC Colli Euganei che ben rappresentano la tradizione vitivinicola dell’area, sono state presentate nel mese di giugno e messe in commercio al prezzo di 4,95 euro grazie alla collaborazione di supermercati e punti vendita aderenti al progetto, dove saranno acquistabili fino a fine anno. Per ogni vino venduto, 1 euro viene donato all’Università di Padova – 50 centesimi dalla cantina e 50 centesimi dalle grandi insegne della distribuzione organizzata coinvolte – e 10 centesimi al Comune di Vo’, con l’obiettivo di finanziare la ripresa economica del Paese e il rilancio del territorio.
    “Grazie al progetto VO’ per la ricerca – dichiara Lorenzo Bertin, Presidente di Cantina Colli Euganei – possiamo sostenere attivamente gli studi scientifici contro il Coronavirus attraverso quello che sappiamo fare meglio: il vino. La somma consegnata oggi è solo la prima parte della raccolta, che continuerà fino alla fine dell’anno e che siamo sicuri ci potrà dare ulteriori grandi soddisfazioni. Le attività della nostra cittadina sono state le prime in Italia, assieme a quelle di Codogno, a soffrire per l’emergenza sanitaria, ma grazie a questa iniziativa stanno diventando un modello di rinascita per tutto il Paese.”
    “Un contributo alla lotta contro la pandemia che scalda il cuore, perchè arriva dal territorio di Vo’, paese che ha pianto la prima vittima causata dal Coronavirus in Occidente – spiega Rosario Rizzuto, Rettore dell’Università degli Studi di Padova – Un luogo dove l’ateneo è ormai di casa, per via degli studi epidemiologici che abbiamo portato a termine grazie anche alla straordinaria collaborazione della popolazione. Un legame forte che ora viene ancor più rinsaldato dalla scelta dei promotori del progetto: credere nella ricerca scientifica, unica chiave per sconfiggere la pandemia, è essenziale. Il sistema sanitario Veneto, al quale abbiamo dato il nostro contributo appassionato, attraverso l’impegno di migliaia di persone, si è dimostrato efficace nel tutelare la salute di cittadine e cittadini di fronte ad un pericolo grave e sconosciuto che ha stravolto la quotidianità di tutti noi: grazie alla scienza potremo continuare il lavoro straordinario che stiamo realizzando”.
    Partner del progetto:Despar, Eurospar, Interspar, Alì, Famila, A&O, Mega, Cadoro, Iperlando, Maxi, Spak, SuperW, Eurospesa, Crai, Autogrill LEGGI TUTTO