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    I risultati delle aziende produttrici di spumante – dati 2022 – aggiornamento Mediobanca

    Le aziende vinicole italiane specializzate nella produzione di vini spumanti (56 nel rapporto attuale) hanno continuato a crescere più del campione totale di Mediobanca anche nel 2022 (ossia +17% contro +9%) ma hanno subito in maniera più marcata le pressioni inflazionistiche, tanto che il margine (pur partendo da un livello leggermente più basso) è sceso in maniera più marcata (5.3% contro 5.9% del campione totale). Alla fine dei conti, a livello operativo le cose vanno addirittura peggio che per il campione generale (-4% contro il -1% del campione totale) anche se il debito è sceso, mentre quello del campione è rimasto sostanzialmente stabile, ma chiaramente con una crescita tanto marcata delle vendite forse ci si sarebbe aspettato qualcosa di meglio. Anche perché, nel 2023 si assisterà alla normalizzazione della componente estera, che rimane in termini di peso al di sotto del campione generale (42% del totale contro 51%). Ma entriamo più nel dettaglio con ulteriori grafici di confronto e la tabella riassuntiva.

    Le vendite del campione Mediobanca delle aziende spumantistiche crescono del 17% a 3 miliardi di euro, con un +17% per le vendite estere a 1.25 miliardi e +16.5% per le vendite italiane a 1.74 miliardi di euro.
    I margini come dicevamo sono calati più che per il campione totale. In particolare, il valore aggiunto cala di 2 punti percentuali dal 17% al 15%, livello più basso dal 2013 a questa parte, per una crescita in valore assoluto soltanto del 2%. Con un costo del personale in salita del 6% (e gli occupati che crescono da 3241 a 3423) e ammortamenti a +2%, l’utile operativo cala del 4% a 157 milioni di euro per un margine del 5.3% (6.4% lo scorso anno). I maggiori oneri finanziari (+21%) e tasse stabili appesantiscono poi l’utile netto, in calo del 9% a 124 milioni, dopo il record di 137 del 2021.
    A livello finanziario, il debito scende da 480 milioni a 455 milioni, il che implica una leva finanziaria stabile sul MOL a 1.8 volte e un miglioramento del rapporto debito su patrimonio dal 24% al 21%. Gli investimenti del comparto spumantistico sono leggermente calati nel 2022 a 125 milioni (134 nel 2021) per un peso sul fatturato del 4% contro il 5% dell’anno scorso.
    Il ritorno sul capitale delle aziende spumantistiche scende dunque dall’8.2% al 7.5%, riportandosi sul livello del 2020.

    Se siete arrivati fin qui……ho un piccolo favore da chiedervi. Sempre più persone leggono “I Numeri del Vino”, che pubblica da oltre dieci anni tre analisi ogni settimana sul mondo del vino senza limitazioni o abbonamenti. La pubblicità e le sponsorizzazioni servono per aiutare una missione laica in Perù. Per fare in modo che questo lavoro continui e resti integralmente accessibile, ti chiedo un piccolo aiuto, semplicemente prestando da dovuta attenzione con una visita alle inserzioni e alle sponsorizzazioni presenti nella testata e nella sezione laterale del blog. Grazie. Marco More

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    I risultati delle aziende vinicole italiane (escluse cooperative) 2022 – aggiornamento Mediobanca

    Eccoci alla seconda puntata dell’analisi dei dati del rapporto sul settore del vino prodotto dall’Area Studi Mediobanca, che ringrazio di aver condiviso. Le aziende vinicole italiane (ex cooperative) hanno generato un fatturato di 6.3 miliardi di euro nel 2022 e, per via della maggiore esposizione alle esportazioni (56%, contro il 39% delle cooperative) che sono cresciute di meno delle vendite italiane, hanno avuto una crescita del 7%. L’andamento dei margini è abbastanza sovrapponibile a quanto detto riguardo al campione totale: l’inflazione ha eroso i margini, circa 60-70 punti base, gli oneri finanziari sono cresciuti (+15%) per l’aumento dei tassi di interesse, l’utile netto scende del 10% rispetto al risultato eccezionale del 2021. Gli investimenti sono comunque cresciuti del 14% e sono stati quasi completamente riassorbiti dall’autofinanziamento, visto che il debito è rimasto stabile. Il 2023 sarà un anno nuovamente “difficile” dal punto di vista finanziario, visto lo stallo delle esportazioni e un mercato italiano comunque in crescita, ma molto meno del 2022. Sarà però un anno in cui si vedrà un graduale incremento dell’esposizione estera delle nostre aziende, non in termini di export ma di acquisizioni di aziende vinicole all’estero, una buona notizia per il processo di internazionalizzazione. Bene, per ulteriori dettagli e una tabella riassuntiva dei principali numeri vi invito a proseguire nella lettura del post!

    Le vendite delle aziende vinicole italiane crescono del 5.5% all’estero (3.5 miliardi) e dell’8.7% in Italia a 2.7 miliardi di euro.
    Nel 2022 il valore aggiunto cresce del 5% a 1.4 miliardi di euro, con una erosione del margine dal 23.2% al 22.7%, che si allarga a livello di margine operativo lordo, sceso dal 14.4% (livello record) al 13.7% per via dell’aumento del costo del personale del 9% (di cui +3.5% numero di addetti). Il MOL cresce del 2% a 857 milioni, mentre l’utile operativo è a +0.8% a 565 milioni.
    L’aumento degli oneri finanziari e degli oneri non ricorrenti sono poi la causa del calo dell’utile netto cumulato delle aziende, passato dai 405 milioni di euro record del 2021 a 362 milioni di euro.
    Queste 153 aziende hanno investito nel 2022 340 milioni di euro, il 14% in più del 2021, con un accenno alla ripresa del ciclo di investimenti, mentre hanno occupato 11233 addetti, 381 in più rispetto al 2021.
    Dal punto di vista finanziario, l’indebitamento è quasi stabile a 1.37 miliardi di euro, mentre il patrimonio netto cresce del 5% e il capitale investito del 4.9% a 8.5 miliardi di euro. Ne risulta un ritorno sul capitale investito del 7.3% (7.7% nel 2021) e un ROE (utile netto su patrimonio netto) intorno al 5%, in calo rispetto al 6% del 2021.

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    I risultati delle aziende e cooperative vinicole italiane 2022 – Rapporto Mediobanca

    Grazie alla cortesia degli esperti dell’Area Studi Mediobanca possiamo anche quest’anno analizzare il prezioso rapporto sul settore del vino (disponibile a questo link), con l’aggiornamento dei dati cumulati di 253 aziende vinicole che rappresentano il l’88% circa del comparto. I dati sono un anno in ritardo per via della disponibilità dei bilanci, e fanno quindi riferimento al 2022. Il quadro dell’anno è chiaro: recupero totale delle vendite perse nel periodo COVID (+9%), ma un forte impatto sui costi produttivi per via della fiammata inflazionistica che ha determinato una diluizione dei margini e, alla fine, utili inferiori al 2021 (solo marginalmente a livello operativo). Con investimenti quasi stabili in proporzione alle vendite (5%) e un indebitamento cumulato stabile, il rapporto debito/EBITDA è rimasto a circa 2.3 volte, il livello più basso da quando seguiamo il rapporto, a significare che le aziende vinicole italiane hanno spazio per investire (e Antinori, per esempio ma non solo, lo ha fatto con un sostanzioso investimento in USA). Il 2023 sarà un anno di transizione con vendite stabili (secondo il sondaggio di Mediobanca, che applica a una buona quota delle aziende) e, presumibilmente, costi che tornano sotto controllo. Mettendo tutto insieme, difficilmente il 2023 potrà mostrare significativi progressi. Proseguiamo l’analisi nel resto del post con numerosi grafici e dati riassuntivi.

    Il fatturato 2022 delle aziende vinicole italiane è cresciuto del 9% a 11.75 miliardi di euro, di cui 5.95 miliardi realizzato all’estero (+7%) e 5.8 miliardi in Italia (+11%). Risulta quindi un bilanciamento quasi perfetto tra vendite domestiche ed esportazioni, in linea con quanto visto negli ultimi 10 anni.
    Le pressioni inflazionistiche hanno avuto un forte impatto sui costi esterni (+10.5%), che hanno determinato una leggera diluizione del valore aggiunto, cresciuto del 4% e dunque sceso dal 19.6% al 18.6%. Con un costo del personale in crescita del 7%, il Margine Operativo Lordo è praticamente stabile in valore (+1%), con un margine calato dal 10.9% al 10.1%. Gli ammortamenti sono cresciuti del 4% portando a un leggero calo in valore assoluto dell’utile operativo, da 700 a 690 milioni.
    I maggiori tassi di interesse hanno determinato un forte incremento degli oneri finanziari (+21%), nonostante il debito sia rimasto praticamente stabile (2.7 miliardi di euro) e a completare il quadro la tassazione è leggermente cresciuta (dal 21.5% al 22%), come i componenti non ordinari. Alla fine dei conti, l’utile netto cala da 507 a 434 milioni, anche se va detto che il confronto era con un 2021 “eccezionale”.
    A livello finanziario e patrimoniale, il capitale investito cresce da 11.9 a 12.45 miliardi di euro (nonostante un miglioramento della gestione del circolante), con un debito stabile a 2.7 miliardi. Il rapporto con il patrimonio netto migliora, mentre quello con il MOL resta stabile a 2.3 volte, il livello più basso di sempre.
    Tutto considerato il ritorno sul capitale del settore è al 6% (contro il 6.3% del 2021), dato che però sconta il peso delle cooperative.
    Infine, gli investimenti sono stati 586 milioni di euro, in crescita del 12% rispetto al 2021, a fronte di un fatturato cresciuto come dicevamo del 9% e di un MOL a +4%.

    Prossimo appuntamento l’analisi delle aziende italiane “a scopo di lucro”, quindi ex cooperataive e poi quelle specializzate nella produzione di spumanti.

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    Indebitamento e leva delle principali aziende vinicole – dati Mediobanca 2022

    Dopo qualche anno di pausa torniamo sul tema del debito delle aziende vinicole, come riportato da Mediobanca Research. In questo post, in particolare usiamo la differenza tra debito finanziario e attivo finanziario per dare un quadro più obiettivo della situazione “netta”. Ci riferiamo a due rapporti, oltre al valore assoluto: il debito su valore aggiunto (purtroppo non abbiamo l’EBITDA dai dati Mediobanca) e il debito su patrimonio. Nel primo caso abbiamo escluso le cooperative, vista la distorsione del valore aggiunto relativa al loro modello di business. Nel secondo abbiamo incluso anche le cooperative e vedrete che si posizionano decisamente su livelli più elevati delle aziende, anche in ragione del loro rischio inferiore di incorrere in perdite. Beh, che cosa ci dicono questi dati? Il debito netto di queste 29 aziende è rimasto stabile nel 2022 a circa 1.8 miliardi di euro, mentre il valore aggiunto (di tutto il campione) è cresciuto da 1.1 a 1.2 miliardi e il patrimonio netto è passato da 4.8 a 5 miliardi di euro. Dunque, nel 2022 possiamo certamente concludere che la salute finanziaria del settore del vino è migliorata nel suo complesso. Avendo assistito a un paio di operazioni di consolidamento (fusione tra aziende), in parte pagate per cassa, trovate due aziende, IWB e Argea, abbastanza in alto nella classifica del rapporto tra debito e valore aggiunto, oltre alle due aziende detenute in parte o completamente dai fondi di private equity, Fantini Wine Group e Zonin. Passiamo a un breve commento dei dati.

    I dati di Mediobanca Research mettono in cima alla classifica del debito Cantine Riunite a 250 milioni, Argea a 227 e Italian Wine Brands a 206 milioni. Per chiarezza e visto che analizziamo i bilanci di Argea e IWB anche singolarmente, questa definizione non corrisponde perfettamente alla posizione finanziaria netta contabile da noi calcolata, che rispettivamente è di 122 e 147 milioni di euro (incluso IFRS16 per la seconda).
    Se passiamo ai rapporti sul valore aggiunto troviamo IWB a 4.2 volte, Argea a 2.9, Fantini e Zonin a 2.8, Morando a 2.6 volte e Schenk a 2.5 volte. I rapporti di indebitamento sono comunque sostenibili, nell’ottica del tipo di attività svolta.
    Se invece ci rapportiamo al patrimonio netto, le cooperative risultano in proporzione più indebitate delle aziende. La Marca a 3x, con Mezzacorona e Cantine Riunite a 1.3x si accompagnano a Schenk e Morando.
    Bene, vi lascio alle tabelle e ai grafici. Buona consultazione.

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    Utili, margini e ritorno sul capitale delle principali aziende vinicole – dati Mediobanca – aggiornamento 2022

    Dopo esserci occupati di chi fattura di più e di chi ha un maggior valore aggiunto continuiamo oggi la nostra analisi dei dati di Mediobanca Research scendendo nel conto economico. Analizziamo cioè chi fa più soldi, sia rispetto a quanto è il fatturato, sia rispetto a quanto è stato investito nell’azienda, almeno da un punto di vista contabile (talvolta le poste di bilancio derivano da rivalutazioni e non veri investimenti). Ad ogni modo, in queste classifiche ovviamente dovremmo escludere le cooperative, che sono in una posizione diversa, avendo come scopo la massimizzazione del ritorno per i soci attraverso il costo del venduto. Come vedete dal grafico qui sotto, chi “vince” dal punto di vista del rapporto tra utile (operativo) e vendite sono Antinori, Frescobaldi e Santa Margherita, mentre chi vince dal punto di vista del ritorno sul capitale sono Bottega, Santa Margherita di nuovo e Mionetto. Più in generale le aziende (30) che analizziamo nel rapporto hanno avuto un fatturato di 5.6 miliardi di euro, un valore aggiunto di 1.2 miliardi (il 21.8% delle vendite contro il 22.4% del 2021) e un utile operativo di 421 milioni, pari al 7.5% del fatturato, di nuovo leggermente sotto il 7.8% dell’anno scorso. Passiamo a una breve analisi dei dati, ricordandovi che nella sezione Solonumeri trovate i dati azienda per azienda degli ultimi anni.

    Se guardiamo ai margini, le aziende più verticalmente integrate ovviamente hanno i risultati migliori. Antinori guida con un valore aggiunto su vendite del 64% e un margine operativo del 33%, entrambi superiori al 2021 quando le rivalutazioni e l’impatto COVID (validi entrambi un po’ per tutti) avevamo determinato una diluuzione. Seguono Frescobaldi e Santa Margherita, con un margine operativo del 31% e 26% rispettivamente, poi si scende all’11% di Masi e qui troviamo tutti gli altri.
    Dal punto del ritorno sul capitale investito, non è più Antinori a guidare la classifica ma bensì Santa Margherita, che combina una forza commerciale importante con un livello di integrazione verticale inferiore, il che limita l’ammontare del capitale investito. Il suo ritorno sul capitale, salvo il 2020 è stato nell’intorno del 16-18% negli ultimi anni. Su un livello simile troviamo Bottega, che però ha dei numeri in valore assoluto piuttosto esigui. Ad ogni modo, nel 2022 è riuscita a generare 6.5 milioni di utile operativo con 41 milioni di capitale investito e quindi sta intorno al 16%. In doppia cifra in termini di capitale investito troviamo poi Mionetto, Frescobaldi, Pasqua, Villa Sandi e Schenk Italia.
    Vi lascio ai numerosi grafici e tabelle.

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    Classifica fatturato e valore aggiunto delle aziende vinicole italiane 2022 – fonte: Area Studi Mediobanca

    Mediobanca Research ha pubblicato l’elenco delle principali aziende italiane con i dati finanziari da cui noi ricaviamo questa “classifica”, aggiornata oggi al 2022. L’insieme di queste 30 aziende vinicole di cui riportiamo i dati di fatturato e valore aggiunto oggi hanno avuto un ottimo 2022, come avete anche potuto leggere su queste pagine nei commenti ad-hoc dei bilanci. Se le mettiamo insieme il fatturato cuba circa 5.6 miliardi di euro, +14% sul 2021, e il valore aggiunto 1.2 miliardi di euro, +11%, a segnalare l’impatto dell’inflazione più forte sui costi che sul fatturato. Come vedremo nei prossimi giorni però i costi del personale e gli investimenti sono cresciuti molto meno e quindi hanno consentito un deciso miglioramento dei margini. La classifica del fatturato è sempre guidata da Cantine Riunite GIV e da Caviro, anche se con il 2022 si sono “compiute” le combinazioni di Argea (che crescerà ancora) e di Italian Wine Brands, entrambe nell’intorno dei 400 milioni di fatturato. La classifica del valore aggiunto è da sempre il regno di Antinori e lo sarà sempre di più in futuro con l’integrazione di Stag’s Leap. Come potrete notare le crescite di valore aggiunto più marcate sono state quelle delle aziende integrate (Antinori, Frescobaldi, Lunelli, in parte Santa Margherita) avendo subito meno l’incremento delle materie prime. Passiamo a commentare qualche dato insieme.

    Se guardiamo al valore aggiunto, le principali aziende vinicole italiane sono Antinori, Santa Margherita, Frescobaldi, Argea e Caviro. Se escludiamo le cooperative la crescita nel 2022 è stata ben superiore al 10% per tutte e, allargando l’orizzonte al medio termine, nell’intorno del 10% annuo, con l’eccezione di Argea (Botter al tempo) che viaggia vicina al 20% ma con un deal molto importante. Riteniamo questa la vera rappresentazione della classifica delle aziende vinicole italiane, molto più significativa di quella del fatturato.
    Se passiamo al fatturato, come dicevamo sopra Cantine Riunite GIV si avvicina a 700 milioni di euro, +10%, Argea diventa la seconda cantina con 425 milioni di fatturato a +43%, Caviro diventa terza a 417 milioni, +7%, Poi viene Italian Wine Brands con 391 milioni e +25% (grazie a un pezzo di acquisizione, come per Argea) e Antinori figura al quinto posto per fatturato con 322 milioni e una crescita del 21%.
    Le crescite del fatturato dei leader nel medio termine (5 anni annualizzato) sono del 3% circa per Cantine Riunite e GIV, del 19% per Argea (ma c’è dentro il raddoppio dell’acquisizione), del 7% per Caviro, del 21% per IWB (anche qui compresa super acquisizione) e dell’8% circa per Antinori e CAVIT. Segnalerei anche il +9% annuo di Santa Margherita, che mi sembra un dato particolarmente positivo.
    Vi lascio alle tabelle e ai grafici animati.

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    I risultati delle aziende produttrici di spumante – aggiornamento Mediobanca 2021

    La categoria degli spumanti è rappresentata da 52 aziende che nel 2021 avevano fatturato 2.4 miliardi di euro, con una crescita il oltre il 20%, più che recuperando il calo del 5% del 2020. La forte crescita del fatturato non è soltanto una questione di export ma anche di mercato italiano, in uscita dal Covid. In un arco di 5 anni, comunque, le vendite sono cresciute mediamente del 6% annuo (incluso la “digestione” del pessimo 2020), che si compone di un +7% all’estero e un +5.4% in Italia. Il post di oggi si focalizza in realtà più sul confronto con il totale del campione, per quanto potete trovare una tabella riassuntiva dei principali dati del segmento: in questo senso ovviamente le vendite crescono più velocemente ma i margini di profitto non sono più elevati della media (11% EBITDA su fatturato allineato a quello del campione). È invece più profittevole dal punto di vista degli investimenti, visto il ritorno sul capitale superiore all’8%, due punti percentuali sopra il 6.5% del totale campione Mediobanca. In altre parole non si guadagna di più in proporzione al fatturato ma si guadagna di più in proporzione a quanti soldi si sono messi nell’attività. Passiamo a un’analisi più dettagliata dei numeri. More

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    I risultati delle aziende vinicole italiane (escluse cooperative) – aggiornamento Mediobanca 2021

    Il segmento delle aziende del campione Mediobanca (155 aziende escluse cooperative e a controllo estero) ha riportato dei record assoluti in termini fatturato e di margini. Le vendite sono in crescita del 18% a 5.8 miliardi contro il +10% delle cooperative e i margini del 14.5% a livello di EBITDA e 9.6% a livello di utile operativo (nonostante l’impatto delle rivalutazioni artificiali) sono i più alti da quando guardiamo ai dati (2003). Unica nota in un certo senso stonata è che a fronte di dati tanto buoni gli investimenti non siano in ripresa, fermi a circa il 5% del fatturato ossia leggermente meno del 5.5-6% medio degli anni pre-Covid. Come abbiamo osservato per il campione generale il miglioramento dei margini rispetto al 2019 è frutto della maggiore efficienza rispetto al costo del personale, cresciuto solo del 2% a fronte di un progresso del fatturato (2021 su 2019) del 14%. Ritornando a quanto dicevo nel post precedente sull’argomento, le tabelle di Mediobanca sui dati preliminari 2022 mostrano un calo di margini per molte delle maggiori aziende, dovuto alla ripresa dell’inflazione che ha colpito soprattutto le materie prime secche (così vengono chiamate il vetro, le etichette e via dicendo). Per il 2022 le indicazioni preliminari sono per un fatturato ulteriormente cresciuto del 10% (un po’ più per le cooperative anche per la differente chiusura mensile di alcune di esse), mentre per il 2023 le attese sono per un deciso rallentamento (+3-4%). Passiamo a una breve analisi dei dati. More